Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-03-05, n. 201501116

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-03-05, n. 201501116
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201501116
Data del deposito : 5 marzo 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04105/2014 REG.RIC.

N. 01116/2015REG.PROV.COLL.

N. 04105/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4105 del 2014, proposto da:
F B, rappresentato e difeso dagli avvocati P D C, G D P, con domicilio eletto presso G D P in Roma, viale Liegi, 35/B;

contro

Comune di Battipaglia, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito;

nei confronti di

Società Impegno s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati L V, A P, con domicilio eletto presso Lodovico Visone in Roma, via del Gesù, 62;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - SEZ. STACCATA DI SALERNO: SEZIONE I n. 00909/2014, resa tra le parti, diniego del rilascio del permesso di costruire


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Società Impegno s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 febbraio 2015 il cons. G C e uditi per le parti gli avvocati Di Paolo e Visone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

In data 17 ottobre 2011, la società Impegno s.r.l. ha chiesto al Comune di Battipaglia il rilascio di un permesso di costruire per la realizzazione di un complesso residenziale.

Il successivo 7 febbraio 2012, nella mancata risposta dell’Amministrazione, ha comunicato di considerare formatosi il titolo edilizio per il silenzio-assenso a norma dell’art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (c.d. testo unico dell’edilizia;
d’ora in poi: t.u.).

Con provvedimento n. 10012 dell’8 febbraio 2012, il dirigente del settore, ritenendo la domanda incompleta e dunque inidonea a condurre al silenzio-assenso, ha tuttavia riaperto l’istruttoria sulla pratica, diffidando la società dall’eseguire opere edilizie.

Con provvedimento n. 20169 dell’8 marzo 2013, il Comune ha infine rigettato l’istanza.

La società ha impugnato gli atti comunali avversi con ricorso principale e motivi aggiunti, instaurando un giudizio nel quale è intervenuto ad opponendum il signor Francesco B.

Con sentenza 9 maggio 2014, n. 909, il T.A.R. per la Campania – Salerno, sez. I, dichiarato inammissibile l’intervento, ha accolto il ricorso: anche a supporre che il termine di legge decorresse dal momento in cui la società ha prodotto la dichiarazione del progettista, asseverante la conformità del progetto agli strumenti urbanistici (7 febbraio 2012), il diniego del Comune sarebbe tardivo e neppure potrebbe considerarsi adottato in autotutela, per la mancanza dei requisiti previsti dall’art. 21 nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Il signor B ha interposto appello contro la sentenza, chiedendone anche la sospensione dell’efficacia esecutiva.

L’appellante deduce le censure seguenti:

A) In rito:

1.a) violazione dell’art. 73, comma 1, c.p.a.: la società ricorrente avrebbe prospettato tardivamente (in sede di memoria di replica e non di memoria difensiva) l’eccezione di inammissibilità dell’intervento;

1.b) violazione dell’art. 73, comma 3, c.p.a.: il giudice avrebbe esaminato la questione d’ufficio senza prospettarla alle parti;

2) erronea declaratoria di inammissibilità: come cittadino di Battipaglia, l’appellante avrebbe fatto valere le esigenze della popolazione a godere concretamente degli standard urbanistici garantiti dalla disciplina urbanistica vigente.

B) Nel merito:

3) inammissibilità del ricorso introduttivo: in data 17 ottobre 2011 la società avrebbe presentato un’<<istanza sostitutiva>>
di una richiesta di permesso di costruire del 25 gennaio 2008, a suo tempo rigettata dal commissario ad acta nominato dal T.A.R. con provvedimento mai impugnato, motivato con il carattere non edificabile dell’area in quanto sottoposta a standard ;

4) violazione e falsa applicazione dell’art. 20 t.u.: l’adozione del preavviso di diniego (n. 26827 del 6 aprile 2012) avrebbe impedito la formazione del silenzio-assenso, reso necessaria la conclusione del procedimento con provvedimento espresso e conferito al successivo diniego il carattere di atto di autotutela;

5) insussistenza delle condizioni per la formazione del titolo edilizio: come apparirebbe anche dai certificati di destinazione urbanistica in atti, le particelle interessate dall’intervento ricadrebbero in tutto o in parte in zona di uso pubblico, sicché la società sarebbe ben consapevole del fatto che - come affermerebbe il provvedimento impugnato - l’ipotesi progettuale contrasterebbe con la previsione del vigente strumento urbanistico;

6) l’art. 5, comma 9, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito con modificazioni nella legge 12 luglio 2011, n. 106, si applicherebbe agli edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare soltanto ove ricadenti in aree degradate.

La società Impegno si è costituita in giudizio per resistere all’appello.

Riassunti i fatti causa, la società ritiene l’appello inammissibile, perché il signor B sarebbe titolare di un semplice interesse di fatto e non della posizione giuridica autonoma necessaria - a norma dell’art. 102, comma 2, c.p.a. - perché l’interventore possa proporre appello contro la sentenza di primo grado.

La società contesta poi i motivi dell’appello.

Non sussisterebbe l’asserita violazione dell’art. 73 c.p.a.: la ricorrente avrebbe replicato tempestivamente alla memoria del signor B, proprio per confutare l’ammissibilità dell’intervento, e la questione, comunque rilevabile d’ufficio, sarebbe stata ampiamente discussa fra le parti.

L’intervento in primo grado sarebbe inammissibile, perché l’odierno appellante avrebbe fatto valere un interesse del tutto indeterminato (il diritto della popolazione stanziata sul territorio a godere degli standard ) e non avrebbe replicato sul punto alla sentenza, limitandosi a riproporre le ragioni che fonderebbero propria legittimazione.

Sarebbero infine infondate le censure di merito.

In particolare, l’emissione del preavviso di diniego non sarebbe incompatibile con il meccanismo del silenzio-assenso, ma solo porterebbe il termine di risposta a quaranta giorni.

La pretesa incompatibilità del progetto con la normativa urbanistica rappresenterebbe una motivazione ex post .

I certificati urbanistici, prodotti dall’appellante, sarebbero inammissibili ex art. 104, comma 2, c.p.a. e comunque incompleti, non rappresentando esattamente la disciplina urbanistica in vigore per le aree controverse.

L’appellante ha replicato con memoria.

All’udienza del 10 giugno 2014, la causa è stata rinviata al merito.

In vista dell’udienza di discussione, l’appellante ha depositato documenti;
le parti si sono scambiate memorie.

All’udienza pubblica del 24 febbraio 2015, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. La società Impegno contesta l’ammissibilità dell’appello del signor B, al quale farebbe da ostacolo l’art. 102, comma 2, c.p.a.

L’eccezione non è fondata.

Vero è che, secondo la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, la legittimazione dell’interventore ad appellare richiede un filtro ancora più rigoroso rispetto alla legittimazione a intervenire in primo grado, costituito dalla titolarità di una posizione giuridica autonoma (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 febbraio 2014, n. 867).

Nella fattispecie, tuttavia, l’odierno appellante intende veder riconosciuto, contro la sentenza impugnata, il proprio diritto a spiegare intervento innanzi al T.A.R. Sussiste dunque quella posizione giuridica autonoma che rende l’appello ammissibile.

2. Il signor B si duole che il Tribunale territoriale abbia deciso sul punto dell’ammissibilità dell’intervento senza avere prima prospettato la questione alle parti, come invece avrebbe dovuto fare a norma dell’art. 73, comma 3, c.p.a.

L’avvenuta deduzione nell’eccezione nella memoria di replica della controparte - che la società oppone - sarebbe irrilevante, perché tardiva.

La conseguente violazione del contraddittorio e del diritto di difesa condurrebbe all’annullamento della sentenza, con rimessione della causa al primo giudice.

L’argomento è infondato.

Il quesito della tempestività dell’eccezione può porsi solo con riguardo solo a un’eccezione nella esclusiva disponibilità della parte. Per le eccezioni rilevabili d’ufficio, invece, è sufficiente che esse siano state sottoposte all’attenzione dei litiganti, se del caso con il richiamo ex art. 73, comma 3, c.p.a.

E’ indiscutibile che la questione dell’interesse e della legittimazione ad agire o a intervenire sia rilevabile d’ufficio, come in genere - e salvo che la legge non disponga altrimenti, ad esempio con riguardo alla sussistenza della giurisdizione (art. 9 c.p.a) - il difetto dei presupposti processuali o delle condizioni dell’azione è rilevabile d’ufficio dal giudice, in ogni stato e grado del processo, perché essi costituiscono i fattori ai quali la legge, per inderogabili ragioni di ordine pubblico, subordina l’esercizio della giurisdizione (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 18 aprile 2013, n. 2152).

Poiché, nella specie, appare dagli atti che la questione è stata puntualmente discussa dalle parti nelle rispettive memorie di replica, l’asserita lesione del contraddittorio e del diritto di difesa non sussiste.

Si può dunque passare all’esame del merito.

3. Come riportato nell’atto di appello, il signor B è intervenuto in primo grado perché, “in qualità di cittadino nativo di Battipaglia ed ivi residente, nutre interesse affinché sia posto in condizione di godere, concretamente e non virtualmente, del quantum di standard urbanistici garantiti dalla disciplina urbanistica vigente e altresì nutre interesse affinché il territorio non venga inciso da ulteriori interventi edilizi non consentiti dalle vigenti disposizioni normative”.

Si dà per nota la consolidata (e non contestata) giurisprudenza di questo Consiglio di Stato circa la necessità del requisito minimo della vicinitas per fondare la legittimazione e l’interesse a impugnare concessioni edilizie, permessi di costruire, titoli edilizi di analoga natura e rispettivi atti di diniego.

Per non trasformare le azioni impugnatorie in azioni popolari o una giurisdizione a tutela di situazioni soggettive di parte, quale quella amministrativa, in una giurisdizione di diritto oggettivo, tale requisito va inteso in senso proprio e non generico: ad esempio, non ha legittimazione al ricorso il vicino del proprietario confinante con l’edificio oggetto dell’intervento edilizio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1° luglio 2013, n. 3543).

Nella specie, è discusso fra le parti se la distanza tra la proprietà B e quella della società Impegno sia di 1.000 (memoria di replica B) o di 1.500 metri (memoria di replica Impegno).

Comunque sia di ciò, la differenza è irrilevante, posto che le relative zone omogenee sono comunque diverse (C2 B;
B2 Impegno – il dato non è contestato: si veda la memoria difensiva dell’appellante in data 23 gennaio 2015) e sono separate dalla ferrovia che attraversa la città. Dalla conformazione dei luoghi segue che il signor B non aveva legittimazione e interesse a intervenire in primo grado, e dunque bene il T.A.R. ne ha dichiarato inammissibile l’intervento.

In conclusione, l’appello è infondato e va perciò respinto.

Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.

Le spese di lite seguono la soccombenza, secondo la legge.

Tuttavia, le finalità che hanno indotto il signor B all’intervento, dapprima, e all’appello, poi, costituiscono - ad avviso del Collegio - ragioni sufficienti per moderare le spese nell’importo indicato nel dispositivo e per non accogliere la domanda di condanna per lite temeraria formulata dalla controparte nell’udienza pubblica.

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