Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-04-17, n. 201802300

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-04-17, n. 201802300
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201802300
Data del deposito : 17 aprile 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/04/2018

N. 02300/2018REG.PROV.COLL.

N. 01693/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1693 del 2014, proposto da:
Commissario ad acta per la realizzazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanità Regione Abruzzo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale Dello Stato, presso i cui uffici domicilia, in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

S R S, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati T M, G P, con domicilio eletto presso lo studio G P in Roma, corso Rinascimento N.11;

nei confronti

Fallimento Villa Pini D'Abruzzo Srl non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - L'AQUILA - SEZIONE I n. 00992/2013, resa tra le parti, concernente definizione dei tetti di spesa per erogazione prestazioni sanitarie anno 2012.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della S R S;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 marzo 2018 il Cons. G V e uditi per le parti gli avvocati T M, G P e l'Avvocato dello Stato Giancarlo Caselli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Oggetto del presente giudizio è la ridefinizione dei tetti di spesa nella Regione Abruzzo per i contratti di acquisto di prestazioni ospedaliere da soggetti privati accreditati relativi all’anno 2012 in base alla c.d . spending review .

1.1. Con il decreto n. 39/2012 adottato il 9 agosto 2012 dal Commissario ad acta per la realizzazione del Piano di rientro dai disavanzi del settore Sanità della Regione Abruzzo, pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo (B.U.R.A.) del 5 settembre 2012, n. 47, sono state infatti adottate disposizioni urgenti per la revisioni della spesa pubblica, con invarianza dei servizi ai cittadini, per l’acquisto di dette prestazioni, in attuazione del d.l. del 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla l. 7 agosto 2012, n. 135.

1.2. L’odierna appellata nonché ricorrente in prime cure, Synergo s.r.l., istituzione sanitaria privata regolarmente autorizzata all’esercizio di prestazioni di attività ospedaliera, già provvisoriamente accreditata dalla Regione Abruzzo, ha impugnato tale decreto avanti al T.A.R. per l’Abruzzo, sede de L’Aquila, assumendo che esso sarebbe pervenuto a determinare una percentuale di abbattimento degli importi dei tetti di spesa dell’anno 2012 nella misura fissa del 9,90 per cento e, dunque, ben superiore a quella preconizzata dall’intervento normativo statale.

1.3. La società ricorrente in prime cure ha dedotto quattro motivi di censura:

a) in via principale la violazione e la falsa applicazione dell’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, nella misura in cui tale decreto ha preso in considerazione, per operare l’abbattimento, il tetto complessivo assegnato alle strutture private con i decreti n. 25 e n. 37 del 2011, pari ad € 139.684.823,00, bensì un valore molto più contenuto, pari ad € 126.493.530,03, come risultante dai bilanci di esercizio approvati dalle Unità Sanitarie Locali della Regione Abruzzo (consuntivo 2011), senza quindi fare doveroso riferimento al budget determinato dalla Regione per tale annualità ;

b) in via subordinata, la violazione e la falsa applicazione, sotto altro profilo, del d.l. n. 95 del 2012 nonché di ogni altra norma o principio in materia di acquisto di prestazioni sanitarie, nella misura in cui, anche ammettendo che per l’abbattimento debba farsi riferimento alla produzione effettiva realizzata nel 2011, il meccanismo di riduzione dovrebbe ispirarsi ai criterî normativi stabiliti dall’art.

8-quinquies, commi 1 e 2, del d. lgs. n. 502 del 1992, relativamente alla verifica a consuntivo dei risultati raggiunti e dell’attività effettivamente svolta da ogni singola struttura nonché del volume complessivo di attività e del concorso, allo stesso, da parte di ciascun ente erogatore, a vantaggio delle istituzioni sanitarie che abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato e, in ogni caso, che abbiano almeno impegnato l’intero budget assegnato per l’annualità in considerazione, e non viceversa;

c) la violazione del contraddittorio procedimentale da parte del Commissario, che avrebbe operato senza rispettare il principio della partecipazione indicato dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nella sentenza n. 4 del 2012, intervenendo con una ulteriore decurtazione su un esercizio già definito della programmazione regionale della spesa sanitaria mediante una istruttoria carente;

d) la illegittimità costituzionale dell’art. 15, comma 14, del più volte menzionato d.l. n. 95 del 2012, quantomeno con riferimento all’esercizio del 2012, per la sua irrazionale irretroattività, lesiva di principî fondamentali di ragionevolezza, di eguaglianza e di tutela dell’affidamento legittimamente ingenerato nelle strutture private interessate quale principio connaturato allo Stato di diritto, che nella specie si riflette, altresì, sulla liberà di iniziativa economica privata.

1.4. La ricorrente ha perciò richiesto l’annullamento, previa sospensione, dell’impugnato decreto commissariale n. 39/2012 del 9 agosto 2012, con ogni altra consequenziale statuizione.

1.5. Con la sentenza in epigrafe indicata, il T.A.R. per l’Abruzzo, sede de L’Aquila, ha accolto il primo motivo di ricorso, assorbendo i restanti, ed ha annullato il decreto commissariale oggetto di impugnativa.

2. Avverso tale sentenza ha proposto appello il Commissario, lamentandone l’erroneità, e ne ha chiesto, previa sospensione dell’esecutività, la riforma, con conseguente reiezione del ricorso proposto in primo grado.

2.1. Si è costituita l’appellata, con apposito controricorso. La medesima ha chiesto la reiezione dell’appello ed ha comunque riproposto il secondo, il terzo e il quarto motivo dell’originario ricorso, sopra menzionati, non esaminati dal primo giudice.

Con l’ordinanza n. 1594 del 15 aprile 2014 la Sezione, accogliendo la domanda cautelare proposta dal Commissario appellante, ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata.

2.2. Nelle more del giudizio è sopraggiunta anche la sentenza n. 203 del 21 luglio 2016 della Corte costituzionale sull’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, in ordine al quale diversi Tribunali avevano sollevato numerose questioni di legittimità costituzionale, in parte dichiarate inammissibili e in parte respinte dalla stessa Corte.

2.3. La causa è pervenuta infine all’udienza pubblica del 15 marzo 2018, nella quale il Collegio, sentiti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è fondato.

2. La Sezione ha avuto già modo di occuparsi di una questione identica a quella oggetto del presente giudizio, decidendola con sentenza n. 1631/2017. In quell’occasione ha affermato alcuni principi pienamente applicabili anche al caso di specie.

3. Com’è noto l’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 135 del 2012, nella sua originaria formulazione, anteriore alla modifica intervenuta nel 2013, di cui pure si dirà, e applicabile ratione temporis al decreto n. 39/2012 qui contestato, ha previsto:

«14. A tutti i singoli contratti e a tutti i singoli accordi vigenti nell’esercizio 2012, ai sensi dell’articolo 8- quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, per l’acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e per l’assistenza ospedaliera, si applica una riduzione dell’importo e dei corrispondenti volumi d’acquisto in misura percentuale fissa, determinata dalla regione o dalla provincia autonoma, tale da ridurre la spesa complessiva annua, rispetto alla spesa consuntivata per l’anno 2011, dello 0,5 per cento per l’anno 2012, dell’1 per cento per l’anno 2013 e del 2 per cento a decorrere dall’anno 2014. La misura di contenimento della spesa di cui al presente comma è aggiuntiva rispetto alle misure eventualmente già adottate dalle singole regioni e province autonome di Trento e Bolzano e trova applicazione anche in caso di mancata sottoscrizione dei contratti e degli accordi, facendo riferimento, in tale ultimo caso, agli atti di programmazione regionale o delle province autonome di Trento e Bolzano della spesa sanitaria. Il livello di spesa determinatosi per il 2012 a seguito dell’applicazione della misura di contenimento di cui al presente comma costituisce il livello su cui si applicano le misure che le regioni devono adottare, a decorrere dal 2013, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera a), ultimo periodo del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 ».

3.1. Si tratta di una disposizione evidentemente intesa ad ottenere una riduzione e una razionalizzazione della spesa sanitaria, in funzione della c.d. spending review , della quale il Commissario ad acta ha inteso fare applicazione in Abruzzo, con il decreto n. 39/2012, procedendo alla ricognizione della spesa consuntivata del 2011, sulla base delle singole certificazione delle ASL, senza considerare quindi, nel montante, eventuali budget assegnati ma non seguiti da consuntivazione .

4. Il T.A.R. per l’Abruzzo ha ritenuto di accogliere il primo motivo dell’originario ricorso proposto sulla base delle seguenti argomentazioni, che qui in sintesi si riportano nei loro fondamentali passaggi logici:

a) l’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, laddove prevede che si applichi, anche per le prestazioni di carattere ospedaliero, « una riduzione dell’importo dei corrispettivi volumi d’acquisto in misura percentuale fissa, determinata dalla regione o dalla provincia autonoma, tale da ridurre la spesa complessiva annua, rispetto alla spesa consuntivata per l’anno 2011, dello 0,5% per l’anno 2012, dell’1% per l’anno 2013 e del 2% a decorrere dall’anno 2014 », non può essere interpretato in modo “assoluto”, come ha fatto il Commissario ad acta nella Regione Abruzzo, senza cioè tener conto del fatto che alcune strutture, per cause di forza maggiore, non abbiano operato o abbiano operato solo parzialmente nel 2011 e, di conseguenza, non abbiano realizzato un consuntivo;

b) il parametro della spesa consuntivata nel 2011, quindi, deve essere necessariamente integrato dagli atti di programmazione nel caso in cui, a livello regionale, la spesa consuntivata complessiva fosse risultata, per circostanze patologiche ed eccezionali (quali quelle verificatesi nella Regione Abruzzo), di molto inferiore a quella risultante dagli atti di programmazione (p. 3 della sentenza impugnata);

c) lo stesso art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012 prevede, infatti, l’ipotesi della mancata sottoscrizione di contratti e accordi – almeno nella sua originaria formulazione – nella quale può essere sussunta, per analogia, quella in cui alcune strutture sanitarie, per cause di forza maggiore o comunque eccezionali, non abbiano potuto operare o abbiano potuto parzialmente operare nel 2011, come è appunto avvenuto nella Regione Abruzzo per le case di cura Sanatrix e Santa Maria ;

d) diversamente ragionando, del resto, le case di cura che hanno operato regolarmente subirebbero un taglio di molto superiore allo 0,5% stabilito a livello nazionale e, correlativamente, si realizzerebbe una riduzione della spesa ospedaliera, a livello nazionale, superiore al predetto 0,5% ;

e) si deve ritenere illogico e contraddittorio non inserire, nella specie consuntivata, le somme risultanti dagli atti di programmazione delle strutture che non hanno operato nel 2011 e, poi, consentire il reinserimento delle strutture stesse nella programmazione regionale dell’anno successivo;

f) siffatta interpretazione è avallata dallo stesso legislatore nazionale nell’art. 49, comma 2- bis , del d.l. n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 98 del 2013, che ha inserito nell’art. 15 – e non già 19 (come erroneamente si legge nella sentenza impugnata: p. 5) – comma 14 del d.l. n. 95 del 2012 la previsione secondo cui « qualora nell’anno 2011 talune strutture private accreditate siano rimaste inoperative a causa di eventi sismici o per effetto di situazioni di insolvenza, le indicate percentuali di riduzione della spesa possono tenere conto degli atti di programmazione regionale riferiti alle predette strutture rimaste inoperative, purché la regione assicuri, adottando misure di contenimento dei costi su altre aree della spesa sanitaria, il rispetto dell’obiettivo finanziario previsto dal presente comma »;

g) tale disposizione avrebbe carattere interpretativo, ad avviso del T.A.R. per l’Abruzzo, riferendosi agli eventi sismici e alle situazioni di insolvenza verificatesi nella Regione Abruzzo nel 2011, e in ogni caso, anche se non avesse natura interpretativa, poiché si riferisce ad eventi del 2011, non potrebbe non trovare applicazione al caso di specie per le ragioni già sopra esposte.

5. Come già osservato dalla Sezione nella sentenza n. 1631/2017, e secondo quanto si aggiungerà in queste sede, nessuna di tali argomentazioni, ad un attento esame, può essere condivisa, anche alla luce di quanto ha chiarito dalla Corte costituzionale nella sopravvenuta pronuncia n. 203 del 21 luglio 2016, in quanto:

a) la ratio dell’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come ha chiarito la Corte costituzionale nella citata pronuncia, è proprio quella di conseguire, al contrario di quanto sostiene il T.A.R. per l’Abruzzo, un risparmio sulla spesa, non già programmata, ma consuntivata nel 2011 sulla base dei dati effettivi certificati dalle AA.SS.LL. competenti. E’ piuttosto, in via generale, irragionevole e contrario ad ogni criterio di economicità perseguito dalla c.d. spending review ipotizzare che si programmi un risparmio rispetto a una spesa mai realizzata in precedenza, qualsivoglia sia la ragione di mancata realizzazione della stessa (mancato raggiungimento del budget da parte di alcune strutture o totale inoperatività delle stesse).

b) il parametro legislativo della spesa effettiva consuntivata nel 2011 è ben chiaro, preciso, tendenzialmente univoco, né foriero di qualsivoglia dubbio interpretativo, in quanto ispirato ad un principio di risparmio effettivo secondo un criterio di spesa , cioè di effettivo esborso del pubblico danaro per le prestazioni rese dalle strutture accreditate

c) il ridetto parametro della spesa consuntivata nel 2011, ben chiaro, univoco e – in linea di principio – unico, non soffre secondo l’art. 15, comma 14 (nella sua originaria formulazione ante d. lgs. n. 95 del 2013) di deroghe. Piuttosto, avendo la fonte normativa disposto un taglio per il 2012 sui contratti in corso, essa ha ulteriormente precisato che ove questi contratti non fossero stati ancora stipulati il taglio avrebbe dovuto operarsi con riferimento gli “ atti di programmazione ”, ossia ai tetti di spesa programmati. Non può, invece, darsi a detto riferimento agli “ atti di programmazione ”, il senso – preteso dall’originaria ricorrente, odierna appellata – di criterio derogatorio operante in relazione alla contabilizzazione del montante 2011, sul quale computare il taglio, poiché ciò infirmerebbe, tra l’altro in assenza di specifici criteri e cautele, l’obiettivo del risparmio di spesa perseguito dal legislatore (decurtazione dello 0,5% nel 2012) rispetto alla spesa effettivo e storica (ossia agli esborsi) del 2011;

e) non è affatto illogico, ma anzi è del tutto razionale e persino doveroso, inserire nella programmazione regionale del 2012 strutture che, regolarmente accreditate, non abbiano ancora sottoscritto ancora accordi con le competenti Aziende sanitarie locali;

f) l’interpretazione del T.A.R. per l’Abruzzo non è affatto avallata dalla successiva novella d. lgs. n. 69 del 2013, in quanto la previsione dell’art. 49, comma 2- bis , del d.l. n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 98 del 2013, che ha modificato – come visto – l’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, inserendo – questa volta sì – una espressa, puntuale e circostanziata eccezione al principio del computo della spesa consuntiva, prevedendo specifiche ipotesi che giustificano un derogatorio rilievo delle poste di spesa semplicemente programmate nel 2011 (il caso delle strutture private accreditate che nel 2011 siano rimaste inoperative a causa di eventi sismici o per effetto di situazioni di insolvenza) non ha carattere interpretativo, ma novativo, e non può essere applicata retroattivamente, come pretende il primo giudice, ad atti formati e emanati sotto il vigore della vecchia norma alla luce del principio tempus regit actum . In sostanza, la novella interviene - probabilmente alla luce del concreto bilancio conseguente alla prima applicazione - apportando dei correttivi, che seppur in linea con le doglianze sostanziali dell’originaria ricorrente, dispongono solo per il futuro, predisponendo comunque meccanismi finanziari compensativi a carico della Regione “ su altre aree della spesa sanitaria ” nel rispetto “ dell’obiettivo finanziario previsto dal presente comma ”. La vicenda normativa non è tale da generare ex post una lacuna nella previsione previgente: in primis perché tanto riconoscendo si assegnerebbe surrettiziamente carattere di interpretazione autentica alla novella, il che come già detto non è;
comunque perché il concreto meccanismo dei tagli è stato evidentemente il frutto di un processo di affinamento normativo in cui le successive norme correttive sono state il seguito degli esiti volutamente rigorosi e inderogabili del primo taglio.

g) Né può dirsi che l’impianto originario sia affetto da irragionevolezza tale da giustificarne un’interpretazione costituzionalmente orientata, dagli esiti conformi a quanto poi positivamente affermato dal legislatore nel 2013. L’argomentazione dell’appellata, secondo la quale il taglio concretamente applicato (a causa del mancato computo del budget delle strutture inoperative nel montante 2011) sarebbe di molto superiore a quello considerato ragionevolmente tollerabile dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 203 del 21 luglio 2016, non convince sul punto. Innanzitutto “ l’esiguità della riduzione percentuale disposta (0,5 per cento) ” è solo una delle argomentazioni utilizzate dalla Corte per giustificare la tenuta costituzionale della disposizione contestate, che in ogni caso non indica quale potesse essere la diversa soglia dell’ “intollerabilità”. La circostanza dirimente è tuttavia che – secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale – il taglio dev’essere inteso nel senso che esso “ incide sì sui contratti già stipulati, ma con decorrenza successiva alla sua entrata in vigore, ovvero con esclusivo riguardo alle prestazioni sanitarie non ancora eseguite dai soggetti accreditati… ” così producendo “ effetti solo ex nunc (il credito nei confronti del Servizio sanitario nazionale sorge in capo all’operatore privato solo dopo che la prestazione sanitaria è stata concretamente erogata), anche se con riferimento a contratti stipulati in precedenza e operanti nel 2012 ”. Dunque, il taglio (anche in ragione del periodo in cui è intervenuto) era idoneo a produrre una limitazione dell’erogazione delle prestazioni erogabili da strutture private a carico del SSN, e non già un mancato pagamento di prestazioni dalle medesime erogate, constatazione quest’ultima che di per se sola è sufficiente a stemperare la drammaticità del possibile vulnus al principio costituzionale di ragionevolezza per il primo anno di applicazione.

6. Di qui, per le ragioni in sintesi e punto per punto esposte, la necessità di riformare in toto la sentenza impugnata, laddove, erroneamente, ha accolto il primo motivo dell’originario ricorso.

6.1. A queste ragioni, singolarmente intese ad esaminare e a confutare le specifiche motivazioni della sentenza impugnata, si deve qui aggiungere che comunque il primo motivo dell’originario ricorso era, altresì, infondato in quanto:

a) la tesi fondamentale sostenuta con il primo motivo dalla ricorrente, secondo cui il criterio più aderente al testo normativo e alla logica di sistema per la determinazione della spesa per il 2011 non potrebbe che individuarsi nella ricognizione del budget complessivo assegnato per tale annualità, che potrebbe essere eventualmente combinato, ai fini dell’applicazione concreta della riduzione sul 2012, con la ricognizione della maggiore o minore produttività della struttura rispetto al proprio budget , soprattutto in considerazione della minore operatività di talune strutture, a realizzare egualmente la misura contenitiva complessiva senza elidere i budget delle case di cura maggiormente produttive, non trova alcun fondamento nel testo normativo e introduce una indebito sistema “compensativo” che, pur ispirato ad un comprensibile – rispetto alla prospettiva dell’operatore privato – criterio di equità, è in contrasto con la lettera e la finalità della legge;

b) la compensazione della mobilità sanitaria interregionale, di cui all’art. 8- sexies , comma 8, e 12, comma 3, del d. lgs. n. 502 del 1992, questione pure eccepita nel primo motivo dell’originario ricorso e riproposta dall’appellata nel proprio controricorso, è regolata da una disciplina specifica e complessa, che ha trovato una compiuta definizione, per quanto qui rileva, solo nelle modifiche apportate dall’art. 49, comma 2- bis , lett. b), del d.l. n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, nella l. 98 del 9 agosto 2013, e successivamente dall’art. 1, comm 574, lett. a) e lett. b) della l. n. 208 del 2015, a decorrere dal 1° gennaio 2016, per quanto concerne gli accordi raggiunti nel Patto per la salute di cui all’intesa del 10 luglio 2014, modifiche inapplicabili ratione temporis , per il loro carattere innovativo, al decreto commissariale qui gravato;

c) sono del tutto irrilevanti, ai fini del presente giudizio, le successive determinazioni commissariali adottate nel 2015, sulla base, peraltro, della nuova formulazione del citato art. 15, comma 14, dopo la novella del 2013.

7. Ne segue, anche per tali motivi, la reiezione del primo motivo dell’originario ricorso debba essere respinto, complessivamente, in quanto infondato.

8. Devono essere sinteticamente scrutinati i restanti motivi dell’originario ricorso, assorbiti dalla sentenza qui impugnata e riproposti dall’odierna appellata nel proprio controricorso. Essi vanno tutti respinti.

8.1. Quanto al secondo motivo dell’originario ricorso, anzitutto, l’appellante a torto invoca, a sostegno del criterio “compensativo” ispirato ad equità di cui si è appena detto esaminando il primo motivo, l’art. 8- quinquies , commi 1 e 2, del d. lgs. n. 502 del 1992, facendo leva sulla diversa produttività delle case di cura regionali, perché tale produttività, per espressa volontà del legislatore, è ai fini che qui rilevano determinata dalla spesa consuntivata per il 2011 e cioè, sul piano operativo, dall’aggregazione dei dati risultanti dai bilanci consuntivi 2011 delle AA.SS.LL., comunicati formalmente ai competenti Ministeri dalle rispettive Regioni.

8.2. Ogni altro criterio, al di là delle eccezioni stesse previste dall’art. 15, comma 14, è praeter legem , se non contra legem , e non può trovare alcun appiglio normativo nella previsione dell’art. 8- quinquies , comma 1, lett. d) del d. lgs. n. 502 del 1992, il quale, del resto, non riconosce alle strutture private alcun diritto alla remunerazione delle prestazioni extra budget e, men che mai, consente che i risultati raggiunti e il concorso al volume complessivo di attività, fornito da ciascuna struttura, possano derogare ai rigorosi limiti di contenimento della spesa sanitaria che, nel corso degli ultimi anni, la legislazione del settore persegue, non da ultimo con la misura di c.d. spending review qui in esame.

8.3. Il motivo va quindi disatteso.

8.4. Quanto al terzo motivo dell’originario ricorso, con il quale si deduce la violazione dell’apporto procedimentale da parte delle strutture, la censura ha carattere del tutto formalistico, perché non dà alcun conto di quali sarebbero stati gli elementi conoscitivi che la odierna appellata avrebbe potuto fornire, in sede procedimentale, a fronte di un meccanismo, come quel sin qui esaminato, di carattere rigido e predeterminato, improntato a criterî fissi e basato su dati oggettivi certi (la spesa consuntiva, nel 2011, appunto, risultati da bilanci certificati e controllati), e quindi di carattere essenzialmente vincolato da parte del legislatore e, non certamente, di carattere discrezionale, meccanismo correttamente applicato, come detto, dal Commissario nel decreto qui impugnato.

8.5. La dedotta violazione delle regole intese a garantire la partecipazione procedimentale, pertanto, è priva di fondamento al cospetto di un procedimento a carattere vincolato e rigidamente predeterminato dal legislatore per indeclinabili esigenze di contenimento finanziario della spesa sanitaria.

8.6. Quanto al quarto motivo dell’originario ricorso, che poneva delicate questioni di costituzionalità della normativa qui applicata in rapporto, soprattutto, alla presunta irretroattività della disciplina e alla sua irragionevolezza anche in termini di lesione dell’affidamento riposto dagli operatori su una programmazione economica già prestabilita e in corso, dette questioni sono state tutte respinte dalla già richiamata sentenza n. 203 del 2016 da parte della Corte costituzionale.

8.7. Il giudice delle leggi, come già sopra accennato, ha osservato in particolare che l’art. 15, comma 14, si presta ad essere interpretato nel senso che esso incide sui contratti già stipulati, ma con decorrenza successiva alla sua entrata in vigore, « ovvero con esclusivo riguardo alle prestazioni sanitarie non ancora eseguite dai soggetti accreditati », producendo effetti ex nunc , anche se con riferimento ai contratti stipulati in precedenza e operanti nel 2012.

8.8. Le censure riguardanti l’affidamento, ha rilevato la Corte, sono prive di fondamento perché, secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata che essa ha indicato, va escluso che la disposizione incida, con effetti retroattivi in senso proprio, sui crediti per prestazioni sanitarie già erogate al momento della sua entrata in vigore.

8.9. Infine, sul piano sistematico, la Corte ha osservato che l’intervento normativo in esame proporziona in maniera non irragionevole il peso imposto agli operatori privati al fine che il legislatore intende realizzare e, cioè, l’essenziale contenimento della spesa pubblica, « da valutare nello specifico contesto di necessità e urgenza indotto dalla grave crisi finanziaria che ha colpito il Paese dal 2011 » (sent. n. 203 del 21 luglio 2016).

8.10. La misura di riduzione che i privati sono chiamati a sopportare non può essere ritenuta un onere individuale eccessivo, ha rilevato la Corte con notazione valida anche per il presente contenzioso riguardante le strutture sanitarie operanti in Abruzzo, sia per i tempi con i quali è stata imposta, sia perché, come visto, non va intesa come riferita alle prestazioni già legittimamente erogate, prima della sua entrata in vigore, oltre la previsione di spesa massima rideterminata ai sensi della disposizione in contestazione, sia ancora, e infine, « perché essa comporta riduzioni quantitative alquanto modeste e calibrate in considerazione delle aspettative di credito degli operatori sanitari, in una percentuale minore per il periodo più ravvicinato e un progressivo (pur sempre ridotto) aumento per i periodi successivi ».

8.11. Le questioni sollevate dunque con il quarto motivo, alla luce del decisum della Corte, devono essere tutte respinte, in quanto già giudicate infondate, con ampia motivazione, dal giudice delle leggi.

9. In conclusione, per le ragioni esposte, l’appello proposto dal Commissario ad acta deve essere accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata e reiezione, in tutti i suoi molteplici articolati motivi, dell’originario ricorso proposto in primo grado.

10. Le spese del doppio grado del giudizio, attesa la complessità delle ragioni in diritto esaminate, possono essere interamente compensate tra le parti.

10.1. L’odierna appellata, comunque soccombente nel merito, deve essere condannata a corrispondere il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’impugnazione, mentre rimane a definitivo suo carico quello corrisposto per la proposizione del ricorso in prime cure.

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