Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2017-05-02, n. 201701977

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2017-05-02, n. 201701977
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201701977
Data del deposito : 2 maggio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/05/2017

N. 01977/2017REG.PROV.COLL.

N. 01378/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1378 del 2012, proposto da:
L’Avamposto di Stefanizzi Mari Agrazia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato A T, con domicilio eletto presso lo studio F. Massa in Roma, via degli Avignonesi, n. 5;

contro

Comune di Santa Cesarea Terme, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato F G M, con domicilio eletto presso lo studio Carla Licignano in Roma, via Amelia, n. 15;

nei confronti di

Ascom Lecce Confcommercio, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE I n. 01064/2011, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Santa Cesarea Terme;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 marzo 2017 il Cons. R G e udito per la parte appellante l’avvocato Domenico Mastrolia, in sostituzione dell’avvocato A T;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza di estremi indicati in epigrafe, il T.a.r. per la Puglia, sede distaccata di Lecce, ha dichiarato inammissibile ( rectius : respinto) il ricorso proposto dalla società L’Avamposto s.a.s. per l’annullamento (e il conseguente risarcimento dei danni) del provvedimento del 13 maggio 2010 del Comune di Santa Cesarea Terme di rigetto della domanda di occupazione temporanea (dal 20 giugno 2010 al 31 agosto 2010) di suolo pubblico per la gestione di un punto di ritrovo estivo in località Porto Miggiano.

2. Il T.a.r. ha infatti ritenuto che l’Amministrazione comunale abbia correttamente esercitato la propria discrezionalità in quanto al momento della richiesta il bene oggetto della domanda di occupazione temporanea era già stato destinato alla vendita ed era già stato pubblicato il relativo bando.

Secondo la sentenza appellata, “ infatti, una volta decisa la vendita del bene, questa decisione appare inconciliabile con la scelta di concedere l’occupazione dello stesso, proprio perché è cosa bene diversa (quanto all’appetibilità del bene per gli aspiranti compratori) vendere un bene totalmente libero da vincoli ed imposizioni da quale di vendere un bene occupato, sia pure provvisoriamente ”.

3. Per ottenere la riforma di tale sentenza ha proposto appello la società L’Avamposto s.a.s., insistendo sulla domanda di risarcimento del danno (previa accertamento dell’illegittimità del provvedimento impugnato).

4. Si è costituito in giudizio per resistere all’appello il Comune di Santa Cesarea Terme.

5. Alla pubblica udienza del 23 marzo 2017 la causa è stata trattenuta per la decisione.

6. L’appello è infondato.

7. Occorre premettere che il presente giudizio ha ormai ad oggetto esclusivamente la domanda di risarcimento del danno, essendo definitivamente trascorso il periodo (dal 20 giugno 2010 al 31 agosto 2010) rispetto al quale era stata presentata la domanda di occupazione temporanea.

8. La domanda risarcitoria non merita accoglimento.

Non risulta, infatti, fornita la prova della spettanza del bene della vita sostanziale (la pretesa ad ottenere il rilascio del provvedimento di occupazione temporanea) la cui lesione è condizione necessaria per l’accogliento della domanda risarcitoria.

Il provvedimento impugnato, invero, come correttamente riconosciuto dal T.a.r., è espressione di discrezionalità amministrativa, essendo rimessa alla valutazione dell’Amministrazione la compatibilità tra l’istanza di occupazione presentata dal privato e l’interesse pubblico al più proficuo utilizzo del bene demaniale.

Nella specie, le ragioni sulla base delle quali il Comune di Santa Cesarea Terme ha respinto la domanda di occupazione temporanea risultano espressione di un corretto esercizio della discrezionalità amministrativa.

9. Occorre a tal proposito fare riferimento (vertendosi nell’ambito di un giudizio ormai esclusivamente risarcitorio) non solo alle ragioni indicate nel provvedimento di diniego oggetto del ricorso introduttivo, ma anche della integrazione della motivazione (contenuta nel provvedimento 2 agosto 2010, n. 5453), cui l’Amministrazione comunale è pervenuta in esecuzione del decreto cautelare monocratico 16 luglio 2010, n. 3341, pronunciato da questo Consiglio di Stato, che aveva ravvisato, a livello di fumus boni iuris , la carenza di motivazione del primo provvedimento.

Nella citata nota del 2 agosto 2010 vengono ampiamente rappresentante le ragioni ostative all’accoglimento della domanda di occupazione temporanea, evidenziandosi in particolare come, essendo l’immobile già destinato alla vendita (ed essendo stato pubblicato il relativo bando), l’eventuale esistenza di un’occupazione a favore di privati avrebbe potuto rappresentare un elemento volto a scoraggiare potenziali acquirenti.

L’amministrazione comunale spiega altresì che l’esito deserto della gara (nelle more del giudizio espletata) non modifica i contenuti di tale valutazione negativa, evidenziando come, ai sensi del regolamento comunale delle alienazioni immobiliari, anche dopo la chiusura del relativo verbale di gara deserta, potrebbe legittimamente pervenire un’offerta, a trattativa privata, di importo almeno pari alla ultima base d’asta.

10. Si tratta di valutazioni plausibili, che rientrano, come si è accennato, nella discrezionalità dell’Amministrazione e che, in questa sede, sono, dunque, sindacabili (anche ai fini della valutazione della domanda risarcitoria), attraverso le figure sintomatiche dell’eccesso di potere, solo nei limiti in cui presentano profili (nella specie insussistenti) di manifesta contraddittorietà, illogicità, irragionevolezza, travisamento dei fatti.

In altri termini, le ragioni del rigetto della domanda, come emergono in particolare dal provvedimento prot. n. 552 del 2 agosto 2010, sono espressione di un corretto uso della discrezionalità amministrativa e conducono al rigetto della domanda risarcitoria, perché escludono l’esito positivo del giudizio prognostico sulla fondatezza della pretesa sostanziale azionata con la domanda risarcitoria.

11. Sussistono i presupposti per compensare le spese del giudizio, anche considerando le carenze motivazionali del primo provvedimento.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi