Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-05-27, n. 202104096

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-05-27, n. 202104096
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202104096
Data del deposito : 27 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/05/2021

N. 04096/2021REG.PROV.COLL.

N. 10115/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10115 del 2019, proposto da
OLGA’S S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato A D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

COMUNE DI MASSA LUBRENSE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato E F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato E C in Roma, piazza dei Consoli, n. 11;
MINISTERO PER I BNI E LE ATTIVITÀ CULTURALI, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) n. 2166 del 2019;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Massa Lubrense;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 maggio 2021 il Cons. Dario Simeoli;

L’udienza si svolge ai sensi degli articoli 4, comma 1, del decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e 25 del decreto-legge n. 137 del 28 ottobre 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Ritenuto che il giudizio può essere definito con sentenza emessa ai sensi dell’art. 74 c.p.a.;

Rilevato in fatto che:

- la società Olga’s s.r.l. (di seguito: la ‘Società’) presentava in data 23 ottobre 2017 istanza di autorizzazione paesaggistica, avente ad oggetto un «leggero ampliamento del tavolato verso mare di circa 3,00 metri», nonché per «installare temporaneamente e per un periodo massimo di 180 (centoottanta) giorni ossia per la stagione balneare opere temporanee quali cabine spogliatoio, cabina bagno chimico, cabina multiuso lettini e ombrelloni», ad uso dei fruitori della struttura turistico-ricettiva “Olga’s residence” in località Marina del Cantone (sita in catasto al foglio 16 particella 799);

- con provvedimento prot. n. 6883 del 19 marzo 2018, il Comune di Massa Lubrense, sulla base del parere negativo della Soprintendenza prot. n. 4043 del 14 marzo 2018, comunicava che «il vincolo paesistico-ambientale non risulta rimosso»;

- con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, la Olga’s S.r.l. chiedeva l’annullamento della predetta nota prot. n. 6883 del 19 marzo 2018, nonché l’accertamento dell’intervenuto silenzio-assenso, ai sensi dell’art. 11, comma 9, del d.P.R. n. 31 del 2017, in ordine alla medesima istanza di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica;

- il Tribunale amministrativo regionale, con ordinanza n. 915 del 21 giugno 2018, ordinava il riesame della istanza di autorizzazione presentata dalla Società;

- con provvedimento prot. n. 14888 del 27 giugno 2018, il Comune di Massa Lubrense trasmetteva alla competente Soprintendenza la proposta di «respingere la richiesta», atto che veniva impugnato dalla Società con motivi aggiunti nell’ambito dello stesso giudizio;

- con decreto n. 1000 del 5 luglio 2018, il Presidente della Sezione del Tribunale amministrativo regionale accoglieva nuovamente la domanda di misure cautelari, «con conseguente obbligo del Comune di Massa Lubrense di riesaminare l’istanza […] e di motivare con specifico riferimento alla formazione del silenzio-assenso ex art. 11/9 D.P.R. n. 31/2017».

- con ulteriore provvedimento prot. n. 16714 del 17 luglio 2018, il Comune di Massa Lubrense evidenziava che: il silenzio-assenso non si era mai formato in quanto l’Amministrazione comunale aveva mai espresso parere favorevole al rilascio dell’autorizzazione;
era sopraggiunto il parere negativo della competente Soprintendenza, prot. n. 11044 del 10 luglio 2018;
l’intervento non era «compatibile rispetto ai valori paesaggistici» dell’area;

- anche la predetta nota comunale prot. n. 16714 del 17 luglio 2018, veniva impugnata con ulteriori motivi aggiunti;

- il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, con sentenza n. 2166 del 2019, ha dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto d’interesse, sia il ricorso originario avverso il provvedimento n. 6883 del 2018, sia il primo ricorso per motivi aggiunti avverso il provvedimento n. 14888 del 2018, respingendo invece nel merito i motivi aggiunti avverso il provvedimento n. 16714 del 2018.

- la Società appellante ha proposto quindi appello, chiedendo la riforma della sentenza di primo grado, sulla base dei medesimi vizi sostanziali sollevati in primo grado, sia pure adeguati all’impianto motivazionale della sentenza appellata;

- si è costituito in giudizio il Comune di Massa Lubrense, insistendo per il rigetto del gravame;

Considerato in diritto che:

- la sentenza di primo grado va integralmente confermata;

- la censure ‒ con cui l’appellante: ripropone le censure incentrate sulla non idoneità del programmato intervento ad innovare sensibilmente lo stato dei luoghi, attenendo esso al solo riadattamento e miglioramento di una struttura già esistente, e sulla irragionevolezza ed illogicità della motivazione del diniego;
insiste nel sostenere che «l’ampliamento del tavolato e la collocazione di due cabine in legno smontabili al di sopra dello stesso costituiscono interventi pienamente conformi alle previsioni del PUT e del PRG»;
contesta «la incidenza e la inammissibilità paesaggistica anche di interventi ed installazioni a carattere stagionale» ritenuta dalla sentenza gravata ‒ non possono essere accolte;

- va premesso che, nel procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, con l’entrata in vigore (dal 1° gennaio 2010) dell’art. 146 del codice approvato con il d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, la Soprintendenza esercita, non più un sindacato di legittimità ex post (come previsto dall’art. 159 del citato codice nel regime transitorio vigente fino al 31 dicembre 2009) sulla autorizzazione già rilasciata dalla Regione o dall’ente delegato, con il correlativo potere di annullamento, ma un potere che consente di effettuare ex ante valutazioni di merito amministrativo, con poteri di cogestione del vincolo paesaggistico (cfr. ex plurimis Consiglio di Stato, Sez. VI 15 maggio 2017, n. 2262;
Sez. VI, 28 dicembre 2015, n. 5844;
Sez. VI, 4 giugno 2015, n. 2751).

- il giudizio affidato all’Amministrazione preposta è connotato da un’ampia discrezionalità tecnico-valutativa, poiché implica l’applicazione di cognizioni tecniche specialistiche proprie di settori scientifici disciplinari della storia, dell’arte e dell’architettura, caratterizzati da ampi margini di opinabilità;

- l’apprezzamento così compiuto è quindi sindacabile, in sede giudiziale, esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, considerati anche per l’aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, ma fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche, sicché, in sede di giurisdizione di legittimità, può essere censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di opinabilità, affinché il sindacato giudiziale non divenga sostitutivo di quello dell’Amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile.

- nel caso in esame, l’ampliamento del tavolato ligneo e l’installazione temporanea per un periodo massimo di 180 giorni (ossia per la stagione balneare) di opere temporanee quali cabine spogliatoio, cabina bagno chimico, cabina multiuso, lettini e ombrelloni, sono riconducibili ‒ per le loro caratteristiche tipologiche e funzionali ‒ alle previsioni di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e.5), del d.P.R. n. 380 del 2001 (a tenore del quale sono comunque da considerarsi nuove costruzioni le installazioni di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere che siano usati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, «ad eccezione di quelli siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee»);

- correttamente quindi il giudice di primo grado ha posto in evidenza il contrasto del predetto intervento con la disciplina paesaggistica e urbanistica dell’area in cui andrebbe a ricadere, in quanto:

- sotto il profilo paesaggistico, nella zona territoriale 2 di “tutela degli insediamenti antichi accentrati” del P.U.T., sono consentiti, fino all’approvazione dei Piani particolareggiati di restauro e risanamento conservativo, soltanto interventi di manutenzione ordinaria e consolidamento statico;

- sotto il profilo urbanistico, in zona E1a del P.R.G. di “tutela dell’ambiente naturale di secondo grado” (art. 40 delle N.T.A.), sono vietate nuove edificazioni sia pubbliche sia private (mentre possono essere autorizzati muretti di sostegno di terrazzamenti, l’impianto di essenze arboree e arbustive non in contrasto con la tradizionale flora locale e, per gli edifici anteriori al 1955, interventi di risanamento conservativo, demolizione delle superfetazioni, adeguamento funzionale una tantum per la creazione di servizi igienici da parte di imprenditori agricoli e coltivatori diretti);

- sotto altro profilo, la valutazione effettuata dall’Amministrazione ‒ secondo cui l’intervento creerebbe «una definitiva alterazione del sito con elementi “volumi” verticali posizionati in elevazione sul precario tavolato che sconvolgono l’armonia e la tipicità del costone roccioso che caratterizza e rappresenta lo sfondo di Punta S. Antonio e della intera baia di Nerano», e che la destinazione d’uso «costituisce il segnale di nuova urbanizzazione senza rispetto del sito, ancora un aggravio della già compromessa e antropizzata Marina del Cantone, specialmente nel periodo estivo» ‒ non appare affetta da vizi di logicità, ragionevolezza e difetto di proporzionalità, neppure sotto il profilo del non corretto bilanciamento con gli opposti interessi confliggenti al lavoro ed alla libera iniziativa economica;

- va ricordato che lo jus aedificandi, quale facoltà compresa nel diritto di proprietà dei suoli, rappresenta un interesse sottoposto a conformazione da parte della legge e della pianificazione amministrativa, in ragione dei molteplici interessi pubblici e privati, diversi da quelli del proprietario del suolo, che sono coinvolti dall’edificazione privata, in coerenza con la funzione sociale della proprietà, stabilita dall’art. 42 della Costituzione, la quale esprime appunto il dovere di partecipare alla soddisfazione di interessi generali;

- su queste basi, il Collegio ritiene di richiamare l’orientamento secondo cui i manufatti non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti, vanno considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la rimovibilità della struttura e l’assenza di opere murarie, posto che il manufatto non precario non è deputato ad un suo uso per fini contingenti, ma è destinato ad un utilizzo destinato ad essere reiterato nel tempo in quanto stagionale (Consiglio di Stato sez. VI, 3 giugno 2014, n. 2842);

- precarietà dell’opera postula un uso specifico e temporalmente limitato del bene e non la sua stagionalità la quale non esclude la destinazione del manufatto al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo (in tal senso: Cons. Stato, IV, 22 dicembre 2007, n. 6615);

- per le ragioni che precedono, l’appello è infondato e va quindi respinto;

- può assorbirsi, stante la sua irrilevanza ai fini del decidere, l’ulteriore questione se l’intervento oggetto di diniego fosse sottoposto, in quanto ricadente in area SIC, alla valutazione preventiva di incidenza ambientale;

- la liquidazione delle spese di lite segue la regola generale della soccombenza nei rapporti con l’Amministrazione comunale (nulla deve invece essere riconosciuto al Ministero che non si è costituito in giudizio);

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