Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-04-08, n. 201401644
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N. 01644/2014REG.PROV.COLL.
N. 02770/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA NON DEFINITIVA
sul ricorso numero di registro generale 2770 del 2012, proposto da:
Provincia di Bari, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. F E L e G V N, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via della Scrofa, n. 64;
contro
Tersan Puglia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. L P, con domicilio eletto presso lo studio del dott. A P in Roma, via Cosseria, n. 2;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Puglia – Bari, Sezione I, n. 85/ del 2012, resa tra le parti, di accoglimento in parte del ricorso proposto dalla Tersan Puglia s.p.a. per la condanna della Provincia di Bari al risarcimento del danno derivato dall’adozione del provvedimento dirigenziale n. 99 dell’11 maggio 2004, di ritiro con effetto immediato dell’autorizzazione, di cui era titolare detta società, al trattamento, stoccaggio e riciclo di rifiuti speciali non pericolosi con produzione, mediante procedimento di compostaggio, di ammendante compostato misto per l’agricoltura;ciò a seguito dell’accoglimento, con sentenza di detto T.A.R. n. 4676 del 21 ottobre 2004, dell’impugnativa giurisdizionale a suo tempo proposta dalla società suddetta avverso il citato negativo provvedimento.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Tersan Puglia s.p.a.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Vista la propria ordinanza 14 gennaio 2013 n. 98;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2013 il Cons. Antonio Amicuzzi e uditi per le parti gli avvocati F E L e L P;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con provvedimento dirigenziale 11 maggio 2004 n. 99, la Provincia di Bari ha disposto in via di autotutela il ritiro, con effetto immediato, dell’autorizzazione, di cui era titolare la Tersan Puglia s.p.a., allo svolgimento dell’attività di raccolta, trasporto, stoccaggio provvisorio, trattamento e riciclo di rifiuti speciali, con produzione, mediante procedimento di compostaggio dei rifiuti stessi, di fertilizzanti per l’agricoltura, ai sensi degli artt. 27 e 28 del d.lgs. n. 22 del 1997.
Detta società ha impugnato il provvedimento di revoca con ricorso al T.A.R. Puglia, che lo ha accolto con sentenza della Terza Sezione n. 4676 del 21 ottobre 2004 (confermata in appello dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato, con decisione n. 6201 del 7 novembre 2005).
Con successivo ricorso al T.A.R. Puglia, Bari, la citata società ha chiesto la condanna della Provincia di Bari al risarcimento del danno patrimoniale cagionato dalla citata determinazione di revoca, allegando, ai fini della commisurazione del pregiudizio risarcibile, una perizia di parte.
Con sentenza n. 85 del 2012 detto T.A.R., valutata sussistente la colpa dell’Amministrazione, ha accolto il ricorso e, ritenuto che non tutte le voci di danno esposte da parte ricorrente potessero trovare riconoscimento, ha quantificato il pregiudizio risarcibile in € 722.160,00, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi compensativi.
Con il ricorso in appello in esame la Provincia di Bari ha chiesto l’annullamento o la riforma di detta sentenza, deducendo i seguenti motivi:
1.- Insussistenza di colpa imputabile alla P.A.. Assenza di nesso causale. Carenza e comunque manifesta erroneità ed incongruità della motivazione del provvedimento impugnato. Difetto di istruttoria.
Con la sentenza impugnata è stata radicalizzata ed ampliata la responsabilità della Provincia, facendo emergere profili di responsabilità prima mai prospettati, né in primo grado avvalorati.
2.- In via subordinata, sul quantum: Manifesta erroneità ed incongruità della motivazione del provvedimento impugnato. Difetto di istruttoria.
Con memoria depositata il 24.4.2012 si è costituita in giudizio la Tersan Puglia s.p.a., che ha eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza delle avverse deduzioni.
Con istanza notificata il 2.11.2012 e depositata il 21.11.2012 la Provincia ha chiesto la sospensione dell’esecutività di detta sentenza.
Con memoria depositata l’8.1.2013 la Tersan Puglia s.p.a. ha dedotto l’infondatezza dell’appello, ha eccepito che sull’affermazione che dallo sviamento e dal cattivo uso del potere di autotutela non poteva che scaturire la responsabilità extracontrattuale dell’Ente si è formato il giudicato interno e che la Provincia, non avendo contestato in primo grado la perizia di parte prodotta dalla società, non può introdurre nuove eccezioni e nuovi elementi documentali in appello, pena la violazione dell’art. 104, commi 1 e 2, del c.p.a.. Con riguardo all’assunto che la Provincia aveva contestato in primo grado le allegazioni probatorie della società con memorie del 24.10.2011 e 2.11.2011, ha affermato che la prima di esse è stata dichiarata inammissibile per tardività con la impugnata sentenza, ma il relativo capo non è stato impugnato, con formazione di giudicato al riguardo.
Con memoria depositata l’8.1.2013 l’appellante ha ribadito tesi e richieste, in particolare evidenziando che il provvedimento provinciale di ritiro dell’autorizzazione alla Tersan Puglia s.p.a., notificato in data 13.5.2004, era andato ad innestarsi nell’arco temporale di 120 giorni di sospensione dell’attività di cava disposta con due ordinanze del Comune di Modugno, la prima delle quali era stata notificata il 20.4.2004, sicché il pregiudizio causato dal provvedimento provinciale sarebbe comunque limitato al periodo dal 20.8.2004 al 21.10.2004, con danno quantificabile in soli € 60.576,00 oltre rivalutazione ed interessi.;ha inoltre chiesto l’intervento in giudizio del Comune di Modugno.
Con ordinanza 14 gennaio 2013, n. 98 la Sezione ha accolto la istanza di sospensione degli effetti della sentenza impugnata ai meri fini della fissazione della udienza di merito per l’udienza del 17.5.2013.
Con memoria depositata il 16.4.2013 la Provincia appellante, precisato che non era stata formalmente contestata la perizia prodotta dalla Tersan Puglia s.p.a. in primo grado perché depositata il 23.11.11, ultimo giorno utile per effettuare produzioni documentali, ha ribadito tesi e richieste.
Con memoria depositata il 16.4.2013 la Tersan Puglia s.p.a. ha reiterato le già svolte difese.
Con memoria depositata il 24.4.2013 la Provincia di Bari, ribadito che il provvedimento di sospensione delle attività della società appellata adottato dal Comune di Modugno nell’aprile del 2004 aveva interrotto ogni nesso causale tra la condotta della Provincia e i danni lamentati dalla società (che peraltro nell’anno 2004 era stata sottoposta ad indagine penale), ha contestato le avverse eccezioni circa la possibilità di produzione di nuova documentazione e di nuovi conteggi in appello, nonché ha ribadito tesi e richieste.
La Tersan Puglia s.p.a., con memoria depositata il 24.4.2013, ha reiterato le proprie precedenti difese e, con successiva memoria depositata il 26.4.2013, con riguardo alle affermazioni di controparte circa il ruolo avuto dal Comune nel ritiro della autorizzazione di cui trattasi, ha eccepito la loro inammissibilità perché formulate per la prima volta in appello ed ha evidenziato che comunque i relativi provvedimenti sono stati annullati dal T.A.R. Puglia con sentenza n. 3473 del 2004, contro la quale pende appello. Anche della richiesta di C.T.U. formulata dalla Provincia appellante è stata eccepita la inammissibilità, perché effettuata per la prima volta in appello.
Con memoria depositata il 2.5.2013, a firma congiunta dei legali delle parti in causa, è stato chiesto il rinvio della trattazione della controversia.
Con memoria depositata l’8.11.2013 la parte appellante ha ribadito tesi e richieste.
Con memoria depositata il 19.11.2013 la Tersan Puglia s.p.a. ha replicato alle avverse argomentazioni, in particolare eccependo la inammissibilità della memoria depositata da controparte in data 8.11.2013, perché l’udienza di trattazione della causa era stata rinviata senza rimettere in termini le parti per presentare ulteriori memorie, ed allegando sentenza della Corte di Appello Penale di Bari, di assoluzione degli amministratori della società stessa.
Con memoria depositata il 19.11.2013 la Provincia di Bari ha sostenuto che il mancato deposito di memoria da parte della società resistente impediva la possibilità di replicare.
Alla pubblica udienza del 10.12.2013 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.
DIRITTO
1.- Il giudizio in esame verte sulla richiesta, formulata dalla Provincia di Bari, di annullamento o di riforma della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale è stato accolto in parte il ricorso proposto dalla Tersan Puglia s.p.a. per la condanna della Provincia di Bari al risarcimento dei danni derivati dalla adozione del provvedimento dirigenziale n. 99 dell’11 maggio 2004, poi annullato con sentenza del T.A.R. stesso n. 4676/2004, con cui era stato disposto il ritiro, con effetto immediato, dell’autorizzazione di cui era titolare detta società per il trattamento, stoccaggio e riciclo di rifiuti speciali non pericolosi, con produzione, mediante procedimento di compostaggio, di ammendante compostato misto per l’agricoltura.
2.- Con il primo motivo di appello è stato dedotto che la tesi sostenuta dal T.A.R. che dall’annullamento del provvedimento impugnato derivava quale effetto diretto il diritto al risarcimento del danno sarebbe fondata sul presupposto che l’esame del Giudice del risarcimento possa limitarsi ad una riproduzione acritica delle ragioni poste a base della sentenza di accoglimento del ricorso originario, senza autonoma valutazione delle ragioni costitutive del diritto al risarcimento.
Il primo Giudice non avrebbe considerato che il provvedimento impugnato era stato adottato all’esito di una istruttoria articolata in materia problematica e complessa e non avrebbe tenuto conto del comportamento tenuto dalle parti nel corso del procedimento. Il provvedimento di ritiro dell’autorizzazione era basato su quattro ordini di motivazioni che non erano stati ritenute viziate da profili di illegittimità all’atto dell’esame della richiesta cautelare di sospensione da parte del T.A.R. Puglia, Bari, ed anche la sentenza di accoglimento del ricorso della società di cui trattasi avrebbe rilevato la sussistenza nel caso di specie di una questione giuridica oggettivamente complessa, tanto che sono state compensate le spese del giudizio.
Con la sentenza impugnata sarebbe invece stata radicalizzata ed ampliata la responsabilità della Provincia, facendo emergere profili di responsabilità prima mai prospettati, né in primo grado avvalorati, senza considerare che nessuna delle motivazioni poste a base della sentenza di annullamento del provvedimento di ritiro della autorizzazione avrebbero riconosciuto al sussistenza di colpa o dolo addebitabile alla P.A., né che era configurabile errore scusabile per sussistenza di contrasti giurisprudenziali, per incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto: pertanto indebitamente sarebbe stato disposto il risarcimento del danno in assenza di attività qualificabile come dolosa o colposa, oltre che legata da nesso di causalità al danno.
In particolare, con riferimento al primo dei motivi posti a base dell'impugnato provvedimento di revoca, non sussisterebbe alcun profilo di colpa, essendo la normativa in materia in continuo divenire ed oggetto di modifica in concomitanza con la adozione del provvedimento;con riferimento al terzo motivo sarebbe sussistita corresponsabilità della società per non aver provveduto a presentare nei termini previsti (60 gg.) il prescritto progetto di copertura dei piazzali, peraltro poi non assentito per violazione del P.R.G..
Sarebbe inoltre incondivisibile la tesi che la meticolosa ricerca di plurime giustificazioni da parte della Provincia potesse costituire sintomo tipico di sviamento e cattivo uso del potere di autotutela, essendo vero il contrario.
Comunque, con riguardo alle indicate voci di danno, non sarebbe collegata da nesso causale con il provvedimento di revoca la richiesta relativa alla indennità di mobilità e all’incentivo all’esodo corrisposto a dieci dipendenti, afferendo l’evento alle dinamiche interne aziendali;inoltre, in relazione alla dedotta perdita di utili, essa sarebbe stata dimostrata solo tramite stime “ex post” provenienti dal solo perito di parte, senza altri riscontri.
2.1.- Osserva la Sezione con riguardo a dette censure che, in sede di risarcimento del danno derivante da procedimento amministrativo illegittimo, ai fini della ammissibilità della relativa domanda non è sufficiente il mero annullamento del provvedimento lesivo, ma è necessario che sia fornita la prova prova oltre che del danno subito, anche della sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa.
Secondo la giurisprudenza, la colpa dell'Amministrazione è configurabile quando l'esecuzione dell'atto illegittimo sia avvenuta in violazione delle regole proprie dell'azione amministrativa, desumibili sia dai principi costituzionali d'imparzialità e buon andamento, sia dalle norme di legge ordinaria in materia di celerità, efficienza, efficacia e trasparenza, sia dai principi generali dell'ordinamento, quanto a ragionevolezza, proporzionalità ed adeguatezza (Consiglio Stato, sez. V, 18 novembre 2010, n. 8091).
Essa è quindi connessa alla particolare dimensione della responsabilità dell'Amministrazione per lesione di interessi legittimi, identificabili con quelli al cosiddetto "giusto procedimento ", che richiede competenza, attenzione, celerità ed efficacia, quali necessari parametri di valutazione dell'azione amministrativa.
Quanto alla prova della sua sussistenza, l'atipicità del regime relativo alla responsabilità della P.A. per danno arrecato a privati a seguito di attività illegittima, rispetto a quello generale di cui all'art. 2043 c.c., è stata fatta consistere dalla giurisprudenza nel fatto che nel primo caso non è richiesto alla parte lesa un particolare sforzo probatorio per dimostrare la colpa dell'apparato amministrativo in quanto, pur non essendo configurabile una generalizzata presunzione di colpa di quest'ultima, in mancanza di una espressa previsione normativa, possono operare regole di comune esperienza e la presunzione semplice di cui all'art. 2727 c.c. desunta dalla singola fattispecie, con la conseguenza che il privato può invocare l'illegittimità del provvedimento quale indice presuntivo della colpa o anche allegare circostanze ulteriori, idonee a dimostrare che si è trattato di un errore non scusabile;a fronte del principio di prova che comunque deve essere fornito dal privato, sia pure in maniera non rigorosa, è quindi la Pubblica amministrazione che è tenuta a dimostrare che si è trattato invece di un errore scusabile, conseguente a contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione di norme, o a formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, o alla complessità del fatto, o all'influenza determinante di altri soggetti, o all'illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata (Consiglio di Stato, sez. IV, 26 novembre 2013, n. 5624).
2.2.- Tanto premesso in via generale, nel caso di specie era la Provincia di Bari, a fronte della accusa di colpa, a seguito della declaratoria di illegittimità della determinazione di revoca della autorizzazione di cui trattasi con pronuncia giurisdizionale passata in giudicato, per inescusabile violazione delle regole proprie dell'azione amministrativa, che era tenuta, in base alle precedenti considerazioni, a dimostrare la sussistenza degli elementi dell'errore scusabile.
Rileva in proposito il Collegio innanzi tutto l’incondivisibilità della tesi della parte appellante che il T.A.R. avrebbe affermato che l’annullamento giurisdizionale del provvedimento di revoca comportava quale effetto diretto il diritto al risarcimento del danno e che il Giudice del risarcimento può limitarsi ad una riproduzione acritica delle ragioni poste a base della relativa sentenza.
Il primo Giudice, premesso che la responsabilità dell’Amministrazione presuppone non la colpa soggettivamente intesa del funzionario agente, bensì la negligenza dell’apparato, ha invero affermato che la colpevolezza della condotta della Provincia di Bari emergeva con chiarezza dalla motivazione della sentenza di annullamento del provvedimento di revoca dell’autorizzazione al trattamento dei rifiuti.
Ha quindi evidenziato che da essa era rilevabile: quanto al mancato esperimento della procedura di valutazione d’impatto ambientale, dal ripensamento tardivo dell’Amministrazione;quanto alla pretesa di applicare retroattivamente l’obbligo di V.I.A. ad attività esistenti, dalla manifesta violazione della normativa nazionale e comunitaria;quanto alla pretesa nullità della richiesta di rinnovo dell’autorizzazione perché sottoscritta da amministratore dichiarato fallito, dalla mancata considerazione dell’intervenuta ratifica da parte della società e della sproporzione, irragionevolezza e contrarietà ai principi di buon andamento e di tutela dell’affidamento della adozione del provvedimento di revoca in assenza di un interesse pubblico effettivo ed attuale alla loro rimozione;quanto alla mancata attuazione del progetto di copertura dei piazzali di lavorazione, dalla mancata considerazione che era una mera prescrizione e non condizione di efficacia;quanto, infine, al mancato conseguimento dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera, dalla mancata considerazione della circostanza che una legge regionale esonerava l’impianto.
I motivi posti a base dell’annullamento giurisdizionale del provvedimento di revoca sono stati quindi valutati dal T.A.R., con condivisibili argomentazioni, evidente sintomo, per le caratteristiche delle inescusabili illegittimità poste in essere dalla Provincia, di colpa della stessa nell’adottare il provvedimento di revoca di cui trattasi.
2.3.- Né, come dedotto con l’atto di appello, può ritenersi che rendesse scusabile il complesso di violazioni posto in essere dalla Provincia la sussistenza di contrasti giurisprudenziali, la incertezza del quadro normativo di riferimento e la complessità della situazione di fatto, genericamente dedotta con l’atto di appello, stante la circostanza che l’Organo che ha adottato il provvedimento impugnato era addetto allo specifico settore ed assistito da un apparato amministrativo pure addetto alla materia di cui trattasi, con competenze tecniche presupponenti adeguata conoscenza della normativa (niente affatto incerta) e della giurisprudenza in materia, oltre che della situazione di fatto.
Dette considerazioni escludono anche la rilevanza della circostanza che la normativa in materia aveva subito modifiche in epoca ravvicinata a quella di adozione del provvedimento, essendo i competenti Organi provinciali tenuti a conoscere ogni mutamento delle norme attinenti alle materie trattate.
Quanto alla dedotta corresponsabilità della società, per non aver presentato nei termini previsti il prescritto progetto di copertura dei piazzali, va osservato che essa è da escludere, essendo stata la revoca giudicata viziata non solo da tale ritardo, e comunque dall’erronea considerazione che la circostanza costituisse condizione di efficacia della autorizzazione di cui trattasi e non una mera irregolarità.
2.4.- Le considerazioni in precedenza svolte dimostrano che, a fronte della colpa dedotta dalla società appellata a carico della Amministrazione per la illegittima ed insescusabile adozione del provvedimento di cui trattasi, essa non ha dimostrato, come era suo onere per escludere il diritto della parte danneggiata dall’illegittimo provvedimento adottato al risarcimento del danno, che non erano state violate le disposizioni in materia di buon andamento, efficienza, e di principi generali dell'ordinamento, quanto a ragionevolezza, proporzionalità ed adeguatezza del provvedimento adottato.
Non può quindi che convenire la Sezione con il Giudice di primo grado circa la sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa della Provincia di Bari nell’adozione del provvedimento di cui trattasi.
2.5.- Quanto alla dedotta mancanza di nesso causale tra le voci di danno proposte dalla Tersan Puglia s.p.a. e il provvedimento di revoca, cioè tra il ritiro dell’autorizzazione e l’assegnazione di indennità di mobilità e di incentivi all’esodo (peraltro ritenuto dal Giudice di primo grado liquidabile a titolo di danno emergente limitatamente alla somma di € 8.067,80 riportata in un bollettino di versamento all’I.N.P.S. del contributo ex art. 5, comma 4, della l. n. 223/1991 per dieci lavoratori), nonché tra detto provvedimento e la diminuzione di utile, la Sezione si riserva di valutarne la sussistenza dopo l’espletamento di C.T.U., che sarà disposta con separata ordinanza e che conterrà specifici quesiti anche riguardo alla sussistenza di riscontri obiettivi al dedotto nesso causale.
All’esito del giudizio sarà esaminata anche la fondatezza delle eccezioni formulate dalla resistente società di tardività e la inammissibilità della richiesta di estensione a terzi della responsabilità dei danni cagionati effettuata in appello.
3.- In via subordinata, sul “quantum”, è stato dedotto dalla appellante Provincia che il T.A.R. ha erroneamente effettuato una valutazione equitativa del danno, assumendo che era impossibile o gravemente difficoltoso assolvere all’onere probatorio, pur essendo computabile in base a conoscenze scientifiche e dati di comune esperienza.
Inoltre sarebbero state poste a fondamento della decisione solo le risultanze probatorie proposte dalla originaria ricorrente, senza confutazione tecnica o critica.
Dette difficoltà avrebbero invece reso opportuno la nomina di un C.T.U., anche perché le scritture contabili non avrebbero valore di prova legale, perché sarebbe stato effettuato un ridimensionamento del margine operativo lordo e perché sarebbe stata sottostimata la imposizione fiscale senza indicazione dei criteri logici sottostanti.
Inoltre la valutazione equitativa presupporrebbe uno scostamento non notevole dalla reale entità del danno e la indicazione almeno sommaria dei criteri seguiti.
Sarebbe stato poi richiamato in sentenza il principio di non contestazione, pur non essendo i fatti stati esplicitamente ammessi da controparte o assunta da questa una posizione difensiva assolutamente incompatibile con la loro negazione, anzi, essendo state contestate le deduzioni di controparte con memorie depositate il 24.10.2011 ed il 2.11.2011.
Con il motivo in esame sono stati anche confutati analiticamente i conteggi operati dalla Tersan Puglia s.p.a. in base alla analisi dei dati di cui ai fascicoli di bilancio dal 31.12.2001 al 31.12.2005 depositati dalla società presso la Camera di Commercio ed alle indicazioni contenute nella appellata sentenza;inoltre è stata depositata in giudizio una controperizia, secondo la quale la cifra risarcibile sarebbe da ridurre ad € 259.183,00, comprensivi di interessi e rivalutazione monetaria.
Successivamente, con memorie, la Provincia appellante ha anche sostenuto che il provvedimento provinciale di ritiro dell’autorizzazione notificato il 13.5.2004, si sarebbe andato ad innestare, accavallandosi, nell’arco di 120 giorni, con il periodo di sospensione della attività della società disposta con due ordinanze del Comune di Modugno, con la conseguenza che il pregiudizio eventualmente arrecato alla società dal provvedimento della Provincia avrebbe assunto una effettiva autonomia per il periodo di soli due mesi, dal 20.8.2004 al 21.10.2004, il che comporterebbe la riduzione di quanto dovuto a titolo di risarcimento del danno a soli € 60.576,00.
Con successive memorie la Provincia di Bari ha evidenziato di non aver potuto adeguatamente replicare alla perizia di parte depositata in primo grado dalla Tersan Puglia s.p.a. perché ciò sarebbe avvenuto in data 13.11.2011, ultimo giorno utile per la produzione documentale, chiedendo l’applicazione dell’art. 104, comma 2, del c.p.a. ed ha riportato in memoria il contenuto della prodotta perizia di parte.
Al riguardo la società resistente, evidenziato che la memoria depositata il 24.10.2011 è stata giudicata inammissibile in sentenza, ha eccepito la inammissibilità dei conteggi proposti per la prima volta in appello e della perizia tecnica depositata solo in appello dalla Provincia appellante, nonché ha eccepito la tardività e la inammissibilità della richiesta di estensione a terzi della responsabilità dei danni cagionati effettuata in appello.
3.1. Al riguardo la Sezione, impregiudicata ogni decisione con riguardo alle evidenziate eccezioni ed ai profili di ammissibilità prospettati dalla società resistente, ritiene necessario disporre apposita C.T.U. al fine di accertare, in contraddittorio delle parti, sulla base della complessiva documentazione acquisita in primo grado, l’entità del minor lucro conseguito dalla Tersan Puglia s.p.a. a causa della adozione dell’llegittimo provvedimenti di cui tratatsi da parte della Provincia di Bari, tenuto conto della circostanza che la società non ha proposto appello incidentale avverso detta sentenza e che quindi le decisioni assunte con riguardo alle percentuali di utile e di tassazione dello stesso non potranno essere riformate in misura più favorevole ad essa.
In particolare dovranno essere accertati:
a) l’entità effettiva del corrispettivo medio mensile derivante alla Tersan Puglia s.p.a. da attività di recupero di compostaggio rifiuti speciali, quantificato dal perito di parte della società stessa in primo grado in € 1.117.268,00 corrispondente ad un fatturato annuo di circa € 13.407.000,00 (che secondo la Provincia appellante non sarebbe confortato dall’andamento del fatturato nell’anno 2004 e 2005 ed ammonterebbe ad € 454.611,00), con riferimento ai periodi immediatamente precedenti e successivo alla interruzione della attività a causa della disposta revoca di autorizzazione;
b) il prezzo medio per tonnellata dei materiali ritirati e trattati dalla citata società sulla base dell’elenco fatture, registro vendite mensile e distinta degli stessi;
c) l’entità in tonnellate della minore quantità di materiali ritirati e trattati dalla società stessa nel periodo di interruzione della attività della società;
d) l’entità del corrispettivo medio da vendita di biovegetal derivante alla società in questione facendo riferimento anche all’esercizio 2003, oltre che agli esercizi 2001 e 2002;
e) il margine operativo medio corrispondente alla reale situazione della società, se inferiore al 10 % calcolato dal Giudice di primo grado;
f) l’incidenza media delle imposte da calcolare sul complessivo mancato utile di impresa, se superiore al 40% quantificato in via presuntiva dal T.A.R., da calcolare con riguardo ai periodi di seguito indicati;
g) le entità complessive del mancato utile finale al netto delle imposte con riguardo a detti periodi.
Quanto al lasso temporale cui fare riferimento per il calcolo di detto mancato utile il Collegio si riserva di decidere all’esito del giudizio circa l’ammissibilità o meno della corresponsabilità del Comune di Modugno invocata dalla parte appellante nel corso del giudizio di secondo e quindi il C.T.U. dovrà effettuare i conteggi del mancato utile da risarcire sia con riferimento al periodo decorrente dalla notifica in data 13.5.2004 del provvedimento di revoca e fino alla data del 21.10.2004, di deposito della sentenza di accoglimento del ricorso proposto dalla Tersan Puglia s.p.a., sia con riferimento al periodo decorrente dalla data del 20.8.2004 e fino alla data del 21.10.2004, che esulerebbe, secondo la appellante, dal periodo di sospensione della attività della società autonomamente disposto dal Comune di Modugno per il periodo dal 20.4.2004 al 20.8.2004.
4.- L’appello deve essere conclusivamente in parte respinto e va disposta, con separata ordinanza, ai sensi degli artt. 19 e 67 del c.p.a., la nomina di un Consulente Tecnico d’Ufficio al fine di accertare, in contraddittorio delle parti, sulla base della complessiva documentazione acquisita e dei criteri in precedenza esposti, gli importi degli utili netti non percepiti dalla Tersan Puglia s.p.a. durante il periodo di validità del provvedimento annullato dal T.A.R. Puglia Bari con sentenza n. 4676 del 21 ottobre 2004, sui quali va calcolata la rivalutazione dall’1.1.2005 (come ritenuto dal Giudice di primo grado) fino alla data di pubblicazione della sentenza definitiva di appello, sulla base degli indici I.S.T.A.T. dei prezzi al consumo, non avendo la ricorrente provato il maggior danno da svalutazione, e fino all'effettivo soddisfo.
6.- L’udienza per l’ulteriore seguito della causa è fissata per 14.10.2014.
7.- Va rinviata al definitivo ogni determinazione relativa ai profili di inammissibilità prospettati dalle parti, alle spese ed agli onorari di causa.