Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-03-22, n. 201901913

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-03-22, n. 201901913
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201901913
Data del deposito : 22 marzo 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/03/2019

N. 01913/2019REG.PROV.COLL.

N. 02262/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sull’appello n. 2262 del 2014, proposto dal signor D M, rappresentato e difeso dall'avvocato S C, domiciliato presso la Segreteria della Quarta Sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;

contro

Il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione staccata di Lecce (Sezione Seconda), n. 1876/2013, resa tra le parti;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2019 il pres. Luigi Maruotti;

Nessuno presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso di primo grado n. 503 del 2013 (proposto al TAR per la Puglia, Sezione di Lecce), è stata chiesta l’ottemperanza al giudicato di cui al decreto della Corte d’appello di Lecce n. 562 del 2010 (reso in un giudizio avente per oggetto una domanda di equa riparazione, ai sensi della legge n. 89 del 2001).

2. Il TAR, con la sentenza indicata in epigrafe, ha dichiarato cessata la materia del contendere ed ha compensato tra le parti le spese del giudizio (poiché ‘il pagamento è avvenuto subito dopo l’assegnazione, da parte del Ministero, delle risorse necessarie’).

3. Con l’appello n. 2262 del 2014, l’interessato ha impugnato la statuizione del TAR sulla compensazione delle spese tra le parti, deducendo che la declaratoria della cessazione della materia del contendere avrebbe dovuto comportare la condanna dell’Amministrazione alle spese, anche in base ai principi enunciati dalla CEDU, tenuto conto del fatto che il pagamento è avvenuto a distanza di circa tre anni.

Il Ministero appellato si è costituito in giudizio e ed ha chiesto che l’appello sia respinto.

4. Ritiene la Sezione che l’appello sia infondato e vada respinto.

Per la pacifica giurisprudenza, che il collegio condivide e fa propria anche nell’attuale quadro normativo, il TAR ha ampi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali, ovvero per escluderla (Cons. Stato, Ad. Plen., 24 maggio 2007, n. 8), con il solo limite, in pratica, che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio o disporre statuizioni abnormi (per tutte, Consiglio Stato, Sez. III, 9 novembre 2016, 4655;
Sez. IV, 3 novembre 2015, n. 5012;
Sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 891;
Sez. IV, 22 giugno 2004, n. 4471;
Sez. IV, 27 settembre 1993, n. 798).

Nella specie la statuizione del TAR non solo non risulta abnorme, ma si è basata su una specifica motivazione, che ha dato conto di una circostanza la quale – nella valutazione del TAR, che questo Collegio condivide, per la sua ragionevolezza – risulta idonea a supportare la statuizione sulla compensazione.

Il TAR ha posto in evidenza che l’Amministrazione ha effettuato il pagamento ‘subito dopo l’assegnazione, da parte del Ministero, delle risorse necessarie’.

Ritiene al riguardo il Collegio che il giudice, a base della propria valutazione attinente ad un aspetto strettamente processuale, ben possa tenere conto della esistenza di un diffuso contenzioso in materia e della difficoltà di disporre tempestivamente delle risorse necessarie per disporre i pagamenti.

5. Per le ragioni che precedono, l’appello nel suo complesso va respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del secondo grado del giudizio.

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