Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-12-27, n. 202311187

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-12-27, n. 202311187
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202311187
Data del deposito : 27 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/12/2023

N. 11187/2023REG.PROV.COLL.

N. 06049/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6049 del 2018, proposto dalla Società Gimar s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati F G e F M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

contro

il Comune di Bologna, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati F C, A T e N Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Antonio Bertoloni, n. 35,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, (Sezione Prima), 24 gennaio 2018, n. 63, resa tra le parti, avente ad oggetto la revoca di un passo carraio.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bologna;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, comma 4- bis , cod.proc.amm.;

Relatore, all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 28 novembre 2023, il Cons. Antonella Manzione, nessuno presente avendo le parti depositato richiesta di passaggio in discussione senza previa discussione orale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La controversia ha ad oggetto la determina dirigenziale del 26 giugno 2007, con la quale il Direttore del Settore “mobilità urbana” del Comune di Bologna ha revocato il passo carrabile n. 4558 ubicato sulla via del Triumvirato a servizio dello stabile individuato presso il civico 20/2, di proprietà della Società Gimar s.p.a., coinvolgendo preventivamente nel relativo procedimento mediante inoltro della comunicazione di avvio dello stesso la sola Società che a suo tempo aveva richiesto il titolo, Borghi Trasporti s.p.a., benché non utilizzasse più il lotto dal 1999. La revoca era motivata in relazione alla circostanza che nell’area antistante l’accesso carrabile era prevista una rotatoria - di fatto realizzata nel 2011 - in attuazione di apposito accordo di programma per il comparto di riferimento, denominato “R3.50”, dando altresì atto che il lotto in controversia sarebbe comunque rimasto accessibile giusta il mantenimento di altro passo carrabile, contrassegnato dal n. 4559.

La Società Gimar s.p.a. ha adito il T.a.r. per l’Emilia Romagna chiedendo l’annullamento dell’atto ovvero la corresponsione dell’indennizzo previsto dall’art. 21- quinquies della l. n. 241 del 1990, giusta che l’avvenuta realizzazione del cordolo a delimitazione della rotonda ha reso ormai impossibile la fruizione in concreto del passo carrabile.

Il Tribunale adito, con la sentenza segnata in epigrafe, ha respinto il ricorso ritenendo che non vi sia stata alcuna violazione delle regole procedimentali di cui alla l. n. 241 del 1990 essendo stato informato il soggetto che aveva richiesto e ottenuto, peraltro “in sanatoria”, la relativa autorizzazione. Ha quindi escluso che nel caso di specie sia stato provato un danno concreto e attuale, stante che la revoca si è soltanto risolta nell’obbligo di utilizzo dell’altro passo carrabile sia in ingresso che in uscita, non certo nell’interdizione totale al transito. Ha infine concluso ritenendo che nel caso di specie non venga in evidenza un vero e proprio atto di revoca ex art. 21- quinquies della l.n. 241 del 1990, bensì più propriamente un annullamento d’ufficio, reso necessario dal contrasto della permanenza del titolo in questione con le norme di cui al regolamento di esecuzione del Codice della Strada. La mancata presentazione di osservazioni alla fase esecutiva del piano particolareggiato confermerebbe il mancato vulnus ai diritti procedimentali dell’azienda.

Avverso tale pronuncia ha proposto appello la società Giram s.p.a.

In fatto, ha precisato di avere acquisito la proprietà del complesso immobiliare de quo , catastalmente censito al Foglio 37, mappali 59 e 114, nel 2003 dalla Società Borghi Logistica s.p.a., che a sua volta lo aveva acquistato nel 1995 dalla Società Borghi Trasporti Spedizioni s.p.a. Essa non lo ha mai utilizzato direttamente, essendone entrata nella disponibilità in pendenza di contratto di locazione stipulato dalla propria dante causa, Società Borghi Logistica s.p.a. (che in prima battuta lo aveva già locato alla precedente proprietaria, Borghi Trasporti s.p.a.) e la Società SDA Express Courier s.p.a., in scadenza nel 2010.

In diritto, ha lamentato violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della l. n. 241 del 1990, stante che come proprietaria dell’area avrebbe dovuto essere coinvolta nel procedimento non essendo certo sufficiente allo scopo, come affermato dal primo giudice, l’inoltro della comunicazione di avvio dello stesso al titolare dell’autorizzazione, rilasciata nel 1992, arrivando addirittura ad affermare che « non vi sono prove in atti, ma il comune riferimento al nome Borghi fa ritenere che tra le due società vi fossero legami stretti » al fine di validare il coinvolgimento di altro soggetto (la Gimar consegue a trasformazione della Borghi Logistica s.p.a.). Le molteplici interlocuzioni intercorse tra i soggetti subentrati alla Società Borghi Trasporti Spedizioni s.p.a. e il Comune, ovvero una semplice visura catastale, avrebbe consentito di individuare agevolmente l’attuale proprietà del bene. Né la norma di garanzia procedurale può essere letta nel senso, propugnato dal primo giudice, che il soggetto erroneamente destinatario della comunicazione di avvio del procedimento sia tenuto ad attivarsi per informare quello effettivamente interessato allo stesso, trattandosi di onere gravante sull’Amministrazione, e non sul privato (motivo sub 1).

Sarebbero inoltre stati violati i principi in tema di valutazione delle prove da parte del giudice, essendo stato il Comune di Bologna informato che nei passi carrai de quibus la Società Borghi Logistica s.p.a. - poi divenuta Gimar s.p.a. - era subentrata alla Società Borghi Trasporti Spedizioni s.p.a., che peraltro ne aveva cessato l’utilizzo dall’anno 2000 (v. ad esempio la comunicazione all’uopo trasmessa all’ufficio tributi del Comune di Bologna di mutamento della intestazione dei documenti relativi alla Borghi Logistica s.p.a., nonché i corretti riferimenti contenuti in alcune pratiche edilizie, motivo sub 2).

Il coinvolgimento della proprietà nel procedimento, avrebbe potuto portare ad una diversa soluzione tecnica. Non è stata fornita alcuna dimostrazione oggettiva e supportata all’occorrenza da dati tecnici che smentisca la tesi della Società ricorrente, circa il fatto che la rotatoria avrebbe potuto essere realizzata a distanza di pochi metri, consentendo così il mantenimento del passo carraio di cui si discute (motivo sub 3).

Andava riconosciuto alla Società l’indennizzo richiesto pari al deprezzamento del valore dell’immobile nella misura del 5 %, per un totale di euro 300.000/00, trattandosi evidentemente di una revoca e non di un annullamento d’ufficio del titolo rilasciato. Esso peraltro avrebbe dovuto essere calcolato all’atto della revoca, e non valutando i presunti fattori di crisi sopravvenuta che avrebbero reso l’entità del traffico veicolare del tutto compatibile con l’utilizzo di un solo passo carraio, anziché dei due preesistenti.

Per resistere al ricorso si è costituito in giudizio il Comune di Bologna. Con successiva memoria ha innanzi tutto attualizzato la situazione di contesto, evidenziando che la Società appellante ha ottenuto nel 2021 un permesso di costruire, seguito nel 2022 da una s.c.i.a., per modifiche interne al lotto, che si riferiscono anche alla sistemazione del passo carrabile residuo, ma nulla dicono dell’altro, oggetto di revoca. Nel merito, ha confutato il primo motivo di appello richiamando il principio di non aggravamento del procedimento, avendo il Comune correttamente interloquito con l’intestatario del passo carrabile, mai volturato;
al medesimo principio andrebbe ricondotto il mancato incrocio dei dati inerenti la TARSU (oggi TAR), che l’appellante aveva provveduto ad adeguare, con quelli riguardanti il rilascio di un atto amministrativo, non impositivo, a cura del settore preposto alla mobilità urbana;
la revoca del passo carraio era atto dovuto in quanto scaturiva inevitabilmente dall’accordo di programma, che rappresenta a tutti gli effetti un piano particolareggiato ratificato dal Consiglio comunale e prevedeva la rotatoria sulla via Triumvirato, concretamente realizzata nel 2011;
non è stata dimostrata in alcun modo la diminuzione di valore subita dal complesso immobiliare in ragione della eliminazione di uno dei due passi carrabili.

Alla pubblica udienza del 28 novembre 2023, la causa è passata in decisione.

DIRITTO

Il Collegio ritiene l’appello infondato e come tale da respingere, seppure con le precisazioni motivazionali di seguito riportate.

Va innanzi tutto evidenziato come non risulta oggetto di censura il capo della sentenza volto a ricostruire sinteticamente l’ iter che ha portato all’adozione dello strumento urbanistico che ha previsto la realizzazione della rotatoria. Avendo la Società evocato quale termine di confronto quanto accaduto in relazione ad analogo atto pianificatorio del 1986, il T.a.r. per l’Emilia Romagna ha precisato che « in quel caso si trattò di uno strumento urbanistico generale, nel caso di specie di uno strumento attuativo rispetto al quale, la società interessata, diversamente dal 1986, non presentò alcuna osservazione ». E ancora: « Si sarebbe potuto evitare tale conclusione se il progetto di realizzazione della rotatoria avesse previsto un diverso posizionamento;
la ricorrente, nel lamentarsi della mancata partecipazione alla fase esecutiva del piano particolareggiato ha evidenziato in ciò il vulnus ai suoi diritti procedimentali, ma all’epoca nessuna osservazione è stata presentata per far presente che ci poteva essere una soluzione alternativa per evitare conseguenze sul passo carraio
».

Quanto detto è già sufficiente a respingere l’appello, stante che l’elaborazione di uno strumento urbanistico passa attraverso un iter formativo che contempla la partecipazione degli interessati mediante la presentazione, appunto, delle osservazioni, anche critiche. La localizzazione di una rotonda in corrispondenza del preesistente passo carrabile ne rendeva ontologicamente incompatibile il mantenimento, sicché ben avrebbe potuto/dovuto la proprietà evidenziare in tale sede alternative progettuali, se esistenti.

D’altro canto, la peculiare natura dell’autorizzazione all’apertura di un passo carrabile impone un adattamento delle normali regole vigenti in materia di autotutela. Con la relativa dizione, infatti, l’art. 3 del Codice della Strada, contenente le « definizioni stradali e di traffico », descrive il passo carrabile come l’« accesso ad un’area laterale idonea allo stazionamento di uno o più veicoli » (comma 1, n. 37). Trattasi, come si vede, della descrizione di un luogo fisico, al pari delle altre contenute nella norma (ove figurano, ad esempio, l’area di intersezione, l’area pedonale, gli attraversamenti pedonali, la banchina, ecc.) che assume rilievo pubblicistico, pur se riferito ad un’area privata, nell’ottica della tutela della sicurezza stradale da immissioni nel traffico veicolare non in linea con la stessa. L’art. 22, a sua volta, nel disciplinare tutte le tipologie di accessi e diramazioni, prevede che quelli da area privata idonea allo stazionamento dei veicoli, ovvero i passi carrabili, siano individuati con l’apposito segnale ed autorizzati dall’ente proprietario della strada. In corrispondenza del passo carrabile, è vietata la sosta dei veicoli (compresi quelli del titolare dello stesso), salvo quella breve sosta per il carico e lo scarico di merci. L’articolo 46 del regolamento di attuazione ed esecuzione del codice della strada esprime le condizioni per la “costruzione” di un passo carrabile: esso deve essere distante almeno 12 metri dalle intersezioni (ma i comuni possono prevedere deroghe) e essere visibile in ogni caso da una distanza pari allo spazio di frenata risultante dalla velocità massima consentita nella strada medesima.

La peculiare natura del passo carrabile, che equivale, dunque, alla mera legittimazione all’utilizzo di un accesso rispondente a determinati requisiti funzionali a garantire l’immissione nel traffico senza problematiche viabilistiche particolari, fa sì che il venir meno di ridette caratteristiche non può non risolversi in una revoca all’utilizzo, siccome divenuto incompatibile con lo stato dei luoghi.

Trattasi, pertanto, di un provvedimento sostanzialmente ricognitivo del venir meno delle condizioni per la fruizione dell’accesso, in verità non riconducibile neppure all’istituto generale della revoca di cui all’art, 21- quinquies della l. n. 241 del 1990, che può conseguire a sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero, a mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, a nuova valutazione dell’interesse pubblico originario. É vero infatti che il nuovo assetto viabilistico cui si è addivenuti attraverso opere specifiche di urbanizzazione dell’area costituisce un mutato stato di fatto, ma lo è in egual misura che esso ha determinato come conseguenza la contrarietà del mantenimento dell’accesso alle disposizioni regolamentari che hanno ritenuto di indicare in quelli codificati i requisiti minimi di sicurezza per l’uscita dei veicoli dall’area di sosta. La illegittimità sopravvenuta, evidentemente, non può assumere rilievo invalidante dell’atto originario ora per allora, ma nella misura in cui le norme violate sono poste a presidio della incolumità collettiva le esigenze della proprietà non possono che palesarsi recessive. É in tale accezione, dunque, che il T.a.r. per l’Emilia Romagna parla di annullamento d’ufficio: più correttamente il Collegio ritiene che venga all’evidenza un caso eccezionale di revoca resa obbligatoria non dal riscontro di vizi nell’atto originario, ma dal sopravvenuto contrasto con la sicurezza stradale che le norme in materia intendono presidiare.

Di tale ricostruzione è prova anche nella formulazione letterale dell’atto impugnato, che non richiama in alcun modo gli istituti di cui alla l. n. 241 del 1990, e segnatamente l’art. 21- quinquies , quanto meno terminologicamente affine, bensì l’art. 3, comma 1, punto 37 del Codice della Strada e l’art. 46, comma 2, lettera b), del relativo Regolamento di esecuzione e di attuazione.

Il Collegio ritiene dunque di condividere le conclusioni del primo giudice in ordine alla natura necessitata del provvedimento de quo , cui non si attaglia la veste giuridica della revoca ex art. 21- quinquies della l. n. 241 del 1990, stante che nel caso di specie « non vi è stata nessuna sopravvenuta inopportunità, ma il contrasto con norme del regolamento al Codice della Strada che imponeva l’annullamento [ recte , la revoca, in senso improprio, per quanto precisato] della precedente autorizzazione », né tuttavia quella dell’annullamento d’ufficio, incompatibilità con un’illegittimità sopravvenuta.

La non configurabilità di una revoca nell’accezione “propria” di cui alla l. n. 241 del 1990, giusta le peculiarità del titolo in esame, rende inapplicabile anche la previsione dell’indennizzo previsto dalla stessa. Ad ogni buon conto, quand’anche volessero applicarsi le regole di cui all’art. 21-quinquies della l. n. 241 del 1990, non possono che condividersi le conclusioni del T.a.r. per l’Emilia Romagna circa la mancanza di qualsivoglia documentazione a supporto del danno effettivamente subito. L’obbligazione indennitaria da atto lecito a carico dell’Amministrazione, che deve provvedere all’indennizzo dei pregiudizi in danno sofferti dai soggetti direttamente interessati dal provvedimento di revoca, senza che al fine del sorgere dell’obbligazione indennitaria occorra la dimostrazione della sua colpevolezza, va circoscritta infatti al danno emergente, che deve comunque essere dimostrato caso per caso. Nel caso di specie la Società lamenta un deprezzamento del complesso immobiliare, senza fornire alcuna prova dell’impatto sull’utilizzo del piazzale per attività di logistica di un minor numero di mezzi, ovvero del rallentamento della viabilità verso e dall’esterno in ragione della riconduzione del flusso veicolare ad un solo accesso residuo. Né può escludersi che anziché modificare la progettualità pubblica, come la parte avrebbe potuto quanto meno richiedere partecipando al procedimento pianificatorio, sia possibile pensare all’apertura di un altro passo carrabile, compatibile con le disposizioni del Codice della Strada, ove l’intensità dell’attività lo renda davvero necessario. Il che non è avvenuto, come precisato dalla difesa civica, in occasione dei più recenti interventi edilizi che hanno interessato il complesso immobiliare. Per contro, nei numerosi sopralluoghi effettuati dal personale del Comune di Bologna, il passo carrabile non risultava più utilizzato « visto l’accumulo di materiale riscontrato internamente all’area in corrispondenza del cancello » nonché l’avvenuta cessazione del rapporto con la Società locataria nell’anno 2010, ovvero prima della concreta realizzazione della rotatoria.

Per quanto sopra detto, l’appello deve essere respinto.

La particolarità della materia giustifica la compensazione delle spese del grado di giudizio.

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