Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-01-13, n. 202100415

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-01-13, n. 202100415
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202100415
Data del deposito : 13 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/01/2021

N. 00415/2021REG.PROV.COLL.

N. 05390/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5390 del 2020, proposto da
Pia M, Ronchi Energy Farm di Pia M Impresa Individuale, rappresentati e difesi dall'avvocato G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano, rappresentato e difeso dagli avvocati P C, S S Di, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio S S Di in Roma, p.zza S. Lorenzo in Lucina, n. 26;

nei confronti

Regione Emilia Romagna, Provincia di Reggio Emilia non costituiti in giudizio;
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Forestali e del Turismo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna sezione staccata di Parma (Sezione Prima), n. 277/2019, pubblicata il 26 novembre 2019, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano e di Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Forestali e del Turismo;

Visto l’appello incidentale proposto dalla parte dal Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 novembre 2020 il Cons. Antonio Massimo Marra e uditi per le parti gli avvocati G C e S S Di;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La sig.ra Pia M, in qualità di titolare della società “Ronchi Energy Farm di Pia M Impresa individuale” , con annesse strutture produttive per l’allevamento di bovini, espone in punto di fatto: di avere avviato, nell’anno 2009, un piano di sviluppo aziendale (d’ora innanzi per brevità PSA), quale strumento di programmazione regionale, nell’ambito del fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, allo scopo di accrescere il quantitativo di latte da destinare alla produzione di formaggio (rectius: Parmigiano Reggiano);
che, il citato progetto, nel prevedere l’ampliamento della stalla e di un fienile, con capacità produttiva indicata nel visto PSA, era subordinato ad un duplice presupposto e, precisamente: i.) all’ottenimento contributi pubblici regionali, nella specie conseguiti in virtù di determina n. 11883/10;
ii.) al riconoscimento di quote latte (q.l.), da parte del consorzio, nel piano produttivo relativo al triennio 2011/2013.

Riguardo, quest’ultimo requisito, l’odierno appellante, riferiva in particolare, di avere presentato a seguito dell’erogazione del menzionato contributo, una prima istanza di assegnazione di quote latte nel 2012, successivamente riprodotta nel 2013, non avendo ottenuto da parte del Consorzio alcun riscontro.

Soggiunge parte appellante di aver presentato, a causa dei danni subiti alla stalla, a seguito del sima del maggio 2012, ulteriore richiesta di proroga del termine per il conseguimento dei quantitativi di produzione fissati dal PSA, senza ottenere espressa risposta.

Dopo la proposizione delle citate richieste, il Consorzio ammetteva l’odierna appellante al Piano Offerta 2014-2015 riconoscendogli, nel contempo, quote latte di riserva, sino al raggiungimento della massima capacità produttiva prevista per il PSA.

Detta ammissione, allegatamente non correlata alle predette richieste, era stata condizionata – pena il mancato consolidamento delle quote - al raggiungimento del visto quantitativo, entro il termine dell'annualità produttiva 2016.

Riferisce, ancora, l’odierna appellante che, in data 27 luglio 2014, l’Azienda - dotata di un impianto di produzione di energia alimentato a biomassa agricola per la quale era stata ammessa a beneficiare degli incentivi economici erogati dal GSE - era stata colpita da una tromba d'aria che, oltre causare un danno alla stalla e la perdita di alcuni bovini, ha avuto ricadute sugli stessi incentivi, avendone il GSE disposto la decadenza.

Successivamente il GSE ha ripreso l’erogazione dei visti incentivi in favore della società, avendo il TAR accolto il ricorso proposto dalla interessata con sentenza n. 12690/2017.

Con nota n. 13/2019 PP/2019, oggetto di ricorso al primo giudice, il Consorzio ha respinto l’istanza di proroga del termine di assegnazione di Quote Latte Parmigiano Reggiano in favore della Società, limitandosi ad affermare che: "anche a seguito di Vs. audizione in Commissione Tecnica", l'istanza di proroga "non è stata accolta, non sussistendo elementi per la concessione della deroga".

Con sentenza n. 277/2019, il giudice di prime cure ha respinto il ricorso proposto dalla società avverso la nota 19 febbraio 2019 con cui il Consorzio non ha accolto l’istanza di proroga del termine di assegnazione di Quote Latte Parmigiano Reggiano.

Il TAR, superate le questioni preliminari, ivi compresa quella di giurisdizione, ha respinto il ricorso, statuendo in sostanza che, gli elementi giustificativi posti a sostegno del diniego di proroga emergevano chiaramente dagli atti procedimentali;
quanto, poi, alle contestazioni sulla mancata osservanza delle garanzie procedimentali, la dubbia natura, essenzialmente privatistica del Consorzio, non imponeva la rigorosa osservanza delle disposizioni previste dalla L. 241/90.

La ricorrente ha proposto appello.

Il Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano ha proposto appello incidentale autonomo, con il quale ha riproposto le eccezioni di difetto di giurisdizione, respinto in primo grado.

La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 19 novembre 2020.

Ritiene, innanzitutto, il Collegio che la questione di giurisdizione riproposta dall’appellante incidentale a mezzo di specifico gravame anche in questo grado di giudizio, possa superarsi.

La circostanza che il Consorzio svolga …” funzione di tutela di promozione di valorizzazione di formazione del consumatore di cura generale degli interessi” come espressamente deduce l’appellante incidentale, non toglie che gli ulteriori compiti dallo stesso ente svolti di ripartizione delle quote latte, di ammettere o meno a co – partecipare i vari consorzi richiedenti che producono Parmigiano Reggiano, giustifichino il rilievo che l’ente svolga in ogni caso funzioni pubblicistiche, senza che possa essere esentato dal rispetto delle garanzie partecipative e dagli obblighi di trasparenza.

Sotto tale aspetto la decisione del giudice di prime cure che aveva ritenuta la giurisdizione, respingendo il ricorso incidentale deve essere, perciò, confermata.

Con il primo motivo introdotto la ricorrente lamenta l’erroneità della sentenza gravata, oltre che per violazione del principio tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c., per la violazione degli artt. 1, 3, 10 bis e 21 octies della L. 7.8.1990, n. 241, contestando l’affermazione del primo giudice secondo cui la società sarebbe stata posta in condizione di interloquire con il Consorzio in fase procedimentale, non fornendo peraltro, in sede di formazione tecnica, alcun elemento aggiuntivo suscettibile di incidere sulla determinazione della proroga”.

La violazione delle garanzie partecipative, secondo parte appellante, le avrebbe praticamente precluso ogni possibilità di interlocuzione in merito agli elementi aggiuntivi prima dell’emissione del diniego di proroga, il cui esito non poteva ritenersi per nulla vincolato.

Ad avviso della interessata la richiesta della proroga in contestazione sarebbe stata fondata, non già su circostanze passate, per le quali il consorzio aveva già emesso una proroga, ma su fatti intervenuti successivamente, quali il visto provvedimento di decadenza del GSE che determinava una carenza di liquidità sociale, nonché il blocco pressoché totale dell’attività in essere dell’azienda, oltre ai ritardi nell’erogazione dei contributi in favore della stessa azienda stessa.

In ogni caso, sostiene l’odierna appallante, che la proroga non avrebbe potuto essere negata, anche perché se è vero che gli eventi eccezionali subiti (quale il terremoto) si erano verificati in epoca precedente, gli effetti provocati dal sisma si sono inevitabilmente riverberati anche negli anni immediatamente successivi.

La parte appellata resiste alle dette argomentazioni contestando, oltre alla natura eccezionale degli eventi allegati, la circostanza secondo cui il preavviso di diniego non doveva essere effettuato, stante la natura peculiare del Consorzio a cui non si sarebbe potuto certamente richiedere una condotta sovrapponibile a quella della pubblica amministrazione.

Inoltre soggiunge sul punto la difesa del Consorzio, quand’anche la relativa comunicazione fosse stata eseguita, non avrebbe potuto certamente condurre a determinazioni differenti del provvedimento, compendiate nella contestata nota 18 febbraio 2019, n. 13/2019 PP.

Né, a conclusioni diverse, si sarebbe potuti giungere sul versante della asserita carenza di motivazione del diniego, posto gli elementi giustificativi del provvedimento ben avrebbero potuto essere ricercati negli atti procedimentali, strumentali e quindi preparatori all’esito provvedimentale contestato: di qui per la difesa appellata l’esistenza di una piena partecipazione procedimentale, documentata, come ben evidenziato dal primo giudice in termini di sostanziale rispetto delle garanzie partecipative, anche in termini di compiuta istruttoria, di tal che la parte mancante della motivazione si sarebbe potuta agevolmente desumere per relationem.

In estrema sintesi, per la parte appellata, i motivi del diniego si sarebbero potuti, comunque, desumere dal contesto dell’attività partecipativa e degli esiti di essa, come puntualmente specificati

Detto ordine d’idee non può essere condiviso.

Osserva, al riguardo, il Collegio che, con la principale doglianza, parte appellante prospetta il tema centrale della causa, che investe direttamente, sia la fase partecipativa al procedimento – con la possibilità per l’interessata di produrre elementi aggiuntivi ed integrativi per giustificare la richiesta di proroga, poi negata - sia l’ulteriore aspetto della vicenda, per vero strettamente connesso, inerente alla sostanza ed alla adeguatezza della nota impugnata, sotto il profilo motivazionale, anche in relazione alle nuove circostanze che sono state – o avrebbero potuto essere – dedotte nella fase procedimentale.

Sulla prima questione va detto che, alla stregua di una risalente e consolidata giurisprudenza del Consiglio di stato, che la Sezione integralmente condivide, le garanzie procedimentali non solo devono essere osservate ma devono essere offerte addirittura in tempo utile al soggetto interessato, così da permettergli di presentare le proprie osservazioni in una fase tuttora preparatoria, nella quale, cioè, siano potenzialmente aperte tutte le possibili opzioni: e ciò proprio al fine di evitare che l’intervento spiegato assolva un ruolo pressoché esclusivamente formale senza alcuna reale incidenza sia sull’eventuale istruttoria da espletare sia sull’individuazione degli interessi pubblici e privati coinvolti (Cons. Stato Sez. V 5.6.1997, n. 603;
2.2.1996, n. 132).

In tal senso, del resto, si è costantemente mossa la giurisprudenza del Consiglio di Stato che ha reiteratamente posto in evidenza la necessita che gli interessati siano in grado di contraddire all’interno del procedimento amministrativo, fermo l'obbligo della Amministrazione di meditata valutazione di tutti i contributi a tal fine presentati (cfr. Sez. VI 29.2.2002, n. 2983;
Ad. plen. 15.9.1999, n. 14).

La dedotta censura è dunque fondata e la violazione del generalissimo principio del partecipazione procedimentale da parte del Consorzio è resa ancora più marcata dalla motivazione resa nella nota gravata, per vero del tutto assente, finanche per relationem, essendo stato omesso nel contestato diniego ogni pertinente richiamo agli atti procedimentali, in cui si sarebbero potuti facilmente ricercare gli elementi giustificativi della mancata proroga.

Del resto, come chiarito dalla giurisprudenza della Corte costituzionale: “Il dovere di motivare i provvedimenti amministrativi rappresenta espressione dei principi di pubblicità e trasparenza che, ai sensi dell’art. 1, l. 241/90, sovraintendono all’intera attività amministrativa, in quanto diretti ad attuare sia i canoni costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione (art. 97, primo comma, Cost.), sia la tutela di altri interessi costituzionalmente protetti, come il diritto di difesa nei confronti della stessa amministrazione” (sent 5 novembre 2010, n. 310).

Sul versante normativo va detto che per effetto dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, l’obbligo della motivazione, vige - salvo esplicite eccezioni - per tutti i provvedimenti amministrativi.

E’ vero che la più recente giurisprudenza amministrativa opta per un’esegesi sostanziale del precetto contenuto nel citato art. 3 (cfr. Cons. St., Sez. V, 21 giugno 2013, n. 3402), là dove ha stabilito che: “L’obbligo di motivazione del provvedimento amministrativo non può ritenersi violato quando, anche a prescindere dal tenore letterale dell’atto finale, i documenti dell’istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni e l’iter motivazionale della determinazione assunta”;
ma è, del pari vero, che, nel caso all’esame, il provvedimento - non preceduto dal preavviso di rigetto - non ha fatto alcun richiamo agli atti procedimentali, limitandosi invero a stabilire, che la proroga è negata, senza nulla specificare.

Non appare, in conclusione, ragionevole far ricadere sugli “amministrati” l’onere di ricercare gli elementi giustificativi e motivazionali di un provvedimento, tanto più nelle ipotesi come nel caso di specie, in cui tale ricerca non possa in realtà dirsi agevole non indicando la nota di diniego alcuna coordinata per facilitarne la individuazione.

Da ultimo non possono essere poi sminuite le conseguenze ulteriori cui l’azienda andrebbe incontro a causa della mancata proroga ed in dipendenza del mutato regime normativo sul trasferimento delle quote latte, che precludendogli l’alienazione delle stesse la vedrebbe esposta inevitabilmente alle sanzioni riguardanti l’imputazione del prelievo supplementare.

Per le considerazioni esposte, in riforma dell'impugnata sentenza, il ricorso di primo grado deve essere accolto e, per l'effetto, va annullato il diniego di cui alla nota 18 febbraio 2019, n. 13/2019PP.

Respinge l’appello incidentale.

Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

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