Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-01-27, n. 201500381

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-01-27, n. 201500381
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201500381
Data del deposito : 27 gennaio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03363/2014 REG.RIC.

N. 00381/2015REG.PROV.COLL.

N. 03363/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3363 del 2014, proposto dalla Casa di Cura Clinic Center s.p.a., rappresentata e difesa dall'avv. B R, con domicilio eletto presso lo studio Leo in Roma, Via Ottaviano, n. 105;

contro

Ministero della Salute e il commissario ad acta nominato dal T.A.R. per il Lazio in persona del Direttore Generale del M.E.F. F M, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio per legge in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III QUA n. 10987/2013, resa tra le parti, concernente remunerazione delle prestazioni di assistenza ospedaliera per acuti, assistenza ospedaliera di riabilitazione e lungodegenza post acuzie e di assistenza specialistica ambulatoriale


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Salute del commissario ad acta;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 novembre 2014 il consigliere B R P e uditi per le parti l’avv. Ricciardelli e l’ avvocato dello Stato Varrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto avanti al T.A.R. per il Lazio la casa di cura Clinic Center s.p.a. - struttura privata ubicata in Napoli, che eroga prestazioni di riabilitazione ospedaliera e day hospital , accreditata in fascia A, con parametro 120 - impugnava il decreto del Ministro della Salute, adottato di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, del 18 ottobre 2012, recante “ Remunerazione delle prestazioni di assistenza ospedaliera per acuti, assistenza ospedaliera di riabilitazione e lungodegenza post acuzie e di assistenza specialistica ambulatoriale ”.

La casa di cura ricorrente dava rilievo in punto di fatto al contenzioso deciso e ancora pendente in relazione alla determinazione delle tariffe in questione, precisando che il decreto del Ministro della salute 12 settembre 2006, recante “ Ricognizione e primo aggiornamento delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni sanitarie ” è stato annullato dal T.A.R. per il Lazio con sentenza confermata dalla quinta sezione del Consiglio di Stato (sentenza n. 1205 del 2010), nella parte in cui aveva stabilito: a) le tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale a carico del Servizio sanitario nazionale, recanti richiamo a quelle stabilite dal d.m. 22 luglio 1996;
b) le tariffe per prestazioni ospedaliere per acuti e riabilitazione post acuzie e lungodegenza, che riproducevano sic et simpliciter le tariffe di cui al d.m. 30 giugno 1997. L’ annullamento trovava sostegno nella mancanza di una puntuale e analitica istruttoria.

Nelle more della definizione delle nuove tariffe interveniva il d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito con legge 7 agosto 2012, n. 135, che all’ art. 15, commi 15 e 16, stabiliva – in dichiarata deroga a quanto previsto dall’art. 8 sexies , comma 5, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 – l’iter procedimentale e i criteri per fissare, entro il 15 settembre 2012, le tariffe massime che le Regioni e le Province autonome possono corrispondere alle strutture accreditate;
ciò “ sulla base dei dati di costo disponibili e, ove ritenuti congrui ed adeguati, dei tariffari regionali ”, tenuto conto dell’esigenza di recuperare, anche tramite la determinazione tariffaria, margini di inappropriatezza ancora esistenti a livello locale e nazionale”.

In sede di ricorso la casa di cura articolava censure di violazione di legge e di eccesso di potere sotto diversi profili, carenza di istruttoria e di motivazione sottolineando in particolare che la determinazione delle tariffe non tiene in alcun conto la necessaria correlazione che deve sussistere tra l’accertamento dei costi e la misura delle tariffe stesse, con effetto sull’impossibilità di coprire i costi sostenuti dalle strutture.

Con sentenza n. 10987 del 2013 il T.A.R. adito respingeva il ricorso.

Avverso la sentenza di rigetto Clinic Center ha proposto atto di appello ed ha contrastato le conclusioni del primo giudice e sollevato – in via incidentale – relativamente all’art. 15, comma 15 , questione di conformità al dettato costituzionale di cui agli artt. 3, 32 e 41 e agli artt. 56, 57 e 101 del Trattato dell’unione europea formulando al riguardo questione di interpretazione ai sensi dell’art. 267 del Trattato.

Si è costituito in giudizio il Ministero della Salute che ha contrastato i motivi di impugnativa e chiesto la conferma della sentenza impugnata.

In sede di note conclusive e di replica Clinic Center ha insistito nelle proprie tesi difensive.

All’udienza del 20 novembre 2014 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2. Con il primo mezzo la casa di cura Clinic Center, ai fini della determinazione del regime tariffario per le prestazioni in accreditamento, invoca un trattamento peculiare e differenziato rispetto alla disciplina generale dettata dal d.m. 18 ottobre 2012 per la remunerazione delle prestazioni di assistenza ospedaliera per acuti, di riabilitazione e lungodegenza post acuzie, nonché di assistenza specialistica e ambulatorie. Ciò in virtù del giudicato di annullamento del d.m. del 12 settembre 2006 - recante il previgente regime tariffario – in esito a ricorso proposto avanti al T.A.R. per il Lazio. Sottolinea che in quella sede è stata ribadita la regola del collegamento delle tariffe ai costi standard di produzione e ai costi generali, in quota percentuale rispetto ai costi standard di produzione a quote standard dei costi di produzione calcolati su un campione rappresentativo di strutture accreditate, secondo la disciplina dettata dall’ art. 8 sexies del d.lgs. n. 502 del 1992 e dall’art.1, comma 170, della legge finanziaria n. 311 del 2004.

Osserva il collegio che, in un contesto caratterizzato dal crescente deficit di bilancio con riguardo alle spese sanitaria e di avvertita esigenza di contenimento del trasferimento di risorse pubbliche, nonché di razionalizzazione del sistema sanitario, è intervenuto il d.l. n. 95 del 2012, recante “ Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario ”. Il decreto d’urgenza ha introdotto, al titolo III, disposizioni dirette alla “ Razionalizzazione della spesa sanitaria ” e, segnatamente, “ Disposizioni urgenti per l'equilibrio del settore sanitario e misure di governo della spesa farmaceutica ”, intervenendo, con varie e articolate misure, sulla spesa farmaceutica, sull’acquisto di beni e servizi, prevedendo riduzioni degli importi e corrispondenti volumi di acquisto delle prestazioni sanitarie al fine di ridurre la spesa complessiva annua.

Per ciò che interessa la presente controversia l’art. 15, comma 1, ha definito gli elementi da assumere come termine di riferimento per la determinazione delle tariffe a favore delle strutture private accreditate per le prestazioni di assistenza ospedaliera e ambulatoriale a carico del servizio sanitario nazionale, fissando un termine per determinare le tariffe pari a trenta giorni, nel testo originario del d.l. n.95 del 2012, con decorrenza dalla data di entrata in vigore del decreto stesso (7 luglio 2012). Il termine è stato successivamente prorogato al 15 settembre 2012 in sede di legge di conversione del decreto.

L’art. 15, comma 15, ha stabilito che il tariffario venisse predisposto, in deroga alla “ procedura ” prevista dall’art. 8 sexies, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n.502, sulla base “..dei dati di costo disponibili ” e, ove ritenuti congrui ed adeguati, dei tariffari regionali “.. tenuto conto dell'esigenza di recuperare, anche tramite la determinazione tariffaria, margini di inappropriatezza ancora esistenti a livello locale e nazionale ”.

Ai sensi del successivo comma 17 bis è stato previsto che gli importi tariffari fissati dalle singole Regioni, superiori alle tariffe massime stabilite ai sensi del comma 15, fossero posti a carico dei bilanci regionali, mentre è fatto divieto alle regioni sottoposte ai piani di rientro di derogare agli importi massimi stabiliti dal decreto ministeriale.

Il d.m. impugnato reca la data del 18 ottobre 2012 - anteriore a quella di entrata in vigore della legge 189 del 2012, che ha, tra l’altro, inserito nel menzionato art. 15, il comma 17 bis , concernente l’ “ aggiornamento delle tariffe come determinate ai sensi del comma 15 ”, demandando a un’ apposita commissione l’ aggiornamento tariffario anche sulla base del confronto con le associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale delle strutture private accreditate.

Dalla piana lettura del comma 15, in relazione al comma 17 bis dell’ art.15 in precedenza richiamato, emerge che non vi è, nel testo del decreto legge, la previsione di un’ unica procedura di determinazione delle tariffe, ma che la stessa si sostanzia in due diverse fasi, successive nel tempo, la seconda, attivabile a conclusione della prima.

La prima procedura trova disciplina nel comma 15, con un iter procedurale semplificato e derogatorio attraverso l’ utilizzazione dei “ dati di costo disponibili , nonché dei tariffari regionali, ove ritenuti congrui e adeguati, prevedendo inoltre l’acquisizione del parere della Conferenza Stato/Regioni.

La seconda procedura, di “ aggiornamento delle tariffe determinate ai sensi del comma 15 ”, disciplinata dal comma 17 bis , ha previsto il confronto con le associazioni di categoria, evidenziando chiaramente la volontà del legislatore di un approfondimento e rivalutazione delle tariffe rispetto a quelle già determinate in via di urgenza con procedura semplificata, con ripristino delle ordinarie forme di consultazione e confronto ex art.8 sexies, comma 5, del d.lgs. 502 del 1992.

Stante il carattere intertemporale della disciplina tariffaria che deriva dal d.m. 18 ottobre 2012 – che interviene in un contesto caratterizzato dalla necessità di individuare, entro tempo ristretto e a contenimento della spesa nel comparto sanitario, limiti certi in ordine alle tariffe massime che possono essere corrisposte dal servizio sanitario nazionale per prestazioni rese in accreditamento - non può ricondursi al provvedimento normativo un intento elusivo del giudicato di annullamento del precedente decreto del 2006 in esito a contenzioso che vedeva come parte l’odierna appellante.

Ed invero la pretesa a un’ attività istruttoria di più articolato spessore - tesa a dare rilievo in dettaglio ai costi effettivi che si riconducono alle prestazioni di assistenza rese dal centro ricorrente - non può essere fatta valere contro il d.m. impugnato che, indistintamente riferito a tutti i soggetti che operano in accreditamento, ubbidisce alla logica diversa di offrire nell’immediato parametri tariffari certi sulla scorta dei dati di costo disponibili, salva ogni successiva verifica di aggiornamento nella successiva fase prevista dal comma 17 bis .

2.1. Il regime tariffario che si contesta non determina – diversamente da quanto dedotto dal Centro ricorrente – l’ablazione dell’iniziativa di impresa nell’offerta delle prestazioni sanitarie. Al corrispettivo di remunerazione quale determinato con il decreto che si impugna può raccordarsi una diversa e più attenta combinazione dei fattori produttivi, nel quadro del perseguito contenimento della spesa che grava sul bilancio pubblico. Né si impone la necessaria presenza sul mercato per l’area delle prestazioni da rendere in rapporto di accreditamento, che segue a una libera scelta del privato che intende operare nel campo sanitario.

2.2. La procedura accelerata delineata dall’art. 15, comma 15, del d.l. n. 95 del 2012 si riflette,inoltre - in regime derogatorio all’art. 8 sexies , comma 5, del d.lgs. n. 502 del 1992 - non sui soli aspetti formali del procedimento, ma anche, sul piano sostanziale, sui parametri oggettivi da assumere a riferimento e che la disposizione in esame specificatamente individua (dati di costo disponibili e tariffari regionali in atto). Non può, quindi, accedersi alla tesi dell’appellante tesa a qualificare l’art. 15, comma 15, come norma solo procedurale e non sostanziale, ove si consideri che gli elementi in immediata disponibilità cui si raccorda l’urgenza del provvedere necessariamente influiscono sull’elaborazione della tariffa.

2.3. Quanto al motivo che investe il deficit motivazionale del d.m. 18 dicembre 2012 va rilevato che, trattandosi di atto a contenuto generale, resta escluso, ai sensi dell’ art. 3, comma 2, della legge n. 241 del 1990, l’obbligo di esternare le ragioni giustificative delle singole determinazioni in cui il provvedimento è articolato.

2.4. Il Centro ricorrente censura diffusamente l’atto impugnato sotto il profilo dell’ eccesso di potere per insufficienza, contraddittorietà ed inattendibilità dell’attività istruttoria che lo ha preceduto.

Sull’argomento questa Sezione si è già pronunziata con sentenza n. 3917 del 2014 e non reputa di doversi discostare dalla conclusioni ivi rassegnate.

Emerge, infatti, dal contesto normativo il precedenza delineato come la procedura di determinazione tariffaria ai sensi dell’art. 15, comma 15, del d.l. n. 95 del 2012 sia una procedura drasticamente semplificata - con modalità istruttorie limitate ai dati esistenti e disponibili e, ove ritenuti congrui e adeguati, a quelli regionali - finalizzata alla adozione di un tariffario nazionale da prendere a riferimento immediato, da parte delle regioni, per recuperare margini di inappropriatezza esistenti a livello locale e nazionale. Del resto le ragioni di immediatezza del provvedere trovano giustificazione non eludibile nella più complessa manovra di c.d. “ spending review ”, tesa realizzare consistenti e immediati livelli di risparmio in diversi settori, compreso quello sanitario.

Non sono quindi condivisibili le doglianze variamente articolate dirette a stigmatizzare soprattutto la carenza di istruttoria e di certezza dei dati assunti dal Ministero per la determinazione tariffaria, con conseguente mancata copertura, da parte delle nuove tariffe, dei costi di produzione e dell’utile di impresa.

L’ordine argomentativo dell’appellante muove dalla prefigurazione di un modus procedendi ordinario, in cui l’elemento tariffario è frutto di una puntuale analisi dei singoli fattori di costo e dell’utile di impresa, basato su un campione significativo di costi sostenuti dalla strutture operanti sul territorio nazionale, e però oblitera il contesto normativo in cui si colloca il decreto impugnato, inserito, dalla decretazione d’urgenza, in un piano di rientro del disavanzo pubblico, improntato a eventi ed esigenze del tutto straordinari ed eccezionali.

Anche ad accedere alla tesi del sacrificio della certezza istruttoria, tanto è una conseguenza necessitata ed eccezionale della applicazione del dato normativo che ha imposto all’ amministrazione l’ adozione, in tempi ravvicinati e per fronteggiare la grave situazione finanziaria in cui versa l’intero sistema sanitario pubblico, di un tariffario nazionale con funzione strategica di raffronto e contenimento delle tariffe proliferate in maniera diversificata ed incontrollata nelle varie regioni. Risultando nel contempo del tutto irrealistico l’assunto che, nell’arco temporale consentito dal legislatore, l’amministrazione avrebbe potuto recuperare ed elaborare, con pretesa di certezza, l’imponente materiale istruttorio necessario.

Tale conclusione è avvalorata dal fatto che l’art. 15, comma 17 bis , fa salvo un successivo approfondimento istruttorio da parte dell’ apposita Commissione ivi prevista, alla quale ha imposto un iter di lavoro con individuata cadenza, con l’ausilio delle organizzazioni rappresentative delle strutture private accreditate, ai fini del definitivo aggiornamento delle tariffe. Ciò conferma, con ogni evidenza, che la determinazione tariffaria prevista dal comma 15 doveva effettuarsi con urgenza e sulla base dei soli elementi espressamente indicati dalla norma, con la conseguenza che l’oggettiva ristrettezza dei tempi non consentiva di procedere ad una nuova rilevazione dei costi effettivi ai fini di un’ attualizzazione dei dati disponibili.

2.5. Quanto alla lamentata consultazione delle associazioni rappresentative di categoria;
il confronto con queste è stato previsto solo dal comma 17 bis dell’art. 15, ai fini dell’aggiornamento delle tariffe, ma non anche in relazione alla prima determinazione tariffaria, ai sensi della procedura speciale delineata dal precedente comma 15 (cfr. C.S. III, n. n. 3917 del 2014 cit.).

Né può accedersi a una commistione dei due procedimenti, in relazione all’inserimento del comma 17 bis nell’art. 15 del d.l. n. 95 del 2012 in data successiva all’adozione del d.m. 18 ottobre 2012, stante all’evidenza l’ autonomia delle due fasi procedimentali e la diversità della disciplina normativa di riferimento.

3. Le disposizioni di legge sul regime tariffario transitorio non introducono una violazione delle norme del trattato U.E. garanti della libertà di prestazione dei servizi in regime concorrenziale.

Il quadro normativo contestato non determina impedimento allo svolgimento dell’attività della struttura sanitaria, cui non si impone di dover necessariamente operare in regime pubblicistico. Questa – a fronte delle superiori esigenze di contenimento della spesa che coinvolgono anche l’impegno di risorse nel comparto della sanità – può diversamente aggregare i fattori produttivi e, con scelta ispirata alle proprie esigenze aziendali e di profitto, diversificare e bilanciare l’area di impegno per prestazioni assistenziali in accreditamento rispetto a quelle in rapporto privatistico.

Non ricorrono, quindi, i presupposti per sollevare questione di interpretazione ai sensi dell’art. 267 del Trattato.

4. La questione di costituzionalità dell’art. 15, comma 15, del d.l. per contrasto con gli artt. 3, 32 e 41 della Costituzione non si configura assistita dal requisito di non manifesta infondatezza.

Il diritto di libera iniziativa economica del privato non è assoluto, ma deve coordinarsi con le esigenze di utilità sociale. Nella specie la necessità di intervenire sui livelli di impegno delle risorse pubbliche giustifica l’adozione del regime tariffario con procedura accelerata e semplificata, per di più per un periodo ristretto, e rende, quindi, prevalenti le esigenze di interesse pubblico generale su quelle del singolo operatore privato.

L’ art. 15, comma 5, non determina, inoltre, in violazione dell’art. 1 del primo protocollo CEDU, a un’ indebita espropriazione di beni, nella nozione comprensiva dei valori patrimoniali. Il rapporto di accreditamento e il relativo regime retribuivo segue a una libera decisione dell’operatore privato. Esso sottostà a regole soggette e mutazione nel tempo e, ove queste si presentino meno vantaggiose sul piano economico, non sottraggono beni che possano ricondursi con carattere di stabilità al patrimonio del soggetto accreditato.

Per le considerazioni che precedono l’ appello va respinto.

Trattandosi di contenzioso che investe disposizioni di diritto intertemporale e di prima applicazione spese e onorari del giudizio possono essere compensati fra le parti.

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