Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-12-27, n. 201807231

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-12-27, n. 201807231
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201807231
Data del deposito : 27 dicembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/12/2018

N. 07231/2018REG.PROV.COLL.

N. 06810/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6810 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati C S, A C, F V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio A C in Roma, piazza San Bernardo n. 101;

contro

Azienda Sanitaria Unica Regionale delle Marche, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati C P, M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio M C in Roma, via Giovanni Antonelli 49;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente la determinazione del direttore generale dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale delle Marche prot. n. -OMISSIS-, nonché gli atti connessi, recanti l'esclusione della società ricorrente dal prosieguo della gara indetta, con determina del direttore generale dell’Azienda sanitaria del 30 ottobre 2017, per l'“acquisizione sistema informativo per gestione di prodotti e assistenza integrativa e relativi servizi per necessità dell'

ASUR

Marche”;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Azienda Sanitaria Unica Regionale delle Marche;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2018 il Cons. C A e uditi per le parti gli avvocati F V, M C e C P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con determina del direttore generale dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale delle Marche (ASUR) del 30 ottobre 2017 è stata indetta la gara in modalità telematica per la fornitura di un sistema informativo per la gestione di prodotti di assistenza integrativa e relativi servizi correlati da aggiudicarsi con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Il disciplinare di gara faceva riferimento ai requisiti di partecipazione di cui all’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016;
il documento di gara unico europeo (DGUE) richiedeva, tra i motivi di esclusione, la indicazione sia dei gravi illeciti professionali sia delle precedenti cessazioni anticipate di contratti pubblici. La società -OMISSIS-inviava il DGUE fornendo risposta negativa sia rispetto alla indicazione dei gravi illeciti professionali sia a quella relativa alle cessazioni anticipate di contratti pubblici. Il Responsabile del procedimento verificava tramite il Casellario informatico l’esistenza di una annotazione relativa alla risoluzione anticipata di un precedente contratto disposta dall’Istituto Zooprofilattico per la -OMISSIS- iscritta nel casellario il 31 ottobre 2017. Pertanto comunicava alla -OMISSIS-l’avvio del procedimento di esclusione;
la società presentava osservazioni sostenendo la mancanza di un obbligo dichiarativo, trattandosi solo di una risoluzione anticipata oggetto di impugnativa davanti al Tribunale civile di Palermo;
per la quale, inoltre, l’annotazione nel casellario riportava la dicitura “la presente annotazione non comporta l’automatica esclusione dalla partecipazione alle gare pubbliche”. Le argomentazioni difensive venivano anche esposte nel contraddittorio orale in un incontro del legale rappresentante dell’impresa e del difensore con il responsabile del procedimento ed il direttore dell’area dipartimentale acquisti e logistica dell’Azienda sanitaria il 12 aprile 2018.

Il responsabile del procedimento concludeva l’istruttoria nel senso della esclusione della -OMISSIS-, ai sensi della lettera f) bis del d.lgs. n. 50 del 2016.

Con provvedimento del direttore generale dell’Azienda sanitaria del 17 maggio 2018 venivano disposte le esclusioni e le ammissioni alla gara.

La società -OMISSIS-impugnava tale provvedimento, nonché tutti gli atti preordinati e connessi, incluso il documento unico di gara predisposto dalla stazione appaltante, davanti al Tribunale amministrativo regionale delle Marche, ai sensi dell’art. 120 bis, formulando le seguenti censure: violazione dei principi ordinamentali di buon andamento;
imparzialità e par condicio;
violazione e falsa applicazione degli articoli 80 comma 5 lettera c), f bis ), comma 12;
83 comma 8 del d.lgs. n. 50 del 2016 e 76 del d.p.r. 445 del 2000;
eccesso di potere per difetto di presupposto, travisamento dei fatti, irragionevolezza manifesta in relazione alla mancanza di un obbligo di dichiarazione delle risoluzioni contrattuali contestate nel giudizio civile, nonché per non avere tenuto conto delle ulteriori memorie procedimentali inviate il 20 aprile 2018. E’ stata proposta domanda di risarcimento dei danni dei danni in forma specifica, formulando riserva di chiedere in separato giudizio il risarcimento per equivalente. Si costituiva in giudizio l’Azienda sanitaria contestando la fondatezza del ricorso.

La sentenza di primo grado ha respinto il ricorso ritenendo integrate le false dichiarazioni, ai sensi della lettera f bis) dell’art. 50, dalla mancata dichiarazione della risoluzione anticipata, anche sulla base delle Linee guida ANAC n. 6 del 2016, per cui i concorrenti sono tenuti a dichiarare qualsiasi evento relativo alla propria attività professionale. Ha respinto, pertanto, la domanda risarcitoria. Ha compensato le spese di giudizio. Con l’atto di appello sono state riproposte le censure respinte in primo grado e la domanda risarcitoria come formulata in primo grado.

Si è costituita in appello l’Azienda sanitaria a sostegno della conferma della sentenza impugnata.

Con ordinanza cautelare n.-OMISSIS-è stata accolta la domanda cautelare, richiamando alcuni precedenti giurisprudenziali per cui le risoluzioni contestate in giudizio non devono essere dichiarate in sede di domanda di partecipazione.

All’udienza pubblica del 6 dicembre 2018 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato.

Dalla domanda di partecipazione alla gara, in particolare dal modulo “DGUE” risulta che, nella parte III, lettera C) (motivi legati a illeciti professionali) la -OMISSIS-ha dichiarato sia l’insussistenza di gravi illeciti professionali di cui all’art. 80 comma 5 lettera c) sia l’insussistenza di esperienze di precedenti cessazioni anticipate di contratti pubblici. A seguito di verifiche effettuate dalla stazione appaltante, dal Casellario informatico presso l’Autorità Nazionale Anticorruzione è risultata una annotazione iscritta il 31 ottobre 2017 per una precedente risoluzione disposta il 20 settembre 2016 dall’Istituto Zooprofilattico sperimentale della -OMISSIS-, con giudizio civile pendente davanti al Tribunale di Palermo;
l’annotazione era anche accompagnata dalla dicitura “tale annotazione non comporta l’automatica esclusione dalle gare pubbliche”.

Sostiene l’appellante con il primo motivo di appello l’erroneità della sentenza di primo grado, in quanto, la pendenza del giudizio civile in cui è contestata in giudizio la precedente risoluzione avrebbe escluso l’obbligo dichiarativo in sede di partecipazione alla gara.

Il Collegio non condivide tale ricostruzione.

Ai sensi dell’art. 80 comma 5 lettera c) del d.lgs., 18 aprile 2016, n. 50, le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, qualora: “la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni;
il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio;
il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione ovvero l'omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.

In base alla disposizione del comma 5 lettera f bis ), introdotta dal d.lgs. 19 aprile 2017 n. 56, applicabile alla gara in questione, le stazioni appaltanti escludono “l'operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere”.

Sulla base del tenore testuale della disposizione dell’art. 80 comma 5, lettera c), la indicazione delle specifiche fattispecie contenute alla lettera c) è considerata dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato meramente esemplificativa, attribuendo la norma un potere discrezionale alla stazione appaltante circa la valutazione del concetto dei “gravi illeciti professionali” rilevanti ai fini della “integrità o affidabilità”.

L’elencazione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016, ha carattere esemplificativo nei riguardi della stazione appaltante, nel senso che, pur agevolandone gli obblighi dimostrativi, qualora ritenga di addivenire all’esclusione dell’operatore economico colpevole dei gravi illeciti professionali ivi tipizzati, non ne limita tuttavia la discrezionalità nella valutazione di altre situazioni, ritenute tali da rendere dubbia l’integrità o l’affidabilità del concorrente (Consiglio di Stato sez. V, 3 settembre 2018, n. 5136). Infatti, la circostanza che l'operatore economico si sia reso "colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità" costituisce un tipico concetto giuridico indeterminato e la categoria dei concetti giuridici a contenuto indeterminato attiene ad una particolare tecnica legislativa nella quale, per individuare il fatto produttivo di effetti giuridici, la norma non descrive la fattispecie astratta in maniera tassativa ed esaustiva, ma rinvia, per la sussunzione del fatto concreto nell'ipotesi normativa, all'integrazione dell'interprete, mediante l'utilizzo di concetti che vanno completati e specificati con elementi o criteri extragiuridici” (Consiglio di Stato Sez. III, 23 novembre 2017, n. 5467).

Con tale norma è stato, infatti, attribuito alla stazione appaltante un potere discrezionale di valutare “i gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”, in quanto rimette alla stazione appaltante il potere di apprezzamento delle condotte dell'operatore economico che possono integrare un grave illecito professionale, tale da metterne in dubbio la sua integrità o affidabilità anche oltre le ipotesi elencate nel medesimo articolo, le quali, dunque, hanno carattere esemplificativo (Consiglio di Stato, sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299).

In base a tale orientamento, pertanto, la norma relativa ai “gravi illeciti professionali”, deve essere intesa nel senso che la pendenza del giudizio civile, avente ad oggetto la contestazione di una risoluzione contrattuale pronunciata nei confronti di un'impresa, non giustifica di per sé, l'esclusione dalla gara della medesima impresa, stante l'assenza di una pronuncia “definitiva” in merito;
ma richiede comunque una valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante della gravità delle inadempienze che, pur non immediatamente riconducibili a quelle tipizzate, siano tuttavia qualificabili come “gravi illeciti professionali” e siano perciò ostative alla partecipazione alla gara perché rendono dubbie l'integrità o l'affidabilità del concorrente ( cfr., altresì, Sez III, 29 agosto 2018, n. 5084, con riferimento a risoluzioni contrattuali dichiarate in sede di partecipazione alla gara).

L’art. 80, comma 5, lett. c) mira, infatti, a tutelare il vincolo fiduciario che deve sussistere tra amministrazione aggiudicatrice e operatore economico, consentendo di attribuire rilevanza ad ogni tipologia di illecito che per la sua gravità, sia in grado di minare l’integrità morale e professionale di quest’ultimo. Il concetto di grave illecito professionale ricomprende, infatti, ogni condotta, collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica sia essa di natura civile, penale o amministrativa (Sez. III, 5 settembre 2017, n. 4192).

Anche le linee guida ANAC n. 6 del 2016, “Indicazione dei mezzi di prova adeguati e carenze esecutive di precedente contratto di appalto significative per l'esclusione di cui all'art. 80, co. 5, lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016”, aggiornate con delibera dell’11 ottobre 2017, si riferiscono ad una indicazione esemplificativa dell’art. 80 comma 5 lettera c), che lascia, dunque, alla stazione appaltante il potere discrezionale di valutare anche ipotesi non previste. In particolare il punto 2 delle Linee guida indica “gli illeciti professionali tali da rendere dubbia l’integrità del concorrente intesa come moralità professionale o la sua affidabilità intesa come reale capacità tecnico professionale, nell’attività oggetto di affidamento”. Per quanto riguarda le risoluzioni anticipate le Linee guida ANAC si riferiscono a “risoluzioni non contestate in giudizio o accertate con un provvedimento esecutivo”.

Di recente, inoltre, il parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 2616 del 13 novembre 2018, relativo all’aggiornamento delle Linee guida ANAC n. 6 ha condiviso l’anticipazione della soglia di rilevanza delle risoluzione anticipate, già indicata nel testo delle Linee Guida del 2017, indicata nella soluzione proposta dall’ANAC, che ritiene sufficiente l’accertamento della risoluzione con un “provvedimento esecutivo all’esito di un giudizio”, “poiché chiarisce che gli accertamenti del grave illecito professionale, per avere effetto escludente, devono essere contenuti in provvedimenti o atti della stazione appaltante non contestati o, nel caso di contestazione in giudizio (più frequentemente dinanzi al giudice civile), che non siano stati sospesi nella loro efficacia”;
in particolare, il parere ha affermato tale “soluzione rappresenta un ragionevole punto di equilibrio tra l’esigenza degli operatori economici di evitare esclusioni basate esclusivamente su atti unilaterali privi di fondamento delle stazioni appaltanti e quella delle stazioni appaltanti di non vedere sostanzialmente vanificata la causa di esclusione sulla base della sola contestazione (anch’essa non meno unilaterale e priva di fondamento) dell’operatore economico: l’uno (l’operatore economico) potrà contestare in giudizio l’accertamento dell’illecito escludente;
l’altra (la stazione appaltante) non dovrà aspettare i tempi spesso non brevi della formazione di un giudicato sulla contestazione, potendo procedere esecutivamente all’esclusione sulla base anche di un primo vaglio giurisdizionale (anche solo in primo grado e anche solo in sede cautelare) che non inibisca l’esecutività del provvedimento. Ciò che è necessario e dirimente è che sia data la possibilità, da un lato, all’operatore economico diligente, che subisca un accertamento di grave illecito escludente, di adire un giudice terzo e imparziale che effettui un primo, anche minimo vaglio di legittimità e di non infondatezza dell’accertamento, e che, dall’altro lato, non si costringa l’amministrazione ad attendere i tempi lunghi del giudicato sulla contestazione, ciò che ne paralizzerebbe l’azione efficiente ed efficace, così prevenendosi anche possibili tattiche dilatorie nel processo”. Il parere richiama poi la giurisprudenza prevalente del Consiglio sopra citata sul potere discrezionale della stazione appaltante di valutare ulteriori circostanze, anche ai fini della sussistenza degli illeciti professionali oltre a quelli tipizzati, in tal caso con onere della prova più rigoroso a carico della stazione appaltante ( Sez V n. 1299 del 2018, CGA, 30 aprile 2018, n. 252;
Sez V, 24 settembre 2018, n. 5500), “non essendo possibile, pena un eccessivo irrigidimento del sistema con potenziale vanificazione delle finalità della norma, vincolare l’amministrazione a un elenco tassativo e automatico di casi di esclusione”.

In effetti, l’art. 57 paragrafo 4 della direttiva comunitaria, 2014/24/ del 26 febbraio 2014, recepita con il nuovo codice dei contratti pubblici, all’articolo 57 comma 4, distingue le differenti cause di esclusione di un concorrente, prevedendo autonomamente alla lettera c) l’ipotesi in cui “l'amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità”;
distinta dalle altre ipotesi, poi trasfuse nell’art. 80 comma 5 lettera c), che sono indicate autonomamente, in particolare quella di cui alla lettera g) “se l'operatore economico ha evidenziato significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un requisito sostanziale nel quadro di un precedente contratto di appalto pubblico, di un precedente contratto di appalto con un ente aggiudicatore o di un precedente contratto di concessione che hanno causato la cessazione anticipata di tale contratto precedente, un risarcimento danni o altre sanzioni comparabili”, senza alcuna specificazione ulteriore circa la pendenza di un giudizio.

In ogni caso, da tale ampia nozione di illeciti professionali e dall’anticipazione della soglia di rilevanza dei provvedimento pronunciati in sede civile, con riferimento anche ai provvedimenti cautelari, contenuta nella Linee Guida dell’ANAC sul punto integralmente condivise dal parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato, deriva che, ai fini del corretto esercizio del potere discrezionale da parte della stazione appaltante sia, comunque, necessario assicurare che essa sia messa in grado di conoscere tutte le vicende relative alle imprese partecipanti, che anche solo “astrattamente” possano influire sulla “integrità professionale”.

Il presupposto per l’esercizio di tale potere discrezionale è proprio costituito dalla completezza delle dichiarazioni degli operatori economici partecipanti alle gare, che devono, dunque dichiarare ogni episodio della vita professionale astrattamente rilevante ai fini della esclusione, pena la impossibilità per la stazione appaltante di verificare l’effettiva rilevanza di tali episodi sul piano della “integrità professionale” dell’operatore economico.

L’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. 50 rimette, infatti, alla stazione appaltante il potere di apprezzamento delle condotte dell’operatore economico che possono integrare un “grave illecito professionale”, tale da metterne in dubbio la sua integrità o affidabilità anche oltre le ipotesi elencate nel medesimo articolo, le quali, dunque, hanno carattere esemplificativo, ma l’operatore economico è tenuto a dichiarare situazioni ed eventi potenzialmente rilevanti ai fini del possesso dei requisiti di ordine generale di partecipazione alle procedure di valutazione comparativa concorsuale, non essendo configurabile in capo all’impresa alcun filtro valutativo o facoltà di scegliere i fatti da dichiarare, sussistendo l’obbligo della onnicomprensività della dichiarazione, in modo da permettere alla stazione appaltante di espletare, con piena cognizione di causa, le valutazioni di sua competenza (Consiglio di Stato Sez. V, 25 luglio 2018, n. 4532;
V, 11 giugno 2018, n. 3592;
V, 19 novembre 2018, 6530), non essendo possibile che la relativa valutazione sia eseguita, a monte, dalla concorrente la quale autonomamente giudichi irrilevanti i propri precedenti negativi, omettendo di segnalarli con la prescritta dichiarazione ( Sez. V, 28 marzo 2018, n. 1935), consentendo alle concorrenti di nascondere alla stazione appaltante situazioni pregiudizievoli, rendendo false o incomplete dichiarazioni al fine di evitare possibili esclusioni dalla gara (Consiglio di Stato, III, 5 settembre 2017, n. 4192;
Sez. III, 29 novembre 2018, 6787). Affinchè la valutazione della stazione appaltante possa essere effettiva è necessario, infatti, che essa abbia a disposizioni quante più informazioni possibili;
di fornire dette informazioni deve farsi carico l’operatore economico, il quale se si rende mancante in tale onere può incorrere in un “grave errore professionale endoprocedurale” (Cons. Stato, sez. V, 3 settembre 2018, n. 5142).

Le informazioni dovute alla stazione appaltante comprendono, quindi, ogni addebito subito in pregresse vicende professionali che possa rivelarsi utile all’amministrazione per valutare l’affidabilità e l’integrità dell’operatore economico e non solo, dunque, quelle informazioni che potrebbero dar luogo a provvedimenti espulsivi dalla procedura (Sez. V,16 novembre 2018, n. 6461).

Proprio, al fine di rendere effettivo il flusso di informazioni che deve pervenire alla stazione appaltante e chiarire l’autonoma rilevanza della autenticità e completezza delle dichiarazioni rese nella domanda di partecipazione, il d.lgs. n. 56 del 2017 ha introdotto al comma 5 dell’art. 80 la lettera f bis ), per cui le stazioni appaltanti escludono l'operatore economico “che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere”, disciplina applicata nel caso di specie.

Da tale previsione normativa deriva l’autonoma rilevanza, quale causa di esclusione, della omessa dichiarazione, a prescindere dalla successiva attività di valutazione della stazione appaltante.

La citata disposizione della lettera f bis ) non consente, inoltre, in caso di omessa o falsa dichiarazione alcuna valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante, e si riferisce sia alle informazioni false o fuorvianti che all'omissione di informazioni dovute (Consiglio di Stato sez V, 21 novembre 2018, n. 6576).

Si devono, quindi, ritenere compresi nell'ambito dell'obbligo dichiarativo “tutti gli eventi che, benché oggetto di contestazione ed ancora sub iudice , abbiano dato corso ad azioni di risoluzione contrattuale ovvero ad azioni risarcitorie ad iniziativa del committente pubblico, in ragione della commissione di gravi errori nell'esecuzione dell'attività professionale. La tematica, infatti, esprime gli immanenti principi di lealtà e affidabilità e professionale dell’aspirante contraente che presiedono in genere ai contratti e in specifico modo – per ragioni inerenti alle finalità pubbliche dell’appalto e dunque a tutela di economia e qualità della realizzazione - alla formazione dei contratti pubblici e agli inerenti rapporti con la stazione appaltante. Il concorrente è perciò tenuto a segnalare tutti i fatti della propria vita professionale potenzialmente rilevanti per il giudizio della stazione appaltante in ordine alla sua affidabilità quale futuro contraente, a prescindere da considerazioni su fondatezza, gravità e pertinenza di tali episodi. La dichiarazione mendace su di un requisito di importanza vitale non può che comportare l’esclusione della concorrente, la quale, celando un importante precedente sui gravi illeciti professionali, si è così posta al di fuori della disciplina della gara, non consentendo alla stazione appaltante potesse svolgere un vaglio adeguato e a tutto campo” (Sez V, 24 settembre 2018, n. 5500 con riferimento alle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne avevano causato la risoluzione anticipata, anche se in applicazione dell’art. 38 del d.lgs. 163 del 2016.)

La particolare rilevanza in sé della dichiarazione è confermata, altresì, dalla disciplina del comma 12 dell’art. 80, che, prevede, in caso di presentazione di falsa dichiarazione la segnalazione all’Autorità, che valuterà poi il dolo o la colpa grave ai fini dell’annotazione nel casellario informatico.

L’obbligo di dichiarare tutto ciò che possa rilevare ai fini della esclusione è conforme anche alle indicazioni dell’art. 57 della direttiva 24/2014, che, come sopra evidenziato, diversamente dalla norma interna distingue le differenti ipotesi di esclusione e, alla lettera h) del paragrafo 4, prevede una autonoma causa di esclusione, “se l'operatore economico si è reso gravemente colpevole di false dichiarazioni nel fornire le informazioni richieste per verificare l'assenza di motivi di esclusione o il rispetto dei criteri di selezione, non ha trasmesso tali informazioni o non è stato in grado di presentare i documenti complementari di cui all'articolo 59”;
inoltre, ai sensi della lettera i) del paragrafo 4, è, altresì, escluso l'operatore economico che “ha tentato di influenzare indebitamente il procedimento decisionale dell'amministrazione aggiudicatrice, ha tentato di ottenere informazioni confidenziali che possono conferirgli vantaggi indebiti rispetto alla procedura di aggiudicazione dell'appalto, oppure ha fornito per negligenza informazioni fuorvianti che possono avere un'influenza notevole sulle decisioni riguardanti l'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione”.

La disciplina della direttiva, che distingue testualmente le singole cause di esclusione, attribuendo espressamente autonomo rilievo alle dichiarazioni rese dai concorrenti, conduce a ritenere, quindi, conformi all’ordinamento dell’Unione, la normativa interna e la sua applicazione giurisprudenziale che richiedono la dichiarazione di tutto ciò che possa influire sul processo decisionale della stazione appaltante rispetto alle cause di esclusione.

Anche le linee guida ANAC n. 6, non vincolanti, ma, sul punto, conformi ai citati orientamenti giurisprudenziali del Consiglio di Stato, prevedono espressamente al punto 4.2 che la dichiarazione sostitutiva delle cause di esclusione debba riguardare “tutti i provvedimenti astrattamente idonei a porre in dubbio l’integrità o affidabilità del concorrente”. Inoltre “la sussistenza delle cause di esclusione in esame deve essere autocertificata dagli operatori economici mediante utilizzo del DGUE. La dichiarazione sostitutiva ha ad oggetto tutti i provvedimenti astrattamente idonei a porre in dubbio l'integrità o l'affidabilità del concorrente, anche se non ancora inseriti nel casellario informatico. È infatti rimesso in via esclusiva alla stazione appaltante il giudizio in ordine alla rilevanza in concreto dei comportamenti accertati ai fini dell'esclusione”.

Nel caso di specie, il documento di gara richiedeva espressamente la dichiarazione delle precedenti risoluzioni (inoltre, senza alcuna specificazione), e la impresa appellante non ha fornito alcuna indicazione riguardo alla pregressa risoluzione né alla avvenuta contestazione in giudizio con azione davanti al Tribunale di Palermo, circostanze che entrambe erano anche state annotate nel casellario informatico.

La appellante impugna, altresì, il documento di gara unico europea se interpretato nel senso che richiedesse tale dichiarazione. Sul punto ritiene il Collegio che non si possa ritenere la illegittimità di tali richieste, trattandosi dell’adempimento di un preciso obbligo di trasparenza e non essendo prevista nel documento di gara una causa di esclusione differente da quelle previste dalla legge.

Nel caso di specie, inoltre, la risoluzione era stata anche già annotata nel casellario informatico.

Anche il parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 2616 del 13 novembre 2018, relativo all’aggiornamento delle Linee guida ANAC, già citato, ha fatto espresso riferimento alla circostanza per cui “qualunque regolazione della materia dell’illecito professionale, anche la migliore, rischia di restare lettera morta ove non si assicuri un flusso costante di informazioni e di comunicazioni in entrata e in uscita dagli operatori e dalle stazioni appaltanti”;
per evitare che “in assenza di tale pre-condizione, comportamenti improntati, quanto meno, a reticenza - nella dichiarazione ad esempio di pregresse risoluzioni o applicazioni di penali - possano rivelarsi convenienti”.

Sulla base dei più recenti orientamenti del Consiglio di Stato sopra richiamati, condivisi anche dal recentissimo parere della Commissione speciale del 13 novembre 2018 sulle Linee guida ANAC, ritiene il Collegio di potersi discostare, da quanto affermato nelle sentenze citate dall’appellante ( Sez III, 12 luglio 2018, n. 4266, Sez. V 18 aprile del 2018, n. 2063, Sez. V, 27 aprile 2017, n. 1955), che hanno escluso l’obbligo dichiarativo rispetto ad un episodio risolutivo ancora sub iudice, in quanto non avente i connotati della definitività.

Ritiene, inoltre, il Collegio, che il corretto assolvimento di un integrale obbligo dichiarativo costituisca il presupposto minimo per la stessa possibilità di verifica, in concreto, da parte della stazione appaltante circa l’effettiva pendenza del giudizio civile, la sua eventuale conclusione o l’avvenuta pronuncia di un provvedimento esecutivo ( sufficiente, secondo quanto affermato dalla interpretazione indicata nelle Linee guida ANAC, sul punto, integralmente condivise dal recente parere del Consiglio di Stato alla esclusione), con conseguente obbligo dichiarativo ad ampio spettro.

Ciò è anche confermato dal Regolamento ANAC del 6 giugno 2018 relativo alle iscrizioni nel Casellario informatico, ai sensi dell’art. 213 del d.lgs. n. 50 del 2016, che ha previsto l’iscrizione nella sezione B del Casellario anche delle risoluzioni per inadempimento “dando evidenza di un eventuale pendenza del giudizio”;
a riprova che si tratta di informazioni comunque rilevanti per la stazione appaltante e che non possono non essere dichiarate in sede di partecipazione.

La violazione, nel caso di specie, dell’autonomo obbligo dichiarativo, con conseguente potere vincolato per la stazione appaltante di esclusione del concorrente, comporta la irrilevanza rispetto alla presente fattispecie della pendenza della questione davanti alla Corte di Giustizia rimessa con le ordinanze di questo Consiglio, sez. V, 23 agosto 2018, n. 5033, 3 maggio 2018 n. 2639, che riguardano la differente ipotesi dell’ambito del potere discrezionale della stazione appaltante rispetto alla valutazione dell’inadempimento in pendenza del giudizio civile.

Rispetto alla pendenza di tale questione, si deve evidenziare, solo a fini di completezza della presente trattazione, in quanto disciplina non applicabile alla presente vicenda e successiva alla decisione in camera di consiglio, che il decreto legge, 14 dicembre 2018, n. 135 ha modificato l’art. 80 comma 5, prevedendo le seguenti autonome cause di esclusione: “c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità;
c-bis) l'operatore economico abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione;
c-ter) l'operatore economico abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili;
su tali circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa”.

Con il secondo motivo d’appello è stata riproposta le seconda censura del ricorso di primo grado, sostenendo la illegittimità del provvedimento di esclusione, in quanto non sarebbe stata valutata nel procedimento la ulteriore memoria difensiva presentata il 20 aprile 2018.

Tale censura è infondata.

Anche a prescindere dalla natura vincolata della esclusione disposta ai sensi della lettera f bis), che consegue, comunque, alla omessa dichiarazione (Consiglio di Stato, Sez V, 21 novembre 2018, n. 6576;
Sez III, 23 agosto 2018, n. 5040 per cui nel caso del comma 5, lett. f-bis), l’esclusione dalla gara è atto vincolato, discendente direttamente dalla legge, che ha la sua fonte nella mera omissione da parte dell’operatore economico), risulta dagli atti di causa che, nel corso del procedimento che ha portato all’esclusione, la partecipazione della appellante è stata ampiamente garantita sia dalla prima comunicazione il 15 marzo 2018, a cui sono seguite osservazioni scritte della società, sia dal successivo incontro tra i rappresentanti della società con il responsabile del procedimento e del dirigente dell’Area acquisiti e logistica del 12 aprile 2018. Ne deriva che la società appellante ha ampiamente potuto dedurre le sue argomentazioni nel corso del procedimento prima del provvedimento di esclusione.

In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.

Dalla infondatezza dell’appello, consegue il rigetto della domanda di risarcimento danni.

Le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate, in relazione alle complessità delle questioni trattate.

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