Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-12-19, n. 201406174

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-12-19, n. 201406174
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201406174
Data del deposito : 19 dicembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01690/2014 REG.RIC.

N. 06174/2014REG.PROV.COLL.

N. 01690/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1690 del 2014, proposto da:
Coloplast s.p.a.,
in persona del procuratore speciale con potere di rappresentanza processuale,
rappresentata e difesa dall’avv.to R R V, con domicilio eletto presso lo studio della stessa, in Roma, piazza Grazioli, 5,

contro

Azienda Ospedaliera “Città della Salute e della Scienza di Torino”,
in persona del legale rappresentante p.t.,
costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti S D P e G P, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, via Giulio Cesare, 14

nei confronti di

Tegea s.r.l.,
in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Masi e Renato Caruso, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, via Cristoforo Colombo, 436,

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PIEMONTE - SEZIONE II n. 01207/2013, resa tra le parti, concernente affidamento fornitura protesi peniene.

Visto il ricorso, con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda appellata e della controinteressata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive domande e difese;

Vista l’Ordinanza n. 1224/2014, pronunciata nella Camera di Consiglio del giorno 20 marzo 2014, di reiezione della domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata;

Visti gli atti tutti della causa;

Data per letta, alla pubblica udienza dell’11 dicembre 2014, la relazione del Consigliere S C;

Uditi, alla stessa udienza, l’avv. R R V per l’appellante, l’avv. G P per l’appellata e l’avv. Renato Caruso per la controinteressata;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. – Con bando di gara in data 3 aprile 2012 l’Azienda Ospedaliera “Città della Salute e della Scienza di Torino” indiceva una procedura di gara, codice Simog gara n. 3894240, per l’acquisto di protesi peniene, per un importo presunto a base d’asta di Euro 1.217.700,00 e per una durata dell’appalto di 36 mesi, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

In particolare, la procedura veniva suddivisa, come risulta dalle disposizioni del “Capitolato speciale – parte tecnica”, in tre lotti: il lotto 1 con importo a base d’asta di Euro 425.500,00, il lotto 2 con importo a base d’asta di Euro 9.200,00 ed il lotto 3 con importo a base d’asta di Euro 783.000,00.

2. – Alla gara per l’aggiudicazione del lotto n. 3 partecipavano le società odierne appellante ( classificatasi al secondo posto della graduatoria ) ed appellata ( risultata aggiudicataria ).

2.1 – Avverso il provvedimento di aggiudicazione la prima proponeva ricorso davanti al Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, che, con la sentenza oggetto del presente giudizio, respinti il primo e terzo motivo di impugnazione, accoglieva il secondo mezzo di ricorso ( con cui la ricorrente lamentava il difetto di motivazione in ordine al punteggio assegnato alla società aggiudicataria per l’offerta tecnica ), conseguentemente dichiarando l’illegittimità dell’aggiudicazione disposta in favore della controinteressata e sancendo l’obbligo per la stazione appaltante di “conformarsi alla presente pronuncia riaprendo l’istruttoria a partire dalla fase della valutazione delle offerte tecniche, per le quali dovranno essere riassegnati i relativi punteggi nel rispetto dell’affermato obbligo di motivazione ed alla luce dei criteri fissati dal capitolato di gara” ( pag. 11 sent. ).

Il T.A.R. respingeva poi la domanda di parte ricorrente volta alla caducazione del contratto.

3. – Nelle more della instaurazione del presente giudizio di appello l’Azienda Ospedaliero-Universitaria ha dato ottemperanza alla precitata sentenza, provvedendo all’annullamento dell’aggiudicazione definitiva del lotto n. 3 con determinazione n. 3040/2013 in data 26 novembre 2013 del Direttore della S.C. Acquisto Materiali e ad una nuova valutazione delle offerte tecniche con riassegnazione dei relativi punteggi ( v. verbale Commissione Giudicatrice in data 28 novembre 2013 ).

La sentenza, rimasta inoppugnata da parte delle soccombenti in primo grado ( Amministrazione e società aggiudicataria ), è stata invece ritualmente impugnata dall’originaria ricorrente, che ha interposto appello “in relazione alla parte di sentenza che ha respinto il primo motivo di ricorso, dichiaratamente svolto in via principale in quanto preordinato a tutelare l’interesse di Coloplast ad ottenere la fornitura, anche subentrando nel contratto medio tempore sottoscritto con l’aggiudicataria” ( pag. 5 app. ).

Vengono pertanto con esso riproposti, in uno con articolate critiche sul punto alla sentenza impugnata, gli argomenti a sostegno di detto primo motivo ( tendente ad ottenere l’esclusione dalla gara dell’aggiudicataria, per non aver essa asseritamente presentato idonea cauzione provvisoria ed efficace impegno a costituire cauzione definitiva per il lotto n. 3 in questione ), così come viene riproposta, “ovviamente nel caso di accoglimento del primo motivo di appello”, la domanda di declaratoria di inefficacia del contratto ex artt. 122 e 124 c.p.a.;
tanto, si afferma, in vista dell’utilità “di ottenere in via diretta l’aggiudicazione del lotto n. 3, per effetto dell’esclusione di Tegea, e si tratta di utilità ben diversa e più completa rispetto a quella meramente strumentale alla rinnovazione, totale o parziale, della procedura di gara” ( ibidem ).

Si sono costituite in giudizio, per resistere, tanto la stazione appaltante quanto la controinteressata aggiudicataria.

Con Ordinanza n. 1224/2014, pronunciata nella Camera di Consiglio del giorno 20 marzo 2014, è stata respinta la domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata.

Con memoria depositata in data 25 novembre 2014 l’Azienda Ospedaliero-Universitaria, ribadita la richiesta di reiezione delle domande tutte formulate con l’atto di appello, ha eccepito preliminarmente la sopravvenuta carenza di interesse per mancata impugnazione degli atti successivamente intervenuti.

Con memoria di replica in data 27 novembre 2014 la stessa ha controdedotto ancora in ordine alla sopravvenuta carenza di interesse, nonché in relazione alla asserita illegittimità dell’ammissione dell’aggiudicataria ed alle conseguenze dell’annullamento dell’aggiudicazione sull’efficacia del contratto.

Con memorie in data 25 novembre 2014 l’appellante e la contro interessata hanno riepilogato le vicende di causa e le rispettive posizioni.

La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica dell’11 dicembre 2014.

4. – Il Collegio ritiene che, a séguito dell’adozione, da parte dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria, della determinazione del Direttore della S.C. Acquisti Materiali n. 420/2014 in data 25 febbraio 2014 ( di riaggiudicazione alla controinteressata odierna appellata del lotto 3 “protesi peniena tricomponente” a séguito della riunione straordinaria della Commissione Aggiudicatrice, che in data 28 novembre 2013 ha proceduto alla riassegnazione dei punteggi ), il ricorso sia divenuto improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

La determina n. 420/2014, infatti, esprime la nuova volontà provvedimentale dell’Azienda di aggiudicazione della gara de qua, che, in luogo del precedente provvedimento annullato dal T.A.R. e dunque cancellato dal mondo giuridico, rappresenta indubbiamente provvedimento innovativo e dotato di autonoma efficacia lesiva.

A tanto consegue che l’invocato, perdurante, interesse dell’appellante ( ch’essa ritiene niente “affatto scalfito” dalla sopravvenuta situazione ) alla contestazione dell’ammissione alla gara della “nuova” aggiudicataria, invero confermata in tale sua veste dalla effettuata rinnovata istruttoria sfociata nell’anzidetta determinazione, dev’essere fatto valere mediante impugnativa della riaggiudicazione definitiva nelle more del giudizio intervenuta.

In presenza di questa, infatti, l’eventuale annullamento del provvedimento di ammissione alla gara dell’impresa poi risultata aggiudicataria, la cui lesività anteriormente all’aggiudicazione resta sul piano dell’astrattezza e della mera potenzialità, non potrebbe comunque consentire il travolgimento dell’aggiudicazione definitiva sopravvenuta e del conseguente contratto.

In linea generale, invero, nell'ambito del rapporto di presupposizione corrente fra atti inseriti all'interno di un più ampio contesto procedimentale ( come quello di evidenza pubblica ), occorre distinguere fra invalidità ad effetto caducante ed invalidità ad effetto viziante;
nel primo caso l'annullamento dell'atto presupposto determina l'automatico travolgimento dell'atto conseguenziale, senza bisogno che quest'ultimo sia stato autonomamente impugnato, mentre in caso di illegittimità ad effetto viziante l'atto consequenziale diviene invalido per vizio di invalidità derivata, ma resta efficace salva apposita ed idonea impugnazione, resistendo all'annullamento dell'atto presupposto (cfr., ex plurimis e da ultimo, Cons. giust. amm., 15 aprile 2009, n. 235;
Cons. Stato, sez. V, 17 dicembre 2008, n. 6289;
sez. V, 28 marzo 2008, n. 1331;
sez. I, 17 gennaio 2007, n. 4915/2006).

Ciò è esattamente quanto accade avuto riguardo alla natura dell'aggiudicazione definitiva, che non va considerata atto meramente confermativo o esecutivo, ma provvedimento, che, anche quando recepisca i risultati dell'aggiudicazione provvisoria, comporta comunque una nuova ed autonoma valutazione degli interessi pubblici sottostanti;
coerentemente si ritiene necessaria l'impugnativa autonoma dell'aggiudicazione definitiva nonostante la precedente contestazione giudiziale dell'aggiudicazione provvisoria ( che è meramente facoltativa, cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 ottobre 2007, n. 5253 ), ovvero del provvedimento di esclusione dalla gara ( che è necessariamente immediata;
cfr., oltre alla giurisprudenza citata in precedenza, Cons. Stato, sez. V, 1 agosto 2007, n. 4268;
sez. V, 4 maggio 2005, n. 2168;
sez. VI, 11 febbraio 2002, n. 785 ).

A maggior ragione tali argomenti sono spendibili nel caso di specie, dove la riaggiudicazione intervenuta dopo l’annullamento della prima da parte del T.A.R. ( della quale ultima qui si chiede in fin dei conti l’annullamento per ragioni diverse ed ulteriori da quelle poste dal Giudice di primo grado a base della sua statuizione ) è il risultato di un nuovo procedimento, che, pur conservando la validità ed efficacia di quello precedente quanto agli atti compiuti antecedentemente alla rinnovata fase della valutazione delle offerte tecniche ( e dunque anche delle determinazioni di ammissione alla gara delle imprese partecipanti ), non sfugge alla régola, secondo cui l’interesse finale, che un soggetto partecipante ad una gara pubblica fa valere, è quello di assicurarsi il bene della vita cui aspira, ossia l’aggiudicazione, con la conseguenza che la rimozione, nel caso all’esame, del provvedimento di ammissione della controinteressata costituisce un passaggio solo strumentale in vista del conseguimento di tale fine.

Ne deriva che, data la relazione intercorrente fra ammissione ed aggiudicazione, anche quest’ultima, quando la prima sia stata impugnata insieme ad un provvedimento di aggiudicazione poi rimosso dall’ordinamento e sia stata poi sussunta negli atti del procedimento che abbia portato ad una nuova aggiudicazione, dev’essere necessariamente impugnata, anche solo per dedurre i vizii dell’atto endoprocedimentale di ammissione.

Non risultando nella fattispecie che l’impugnazione sia stata estesa al nuovo atto, ciò impedisce una pronuncia di mérito nel presente giudizio, in quanto una eventuale decisione di annullamento del provvedimento di ammissione alla gara dell’aggiudicataria non varrebbe a rimuovere la nuova aggiudicazione intervenuta, che, in quanto ormai definitiva ed inoppugnabile, non potrebbe risentire in alcun modo dell’invalidità di un atto procedimentale ad effetto solo viziante.

Tanto incide, in conclusione, sopra una condizione dell’azione (l’interesse a ricorrere), il cui venir meno preclude l'esame del merito della domanda ( cfr., fra le tante, Cons. St., sez. V, 13 febbraio 2009, n. 823 ).

Il difetto sopravvenuto di interesse impone pertanto una pronuncia di improcedibilità del ricorso, senza che peraltro si ponga qui il problema di pronunciare comunque sulla illegittimità del provvedimento impugnato a mente dell'art. 34, co. 3, c.p.a., dal momento che, in disparte ogni altra considerazione, manca una specifica istanza dell’interessata, in assenza della quale il giudice non può procedere d'ufficio alla declaratoria di mera illegittimità del provvedimento amministrativo, strumentale alla proposizione di una successiva domanda di risarcimento del danno ( Cons. St., V, 14 dicembre 2011, n. 6539 ).

5. – In definitiva, l’appello va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

6. - Nel peculiare andamento della vicenda, come si è sviluppata nei due gradi di giudizio e nelle varie fasi del procedimento amministrativo, il collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ex artt. 26, co. 1, c.p.a. e 92 c.p.c., le spese di lite del presente grado.

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