Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-12-21, n. 201505798
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N. 05798/2015REG.PROV.COLL.
N. 05174/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5174 del 2015, proposto da:
Energie Per il Futuro Srl, rappresentata e difesa dagli avv. G C, S O, A C, con domicilio eletto presso Di Cellere Cangemi Studio Legale Macchi in Roma, Via Cuboni 12;
contro
Gestore di Servizi Energetici - Gse Spa, rappresentato e difeso dall'avv. C M, con domicilio eletto presso C M in Roma, corso Vittorio Emanuele II N. 284;Enel Distribuzione Spa;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III TER n. 11478/2014, resa tra le parti, concernente decadenza dal diritto alle tariffe incentivanti - restituzione incentivi indebitamente percepiti - ris.danni
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Gestore di Servizi Energetici - Gse Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2015 il Cons. F M e uditi per le parti gli avvocati Cassar, Clarizia e Malinconico;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale Amministrativo per il Lazio la società Energie per il Futuro s.r.l. impugnava il provvedimento del Gestore Servizi Energetici-GSE del 14-8-2012 con il quale, relativamente all’impianto eolico denominato “Tuturano 2”, sito nel Comune di Brindisi, identificato con il numero IAFR 4728, in esito ad attività di controllo e sopralluogo era stata annullata la qualifica IAFR con il contestuale venir meno del diritto agli incentivi a partire dal momento in cui gli stessi erano stati corrisposti, nonché comunicata la risoluzione della convenzione per il riconoscimento dei corrispettivi per il ritiro dedicato dell’energia immessa in rete.
Chiedeva, altresì, la condanna del Gestore al risarcimento del danno.
Con sentenza n. 11478/2014 del 17-11-2014 il Tribunale Amministrativo per il Lazio, Sezione Terza Ter, rigettava il ricorso.
Avverso tale sentenza la società ha proposto appello dinanzi a questo Consiglio di Stato, chiedendone la riforma, con conseguente annullamento degli atti impugnati in primo grado e condanna al risarcimento del danno.
Essa ha dedotto i seguenti motivi: 1) Errores in procedendo – ultrapetizione - violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. - violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e degli artt. 64 e ss. del c.p.a. – difetto di istruttoria e motivazione;2) Violazione e falsa applicazione del d.m. 18 dicembre 2008 – violazione e falsa applicazione dell’art. 10 del d.m. 21 dicembre 2007 – difetto dei presupposti – violazione del divieto di motivazione postuma – difetto di motivazione e di istruttoria – violazione del giusto processo.
Riportando, poi, i motivi di diritto dichiarati assorbiti dalla sentenza di primo grado, ha lamentato: 3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del d.m. 18 dicembre 2008 – violazione e falsa applicazione della deliberazione AEEG n. 280/2007 – violazione e falsa applicazione delle norme CEI EN 61400 e CEI 11-32;V3 – nullità del provvedimento impugnato ex art. 21 septies l. n. 241/1990 per difetto di attribuzione – violazione e falsa applicazione dell’art. 18, comma 1, del d.m. 18 dicembre 2008 – eccesso di potere per sviamento – eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto;4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 nonies della legge 241/1990 – eccesso di potere per contraddittorietà, irragionevolezza, illogicità – violazione dei principi di necessità e proporzionalità – violazione del legittimo affidamento.
Si è costituito in giudizio il GSE, deducendo l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.
Le parti costituite hanno prodotto memorie illustrative e di replica.
La causa è stata decisa e trattenuta per la decisione all’udienza del 24-11-2015.
DIRITTO
Con il primo motivo l’appellante deduce: errores in procedendo;violazione e falsa applicazione dell’art. 112 e ss. del c.p.c.;ultrapetizione;violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e degli artt. 64 e ss. del c.p.a.;difetto di istruttoria e di motivazione.
In primo luogo assume che il giudice è tenuto a pronunciarsi nel rispetto della natura del provvedimento gravato e della relativa motivazione, mentre il Tribunale Amministrativo avrebbe travalicato completamente i limiti del giudizio, stravolgendo la natura del provvedimento gravato, tramutandolo da atto di annullamento in autotutela, fondato sul presunto venir meno dei titoli abilitativi in relazione ad una difformità di esercizio, a provvedimento di decadenza, determinato da una presunta rappresentazione non veritiera dei fatti ad opera della società, effettuata mediante dichiarazioni mendaci, mai contestate e, dunque, non oggetto del provvedimento di primo grado.
Sotto altro profilo rileva che, benché sia pacifico il libero apprezzamento delle prove da parte del giudice, tale discrezionalità non può tradursi in una arbitraria valutazione delle prove stesse e nell’utilizzo di calcoli probabilistici e fatti notori per desumere circostanze tecniche che vanno oltre la cognizione dell’uomo comune. Invero, in caso di dubbi sui motivi tecnici retrostanti al malfunzionamento del sistema di depotenziamento tramite c.d. pitch , il giudice avrebbe dovuto disporre consulenza tecnica di ufficio.
Con il secondo motivo la società appellante lamenta: violazione e falsa applicazione del d.m. 18 dicembre 2008;violazione e falsa applicazione dell’art. 10 del d.m. 21 dicembre 2007;difetto dei presupposti;violazione del divieto di motivazione postuma;difetto di motivazione e di istruttoria;violazione del giusto processo.
Assume che l’articolo 10 del d.m. 21 dicembre 2007 collega la decadenza automatica dei benefici ottenuti alla non veridicità delle dichiarazioni rese dai produttori.
Nella specie, il GSE non aveva dedotto l’esistenza di dichiarazioni mendaci, né aveva richiamato il citato articolo 10, onde il Tribunale si era pronunciato su di una questione non espressa nel provvedimento amministrativo, ma aveva accolto la motivazione postuma in proposito resa in giudizio dal difensore del GSE.
In ogni caso, non sussisterebbero in concreto i presupposti per l’applicazione dell’articolo 10 del decreto ministeriale, atteso che l’insussistenza di false dichiarazioni emergerebbe dalle seguenti circostanze:
i picchi di potenza riportati nel “rapporto finale di verifica IAFR” sono tutti ben al di sotto del valore di 900 KW, con una percentuale di produzione di energia in surplus di poco superiore a quella che sarebbe stata prodotta da una macchina di potenza pari a 700 KW, elemento questo dimostrativo di un mero errore e non anche di una falsa dichiarazione;
non vi era alcuna negligenza o responsabilità della società in ordine alla installazione del pitch quale sistema di depotenziamento, atteso che:
nessuna norma definiva i sistemi di depotenziamento ammissibili;
questi non erano desumibili dalla qualifica IAFR, la quale opera genericamente riferimento ad una “potenza nominale media annua di 700 KW”, che può lasciare intendere l’irrilevanza dei dati di picco ai fini del mantenimento della qualifica;
l’utilizzo del predetto pitch quale sistema di depotenziamento era stato reso noto dalla società stessa al GSE attraverso la trasmissione del verbale dell’UTF, nel quale se ne dava atto, ed il GSE nulla aveva obiettato in proposito, implicitamente confermando l’idoneità del predetto sistema.
Rileva ancora che l’argomento utilizzato dal Tribunale, secondo cui sarebbe improbabile che su tutti gli impianti si fosse verificato contemporaneamente il medesimo malfunzionamento, sarebbe illogico, considerandosi che il sistema era stato installato dal medesimo soggetto su tutti gli impianti e che la buona fede della società risultava chiaramente dalla circostanza che era stata essa stessa a sollecitare al GSE il procedimento di verifica.
Evidenzia, infine, in via subordinata, che, anche a voler ritenere applicabile il predetto articolo 10 del d.m. 21 dicembre 2007, non si poteva far luogo all’annullamento della qualifica IAFR, giacché il titolo abilitativo alla base della stessa non era venuto meno, come confermato dal Comune.
Pertanto, si sarebbe potuta disporre, al limite, la decadenza degli incentivi erogabili per l’energia prodotta in surplus rispetto alla potenza di 700 KW.
Le censure dedotte non sono meritevoli di favorevole considerazione.
La gravata sentenza così motiva il rigetto del ricorso.
“ Ai sensi dell’art. 18, co.1, del d.m. 18-12-2008 “l’emissione dei certificati verdi e l’erogazione delle tariffe fisse omnicomprensive sono subordinate all’attendibilità dei dati forniti. A tal fine il GSE dispone verifiche e controlli sugli impianti in esercizio o in costruzione, anche al fine di verificare la loro conformità all’art. 2 co.1 e all’art. 17 del D.lgs. n. 387/2006”. Le conseguenze di un controllo con esito negativo sono espressamente disposte dall’art. 10 d.m. 21-12-2007, richiamato espressamente dall’art. 19 co. 4 del d.m. 18-12-2008, a mente del quale in caso di riscontrata difformità tra le effettive caratteristiche dell’impianto e quelle dichiarate dal soggetto responsabile è tenuto ad assumere un provvedimento di decadenza dai benefici illegittimamente percepiti, compreso l’annullamento della qualifica IAFR. O, Energie per il Futuro s.r.l… ha presentato al GSE domanda per la qualifica IAFR per un impianto di potenza nominale annua pari a 900 Kw depotenziato a 700 Kw, all’uopo allegando anche la DIA depositata dalla società al Comune….… il GSE ha riconosciuto la qualifica IAFR ai sensi del d.m. 18 dicembre 2008 al progetto di nuova costruzione dell’impianto per una potenza pari a 700 Kw e, in tale ambito, il produttore si era impegnato a depotenziare l’aereogeneratore da installare in modo che non eccedesse il valore di potenza assentito. Tuttavia tali affermazioni sono state ampliamente smentite dalle risultanze istruttorie cui è pervenuto il GSE nel corso del procedimento amministrativo…che ha portato all’adozione del provvedimento impugnato. In particolare si è rilevato che “ l’impianto, a partire dalla data di entrata in esercizio….ha costantemente registrato picchi di potenza superiori alla potenza autorizzata e qualificata” e che “nonostante quanto dichiarato dalla società…in relazione all’asserito intervento di ripristino del depotenziamento dell’aereogeneratore a decorrere dalla seconda metà del mese di aprile 2012, l’impianto è stato comunque esercito, anche nel mese successivo, in modo da immettere in rete valori di potenza media oraria superiore a 700 Kw”.Dunque, tale depotenziamento, nei fatti, non si è mai realizzato poiché l’impianto ha prodotto energia superiore alla potenza autorizzata, come del resto riconosciuto anche dalla stessa ricorrente;e ciò a prescindere dalla verifica tecnica dell’idoneità del sistema di depotenziamento pitch concretamente applicato. La ricorrente attribuisce la causa dell’immissione di energia in quantità nettamente superiore a quella autorizzata ad un malfunzionamento del pitch. Tuttavia, oltre a non fornire argomenti di prova convincenti in ordine alla non imputabilità di detto malfunzionamento, pare improbabile che, contestualmente, su tutti gli impianti – oggetto di separati ricorsi – si sia verificato il medesimo malfunzionamento che ha generato la medesima superiore immissione di energia, dovendosi ritenere che, correttamente, il GSE abbia emanato il provvedimento di decadenza sulla base di una falsa dichiarazione tra il valore dell’impianto indicato nella domanda e quello effettivo… ”.
La determinazione reiettiva del Tribunale Amministrativo è condivisa dalla Sezione per le ragioni che di seguito si espongono, ritenendosi di conseguenza infondati i proposti motivi di appello.
La prima questione da affrontare concerne la natura del provvedimento impugnato e del potere attraverso lo stesso esercitato dall’amministrazione, dovendosi verificare se in esso sia ravvisabile una pronuncia di decadenza, con conseguente possibilità di riferimento alla disciplina dettata dall’articolo 10 del d.m. 21-12-2007, secondo il quale “ Qualora, all’esito delle verifiche, risultasse la non veridicità delle dichiarazioni rilasciate dai produttori che abbiano già ottenuto per i propri impianti la qualificazione IAFR, i medesimi, ai sensi dell’art. 75 del DPR 445/2000 decadranno automaticamente dai benefici ottenuti attraverso la dichiarazione mendace, fatte sempre salve le eventuali più gravi sanzioni penali ”.
Occorre al riguardo esaminare i contenuti dell’atto gravato, del quale sono da riportare i contenuti salienti.
“ ….si comunica che sulla base delle evidenze raccolte e delle valutazioni effettuate, l’attività di controllo deve concludersi con esito negativo….il GSE ha riconosciuto la qualifica IAFR, ai sensi del d.m. 18 dicembre 2008, al progetto di nuova costruzione dell’impianto, per una potenza pari a 700 Kw in conformità al valore di potenza oggetto dell’autorizzazione. In tale ambito il produttore si era impegnato a depotenziare l’aereogeneratore da installare, in modo che non eccedesse il valore di potenza assentito con la DIA…Nel corso del sopralluogo si è rilevato che l’impianto è costituito da un aereogeneratore….avente potenza nominale pari a 900 Kw, dotato di un sistema di regolatore di potenza tramite “pitch”. Tale sistema tuttavia non può essere considerato un “depotenziamento” in quanto al riguardo rilevano i valori della potenza nominale di targa dichiarati dal costruttore, in conformità a quanto previsto dalla normativa vigente (CEI EN 61400, CEI 11-32;V3 e Deliberazione AEEG n. 280/2007)….Al riguardo si precisa inoltre che: il Produttore…ha presentato al competente Gestore di Rete la richiesta di connessione alla rete per un impianto eolico da 1000 Kw;la Soluzione Tecnica Minima di Dettaglio (STMD) è stata rilasciata dal Gestore di Rete…., successivamente dunque al perfezionamento della Denuncia di Inizio Attività presentata al Comune…che si riferisce invece ad un impianto eolico di potenza nominale pari a 700 Kw;la DIA, in conformità della normativa regionale all’epoca vigente, fa riferimento alla potenza nominale elettrica dell’aereogeneratore e non, come da voi dichiarato, alla “potenza prodotta dall’impianto…garantita dal sistema di depotenziamento”;con riferimento alla potenza nominale, nell’ambito della richiesta di qualifica presentata al GSE, il Produttore ha inviato una comunicazione della società costruttrice dell’aereogeneratore, PowerWind GmbH, la quale dichiarava che sarebbero stati consegnati cinque aereogeneratori… “con la possibilità di ridurre la potenza nominale, a richiesta dell’acquirente, a 700 Kw”;l’impianto, a partire dalla data di entrata in esercizio…ha costantemente registrato picchi di potenza superiori alla potenza autorizzata e qualificata;nonostante quanto dichiarato…in relazione all’asserito intervento di ripristino del depotenziamento dell’aereogeneratore a decorrere dalla seconda metà del mese di aprile 2012, l’impianto è stato comunque esercito, anche nel mese successivo, in modo da immettere in rete valori di potenza media oraria superiore a 700 Kw. Da quanto indicato deriva che, in considerazione del riscontrato esercizio dell’impianto in difformità rispetto a quanto previsto nel titolo autorizzativo e nella qualifica e del conseguente venir meno di uno dei requisiti essenziali per il suo rilascio, il GSE, con il presente provvedimento annulla la qualifica riconosciuta all’impianto con il contestuale venir meno del diritto agli incentivi a partire dal momento in cui gli stessi sono stati corrisposti. Per le medesime motivazioni il GSE, ai sensi dell’art. 14 della Convenzione per il riconoscimento dei corrispettivi per il ritiro dedicato dell’energia immessa in rete….comunica la risoluzione della stessa…… ”.
Ritiene la Sezione che l’analisi del sopra citato provvedimento consente di individuare, nella determinazione assunta, gli estremi della decadenza di cui al richiamato articolo 10 del d.m. 21-12-2007.
Va in proposito in primo luogo evidenziato, come emerge dall’oggetto dell’atto e dalla prima parte del suo contenuto (“Attività di controllo mediante verifica e sopralluogo effettuata ai sensi dell’art. 18, comma 1 del d.m. 18 dicembre 2008…”;“ …l’attività di controllo deve concludersi con esito negativo.”), che esso risulta adottato all’esito dell’attività di controllo di cui all’articolo 18, comma 1, del d.m. 18-12-2008.
O, la decadenza di cui all’articolo 10 del d.m. 21-12-2007 (provvedimento normativo che, come correttamente rilevato dal Tribunale, viene espressamente richiamato dall’articolo 19 del citato decreto del 18-12-2008) consegue certamente ad una attività di controllo e verifica.
Il richiamato articolo 10 dispone infatti che “ Il GSE, qualora lo ritenga necessario, può effettuare sopralluoghi tecnici sul sito dell’impianto….al fine di verificare i requisiti per il riconoscimento della qualificazione IAFR. Inoltre, anche a valle del riconoscimento della qualificazione IAFR e per tutta la durata dell’incentivazione con certificati verdi, il GSE si riserva di effettuare visite di controllo presso gli impianti ai fini delle verifiche previste dalla normativa vigente…Qualora all’esito delle verifiche risultasse la non veridicità delle dichiarazioni rilasciate dai Produttori che abbiano già ottenuto per i propri impianti la qualificazione IAFR, i medesimi, ai sensi dell’articolo 75 del DPR 445/2000, decadranno automaticamente dai benefici ottenuti attraverso la dichiarazione mendace, fatte sempre salve le eventuali più gravi sanzioni penali ”.
Dunque, sussiste nella specie il primo presupposto normativo (esercizio della attività di controllo) richiesto per l’adozione di una pronuncia di decadenza.
Ciò posto, rileva il Collegio che l’esame dell’atto rivela, altresì, l’evidenziazione di una “riscontrata difformità tra le effettive caratteristiche dell’impianto e quelle dichiarate dal soggetto responsabile”.
In esso, infatti, si richiamano in primo luogo i titoli rilasciati al Produttore (qualifica IAFR ed autorizzazione) che sono relativi ad un impianto di potenza pari a 700 Kw, evidenziando che gli stessi erano stati così adottati per effetto dell’impegno del privato (e , dunque, delle relative dichiarazioni) al depotenziamento dell’impianto “in modo che non eccedesse il valore di potenza assentito con la DIA”.
Il provvedimento, poi, opera riferimento alla circostanza che in sede di sopralluogo è stata rilevata la presenza di un aereogeneratore di potenza nominale superiore, pari a 900 Kw, dotato di un sistema di regolazione di potenza tramite “pitch”. Dopo aver affermato che tale sistema non può essere considerato un depotenziamento in quanto non incidente sui valori nominali di targa (nella specie 900 Kw), rileva che comunque l’impianto, a partire dalla data di esercizio, ha costantemente registrato picchi di potenza superiori alla potenza autorizzata e qualificata.
Da quanto sopra emerge chiaramente, a giudizio della Sezione, che il provvedimento, al di là del nomen iuris utilizzato (“annulla la qualifica”), esprima l’esercizio del potere decadenziale di cui al cennato articolo 10, esponendo una fattispecie nella quale viene riscontrata, all’esito del procedimento di controllo, una dichiarazione del privato (relativa alla realizzazione di un impianto della potenza nominale di 700 Kw, sia pur attraverso un depotenziamento) non veritiera, atteso che in concreto tale depotenziamento non è mai stato operato.
D’altra parte, tanto risulta enucleabile anche dalla affermazione del “riscontrato esercizio dell’impianto in difformità rispetto a quanto previsto nel titolo autorizzativo”, considerandosi che quest’ultimo è, nel suo contenuto abilitativo, rispondente alla richiesta e alle relative dichiarazioni presentate dal privato. Di conseguenza, la affermata difformità rispetto al titolo abilitativo esprime anche la difformità rispetto alle dichiarazioni rese dal Produttore e, dunque, la non veridicità delle stesse.
Può, dunque, in conclusione affermarsi che il provvedimento di cui trattasi è espressione del potere decadenziale di cui all’articolo 10 del d.m. 21-12-2007 e che, pertanto, il giudice di primo grado non ha travalicato i limiti del giudizio, non ha violato il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, né la sentenza è affetta da ultrapetizione, non configurandosi nella fattispecie una integrazione postuma della motivazione.
La decisione gravata, invero, ha correttamente individuato la natura del provvedimento ed ha deciso della legittimità dello stesso, applicando il corretto parametro normativo di riferimento.
Quanto alla lamentata violazione dell’art. 64 c.p.a., alla erronea ed arbitraria valutazione delle prove (in quanto fondata su calcoli probabilistici e fatti notori per desumere circostanze tecniche che vanno oltre la cognizione dell’ uomo comune), rileva il Collegio che la questione relativa al malfunzionamento del “ pitch ” ed alla sua idoneità ad essere valido strumento di “depotenziamento” dell’aereogeneratore risulta ininfluente e non decisiva ai fini della ritenuta non veridicità della dichiarazione, considerandosi che la difformità tra il dichiarato ed il realizzato emerge e rileva di per sé, con valenza assorbente, già dalla oggettiva ed incontestabile circostanza che l’impianto abbia costantemente superato, fin dalla sua entrata in esercizio, il limite massimo consentito dei 700 Kw.
Tale elemento è, invero, sufficiente a dimostrare che in concreto il dichiarato depotenziamento non vi è stato, onde il prospettato argomento della necessità di una consulenza tecnica di ufficio si palesa non utile ai fini di un diverso esito del giudizio.
D’altra parte, non può non rilevarsi che, dichiarato il depotenziamento dell’impianto ed una potenza nominale pari a 700Kw, gravano sul privato l’onere di utilizzare un meccanismo di depotenziamento efficace a tal fine ed i rischi conseguenti alla non idoneità di quello in concreto prescelto a consentire il rispetto del limite fissato negli atti autorizzatori.
Ciò a maggior ragione quando si scelga, come nella vicenda in esame, di installare un modello di aereogeneratore di potenza nominale superiore e non anche un impianto che abbia ab origine potenza corrispondente a quella oggetto di abilitazione.
Le considerazioni sopra svolte valgono ad evidenziare l’infondatezza del primo motivo di appello, nonché del secondo nella parte in cui denuncia ultrapetizione nella sentenza del Tribunale e violazione del divieto di integrazione postuma della motivazione.
Proseguendo nella disamina del secondo motivo, ritiene la Sezione che l’asserita insussistenza dei presupposti richiesti dall’articolo 10 del d.m. 21-12-2007 per pronunziare la decadenza non sia condivisibile.
Parte appellante assume in proposito che non vi è stata dichiarazione mendace, ma una semplice non conformità determinata dalla rottura o malfunzionamento del sistema di depotenziamento installato, ovvero da un errore nell’installazione di un componente.
Evidenzia che la società è solo caduta in errore, indotto dal GSE e dal Gestore di Rete, i quali per ben due anni non l’avevano messa a conoscenza dei dati di picco.
Osserva in primo luogo il Collegio che il richiamato articolo 10 prevede la decadenza nell’ipotesi in cui risulti “la non veridicità delle dichiarazioni rilasciate dai Produttori”.
O, il concetto di “non veridicità” esprime la oggettiva non rispondenza della situazione dichiarata a quella in concreto esistente, senza che a tali fini assuma rilevanza l’elemento soggettivo del dichiarante (dolo o colpa).
Ciò posto (e venendosi in tal modo a confutare gli argomenti dedotti da parte appellante), si osserva che una dichiarazione non veritiera risulta in concreto sussistente.
Nella DIA presentata al Comune si parla di “realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ovvero installazione di una torre eolica da un 0,7 Mw”, operando espresso riferimento all’art. 27 della legge regionale n. 1/2008 ed al suo contenuto, riferito ad impianti con potenza elettrica “nominale” fino a 1MWe, così lasciando intendere che la potenza di 0,7 dichiarata fosse potenza “nominale”.
La richiesta di riconoscimento della qualifica IAFR si riferisce ad “un impianto eolico …da 0,7 Mw” e nella “Relazione Tecnica di Riconoscimento” si riferisce espressamente di un “aereogeneratore di potenza nominale 0,700 Mw” e di una “potenza nominale di 0,700 Mw”, pur dandosi atto che trattasi di aereogeneratore “…depotenziato a 0,700 Mw”;non viene precisato il sistema di depotenziamento adottato, ma comunque si afferma che il risultato del depotenziamento darà luogo ad una potenza “nominale” di 0,700.
Ugualmente nella “istanza al Gestore dei Servizi Energetici-GSE s.p.a. per il ritiro dell’energia prodotta e immessa in rete” la società parla di “impianto…alimentato dalla fonte eolica avente potenza attiva nominale pari a 0,700 Kw”, rilevandosi che nella allegata dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà relativa alla tipologia e alle caratteristiche dell’impianto è contenuta analoga indicazione di 0,700 come “potenza apparente nominale” e “potenza attiva nominale”. Neppure in tali atti vi è riferimento all’utilizzo del pitch come sistema di depotenziamento.
Quanto all’invocato verbale di verifica dell’Ufficio delle Dogane, è da precisare che lo stesso si riferisce effettivamente ad un “impianto eolico da Kw 700,00”, indicando nelle caratteristiche dell’aereogeneratore una “potenza nominale 950 Kw depotenziata a 700 Kw” ed inoltre il “Pitch system (sistema di regolazione del passo)” come “regolazione di potenza”, precisandosi ancora che “il sistema pitch è il sistema che gestisce il passo delle pale”. Inoltre, la dichiarazione del Proponente in esso contenuto è del seguente tenore: “dichiaro che l’impianto…prevede una potenza nominale installata di 900 Kw e che la stessa di fatto è stata depotenziata a 700 Kw, al fine di poter far rientrare detta realizzazione tra quelle non soggette a una valutazione di impatto ambientale”. Dunque, neanche in tale atto è chiaramente specificato che il depotenziamento viene attuato attraverso il “ pitch ”.
Si è, dunque, di fronte a dichiarazioni nelle quali la potenza di 700 Kw, sia pure per effetto di “depotenziamento”, è indicata come potenza “nominale” e dalle quali comunque non è chiaramente evincibile che l’affermato depotenziamento venga realizzato attraverso il “ pitch ”.
O, osserva la Sezione che le circostanze sopra richiamate consentono in primo luogo di escludere che vi sia stata induzione in errore da parte del GSE, considerandosi che gli atti a disposizione di quest’ultimo (prodotti dal privato) si riferivano ad un impianto di potenza “nominale” pari a 0,700 e che non emergeva in maniera chiara ed espressa che il depotenziamento fosse attuato tramite pitch, onde non può fondatamente farsi leva sull’argomento che il Gestore non avesse mai segnalato che il pitch non era strumento idoneo a realizzare il depotenziamento.
Quanto, poi, alla idoneità del pitch , va osservato – in disparte la circostanza che lo stesso è ordinariamente un sistema di “regolazione” che agisce sulla inclinazione delle pale modulando l’incidenza del vento sulle stesse – che le dichiarazioni rese dal privato (e conseguentemente i titoli rilasciati) afferivano alla potenza “nominale” dell’aereogeneratore.
O, giacché ai sensi del d.m.del 18-12-2008 (art. 2) il concetto di potenza “nominale” è riferito al “generatore” ed esso esprime la potenza massima dallo stesso erogabile (tra l’altro riportata sui dati di targa), risulta evidente che l’intervento di depotenziamento, per potersi qualificare tale e, dunque, corrispondente a quanto dichiarato, deve assicurare una potenza massima corrispondente al dichiarato, come tale non superabile;con la conseguenza che il costante e perdurante superamento di essa, a prescindere dall’entità dello sforamento, dimostra che il “depotenziamento” in concreto non è avvenuto e, dunque, che la dichiarazione resa non è veritiera.
Né può assumersi la mancanza di colpa in capo al Produttore, atteso che – come sopra già rilevato - questi ha scelto un aereogeneratore di potenza originaria superiore e che, dunque, i rischi del mancato funzionamento ovvero della inidoneità del sistema di depotenziamento adottato ricadono sullo stesso. Un onere di particolare diligenza ed attenzione nella scelta di esso a maggior ragione si imponeva, una volta fatto ricorso ad una macchina di potenza originaria superiore, proprio per la lamentata assenza di disposizioni normative definitorie dei sistemi di depotenziamento utilizzabili.
Parimenti non risulta utilmente spendibile l’argomento della “potenza nominale media annua” (concetto che, a dire dell’appellante, può lasciare intendere l’irrilevanza dei dati di picco), considerandosi che il medesimo articolo 2 del d.m. 18-12-2008 definisce tale la potenza attiva nominale di impianto per gli impianti diversi da quelli idroelettrici.
Da ultimo, va ritenuta la non condivisibilità dell’ultimo profilo di censura, con il quale si assume che, anche a voler ritenere applicabile l’articolo 10 citato, il GSE non avrebbe potuto disporre l’annullamento della qualifica IAFR, ma unicamente dichiarare la perdita degli incentivi erogabili per l’energia di picco prodotta in surplus rispetto alla potenza di 700 Kw.
Osserva, invero, la Sezione che la citata norma prevede la decadenza automatica dai benefici ottenuti dopo aver operato riferimento alle dichiarazioni rilasciate dai produttori che abbiano già ottenuto per i propri impianti la qualificazione IAFR.
La considerazione complessiva della disposizione porta, dunque, a ritenere che l’effetto decadenziale concerna anche la qualifica IAFR, pure la stessa dovendo essere ritenuta “beneficio” conseguente alla dichiarazione non veritiera, trattandosi comunque di titolo costituente presupposto per l’accesso agli incentivi ed alle agevolazioni previste dalla normativa.
L’annullamento è, dunque, anch’esso conseguenza dell’effetto decadenziale normativamente previsto.
Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte deve in conclusione ritenersi anche l’infondatezza del secondo motivo di appello.
Restano da esaminare i motivi di ricorso di primo grado, assorbiti dalla decisione del giudice di prime cure e riproposti nell’atto di appello.
Il primo di essi (indicato sub III nell’atto di appello) si riferisce, al fine di dedurre l’illegittimità dell’atto impugnato, alla idoneità del sistema pitch al depotenziamento, alla circostanza che il GSE nulla mai abbia contestato in proposito alla società, al fatto che tutti i documenti citati nell’atto impugnato riportavano correttamente il depotenziamento del macchinario a 700 Kw.
Il motivo non merita favorevole considerazione sulla base delle argomentazioni già sopra espresse dal Collegio, con le quali le predette circostanze sono state esaminate e ritenute non idonee a determinare l’illegittimità dell’atto.
Si osserva, poi, che non è configurabile nella specie il lamentato difetto di attribuzione, con conseguente nullità del provvedimento impugnato, considerandosi che il GSE, all’esito dei poteri di verifica e controllo allo stesso spettanti, ha inciso su provvedimenti ed atti (qualifica IAFR;convenzione) ad esso riferibili e non anche sulla DIA presentata al Comune.
Con il secondo motivo oggetto di riproposizione (rubricato sub IV nell’atto di appello) viene dedotta: violazione e falsa applicazione dell’art. 21 nonies della legge n. 241/1990;eccesso di potere per contraddittorietà, irragionevolezza, illogicità;violazione dei principi di necessità e proporzionalità;violazione del legittimo affidamento.
Osserva preliminarmente la Sezione che su tale doglianza in realtà il giudice di primo grado si è, sia pur sinteticamente, pronunciato.
Si legge, infatti, nella sentenza impugnata: “ Va del pari respinta la censura di violazione dell’articolo 21 nonies l. n. 241/1990, in quanto in caso di dichiarazione mendace, il GSE è tenuto ad adottare il provvedimento di decadenza ai sensi dell’art. 10 del d.m. 21.12.2007, richiamato espressamente dall’art. 19 co 4 del d.m. 18.12.2008, a mente del quale in caso di riscontrata difformità tra le effettive caratteristiche dell’impianto e quelle dichiarate dal soggetto responsabile è tenuto ad assumere un provvedimento di decadenza dai benefici illegittimamente percepiti. Sono assorbiti gli ulteriori motivi di diritto, connessi a quelli sopra esaminati. E’ sufficiente osservare, in proposito, che per l’esercizio dei poteri di verifica o di controllo da parte del GSE non è previsto alcun termine decadenziale o sollecitatorio di attivazione, e che nessun affidamento può essere invocato dalla società ricorrente relativamente a provvidenze economiche indebitamente percepite sulla base di dichiarazioni non veritiere ”.
La censura non è meritevole di favorevole considerazione, condividendo la Sezione la determinazione reiettiva del giudice di prime cure.
Tanto per le considerazioni che di seguito si espongono.
Una volta inquadrato – come sopra si è fatto – il provvedimento oggetto di impugnativa nell’ambito del potere decadenziale di cui all’articolo 10 del richiamato d.m. 21-12-2007, che connota la stessa in termini di automaticità, risulta evidente che non sono applicabili al caso di specie i presupposti di operatività di cui all’articolo 21 nonies della legge n. 241/1990.
La determinazione amministrativa, invero, assume connotazione di atto vincolato e non discrezionale, onde l’amministrazione non è tenuta a considerare gli elementi indicati dalla richiamata norma.
Allo stesso modo, trattandosi di effetto discendente in via automatica e diretta dalla previsione decadenziale di legge, non risulta pertinente il richiamo ai principi di necessarietà e proporzionalità, che – a dire del ricorrente – avrebbero potuto condurre alla semplice adozione di prescrizioni, ovvero a spostare la data di entrata in esercizio dell’impianto al momento della completa conformità dello stesso alla potenza autorizzata.
La previsione ex lege delle conseguenze della dichiarazione non veritiera in termini di decadenza automatica rende la determinazione del Gestore vincolata nei suoi contenuti e non consente la modulazione richiesta dal privato.
La natura vincolata dell’attività amministrativa esclude, poi, a prescindere dalla verifica della piena identità delle fattispecie, che possano avere rilevanza determinazioni di segno diverso eventualmente in precedenza assunte dal Gestore.
Si condividono, infine, oltre a quanto più sopra già in proposito rilevato, le ragioni espresse dal giudice di prime cure per ritenere nella specie non invocabile il principio di tutela dell’affidamento.
La ritenuta legittimità del provvedimento assunto dal GSE rivela l’infondatezza della domanda risarcitoria avanzata, atteso che, in presenza di un atto legittimo, non è configurabile il presupposto della ingiustizia del danno, necessario alla configurabilità della responsabilità ex art. 2043 del codice civile.
In conclusione, dunque, l’appello deve essere rigettato, con la conseguente conferma della sentenza di primo grado.
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Le spese del giudizio, in considerazione delle questioni interpretative sottese alla definizione della controversia, possono essere integralmente compensate tra le parti costituite.