Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-07-29, n. 201905342

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-07-29, n. 201905342
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201905342
Data del deposito : 29 luglio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/07/2019

N. 05342/2019REG.PROV.COLL.

N. 05846/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5846 del 2015, proposto dal Maggiore F B, rappresentato e difeso dagli avvocati M V S, L A e A P, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Etruria 65;

contro

Cri - Croce Rossa Italiana, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 4048 del 2015;

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Croce Rossa Italiana;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del giorno 27 giugno 2019 il Cons. S M;

Uditi gli avvocati M V S, A P e l’avvocato dello Stato Generoso Di Leo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, l’odierno appellante, all’epoca Maggiore della Croce Rossa Italiana, impugnava, chiedendone l’annullamento, l’ordinanza del Commissario straordinario della Croce Rossa Italiana n. 228 del 26 maggio 2010, con la quale l’ente gli aveva reso noto di dovere procedere al recupero, nei suoi confronti, della somma di euro 70.662,75, a titolo di retribuzioni non dovute perché corrisposte in eccesso, in quanto egli – contrariamente a quanto affermato dalla C.R.I. in precedenti determinazioni - dopo avere assolto agli obblighi di leva in qualità di ufficiale delle FF.AA. dal 22.1.1980 al 21.4.1981, successivamente, nel periodo intercorso tra il 1989 e 1995, era stato chiamato in servizio, per vari periodi temporanei, quale sottoufficiale CRI;
viceversa lo stesso aveva pacificamente svolto servizio da ufficiale del Corpo Militare C.R.I., in servizio continuativo a partire dal 18.6.1995.

Lo scomputo, dal complessivo periodo di servizio presso la C.R.I., del suddetto intervallo temporale nel corso del quale il ricorrente aveva svolto in realtà periodi di servizio nella qualità di sottoufficiale (maresciallo), aveva determinato, secondo l’Ente resistente, la doverosa riduzione, rispetto a quanto in precedenza erroneamente riconosciuto, del periodo di servizio utile ai fini della decorrenza del beneficio economico costituto dalla c.d. “omogeneizzazione stipendiale”, introdotta dall’ art. 2 punto 3) della legge n. 250 del 3.7.2001 che ha inserito, nel testo dell’art. 5 L. n. 231 del 1990, il comma 3- bis (“ Fino a quando non ricorrano le condizioni per l'attribuzione dei trattamenti previsti dal comma 3 agli ufficiali che abbiano prestato servizio senza demerito per 13 anni e 23 anni dal conseguimento della nomina ad ufficiale o della qualifica di aspirante è attribuito, a decorrere dal 1° aprile 2001, lo stipendio spettante rispettivamente al colonnello e al brigadier generale e gradi equiparati. Il predetto trattamento non costituisce presupposto per la determinazione della progressione economica, fatta eccezione per gli ufficiali appartenenti ai ruoli del servizio permanente per i quali è previsto il diretto conseguimento del grado di tenente o corrispondente, ai quali il predetto trattamento è attribuito secondo le modalità previste dal comma 3”).

La C.R.I. con i provvedimenti impugnati in primo grado aveva pertanto inteso recuperare le somme in eccesso corrisposte al Magg. B, in applicazione della menzionata disposizione (da considerare applicabile al personale del corpo militare C.R.I.), in ragione dell’erroneo calcolo dell’anzianità di servizio maturata, quantificata senza scomputare i periodi di servizio svolti quale sottoufficiale, con conseguente erronea anticipazione dell’innalzamento del livello stipendiale, rispetto ai periodi minimi prescritti di 13 e 23 anni, rispettivamente contemplati dalla norma per l’attribuzione dello stipendio corrispondente al grado di Colonnello ed a quello di Brigadier Generale.

2. Il ricorso era affidato ai seguenti motivi

1) Violazione dell’art. 7 L. 241/1990 e dell’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento di recupero;

2) eccesso di potere per carenza istruttoria, in quanto la CRI non aveva previamente annullato in autotutela gli atti con cui il ricorrente era stato nominato dapprima tenente commissario con anzianità dal 22.1.1984 e quindi, con decreto del Ministero della Difesa del 7.6.1995, confermato nel grado di tenente con anzianità della nomina dal 22.1.1984;

3) eccesso di potere per contrasto con le determinazioni assunte da apposita Commissione nominata dalla CRI e conseguente provvedimento n. 32 del 16.1.2002 del Comitato centrale della CRI, con cui si ammetteva la retrodatazione del trattamento economico del personale, equiparandolo a quello delle FF.AA.;

4) eccesso di potere per contrasto con altra relazione, redatta dall’Ispettore nazionale della CRI il 15.6.2009 a seguito dell’intervento del Servizio Ispettivo di Finanza pubblica del MEF;

5) erroneità della determinazione di recupero delle somme al lordo, e non al netto, delle trattenute fiscali.

3. Dopo la trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale, il TAR per il Lazio, dopo aver stralciato la documentazione tardivamente depositata in giudizio dalla CRI, accoglieva esclusivamente l’ultimo mezzo di gravame.

4. Il Maggiore B ha interposto appello parziale, relativamente ai capi della sentenza del TAR che lo hanno visto soccombente.

Ha in particolare dedotto:

I. Erroneità della sentenza limitatamente al punto 2.2 della motivazione .

I provvedimenti con i quali l’appellante è stato via via promosso sottotenente commissario e tenente non sono stati mai annullati dalla CRI, così come invece erroneamente sarebbe stato assunto dal TAR. Illegittimamente, pertanto, l’amministrazione resistente avrebbe rideterminato l’anzianità nel grado dall’8.6.1995, giacché egli rivestiva la qualifica di ufficiale fin da epoca precedente.

Di qui l’illegittimità della richiesta di restituzione avversata in primo grado;

II) Erroneità della sentenza, limitatamente al punto 2 della parte di diritto, per omesso esame del terzo e del quarto motivo del ricorso di primo grado .

L’appellante aveva rappresentato che, in conformità alle conclusioni della Commissione appositamente istituita, la retroattività della decorrenza giuridica nel nuovo grado era stata decisa per ovviare al grave ritardo con cui la CRI aveva proceduto ad emettere i decreti di promozione al grado superiore. Il primo giudice, inoltre, non ha tenuto conto né della Relazione dell’Ispettore Nazionale CRI del 15 giugno 2009 nella quale erano stato contestate le conclusioni del SIFIP (Servizio Ispettivo Finanza Pubblica) né dei documenti, depositati in giudizio, nei quali veniva in vario modo attestata la legittima attribuzione al ricorrente della c.d. “omogeneizzazione stipendiale”.

L’appellante ha richiamato, altresì, la sentenza del Tar per la Campania, n. 4793 del 2013 con la quale gli atti oggetto dell’odierna impugnativa sono stati annullati, su ricorso di altro Ufficiale della CRI.

5. Si è costituita, per resistere, la CRI.

Con memoria del 29 aprile 2016 ha rappresentato quanto segue.

In particolare l’amministrazione ha evidenziato che, nel procedere all’applicazione della normativa di cui alla l. 3 luglio 2001 n. 250, sulla c.d. “omogeneizzazione” (estesa al personale militare della C.R.I. ai sensi dell’art. 116 del R.D. 484/1936) nei confronti dell’odierno appellante, aveva erroneamente considerato anche il servizio svolto, in richiamo temporaneo, presso la CRI in qualità di Sottufficiale (dal 1989 al 1995) ) laddove la norma in esame attribuisce esclusivo rilievo al servizio svolto in qualità di Ufficiale senza demerito.

Nel caso di specie, si è peraltro reso necessario solo provvedere alla rideterminazione del trattamento economico e non anche di quello giuridico poiché il Maggiore B non si è avvalso dei miglioramenti economici raggiunti con il trattamento di omogeneizzazione per ottenere l’avanzamento a scelta dal grado di Capitano al grado di Maggiore ai sensi dell’art. 78, comma 2, lett. b) del r.d. n. 484 del 1936 (e successive modificazioni).

Ha poi ricordato come in questo, e in altri numerosi casi analoghi, la vicenda abbia avuto origine dai rilievi formulati dal Ministero dell’Economia e Finanze (Servizio Ispettivo di Finanza Pubblica - S.I.Fi.P.) a seguito di una ispezione amministrativo–contabile presso il Corpo Militare della C.R.I. avvenuta nel corso del 2008.

La ratio della disposizione in argomento è quella di dare il dovuto riconoscimento alla specifica professionalità degli Ufficiali, sicché nel computo dell’anzianità di servizio, ai fini considerati, non può essere incluso il periodo in cui il soggetto non abbia svolto effettivamente il servizio in tale qualità

6. La CRI ha poi depositato una relazione con documenti.

7. L’appellante ha depositato una memoria conclusionale

8. L’appello è stato assunto in decisione alla camera di consiglio del 27 giugno 2019.

9 L’appello è infondato e deve essere rigettato con conseguente conferma della sentenza gravata.

Risulta infatti che l’appellante, pur con lo status di “militare”, non abbia assolto con continuità il servizio in qualità di Ufficiale presso la CRI, ma che tale condizione si sia determinata solo a decorrere dal 18.6.1995.

L’art. 5 comma 3 bis della legge 8 agosto 1990, n. 231, come aggiunto dall’art. 2 del d.l. 3 maggio 2001, n. 157, convertito con modificazioni, nella legge 3 luglio 2001, n. 250 e, successivamente, modificato dall'art. 1 della legge 30 dicembre 2002 n.295, stabilisce testualmente che:

Fino a quando non ricorrano le condizioni per l'attribuzione dei trattamenti previsti dal comma 3 agli ufficiali che abbiano prestato servizio senza demerito per 13 anni e 23 anni dal conseguimento della nomina ad ufficiale o della qualifica di aspirante è attribuito, a decorrere dal 1° aprile 2001, lo stipendio spettante rispettivamente al colonnello e al brigadier generale e gradi equiparati. Il predetto trattamento non costituisce presupposto per la determinazione della progressione economica, fatta eccezione per gli ufficiali appartenenti ai ruoli del servizio permanente per i quali è previsto il diretto conseguimento del grado di tenente o corrispondente, ai quali il predetto trattamento è attribuito secondo le modalità previste dal comma 3 ”.

Tale disposizione è applicabile al personale del corpo militare ausiliario della Croce Rossa Italiana in virtù del principio di omogeneità rispetto al trattamento del personale militare, già sancito dall’art. 136 comma 1 del r.d. 10 febbraio 1936, n. 484, e ora dall’art. 1757 del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66.

Come già divisato da questo Consiglio (cfr. parere n. 3397 del 3 novembre 2014 e n. 1308 del 5 giugno 2017, invocati anche dall’amministrazione nella relazione depositata, unitamente alla sentenza di questa Sezione, n. 875 del 12 febbraio 2018), l’attribuzione del trattamento stipendiale di cui al cit. art. 5 comma 3 bis presuppone e richiede che nell’intervallo temporale ivi previsto il servizio sia stato prestato quale Ufficiale, laddove nel caso di specie non è contestabile che l’interessato abbia prestato ininterrottamente servizio quale ufficiale del corpo ausiliario soltanto a far tempo dal 21.9.1993.

In tale prospettiva, nessun rilievo può assumere la circostanza che non vi sia stata rettifica degli atti relativi all’attribuzione del grado di Ufficiale, quand’anche con retrodatazione ai fini giuridici, poiché ai fini dello specifico beneficio retributivo disciplinato dall’art. 5 comma 3 bis non può prescindersi dall’effettività del servizio quale Ufficiale.

Al riguardo, non appare inutile ricordare che il recupero di somme indebitamente erogate dalla p.a. ha carattere di doverosità e costituisce esercizio, ai sensi dell'art. 2033 cod.civ., di un vero e proprio diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, non rinunziabile, in quanto correlato al conseguimento di quelle finalità di pubblico interesse, cui sono istituzionalmente destinate le somme indebitamente erogate.

Si tratta cioè di atti vincolati, di carattere non autoritativo, di doveroso recupero di somme erroneamente corrisposte dall’amministrazione, rispetto ai quali – nell’ambito del rapporto obbligatorio di reciproco dare avere (paritetico) – resta peraltro ferma la possibilità per l’interessato di contestare eventuali errori di conteggio e la sussistenza dell’indebito (cfr., ex plurimis , Cons. Stato, sez. III, 20 marzo 2019, n. 1852).

10. Per quanto testé argomentato, l’appello deve essere rigettato, con la conseguente conferma della sentenza gravata.

Appare tuttavia equo compensare integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

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