Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-10-14, n. 202006220

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-10-14, n. 202006220
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202006220
Data del deposito : 14 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/10/2020

N. 06220/2020REG.PROV.COLL.

N. 06228/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6228 del 2011, proposto dal signor
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato P P, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giovanni De Calvi, 6

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. -OMISSIS-


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica telematica del giorno 14 luglio 2020, tenuta ai sensi dell’art. 84 commi 5 e 6 del d.l. 17 marzo 2020 n. 18, conv. dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, il Cons. Cecilia Altavista;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il signor -OMISSIS-, -OMISSIS-e, successivamente, previo superamento di relativo concorso, inserito nel ruolo dei volontari in servizio permanente effettivo, il 3 agosto 2001, presentava richiesta di transito nelle qualifiche funzionali del personale civile del Ministero della Difesa, così come previsto dall’art. 14, comma 5, della legge 28 luglio 1999, in relazione al presupposto costituito dal giudizio diagnostico espresso il -OMISSIS- dalla Commissione Medica Ospedaliera del Centro militare di medicina legale di Roma con il quale il ricorrente veniva giudicato affetto da “ -OMISSIS- ” (non dipendente da causa di servizio) e valutato non idoneo permanentemente al servizio militare incondizionato, ma idoneo ad altri ruoli funzionali del personale civile del Ministero della Difesa.

Con decreto del 6 giugno 2003 è stato disposto il transito nelle aree del personale civile della difesa. Peraltro il procedimento veniva sospeso e con provvedimento del 31 ottobre 2003 è stato annullato il decreto del 6 giugno 2003, in quanto era emerso il superamento del termine massimo di due anni di aspettativa nel quinquennio, ai sensi dell’ art. 25, comma 2, del decreto legislativo 12 maggio 1996 n. 196;
si era dunque verificata la cessazione dal servizio al superamento di tale termine, superamento avvenuto in data precedente al giudizio di permanente inidoneità al servizio emesso dalla Commissione Medica Ospedaliera di Roma il -OMISSIS-.

Il provvedimento di annullamento del transito nei ruoli civili è stato impugnato davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio con il ricorso RG n. -OMISSIS-del 2004, contestando il superamento del periodo biennale di aspettativa, in particolare sostenendo che nel proprio stato matricolare era indicata l’aspettativa per complessivi 107 giorni.

Con decreto del Ministero della Difesa - Direzione generale per il personale militare n. -OMISSIS-, notificato il 27 febbraio 2004, era stato disposto, altresì, il collocamento in aspettativa per infermità non dipendente da causa di servizio per la durata di -OMISSIS-) e, contestualmente, la cessazione dal servizio permanente per superamento del periodo massimo di aspettativa fruibile nel quinquennio, con collocamento in congedo nella “categoria della riserva”, ai sensi del combinato disposto degli artt. 25 e 30 del decreto legislativo 12 maggio 1995 n. 196 e dell’art. 29 della legge 31 luglio 1954 n. 599 dalla data del 6 maggio 2001, anteriore all’accertamento di inidoneità al servizio del -OMISSIS-.

Avverso tale provvedimento è stato proposto ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, formulando le seguenti censure:

- violazione dell’art. 2, secondo comma, della legge n. 241/90 e dell’art. 4, comma 1, del D.M. 16 settembre 1993 in ordine alla abnorme durata del procedimento all’esito del quale il ricorrente è stato collocato in aspettativa;

- violazione dell’art. 3, della legge n. 241/1990 per carenza di motivazione ;

- violazione degli artt. 7 della legge n. 241/1990 e 5 del D.M. 16 settembre 1993 n. 603 per omessa comunicazione di avvio del procedimento relativo al collocamento in aspettativa;

La sentenza di primo grado ha respinto le censure ritenendo che il superamento del termine massimo di -OMISSIS- di aspettativa costituisca il presupposto del provvedimento di cessazione del servizio, di carattere vincolato e comunque non contestato dalla parte ricorrente, con irrilevanza quindi di una eventuale partecipazione procedimentale;
ha ritenuto congrua e sufficiente la motivazione e respinto la censura relativa al superamento del termine del procedimento, non influendo questo sulla legittimità del provvedimento finale.

Con i motivi di appello si sostiene la erroneità della sentenza nella parte in cui ha affermato che il superamento del periodo massimo di aspettativa non sarebbe stato contestato;
secondo la ricostruzione difensiva, infatti, tale circostanza sarebbe stata contestata espressamente nel giudizio R.G. n. -OMISSIS-del 2004, con il quale era stata anche stata chiesta la riunione;
è stata poi riproposta la censura relativa alla mancata comunicazione di avvio del procedimento, in quanto pur trattandosi attività vincolata, la partecipazione dell’interessato avrebbe potuto chiarire la insussistenza del presupposto di fatto costituito dalla aspettativa per un periodo superiore a -OMISSIS-

Si è costituito in giudizio il Ministero della difesa con atto di mero stile e depositando documentazione.

Con decreto presidenziale n. -OMISSIS-è stato dichiarato perento il ricorso di primo grado R.G. n. -OMISSIS-del 2004.

Il 13 luglio 2020 la parte appellante ha depositato note di udienza insistendo per l’accoglimento del ricorso in relazione alla violazione della partecipazione procedimentale.

All’udienza pubblica telematica del giorno 14 luglio 2020, tenuta ai sensi dell’art. 84 commi 5 e 6 del d.l. 17 marzo 2020 n. 18, conv. dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, il giudizio è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato.

Con il primo motivo si lamenta che il giudice di primo grado erroneamente avrebbe considerato non contestata la circostanza relativa al superamento del periodo biennale di aspettativa, mentre questa era stata specificamente contestata nel giudizio R.G. n. -OMISSIS-del 2004 pendente davanti al medesimo Tribunale amministrativo del Lazio e con il quale era stata chiesta anche la riunione.

Il motivo è infondato.

Si deve, infatti, considerare che i provvedimenti impugnati con i due ricorsi erano differenti;
in particolare quello impugnato con il ricorso n. -OMISSIS-del 2004 era il decreto del 18 novembre 2003, di annullamento in autotutela del provvedimento del 6 giugno 2003, che aveva disposto il transito nei ruoli civili, il cui presupposto era costituito dalla inidoneità permanente al servizio accertata dalla Commissione medica ospedaliera di Roma il -OMISSIS-.

L’annullamento di tale decreto quindi di per sé ripristinava una situazione provvisoria anteriore al transito nei ruoli civili;
la effettiva lesione della posizione dell’appellante è, invece, derivata dalla rideterminazione del periodo di aspettativa dal 21 agosto 1999 al 5 maggio 2001 (avendo già fruito dei periodi di licenza previsti) e dalla conseguente cessazione del servizio per superamento del periodo biennale di aspettativa nel quinquennio con collocamento in congedo nella “categoria della riserva”, disposta con il provvedimento dell’8 ottobre 2003.

Tale provvedimento è stato impugnato con il ricorso di primo grado oggetto del presente appello, non contestando espressamente la circostanza del superamento del periodo massimo di aspettativa, di cui si deduce nell’atto di appello che era stata contestata nell’altro giudizio.

Peraltro, ammesso anche che i giudizi erroneamente non siano stati riuniti, e che, a seguito della riunione dei due giudizi, potesse farsi utile riferimento alle contestazioni mosse con il ricorso n. -OMISSIS-del 2004, in ogni caso, allo stato, il motivo di appello formulato non può essere preso in considerazione, in quanto il ricorso R.G. n. -OMISSIS-del 2004 è stato, comunque, dichiarato perento con decreto presidenziale del -OMISSIS- ne deriva che la contestazione del periodo di aspettativa compiuta in quella sede non può comunque essere rilevante rispetto al presente giudizio.

Con l’ulteriore motivo di appello si contestano le affermazioni del giudice di primo grado relative alla partecipazione al procedimento, ritenuta non necessaria in relazione alla natura dell’atto, vincolato alla sussistenza del presupposto del superamento del periodo biennale di aspettativa.

Secondo la ricostruzione difensiva, il presupposto costituito dal superamento del periodo biennale di aspettativa avrebbe potuto essere oggetto di chiarimenti da parte dell’interessato nel corso del procedimento.

Tale ricostruzione non può essere condivisa.

Il giudice di primo grado ha infatti richiamato la natura di atto vincolato, in relazione alla disciplina dell’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990 - per cui “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato- in quanto la circostanza del superamento del periodo massimo di aspettativa non è stata contestata da parte del ricorrente.

Il Collegio non può che confermare la decisione di prime cure, in relazione al costante orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio, per cui l’ art. 21 octies , attraverso la dequotazione dei vizi formali dell'atto, mira a garantire una maggiore efficienza all'azione amministrativa, risparmiando antieconomiche ed inutili duplicazioni di attività, laddove il riesercizio del potere non potrebbe comunque portare all'attribuzione del bene della vita richiesto dall'interessato (cfr. Cons. Stato, sezione II, 9 giugno 2020, n. 3675;
id. 17 settembre 2019, n. 6209;
sezione III, 19 febbraio 2019, n. 1156;
sezione IV, 11 gennaio 2019, n. 256;
id., 27 settembre 2018, n. 5562).

Nel caso di specie, infatti, l’eventuale apporto partecipativo dell’interessato non è stato oggetto di specifiche deduzioni in sede di ricorso avverso l’atto impugnato;
essendosi la parte limitata a contestare la sussistenza del presupposto della cessazione del servizio, ai sensi dell’art. dall’art. 25, comma 2, del decreto legislativo 12 maggio 1996 n. 196, in un altro ricorso pendente (R.G. n. -OMISSIS-del 2004), peraltro ormai dichiarato perento.

Inoltre, dal foglio matricolare risultano comunque periodi di assenza dal servizio complessivi superiori a -OMISSIS-

Ne deriva che comunque non vi sono elementi per ritenere che il provvedimento avrebbe potuto essere differente, con conseguente infondatezza del motivo di appello relativo alla mancata partecipazione al procedimento.

In conclusione l’appello deve essere respinto.

In considerazione della particolarità della materia in questione sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

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