Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-12-19, n. 202310994

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-12-19, n. 202310994
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202310994
Data del deposito : 19 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/12/2023

N. 10994/2023REG.PROV.COLL.

N. 07147/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7147 del 2023, proposto da H.C. Hospital Consulting s.p.a. in proprio e quale capogruppo dell’associazione temporanea d’imprese costituita con le mandanti Ge Medical Systems Italia s.p.a., Ati Philips s.p.a. e Ati Tesi s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , in relazione alla procedura CIG 81530784CE, 81590784CE, rappresentata e difesa dagli Avvocati A B e M C, con domicilio digitale come da pec nei registri di giustizia;

contro

la Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avvocati Beatrice Croppo e Marina Pisani, con domicilio eletto presso l’ufficio di rappresentanza della Regione, sito in Roma, piazza Colonna n. 355;
l’Azienda regionale di coordinamento per la salute - Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, non costituita in giudizio;

nei confronti

dell’Althea Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocato Saverio Sticchi Damiani, con domicilio digitale come da pec nei registri di giustizia;

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia, sezione prima, n. 205 del 2023, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio di Althea Italia s.p.a. e della Regione Friuli Venezia Giulia;

visti tutti gli atti della causa;

relatore, nell’udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2023, il Consigliere Pier Luigi Tomaiuoli e viste le conclusioni delle parti come da verbale.


FATTO e DIRITTO

1.- Con la sentenza in epigrafe indicata, il TAR Friuli-Venezia Giulia ha accolto in parte il ricorso proposto dalla H.C. Hospital Consulting s.p.a.(d’ora in avanti, H.C.), in proprio e nella qualità pure in epigrafe indicata, volto all’annullamento dell’aggiudicazione di una procedura bandita per la stipula di una convenzione per l’affidamento dei servizi tecnico/manutentivi integrati delle apparecchiature biomedicali per gli enti del servizio sanitario della Regione (CIG gara 81530784CE).

In particolare, il primo giudice ha respinto il motivo di ricorso con cui si lamentava l’illegittimità dell’aggiudicazione per violazione del principio di continuità del possesso, in capo all’aggiudicataria, dei requisiti di ammissione, partecipazione ed esecuzione, essendo stata essa attinta da un provvedimento di divieto a contrarre con la pubblica amministrazione per la durata di un anno, irrogato dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo in data 11 ottobre 2022, ai sensi degli artt. 9 e 14 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300).

La sentenza impugnata ha invece accolto il secondo e il terzo motivo di ricorso, con cui si lamentava l’illegittimità dell’aggiudicazione per: a) difetto di istruttoria in relazione alle diverse situazioni potenzialmente rilevanti, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lettere c ) e c - ter ), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), che la controinteressata aggiudicataria aveva indicato nella dichiarazione resa ai sensi del medesimo art. 80;
b) violazione, da parte dell’aggiudicataria, dell’obbligo dichiarativo in relazione ad un fatto sopravvenuto alla sua domanda di partecipazione, ossia la risoluzione pronunciata dall’azienda sanitaria provinciale (Asp) di Trapani con deliberazione n. 1006 del 2020 e la sua conseguente iscrizione nell’apposita sezione del casellario informatico dell’Autorità nazionale anticorruzione.

La sentenza gravata ha quindi precisato che dal suddetto accoglimento «deriva, quale naturale effetto conformativo, l’obbligo della CUC di rieditare la procedura stessa laddove incisa dalle illegittimità acclarate e a partire dal segmento procedurale in cui le stesse sono state riscontrate, informandone lo svolgimento alla regola juris ritraibile dalla presente decisione».

Da ultimo, il primo giudice ha respinto la connessa domanda risarcitoria, stante la necessità di rieditare l’azione amministrativa, e compensato tra le parti le spese di lite.

2.- Avverso tale sentenza propone appello la ricorrente in primo grado, censurando il mancato accoglimento del primo motivo di ricorso, da cui deriverebbe non solo l’annullamento dell’aggiudicazione, ma anche la definitività dell’esclusione della controinteressata, senza, quindi, l’obbligo di rinnovazione della valutazione dei requisiti generali in capo alla medesima discendente dall’accoglimento degli altri motivi di ricorso proposti in via subordinata.

2.1.- Deduce al riguardo l’appellante che nella sua documentazione amministrativa l’aggiudicataria aveva dichiarato diversi fatti potenzialmente rilevanti ai fini del giudizio di affidabilità (sette risoluzioni per grave inadempimento di contratti ad oggetto identico o similare a quello di gara;
un provvedimento decadenziale con effetti risolutori per inadempimento in fase pre-negoziale;
penali per oltre un milione di euro;
e il coinvolgimento dell’ ex amministratore in reati di associazione a delinquere, turbativa d’asta, corruzione e rivelazione di segreti di ufficio, che avevano portato all’applicazione, nei confronti del medesimo, prima della misura cautelare degli arresti domiciliari e poi di una sentenza di patteggiamento alla pena di due anni di reclusione) e che su tali fatti l’amministrazione non aveva svolto alcuna istruttoria, ammettendo la controinteressata alla fase successiva della gara senza alcuna motivazione.

2.2.- Aggiunge l’appellante che tale schema operativo era stato seguito da Althea Italia (d’ora in avanti, Althea) in svariate procedure di gara nel corso dell’anno 2020, per come emergerebbe da diverse sentenze pronunciate dai giudici amministrativi (si citano, in particolare, le sentenze di questo Consiglio, sezione terza, 22 dicembre 2020, nn. 8238, 8236, 8222 e 82111;
la sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana 20 ottobre 2021, n. 881;
la sentenza del TAR Lombardia 31 marzo 2022, n. 725, confermata in appello dalla sentenza di questo Consiglio, sezione terza, 20 febbraio 2023, n. 1719;
e la sentenza del TAR Marche, sezione prima, 13 febbraio 2023, n. 98).

2.3.- Prosegue HC affermando che, successivamente all’aggiudicazione e prima della stipula, la controinteressata appellata era rimasta coinvolta nella seconda tranche dell’inchiesta palermitana denominata «Sorella Sanità», e che, nel corso del relativo procedimento penale, il Gip del Tribunale di Palermo, con ordinanza dell’11 ottobre 2022, notificata il successivo 21 ottobre, aveva disposto (oltre all’applicazione di misure cautelari nei confronti di due soggetti organici ad Althea), a carico della società, il divieto per un anno di contrarre con la pubblica amministrazione, ai sensi dell’art. 9, comma 2, lettera c ), del d.lgs. n. 231 del 2001.

Tale ordinanza era stata «solo sospesa» dal Gip con successiva ordinanza del 27 ottobre 2022, che,

dopo avere confermato la permanenza della gravità indiziaria, aveva contestualmente ordinato l’adozione di alcune delle misure previste dal citato d.lgs. n. 231 del 2001 (ossia, il versamento di una cauzione di € 200.00,00;
l’impegno al risarcimento del danno cagionato alla p.a., previa interlocuzione con i suoi rappresentanti, per l’individuazione del relativo ammontare;
la dimostrazione di adeguati modelli organizzativi diretti a evitare il rischio specifico di commissione di analoghi reati;
l’impegno alle restituzioni).

Tali fatti - prosegue l’appellante - avevano condotto la stazione appaltante ad avviare un procedimento volto alla verifica del permanere dei requisiti generali di partecipazione, ai sensi dell’art. 80 del codice dei contratti, procedimento archiviato con verbale del 30 ottobre 2022, parimenti impugnato in primo grado.

2.4.- Ciò posto, la H.C., con un unico e articolato motivo di gravame, censura la ricordata statuizione di rigetto del primo motivo di ricorso in primo grado, statuizione fondata sul rilievo che la misura interdittiva adottata dal Gip avrebbe natura cautelare e non sanzionatoria, con la conseguenza che essa non ricadrebbe nelle ipotesi di cui all’art. 80, comma 5, lettera f ), del codice dei contratti pubblici, secondo cui le «stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, qualora: […] l’operatore economico sia stato soggetto alla sanzione interdittiva di cui all’articolo 9, comma 2, lettera c ) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 o ad altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, compresi i provvedimenti interdittivi di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81».

L’appellante, dopo avere ricordato la giurisprudenza di questo Consiglio sul principio della necessaria continuità del possesso dei requisiti generali e speciali (si citano Adunanza plenaria, sentenze 7 aprile 2011, n. 4, e 20 luglio 2015, n. 8, nonché sezione quinta, sentenze 27 marzo 2023, n. 3107, 24 gennaio 2023, n. 779, e sezione terza, sentenza 11 gennaio 2022, n. 198), afferma che nel caso di specie tale principio sarebbe stato violato, essendo intervenuto un provvedimento del Gip di divieto a contrarre con la pubblica amministrazione - per la durata di un anno - adottato ai sensi degli artt. 9, comma 2, lettera c ), e 14 del d.lgs. n. 231 del 2001, ossia proprio una delle misure cui rinvia il citato art. 80, comma 5, lettera f ), del codice dei contratti pubblici.

Lo stesso art. 45 del citato d.lgs. n. 231 del 2001 prevedrebbe che «il pubblico ministero può richiedere l’applicazione quale misura cautelare di una delle sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2», così confermando che quella adottata nella fase d’urgenza resta sempre e comunque una sanzione di natura interdittiva.

Del resto, se è vero che l’art. 80 codice dei contratti pubblici non richiama il menzionato art. 45 che prevede la sanzione interdittiva in sede cautelare, è però anche vero che non richiama neanche l’art. 69, che prevede l’applicazione della sanzione interdittiva in sede di condanna.

Secondo l’appellante, cioè, ciò «che unicamente conta per il Legislatore […] è che il concorrente sia stato attinto da quella specifica sanzione interdittiva recata» dall’art. 9, comma 2, lettera c ), del d.lgs. n. 231 del 2001, «o equivalente, la quale determina una soluzione di continuità nel possesso del requisito generale di idoneità a contrarre con la Pubblica Amministrazione di cui, invece, dev’essere ininterrottamente titolare»: «che, poi, tale misura sia stata applicata a seguito di valutazioni cautelari (in seno al procedimento di cui all’art. 45) o con provvedimento di merito (con la pronuncia di condanna di cui al successivo art. 69) è indifferente e non trova alcuno spazio all’interno della norma».

Né sarebbe corretta, come affermato dal primo giudice, una lettura sistematica dell’art. 80 volta a valorizzare la implicita necessità della definitività della sanzione, poiché il citato art. 80 «è una disposizione-contenitore che racchiude al suo interno una pluralità di disposizioni, ciascuna autonoma rispetto alle altre, così che la circostanza che per talune di esse il Legislatore pretenda l’esistenza di un definitivo accertamento giudiziale e per altre no è indice del fatto che per queste ultime ipotesi tale elemento non costituisce presupposto costitutivo della fattispecie».

3.- L’aggiudicataria Althea s.p.a. ha, a sua volta, proposto appello incidentale avverso la sentenza di primo grado, per la riforma della statuizione con cui l’aggiudicazione è stata annullata in accoglimento delle due censure di difetto di istruttoria e di motivazione circa la sua ammissione alla procedura.

3.1.- L’appellante incidentale, in primo luogo, deduce di non avere dato conto in primo grado, per mero errore, di avere depositato nel corso della procedura, in data 16 agosto 2022, una dichiarazione sostitutiva «di aggiornamento della precedente, in ragione delle trasformazioni societarie intervenute», nella quale aveva puntualmente inserito anche le informazioni relative alla sopravvenuta risoluzione disposta dall’Asp Trapani con delibera n. 1006 del 6 Agosto 2020: di qui l’erroneità della sentenza gravata laddove ha accolto il terzo motivo di ricorso in primo grado.

3.2.- Deduce poi l’appellante incidentale che nel corso del primo grado, in sede di replica, la H.C. aveva formulato una nuova doglianza, sostenendo che nel mese di ottobre 2021 l’ ex amministratore di Althea, già cessato dalla carica in data 24 gennaio 2018, era stato condannato, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., per i reati di cui agli artt. 319, 319- bis e 321 cod. pen., e che essa controinteressata aveva istato per la dichiarazione di inammissibilità per tardività della censura e della sentenza prodotta a corredo.

3.3.- Aggiunge infine Althea che H.C. ha da ultimo agito per l’ottemperanza della sentenza di primo grado nella parte in cui ha imposto la riedizione del potere amministrativo.

3.4.- Ciò premesso, l’appellante incidentale, con il primo motivo di gravame, lamenta, in primo luogo, l’erroneità e la «ultrapetizione» della sentenza di primo grado, per avere «tenuto in considerazione», ai fini della ravvisata violazione dell’art. 80, comma 5, lettere c e c - bis ), del codice dei contratti pubblici, «quanto dedotto da HC in memoria di replica, in ordine alla pretesa omissione dichiarativa in cui sarebbe incorsa Althea per non aver citato la sopravvenuta sentenza di patteggiamento disposta nei confronti di un soggetto cessato dalla carica da oltre un anno».

Lamenta, in secondo luogo, l’erroneità della sentenza e la violazione del principio del contraddittorio, nella parte in cui non ha dichiarato l’inammissibilità e l’inutilizzabilità del documento depositato congiuntamente alla memoria di replica, in violazione dei termini perentori di cui all’art. 73 cod. proc. amm.

3.5.- Con il secondo motivo, l’appellante incidentale lamenta poi, in primo luogo, che il TAR si sarebbe inammissibilmente sostituito alla stazione appaltante «nella valutazione della asserita incompletezza dell’attività istruttoria e della presunta carenza motivazionale in cui sarebbe incorsa» l’amministrazione, «nell’ammettere Althea in gara e nel confermare l’efficacia dell’aggiudicazione anche all’esito della rivalutazione».

In secondo luogo, secondo l’appellante incidentale, la sentenza sarebbe erronea laddove ha ravvisato un «grave deficit istruttorio» in relazione agli altri menzionati eventi del suo vissuto professionale, che essa aveva scrupolosamente dichiarato al punto 3.7 della dichiarazione del 29 maggio 2020, cui si dovrebbe aggiungere quanto riportato nella dichiarazione del 16 agosto 2022.

A detta del TAR, l’amministrazione avrebbe dovuto esaminare nel dettaglio le singole vicende professionali ed esplicitare le ragioni per le quali «nonostante tutto» l’aggiudicataria è stata ritenuta professionalmente affidabile, non potendosi fare applicazione nel caso di specie di quell’orientamento giurisprudenziale in base al quale le ammissioni non richiedono esplicita motivazione, a differenza delle esclusioni.

Tale motivazione sarebbe errata, perché secondo la giurisprudenza amministrativa, solo in presenza di eventi «critici» «pregnanti» si dovrebbe fare luogo alla motivazione della non ammissione: nel caso di specie, il Tar si sarebbe sostituito all’Amministrazione nel ritenere critici gli episodi riferiti dall’aggiudicataria.

Del pari errata sarebbe la motivazione del primo giudice, laddove ha escluso di potere ravvisare la motivazione sulle ragioni di insussistenza di cause escludenti nel provvedimento del 30 dicembre 2022, posto che le osservazioni ivi espresse riguarderebbero l’affidabilità e moralità dell’aggiudicataria anche in relazione agli eventi dichiarati in sede di domanda di partecipazione alla gara.

Da ultimo, l’appellante illustra analiticamente le ragioni per cui gli episodi da essa dichiarati non assurgerebbero a criticità rilevanti (o perché risalenti nel tempo o perché in sé non significativi di una sua inaffidabilità o perché, comunque, riferiti a società solo in seguito da essa acquisite).

3.6.- Con il terzo motivo, l’aggiudicataria lamenta l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha accolto il terzo motivo di ricorso, per la ragione già detta che la sopravvenuta risoluzione contrattuale ad opera dell’Asp di Trapani era stata portata a conoscenza della stazione appaltante e perché essa sarebbe comunque irrilevante, trattandosi di «risoluzione di un contratto di fornitura di ventilatori polmonari sottoscritto nei primissimi giorni della pandemia […] che Althea non poteva portare a conclusione per causa di forza maggiore».

3.7.- Althea ha quindi riproposto un’eccezione difensiva non esaminata dal primo giudice.

In particolare, non sarebbe rilevante la dedotta violazione del principio di continuità dei requisiti verificatasi, in tesi, per soli sei giorni (dal 21 al 27 ottobre 2022), perché esso, «in quanto principio generale del procedimento di gara (necessariamente destinato, quindi, ad essere adattato alla specificità della fattispecie che venga di volta in volta in rilievo), deve essere inteso ed applicato in coerenza con i concorrenti principi di ragionevolezza e proporzionalità, aventi rango non subordinato ai fini della disciplina (per gli aspetti non compiutamente regolamentati in via legislativa) del procedimento selettivo»: «[c]orollario di tale rilievo è che la pur accertata discontinuità nel possesso del requisito, tanto più laddove esso non appartenga all’ambito dei presupposti soggettivi di partecipazione legislativamente tipizzati, non è suscettibile di determinare l’esclusione del partecipante alla gara, quando - vuoi per la durata dell’interruzione, vuoi per altre ragioni - essa non abbia concretamente determinato alcun vulnus all’esigenza dell’Amministrazione di instaurare rapporti contrattuali con soggetti affidabili e qualificati» (si cita la sentenza di questo Consiglio, sezione terza, 24 giugno 2021, n. 4844).

4.- Si è costituita la Regione Friuli Venezia Giulia, eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello incidentale e la improcedibilità di quello incidentale, essendosi l’amministrazione rideterminata positivamente sulla verifica della sussistenza dei requisiti di ammissione di Althea, con determinazione n. 718 del 23 novembre 2023.

5.- A seguito del deposito di memorie ai sensi dell’art. 73 cod. proc. amm., con cui le parti hanno ulteriormente illustrato le proprie argomentazioni e replicato a quelle avversarie, la causa, all’udienza del 14 dicembre 2023, è stata trattenuta in decisione.

6.- È pregiudiziale l’esame dell’eccezione di improcedibilità dell’appello principale sollevata da Althea nella memoria depositata il 28 novembre 2023, in ragione dell’intervenuta nuova valutazione positiva da parte dell’amministrazione della sua affidabilità e integrità professionale e dell’esclusione della sussistenza di cause escludenti, operata con verbale del 15 novembre 2023.

Tale provvedimento integrerebbe e sostituirebbe il contenuto della precedente nota del 30 dicembre 2022, oggetto di impugnazione in primo grado, e presenterebbe, dunque, per l’appellante principale «nuovi profili di lesività», con conseguente sopravvenuta carenza di interesse alla coltivazione del suo gravame avverso i precedenti atti impugnati.

7.- L’eccezione è infondata.

La nuova positiva valutazione dei requisiti di affidabilità e integrità professionale dell’aggiudicataria è stata operata in doverosa esecuzione della sentenza in questa sede gravata, con la conseguenza che, ove quest’ultima fosse riformata nel senso auspicato dall’appellante, verrebbe travolta anche l’attività amministrativa espletata in sua attuazione e alla stazione appaltante non resterebbe che prendere atto della insussistenza del possesso continuativo dei requisiti generali in capo all’aggiudicataria: di qui l’evidente permanenza dell’interesse all’appello in capo a H.C.

8.- Nel merito, l’appello principale è infondato, ma la motivazione del primo giudice deve essere corretta nei sensi di cui appresso.

8.1.- Secondo il primo giudice, come si è detto, la ricordata misura interdittiva adottata dal Gip avrebbe natura cautelare e non sanzionatoria, con la conseguenza che non ricadrebbe nelle ipotesi di cui all’art. 80, comma 5, lettera f ), del codice dei contratti pubblici.

Tale assunto non può essere condiviso.

Il citato art. 80, comma 5, lettera f ), del codice dei contratti pubblici, prevede, quale causa di esclusione l’ipotesi in cui «l’operatore economico sia stato soggetto alla sanzione interdittiva di cui all’articolo 9, comma 2, lettera c ) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 o ad altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, compresi i provvedimenti interdittivi di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81».

La disposizione, dunque, in primo luogo richiama, quale ipotesi di esclusione, la sanzione di cui all’art. 9, comma 2, lettera c ), ossia la sanzione del «divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio», senza ulteriormente specificare che tale sanzione debba essere irrogata con la sentenza di condanna (art. 69 del d.lgs. n. 231 del 2001), e non «quale misura cautelare» (art. 45, comma 1, del d.lgs. n. 231 del 2001).

Essa, in secondo luogo, esplicita il suo raggio di azione, facendo altresì riferimento, con ampia formula di chiusura, a qualsiasi «altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione».

La riferita formulazione della disposizione impugnata impone dunque di ritenere ricadente nel suo ambito di applicazione qualsiasi sanzione che comporti il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, senza distinguere la fase processuale in cui essa è disposta (in sede cautelare o in sede di condanna).

Ove, d’altro canto, si escludesse la rilevanza esclusiva della sanzione interdittiva disposta in sede cautelare, la ratio propria di tale misura sarebbe vanificata, perché, pur colpita da misura interdittiva, la società da essa raggiunta potrebbe continuare a partecipare alle (ed aggiudicarsi le) gare.

8.2.- Ciò nonostante, la sezione ritiene fondata l’eccezione dell’appellata, secondo cui - come già affermato da questo Consiglio in fattispecie analoga (sezione terza, sentenza 24 giugno 2021, n. 4844) - il principio di continuità del possesso dei requisiti generali e speciali deve essere contemperato con gli altri principi che regolano l’azione amministrativa, e, in particolare, con quelli di ragionevolezza e proporzionalità.

Nel caso di specie, come pure già illustrato, la misura interdittiva cautelare che ha colpito l’appellata aggiudicataria è stata in vigore per soli sei giorni e poi immediatamente sospesa, con la contestuale applicazione di misure correttive prontamente poste in essere dalla società appellata in esecuzione del comando giudiziale.

Ebbene, ritenere che tale temporalmente brevissima inibizione alla stipulazione dei contratti con la pubblica amministrazione possa comportare, in virtù della rigorosa applicazione del principio di continuità del possesso dei requisiti generali e speciali, l’esclusione dell’appellata da tutte le procedure di gara in corso durante tale limitatissimo periodo, appare irragionevole e contrario al principio di proporzionalità, in assenza di qualsivoglia prova, dall’angolazione quivi esaminata, di una concreta compromissione dell’esigenza dell’amministrazione di instaurare rapporti contrattuali con soggetti affidabili e qualificati.

Ne consegue che, in una fattispecie concreta quale quella data, i sopra ricordati principi, declinati congiuntamente e sistemicamente, inducono a ritenere che l’aggiudicataria non sia incorsa nella causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lettera f ), del codice dei contratti pubblici.

9.- L’appello incidentale è invece improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, poiché, in seguito alla riedizione dell’azione amministrativa originata dalla sentenza di primo grado, la stazione appaltante ha nuovamente valutato l’affidabilità e l’integrità professionale dell’aggiudicataria, giungendo ancora una volta ad una valutazione positiva, sicché, come dedotto dalla stessa appellante incidentale, essa non ha più interesse all’impugnazione della statuizione che obbligava l’amministrazione a rideterminarsi sul punto.

10.- Conclusivamente, l’appello principale deve essere dichiarato non fondato e quello incidentale improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

11.- Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite.

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