Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-05-02, n. 201202510

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-05-02, n. 201202510
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201202510
Data del deposito : 2 maggio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06798/2011 REG.RIC.

N. 02510/2012REG.PROV.COLL.

N. 06798/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6798 del 2011, proposto da:
Fondazione Teatro San Carlo di Napoli, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

M S, rappresentato e difeso dall'avvocato G D V, presso lo stesso elettivamente domiciliato in Roma, piazza Mazzini, 8;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE V n. 03200/2011, resa tra le parti, concernente OTTEMPERANZA SENTENZA N. 3534/2008 DEL TAR CAMPANIA, NAPOLI, SEZIONE V - PAGAMENTO DIFFERENZE RETRIBUTIVE E PREVIDENZIALI;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di S M;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 marzo 2012 il consigliere R V e uditi per le parti l’avvocato Della Valle e l'avvocato dello Stato Valenzano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La Fondazione Teatro San Carlo di Napoli chiede la riforma della sentenza con la quale il Tribunale amministrativo regionale (Tar) della Campania ha accolto il ricorso proposto dal signor S M per ottenere l’esecuzione della sentenza del medesimo Tar n. 3534 del 2008.

I) Con tale sentenza è stato parzialmente accolto il ricorso inoltrato da alcuni ex addetti al servizio di pulizia del teatro San Carlo di Napoli nel periodo 1972-1976;
in dettaglio, all’esito di un giudizio particolarmente articolato tra giurisdizione ordinaria e amministrativa, il Tar ha:

- definito il rapporto di lavoro tra i ricorrenti e la Fondazione (già Ente autonomo) Teatro San Carlo quale rapporto di mero fatto, in quanto instaurato in violazione delle disposizioni che disciplinano l’ingresso nel pubblico impiego;

- applicato l’art. 2126 cod. civ. ai fini retributivi e previdenziali;

- individuato l’Ente autonomo Teatro San Carlo quale effettivo datore di lavoro dei ricorrenti, piuttosto che le singole imprese succedutesi nella gestione in appalto del servizio di pulizia dei locali del teatro, configurando la fattispecie in termini di interposizione personale nel contratto di lavoro;

- ritenuto che in ordine alla domanda di regolarizzazione contributiva la giurisdizione spetta al giudice amministrativo, inerendo la pretesa al rapporto dedotto in giudizio;

- condannato la Fondazione al pagamento degli interessi e della rivalutazione sulla somma capitale dovuta ai sensi dell’art. 2126 cod. civ., mediante cumulo con riguardo ai ratei maturati prima del 31 dicembre 1994 e calcolo separato sull’importo nominale del credito retributivo e con il limite, per i ratei successivi, posto dall’art. 22 legge n. 724 del 1994.

Avverso tale sentenza la Fondazione ha proposto appello al Consiglio di Stato, che, con decisione della sesta sezione n. 7647 del 2010, lo ha dichiarato irricevibile per tardività: la sentenza del Tar della Campania n. 3534 del 2008 è quindi passata in giudicato.

2) Per chiedere l’ottemperanza di tale sentenza il signor S M ha proposto ricorso al Tar della Campania, il quale, con la sentenza oggetto dell’appello in esame, ha:

- rilevato la ritualità della domanda, stante la perdurante inerzia dell’Amministrazione;

- precisato che la statuizione da eseguire consiste nel pagamento delle differenze retributive maturate a far tempo dalla prima immissione nel rapporto e fino alla data di effettiva cessazione del rapporto stesso, oltre agli accessori e alla regolarizzazione della posizione previdenziale;

- nominato commissario ad acta per l’esecuzione del giudicato il Presidente in carica della Fondazione o suo delegato, con il compito, in ragione della difficoltà oggettiva di una puntuale e documentata determinazione delle somme dovute, di definire anche in via bonaria la vicenda, con la fattiva collaborazione della difesa del ricorrente.

3) Avverso tale sentenza la Fondazione appellante deduce: a) l’inammissibilità del giudizio di ottemperanza in ragione della non liquidità del credito;
b) in subordine, la nullità della sentenza impugnata per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, non avendo il Tar preso in considerazione le eccezioni sollevate dal Teatro San Carlo, riproposte in questo secondo grado (limitazione delle differenze dovute al periodo dal marzo 1979 al 31 dicembre 1990, in cui il ricorrente era dipendente della ditta Il Gabbiano s.p.a.;
assenza di qualifiche attinenti alle mansioni ausiliarie nel ruolo del personale del Teatro e, quindi, mancanza del parametro per il calcolo delle differenze retributive;
esistenza di un credito del Teatro, e non di un debito, derivante dal calcolo comunque effettuato con riferimento alla categoria più bassa dei dipendenti amministrativi;
inerzia dell’appellato a proseguire azioni giudiziarie nei confronti della società Il Gabbiano);
c) sempre in subordine, violazione dei limiti dei poteri attribuibili al commissario ad acta , al quale il Tar ha delegato poteri cognitori;
d) mancata precisazione della somma dovuta quale sanzione per il ritardo nell’adempimento del giudicato, ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e), cod. proc. amm..

4) La controversia in esame concerne l’esattezza dell’interpretazione data dalla sentenza impugnata del dictum contenuto nel giudicato formatosi sulla precedente sentenza del Tar Campania n. 3534 del 2008, il cui contenuto è stato sopra precisato, e la congruenza del comando conseguente.

Esulano, invece, dai limiti del giudizio profili di cognizione della pretesa sostanziale, ormai cristallizzata per effetto del giudicato formatosi sulla stessa.

Preliminare all’esame delle censure svolte nel merito della sentenza impugnata è, peraltro, la verifica della fondatezza o meno dell’eccezione di inammissibilità del giudizio di ottemperanza, non essendo stato precisato in sede cognitoria il quantum debeatur .

L’eccezione è infondata, essendo basata sulla riconduzione dell’esecuzione della sentenza del giudice amministrativo alla nozione di titolo esecutivo derivante dall’art. 474 cod. proc. civ., il quale può fondare l’esecuzione forzata solo per un diritto certo, liquido ed esigibile.

Tale parallelismo non è corretto, giacché pretende di restringere l’attività conseguente alla formazione del giudicato amministrativo alla mera corresponsione di una somma da parte del debitore, ovvero ad un’altra attività materiale, laddove, trattandosi di incidere su potestà comunque attinenti all’ambito proprio della pubblica Amministrazione, il portato della sentenza amministrativa presuppone e postula il rispetto di un articolato sistema di competenze, e insieme richiede un esercizio conformativo di ben più ampia portata, che legittimamente assume l’arresto reso in sede cognitoria quale dato di partenza per una attività anche procedimentale.

Le considerazioni che precedono rendono ragione dell’infondatezza anche delle censure attinenti al merito della sentenza impugnata: è evidente, infatti, che, trattandosi di dare esecuzione ad una sentenza, ormai immodificabile, nella quale era stato stabilito l’obbligo del pagamento delle differenze retributive e della regolarizzazione previdenziale a carico della Fondazione appellante, non può avere ingresso la contestazione circa il mancato coinvolgimento nel giudizio della società Il Gabbiano, né quella relativa al periodo da prendere in considerazione, che il Tar, comunque, precisa essere quello coincidente con l’effettiva durata del rapporto di lavoro, né quella relativa all’effettiva consistenza del debito della Fondazione appellante, consistente, comunque, non solo nella corresponsione delle differenze retributive, ma anche nella formazione della posizione previdenziale. Tutte queste censure sono, infatti, relative a profili oggetto della sentenza del Tar sulla quale è sceso il giudicato e sono, quindi, ormai incontestabili (e non ha pregio neppure l’eccezione di nullità della sentenza impugnata per mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, dato che il Tar ha giudicato proprio sulla domanda di ottemperanza, e che, in mancanza di ricorso incidentale, è la domanda del ricorrente a determinare l’ambito del giudizio, nel cui perimetro si iscrivono anche le eccezioni della controparte).

Quanto alla quantificazione dell’onere debitorio, le stesse prospettazioni dell’appellante rafforzano la considerazione sulla quale il Tar ha fondato la propria decisione: l’obiettiva difficoltà di determinare i parametri di riferimento chiarisce che il mandato attribuito al commissario ad acta , nel senso di una definizione anche bonaria della vicenda in collaborazione con la difesa del ricorrente, lungi dall’esorbitare dai limiti propri della funzione, rispetta insieme il comando giudiziale e le difficoltà pratiche della sua attuazione.

Neppure la quantificazione dell’onere sanzionatorio previsto in caso di mancato adempimento può avere portata invalidante della sentenza, essendo attinente non al contenuto del comando, ma alle conseguenze dell’inottemperanza, e concernendo questioni che, allo stato, non sono attuali e, anzi, sono escluse dalla celebrazione e dall’esito del presente giudizio.

5) In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.

Le spese del giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

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