Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-05-13, n. 202404276

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-05-13, n. 202404276
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202404276
Data del deposito : 13 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/05/2024

N. 04276/2024REG.PROV.COLL.

N. 08620/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8620 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato L M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto come in atti;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero della Giustizia-Dipartimento della Amministrazione Penitenziaria-Provv. Regionale per L'Emilia Romagna e Marche, non costituito in giudizio;

nei confronti

-OMISSIS-, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2024 il Cons. S S e uditi per le parti gli avvocati come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - Con la sentenza n. -OMISSIS- il

TAR

Emilia-Romagna sede di Bologna ha respinto il ricorso proposto dalla dott.ssa -OMISSIS- avverso il provvedimento con cui il Ministero della Giustizia le ha revocato l’incarico di direttore della casa circondariale di Modena.

Con provvedimento del 20 novembre 2019 alla dott.ssa -OMISSIS-, dirigente dell’Amministrazione Penitenziaria, è stato assegnato l’incarico di Direttore della Casa Circondariale di Modena a partire dal febbraio 2019.

Con nota del 25 luglio 2019, n.-OMISSIS-, il Provveditore regionale per l’Emilia Romagna e Marche - in ragione di una segnalazione ricevuta dalle sigle sindacali in relazione ad un episodio controverso occorso in data 11 luglio 2019 presso la Casa circondariale di Modena – ha segnalato al Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, l’opportunità di effettuare accertamenti ispettivi in loco.

L’ispezione della Casa Circondariale è iniziata il 10 settembre 2019 e si è conclusa in data 21 ottobre 2019: i relativi esiti sono riportati nella relazione del 31 ottobre 2019, prot.n. 9102.

Dalla relazione agli atti, infatti, era emersa una situazione di incompatibilità ambientale, confermata dalla nota del 3 dicembre 2019, n. 10484 del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per l’Emilia-Romagna, Marche (cfr. nota del 12/12/2019 contenente la comunicazione dell’avvio del procedimento ex art. 7 della L. 241/90 relativa alla revoca dell’incarico di direttore della c.c. di Modena) che impediva il sereno e corretto svolgimento delle funzioni di direttore della casa circondariale.

Con provvedimento del Provveditore regionale prot. -OMISSIS-del 20/01/2020, è stata comunicata alla dott.ssa -OMISSIS-l’intervenuta adozione del decreto di revoca dell’incarico di direttore della Casa circondariale di Modena, in attesa di registrazione da parte della Corte dei conti.

Con successivo provvedimento del medesimo Provveditore in data 22/01/2020, prot. 737, la dott.ssa -OMISSIS-è stata temporaneamente collocata presso la Casa circondariale di Bologna con l’incarico di Vice Direttore con un incarico definito dall’amministrazione “superiore”.

2. - Tali provvedimenti sono stati impugnati dalla ricorrente con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado proposto dinanzi al

TAR

Emilia Romagna, sede di Bologna.

2.1 - In data 21/02/2020 è stato notificato alla ricorrente il decreto del Ministero della Giustizia –Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – Direttore Generale del personale e delle risorse adottato in data 15/01/2020, con il quale la P.A. ha revocato, ai sensi dell’art. 10, comma 4, lett. a) del D.Lgs. n. 63/2006, l’incarico inizialmente conferito alla ricorrente.

2.2 - La ricorrente ha impugnato tale provvedimento con ricorso per motivi aggiunti.

3. - Il provvedimento di revoca dell’incarico di direttore della casa circondariale di Bologna è stato adottato in applicazione dell’art. 10, comma 4, lett. a) del d.lgs. n. 63/2006, secondo cui gli incarichi possono essere revocati “quando, per qualsiasi causa, anche senza colpa, i funzionari non possano svolgere efficacemente il loro incarico nella sede che occupano”; nel caso di specie – a seguito dell’ispezione – l’Amministrazione ha accertato “il decadimento del clima organizzativo pregiudizievole per il corretto e sereno funzionamento dell’ufficio che ha compromesse l’esercizio della funzione dirigenziale” ;
ciò ha determinato, secondo l’amministrazione, “una situazione di pericolo per la funzionalità, la sicurezza per l’istituto, la regolarità e la continuità dell’azione amministrativa” tale da integrare “le ragioni ostative alla permanenza di servizio della dott.ssa -OMISSIS- presso l’istituto di Modena” (cfr. decreto del Ministero della Giustizia del 15 gennaio 2020).

Occorre precisare che, con nota 10 luglio 2020, n. 245510, il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per l’Emilia-Romagna, Marche ha designato l’appellante quale dirigente dell’UIDEPE (Ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna, riconducibile al Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità) di Bologna e quello di dirigente dell’UDEPE (Ufficio distrettuale di esecuzione penale esterna) di Reggio Emilia. Risulta dagli stessi atti che, a differenza dell’incarico provvisorio come Vice direttore del carcere di Bologna, l’appellante ha assunto regolarmente servizio in data 1 luglio 2020, previa dichiarazione di disponibilità all’assunzione dell’incarico.

Tale determinazione non è stata impugnata.

4. - Nel giudizio di primo grado la ricorrente ha censurato la valutazione discrezionale del Ministero della Giustizia denunciando i vizi di difetto di istruttoria e di carenza di motivazione, sostenendo che la situazione che si sarebbe creata presso la casa circondariale di Modena non sarebbe addebitabile al suo comportamento, quanto piuttosto ad un atteggiamento oppositivo da parte delle organizzazioni sindacabili della polizia penitenziaria.

Ha anche dedotto che i provvedimenti impugnati avrebbero avuto una natura latamente sanzionatoria senza che venisse accertata la sua effettiva responsabilità;
ha poi aggiunto che la misura – i.e. il suo trasferimento alla casa circondariale di Modena in qualità di Vice direttore – sarebbe sproporzionata.

Secondo la ricorrente, si sarebbe verificato un demansionamento senza causa;
ha sottolineato che i due incarichi che le sono stati assegnati, quello di vice direttore della Casa circondariale di Bologna e di direttore presso l’UIDEPE (Ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna, riconducibile al Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità) avrebbero inciso sulla sua carriera.

5. - Come anticipato con la sentenza n. -OMISSIS-, il TAR ha respinto il ricorso ed i successivi motivi aggiunti.

6. - Avverso tale decisione la ricorrente ha proposto appello chiedendo la riforma della sentenza appellata.

6.1 - Si è costituita in giudizio l’Amministrazione resistente che, con memoria difensiva, ha replicato alle doglianze proposte chiedendone il rigetto.

6.2 - Con memoria del 16 gennaio 2024 l’appellante ha replicato alle tesi difensive del Ministero della Giustizia.

7. - All’udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2024 l’appello è stato trattenuto in decisione.

8. – L’appello è infondato e va, dunque, respinto.

9. - Con il primo motivo l’appellante ha dedotto i vizi di eccesso di potere sotto differenti profili nonché la violazione dell’art. 10, comma 4, lett. a) del d.lgs. n. 63/2006 sostenendo che l’Amministrazione avrebbe mal interpretato tale disposizione.

Secondo l’appellante, inoltre, l’Amministrazione si sarebbe limitata a richiamare la relazione ispettiva, senza accompagnare il provvedimento da una adeguata motivazione, che sarebbe stata necessaria in considerazione della natura gravemente lesiva dell’atto per la sua dignità professionale.

I rilievi indicati in tale relazione, secondo l’appellante, sarebbero stati espressi “secondo l’esclusivo punto di vista della Polizia Penitenziaria (n. 15 agenti su un personale complessivo di circa 220 unità in servizio) ”;
non sarebbe stato possibile comprendere quali condotte avrebbero impedito l’efficace svolgimento dell’incarico nella sede della casa circondariale di Modena, tenuto conto del comportamento di chiusura tenuto dalle organizzazioni sindacali, non disponibili ad aprire un dialogo sulle questioni controverse.

L’appellante ha, quindi, contestato le affermazioni contenute nella relazione ispettiva rilevando che:

- la gestione dei detenuti rientra nelle competenze del Direttore e non della Polizia Penitenziaria, come pure rientra nelle competenze del Direttore l’organizzazione, coordinamento e controllo dello svolgimento delle attività di istituto;

- quanto all’episodio relativo alla condotta aggressiva tenuta da un detenuto tale da produrre lesioni ad un agente, ha rilevato che vi sarebbero discrasie nella ricostruzione dei fatti e che non vi sarebbe stato l’obbligo di disporre il trasferimento del detenuto;

- in merito alle informazioni relative a tale fatto da lei fornite all’Autorità Giudiziaria, al Provveditore e ad altre cariche istituzionali, tale circostanze non avrebbero potuto condurre al provvedimento di revoca dell’incarico;

- né avrebbero potuto assegnarsi rilievo alla sua decisione relativa al mancato esercizio dell’azione disciplinare in molte occasioni, alla scelta di non agire in via risarcitoria in caso di danni prodotti da un detenuto, tenuto conto delle sue gravissime problematiche psichiatriche, ovvero in relazione alla gestione della corrispondenza telefonica dei detenuti.

In aggiunta a quanto rilevato, l’appellante ha contestato tutti i rilievi contenuti nella relazione ispettiva, relativi alle modalità da lei utilizzate nella gestione della casa circondariale in merito all’ammissione dei detenuti al lavoro, ai procedimenti disciplinari nei confronti del personale, all’inopportunità di taluni suoi comportamenti, al difficile rapporto con il Comandante della Polizia Penitenziaria, e così via.

A questo proposito l’appellante ha rilevato che le difficili relazioni con le organizzazioni sindacali si erano verificate anche in passato, prima che lei assumesse l’incarico di Direttore della casa circondariale di Modena.

L’appellante, infine, ha dedotto il vizio di contraddittorietà ed illogicità del provvedimento di revoca dell’incarico, rappresentando che l’Amministrazione da un lato ha ritenuto (in conformità a quanto ritenuto nella relazione ispettiva) che fosse auspicabile il suo allontanamento delle funzioni di direttore di un istituto penitenziario, ritenendo che la conflittualità non sarebbe derivata dallo specifico contesto modenese, quanto piuttosto dal suo personale e astratto pregiudizio nei confronti del Corpo di Polizia Penitenziaria, e dall’altro lato ha però chiarito che avrebbe potuto partecipare alle procedure per il conferimento di tale incarico dirigenziale.

9.1 - Tale censura non può essere condivisa.

Nell’appello la ricorrente ha contestato le valutazioni contenute nella relazione ispettiva, rilevando che i rilievi svolti nei confronti delle sue scelte organizzative e gestionali all’interno della casa circondariale sarebbero stati non condivisibili, in quanto fondati su una non corretta disamina dei fatti: ha sostenuto che la situazione di conflitto determinatasi all’interno dell’istituto sarebbe stata addebitabile alla condotta delle organizzazioni sindacali della Polizia Penitenziaria, rivendicando al proprio ruolo di direttrice le scelte relative alla gestione dei detenuti, e del personale di polizia penitenziaria, stigmatizzate nella relazione ispettiva.

9.3 – La prospettazione dell’appellante non può essere condivisa.

Come ha correttamente ritenuto il TAR, dalla lettura della relazione emergono le criticità che hanno indotto il Ministero della Giustizia a revocare l’incarico già assegnato all’appellante.

Nella circostanziata relazione depositata in primo grado, redatta dalla Commissione ispettiva, emergono una serie di criticità relative alla gestione dell’Istituto e, in particolar modo dei poteri sanzionatori di cui è titolare un dirigente penitenziario e al rapporto, ormai irrimediabilmente deteriorato, tra il dirigente e gli operatori di polizia penitenziaria e tale da determinare una situazione di incompatibilità ambientale.

9.4 Giova precisare, in diritto, che l’amministrazione ha adottato il provvedimento di revoca ai sensi dell’art. 10, comma 4, lett. a) del d.lgs. 63/2006 a mente del quale:

“Gli incarichi possono essere revocati: a) quando, per qualsiasi causa, anche senza colpa, i funzionari non possano svolgere efficacemente il loro incarico nella sede che occupano”.

La ratio della disposizione, come suggerito dal suo tenore letterale, quindi, non rispecchia lo schema della responsabilità;
non è quella di individuare la causa dell’incompatibilità ambientale e sanzionarla. La disposizione in parola ha come obiettivo quello di garantire il sano e corretto svolgimento delle relazioni inframurarie in un contesto di delicato equilibrio tra diverse esigenze, costituzionalmente individuate: la sicurezza delle persone ristrette, la regolarità dei programmi di rieducazione e rinserimento nella società, l’accesso a cure mediche adeguate e appropriate, la garanzia dell’ordine pubblico e il diritto al lavoro degli operatori di polizia.

Il legislatore ha quindi approntato una misura che non ha carattere sanzionatorio ma al più restitutorio, di riequilibrio, nel caso in cui queste esigenze vengano poste in pericolo da una situazione ambientale critica.

9.5 Ne consegue che – come rettamente ritenuto dal TAR – la motivazione del provvedimento di revoca “ risulta legittima, conforme alle previsioni del citato art. 10, comma 4, lett. a) del D.lgs. n. 63/2006 nonché adeguata ad esternare l’iter logico seguito dalla P.A. nel perseguire la propria determinazione”.

9.6 Quanto all’asserito vizio di contraddittorietà all’interno del provvedimento di revoca, è sufficiente rilevare che l’amministrazione si è limitata a richiamare la circostanza fattuale relativa alla perdita dell’incarico che comporta automaticamente la possibilità di assumerne un altro.

Ne consegue l’infondatezza del primo motivo.

10 - Con il secondo mezzo l’appellante ha censurato il capo di sentenza che ha negato la natura sanzionatoria del provvedimento impugnato ed ha respinto la censura di violazione del principio di proporzionalità: le deduzioni dell’appellante non possono essere condivise per le medesime considerazioni svolte nel paragrafo 9.4 della sentenza.

Si tratta, infatti, di una misura che può applicarsi a prescindere dall’accertamento della colpa in capo al dipendente e che viene disposta nell’esclusivo interesse al buon andamento della gestione dell’istituto dopo aver accertato una serie di criticità tali da comprometterne il corretto e sereno funzionamento.

Possono richiamarsi al riguardo i principi costantemente espressi dalla giurisprudenza in relazione al provvedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale dei pubblici dipendenti da parte della P.A. (cfr. Cons. Stato sez. II, 06/11/2023, n. 9563;
Consiglio di Stato sez. II, 02/10/2023, n.861);
si tratta di provvedimenti non hanno carattere sanzionatorio, non postulano un comportamento contrario ai doveri d'ufficio, ma sono strettamente connessi alle esigenze organizzative dell'Amministrazione e preordinati a ovviare a situazioni d'incompatibilità ambientale, prescindendo da ogni giudizio di rimproverabilità della condotta dell'interessato e dal rilievo disciplinare della condotta (Cons. Stato sez. II, 04/07/2023, n.6524).

10.1 - Non trattandosi di provvedimento sanzionatorio, non possono porsi questioni di proporzionalità della misura adottata.

Negli atti di causa emerge un clima di irriducibile conflitto. Nelle missive trasmesse al provveditorato regionale da alcune associazioni del terzo settore si dà conto di una situazione di contrasto che si auspicava si ricomponesse ma, come si dà conto nella relazione, il tentativo di “riconciliazione” tra le parti non è andato a buon fine, sicché l’unica misura adottabile per risolvere l’incresciosa situazione creatasi doveva ritenersi quella del cambiamento del dirigente dell’istituto.

11. - Per quanto concerne il demansionamento lamentato dall’appellante, si precisa quanto segue.

Ai sensi dell’art. 3

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