Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-03-01, n. 202302205

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-03-01, n. 202302205
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202302205
Data del deposito : 1 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/03/2023

N. 02205/2023REG.PROV.COLL.

N. 09763/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9763 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati O A e G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione Sesta, n. -OMISSIS-.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2023 il Cons. U D C nessuno è presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il signor -OMISSIS- ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe che aveva respinto il suo ricorso avverso il provvedimento di destituzione del ricorrente dall'impiego in qualità di Assistente della Polizia di Stato.

2. L’appellante, assistente della Polizia di Stato, a causa di un periodo di difficoltà personale, secondo l’Amministrazione, avrebbe iniziato a far uso di cocaina e ad intrattenere contatti con un pregiudicato dedito allo spaccio. Ciò ha comportato l’assunzione della qualità di indagato per il reato di favoreggiamento di cui all'art. 378 c. p., avendo reso dichiarazioni non veritiere in occasione d'un controllo nel corso del quale fu trovato in compagnia d'un acquirente dal comune spacciatore. L’indagine si è conclusa con la richiesta d'archiviazione, accolta dal Gip, riconosciuta la causa di non punibilità prevista dall'art. 384, co. 1° c. p., in quanto le dichiarazioni non veritiere erano state ispirate dall'esigenza di salvaguardarsi dal coinvolgimento nella vicenda penale.

All’esito l’Amministrazione ha comunque sottoposto a valutazione disciplinare la condotta applicando la massima sanzione di stato.

3. La sentenza impugnata aveva respinto il ricorso perché la valutazione in ordine al rilievo e alla gravità dell’infrazione disciplinare è rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione, la condotta del ricorrente risulta di oggettiva gravità ‘per un appartenente alle forze di polizia cosicché deve ritenersi del tutto inammissibile per un appartenente alla stessa, anche un uso episodico ed occasionale di sostanze stupefacenti. Ha richiamato a tal fine precedenti giurisprudenziali. Ha, infine, ritenuto irrilevanti gli stati emotivi che lo avrebbero condotto ad assumere le condotte censurabili.

4. L’appello presenta un motivo di appello ed una seconda censura con cui ripropone un motivo non esaminato in primo grado.

4.1. Il primo contesta la violazione degli artt. 6, comma 3 nn. 7 e 8, del D.P.R. 25 ottobre 1981 n. 737.

La sentenza si è limitata a svolgere considerazioni generiche sulla gravità della condotta senza parametrare le sue valutazioni con il contenuto della norma che è stata applicata dall’Amministrazione. Ma il giudice non deve fare applicazione del senso comune, ma valutare la condotta per verificare se fosse riconducibile alle fattispecie sanzionatorie tipiche delineate dall’art. 6 comma 3 nn. 7 e 8 del d.P.R 737/1981, o invece a quelle atipiche del successivo art. 7 commi 1, 2,3 e 4 del medesimo d.P.R. come è avvenuto nel caso concreto.

L’art. 6 nelle due ipotesi che interessano la vicenda in esame stabilisce che la sospensione può essere inflitta nei seguenti casi «7) assidua frequenza, senza necessità di servizio ed in maniera da suscitare pubblico scandalo, di persone dedite ad attività immorale o contro il buon costume ovvero di pregiudicati;
8) uso non terapeutico di sostanze stupefacenti o psicotrope risultante da referto medico legale».

Tuttavia, nonostante il chiaro tenore della disposizione sopra riportato, il datore di lavoro ha ascritto la condotta del ricorrente alle fattispecie atipiche contemplate nell’art. 7, adducendo a giustificazione di ciò che essa poteva minare la fiducia nelle istituzioni delle nuove generazioni di agenti di polizia e inoltre palesare sprezzo per gli sforzi portati avanti dai colleghi per contrastare la diffusione di sostanze stupefacenti.

4.2. Il secondo motivo lamenta la violazione delle medesime norme sotto altro profilo.

Dalla motivazione delle conclusioni del Consiglio provinciale di disciplina si ricava che le condotte in questione sono state considerate più gravi di quelle sanzionate dall'art. 6, in quanto l'uso di sostanze stupefacenti si è accompagnato all'amichevole frequentazione con ambienti delinquenziali;
nonché alle mendaci dichiarazioni rese in occasione del controllo cui fu sottoposto in auto quando era in compagnia di altro soggetto, negando, in quell'occasione, il di poco precedente acquisto da parte di quest'ultimo di cocaina da un pregiudicato. Ma la condotta aggiuntiva rispetto all'uso non terapeutico di sostanze stupefacenti, consistente nella frequentazione abituale di pregiudicati è anch'essa sanzionata dall'art. 6 d.P.R. 737/1981 ed inoltre si è posta in rapporto di stretta continuazione con l'illecito disciplinare costituito dall'uso di sostanze stupefacenti. Da ciò doveva discendere l’applicazione di una sanzione qualitativamente differente, lo stesso articolo 7, comma 6, dispone che la destituzione, con riguardo alle condotte sanzionate dall'art. 6 mediante sospensione dal servizio, è possibile solo in caso di reiterazione di condotte che danno luogo a sospensione.

Le dichiarazioni mendaci sono state necessitate come riconosciuto dal giudice penale ed infine l’Amministrazione non ha tenuto in nessuna considerazione la circostanza che il ricorrente ha dimostrato d'avere recuperato una corretta condotta di vita, ragione per la quale è stato riconosciuto idoneo al servizio nella Polizia di Stato dalla competente autorità medica.

5. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno che ha concluso per il rigetto del ricorso.

6. L’appello non è fondato.

L’art. 6, comma 3 nn. 7 e 8, d.P.R 737/1981 prevede che la sanzione della sospensione dal servizio possa essere inflitta nei casi di assidua frequenza, senza necessità di servizio ed in maniera da suscitare pubblico scandalo, di persone dedite ad attività immorale o contro il buon costume ovvero di pregiudicati o per l’uso non terapeutico di sostanze stupefacenti o psicotrope risultante da referto medico legale. Secondo l’art. 7 d.P.R 737/1981, la destituzione può essere sancita per varie ragioni tra cui al nr. 2 per atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento.

Orbene la circostanza che l’art. 6 tra le ipotesi che consentono la sospensione dal servizio indichi delle ipotesi che meglio sembrano attagliarsi alla vicenda in esame, non significa che condotte legate all’uso di stupefacenti non integrino i comportamenti che sono in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento.

L’appellante ha avuto un rapporto non occasionale con gli stupefacenti, ha incontrato spacciatori per rifornirsene, ha condiviso la propria abitazione per consumare con altro tossicodipendente lo stupefacente;
fermato in un’occasione dai suoi colleghi ha assunto un atteggiamento che presentava i connotati oggettivi del favoreggiamento e che non ha subito la sanzione penale solo perché il giudice ha ravvisato la scriminante di cui all’art. 384 c.p.

L’essere andato esente da condanna non elimina il disvalore sul piano disciplinare della condotta assunta e nel quadro complessivo delle condotte tenute non si vede come si dovrebbe qualificare in modo più attenuato la violazione ai suoi doveri di ufficio.

La condotta del ricorrente risulta di oggettiva gravità in relazione all'appartenenza dello stesso alla Polizia di Stato, perché tale condotta - ponendosi in conflitto con le primarie finalità dell'amministrazione di appartenenza e con i doveri istituzionali che incombono su ogni poliziotto - costituisce una grave violazione degli obblighi assunti con il giuramento;
il contrasto allo spaccio delle sostanze stupefacenti è uno dei principali campi di azione della Polizia di Stato anche in considerazione dell’estensione del fenomeno per cui non è tollerabile che un suo appartenente possa trovarsi in condizione di non poter pienamente assolvere i propri compiti perché anche solo come consumatore risulta invischiato in quel mondo.

L’attuale idoneità al servizio nella Polizia di Stato attestata dalla competente autorità medica non incide nella valutazione delle condotte tenute che non consentono di ritenere sproporzionata la massima sanzione disciplinare inflitta.

7. In considerazione delle ragioni che hanno indotto il signor Santoro a presentare appello il Collegio ritiene di poter compensare le spese di giudizio.

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