Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-11-14, n. 201907833

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-11-14, n. 201907833
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201907833
Data del deposito : 14 novembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/11/2019

N. 07833/2019REG.PROV.COLL.

N. 08198/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 8198 del 2010, proposto da
Veneta Real Estate s.r.l., già Euganea Immobiliare s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Alberto Caroncini, 51.

contro

Comune di Vicenza, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato L C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia.

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) n. 01295/2010, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 settembre 2019 il Cons. G L B e uditi per le parti gli avvocati A M e L C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto ha respinto il ricorso proposto dalla società Euganea Immobiliare s.r.l. contro il Comune di Vicenza per l’annullamento della deliberazione della Giunta comunale del 19 ottobre 2005, n. 357, avente a oggetto " proposta di ristrutturazione e sviluppo dello stadio comunale Romeo Menti ".

1.1. La sentenza impugnata ha esposto i fatti nei seguenti termini:

<< 1. Nel giugno del 2003 Euganea Immobiliare s.r.l. presentò al Comune di Vicenza, ai sensi dell'articolo 37, primo comma, della legge 109 del 1994, proposta di ristrutturazione e sviluppo dello stadio comunale “Romeo Menti”.

Il progetto generale architettonico e ingegneristico era stato curato da architetti, da uno studio di progettazione, mentre la progettazione generale degli impianti tecnologici era stata effettuata e il ruolo di advisor tecnico- economico assunto dalla banca d'affari “Livolsi &
Partners”.

Esaminata la proposta, l'amministrazione comunale sollecitò la modifica di alcune previsioni progettuali, che furono presentate il 30 dicembre 2003. Ulteriori elaborati furono richiesti il 4 marzo 2004 e depositati il successivo mese di aprile.

Successivamente il responsabile del procedimento comunicò, con nota 3 agosto 2004, che era "in fase di predisposizione la deliberazione di dichiarazione di pubblico interesse della proposta medesima, ai sensi dell'articolo 37 della legge n.109 del 1994”, ricordando che "l’asseverazione dell'originario piano finanziario datata 7 giugno 2003 deve essere aggiornata al piano economico finanziario datato aprile 2004". In data 11 ottobre 2004 veniva presentata la nuova asseverazione del predetto piano economico finanziario.

A seguito di tale ultima integrazione, la ricorrente si attendeva che il Comune di Vicenza dichiarasse formalmente di interesse pubblico la proposta e desse corso alla procedura a evidenza pubblica prevista dall'articolo 37-quater.

Invece l'amministrazione rimaneva inerte, tanto da indurre la ricorrente a notificare un ricorso ai sensi dell'articolo 21 bis della legge 1034 del 1971;
in prossimità dell'udienza di discussione veniva tuttavia adottato il provvedimento espresso in base al quale veniva ritenuta "non di pubblico interesse la proposta presentata".
>>.

1.2. La ricorrente ha contestato le ragioni del diniego –che il provvedimento impugnato individua nei profili: urbanistico, viabilistico, di gestione dell’opera pubblica, del piano economico finanziario e della sicurezza negli stadi - con altrettante censure, riassunte nel paragrafo sub 3 della sentenza impugnata e precedute dai rilievi che:

- erano stati previsti interventi per € 95.500.000,00, la cui predisposizione era costata a Euganea Immobiliare s.r.l. complessivamente € 436.870,22, IVA esclusa;

- la proposta di ristrutturazione e sviluppo dello stadio comunale era stata sollecitata dallo stesso Comune di Vicenza ed aveva comportato una lunga e onerosa attività istruttoria, anche da parte dell'amministrazione;

- dunque, il comune, con la sua determinazione di diniego del tutto generica, avrebbe dato luogo ad una “ evidente lesione del principio dell'affidamento sulla correttezza dell'attività connessa a contatto amministrativo ” per cui, con atto di motivi aggiunti, oltre alla domanda di annullamento, era stata avanzata istanza di risarcimento dei danni.

1.3. La sentenza -dopo aver respinto il motivo in rito concernente la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 ed aver richiamato le regole poste dall’art. 37 bis e seguenti della legge n. 109 del 1994 in tema di project financing , nonché la giurisprudenza formatasi, in particolare, con riguardo alla valutazione della rispondenza della proposta al pubblico interesse- ha giudicato infondate le doglianze della ricorrente, per i motivi di cui si dirà.

1.4. Ne è seguito il rigetto della domanda di annullamento e della domanda risarcitoria, con compensazione delle spese di lite.

2. La società Euganea Immobiliare s.r.l. ha avanzato appello con otto motivi, lamentando l’errore di giudizio sugli originari motivi di ricorso e riproponendo questi ultimi, nonché la domanda di risarcimento danni.

2.1. Nella pendenza del giudizio di appello le società Euganea Immobiliare s.r.l., Delma s.r.l. unipersonale e Tec. Cos. s.r.l. unipersonale in liquidazione si sono fuse mediante incorporazione delle ultime due in Euganea Immobiliare e questa, contestualmente all’adozione del nuovo statuto sociale, ha mutato la propria denominazione in Veneta Real Estate s.r.l.

2.1.1. Tutti i rapporti processuali già in capo a Euganea Immobiliare sono stati proseguiti da Veneta Real Estate, che, nel presente giudizio, ha revocato i difensori già costituiti e li ha sostituiti col difensore indicato in epigrafe.

2.2. Il Comune di Vicenza si è costituito per resistere al gravame.

2.3. Alla pubblica udienza del 26 settembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione, previo deposito di memorie conclusive e di repliche di ambedue le parti, nonché deposito di nuovi documenti da parte dell’appellante.

3. Col primo motivo ( errore di giudizio sul motivo d’impugnazione n. 1 formulato con il ricorso introduttivo : “ in relazione al procedimento che ha condotto all’emanazione dell’atto impugnato: violazione dell’art. 10 bis della l. 07.08.1990 n. 241 ”), l’appellante sostiene l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha escluso l’applicabilità dell’art. 10- bis della legge n. 241 del 1990.

3.1. La decisione di rigetto si fonda sull’affermazione che i procedimenti concorsuali, quale è il project financing , non ricadono nell’ambito di operatività della norma e che, comunque, non si tratta di procedimento avviato su istanza di parte.

3.2. Col motivo di gravame si criticano entrambe le argomentazioni.

3.2.1. Secondo l’appellante, la fase relativa alla valutazione del pubblico interesse all’attuazione di una proposta di project financing non avrebbe ontologicamente natura concorsuale, in quanto si tratta di un subprocedimento che avrebbe carattere comparativo meramente eventuale, ai sensi dell’art. 37 -ter della legge n. 109 del 1994 (applicabile ratione temporis ), ed in quanto tale carattere sarebbe sempre escluso nel caso di presentazione di unica proposta, tanto più che l’avviso pubblicato dal Comune di Vicenza non aveva prefigurato la possibilità di una valutazione comparativa tra le diverse proposte, dato che non conteneva i criteri in base ai quali procedere a tale valutazione, così come invece previsto dall’art. 37- bis , comma 2- bis , della legge n. 109 del 1994.

3.2.2. Ancora, secondo l’appellante, la proposta di project financing costituirebbe una domanda di parte avanzata nei confronti dell’ente, che può accoglierla o respingerla.

3.3. Il motivo è infondato sotto entrambi i profili.

3.3.1. La finanza di progetto si concreta, quanto a scelta del contraente, in una procedura particolare di affidamento delle concessioni (in origine di lavori pubblici, successivamente estesa ad altre tipologie di affidamento), che -pur connotata dal coinvolgimento degli operatori privati in tutte le fasi (progettuale, esecutiva e gestionale) e da peculiari modalità di finanziamento dell’opera (prevalentemente con capitale privato)- si conforma ai principi dell’evidenza pubblica per la ragione di base che è comunque orientata alla scelta – che a tutela della concorrenza non può che essere competitiva - del contraente di pubbliche amministrazioni (cfr. già Cons. Stato, V, 20 ottobre 2004, n. 6847 che, nella premessa della “ indubbia natura concorsuale fra soggetti preselezionati nelle diverse fasi della procedura complessa ”, osserva che “ non si sottrae ai principi della par condicio nonché di economicità e speditezza delle operazioni concorsuali ”).

Infatti, la sedes materiae della disciplina era, all’epoca della vicenda oggetto del presente giudizio, quella degli artt. 37- bis - 37- nonies della legge quadro in materia di lavori pubblici dell’11 febbraio 1994, n. 109, nel corpo della quale fu introdotta dall’art. 11 della legge 18 novembre 1998, n. 415 e integrata con il d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554. Successivamente ha avuto collocazione negli 86e-581a-afc5-7f16df0f3942::LR55F60EDC378C1A96F63E::2016-04-19" href="/norms/codes/itatextphjk5hp9bgmqdb1/articles/itaartiqlphz3uogf7m70?version=625da06c-586e-581a-afc5-7f16df0f3942::LR55F60EDC378C1A96F63E::2016-04-19">artt. 152-160 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 ed oggi è prevista nell’art. 183 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, sotto il Titolo I ( partenariato pubblico privato ) della Parte IV dedicata a particolari procedure e modalità di affidamento dei contratti pubblici.

La procedura disciplinata dagli artt. 37- bis e segg. della legge n. 109 del 1994 (della quale unica occorre occuparsi perché applicabile al caso di specie) prevede di regola -fatta salva la possibile iniziativa privata di cui agli ultimi tre periodi dell’art. 37- bis , comma 1, sulle proposte d’intervento e gli studi di fattibilità di soggetti, pubblici e privati, diversi dalle amministrazioni aggiudicatrici (che esula completamente dall’ambito della presente decisione)- l’iniziativa pubblica delle amministrazioni aggiudicatrici mediante l’inserimento, nella programmazione triennale di cui all’art.14, comma 2, o negli strumenti di programmazione approvati in base alla normativa vigente, dei lavori pubblici o di pubblica utilità da realizzarsi, tramite contratti di concessione, con risorse, in tutto o in parte, private. Tale iniziativa comporta la pubblicazione dell’avviso di cui all’art. 37 -bis , comma 2- bis (cfr., per la rilevanza dell’anticipazione dell’obbligo di pubblicità, in riferimento alla procedura di scelta del concessionario mediante project financing , Cons. Stato, V, 5 ottobre 2005, n. 5316).

La pubblicazione dell’avviso da parte dell’amministrazione aggiudicatrice è quindi presupposto per l’avvio di una particolare procedura di scelta del contraente articolata in più fasi:

- la prima fase è volta alla scelta del promotore finanziario (artt. 37- bis e 37- ter ) il cui progetto, se valutato di pubblico interesse, è posto a base della seconda fase;

- questa consiste in una vera e propria gara (art. 37 -quater , comma 1, lett. a) ;
in esito a tale gara si apre la procedura negoziata di cui all’art. 37 -quater , comma 1, lett. b) , configurabile anche come una terza fase (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. 28 gennaio 2012, n.1) a carattere eventuale perché il promotore rimane aggiudicatario se nella gara non vi siano altre offerte (art. 37 -quater , comma 2).

3.3.2. Orbene, contrariamente a quanto assume la società appellante, anche la prima fase, finalizzata alla selezione del promotore, comporta una “ valutazione comparativa ” tra le diverse proposte che -pur non essendo configurata come una vera e propria gara, a differenza di quanto previsto successivamente dall’art. 153, commi 7, 8 e 9, del d.lgs. n. 163 del 2006 ed attualmente dall’art. 183, commi 1-14, del d.lgs. n. 50 del 2016 per il project financing ad iniziativa pubblica- vengono esaminate appunto «anche comparativamente, sentiti i promotori che ne facciano richiesta» (come specificato nell’art. 37- ter ).

La valutazione comparativa delle proposte è quindi effettuata alla stregua di criteri e modalità analiticamente disciplinati sia dall’art. 37- bis , laddove precisa il contenuto delle proposte e dell’avviso, da pubblicarsi da parte delle amministrazioni aggiudicatrici, sia dall’art. 37- ter , laddove individua i criteri di valutazione di “fattibilità” delle proposte (« sotto il profilo costruttivo, urbanistico ed ambientale, nonché della qualità progettuale, della funzionalità, della fruibilità dell’opera, dell’accessibilità al pubblico, del rendimento, del costo di gestione e di manutenzione, della durata della concessione, dei tempi di ultimazione dei lavori della concessione, delle tariffe da applicare, della metodologia di aggiornamento delle stesse, del valore economico e finanziario del piano e del contenuto della bozza di convenzione» ), tra le quali individuare quelle di «pubblico interesse» da porre a base della gara di cui all’art. 37 -quater .

3.3.3. La prima fase, volta alla selezione comparativa della migliore proposta, è quindi inserita in una fattispecie a formazione progressiva di individuazione concorsuale dell’aggiudicatario, composta da più fasi che, pur connotate da autonomia, sono tra loro connesse (cfr. Cons. Stato, V, 14 aprile 2015, n. 1872).

Dal punto di vista funzionale, si tratta di un’unica procedura di affidamento della concessione (il che impone che sia necessariamente concorsuale) che prende l’avvio dalla pubblicazione dell’avviso da parte dell’amministrazione aggiudicatrice e, quando la proposta del promotore sia valutata di pubblico interesse e sia stata indetta la gara, si conclude con l’aggiudicazione e la stipulazione del contratto di cui all’art. 19, comma 2, della legge n. 109 del 1994.

Per completezza, va precisato che le contrarie citazioni giurisprudenziali dell’appellante non appaiono pertinenti, perché riferite a procedure di finanza di progetto c.d. ad iniziativa privata, nelle quali la proposta del privato è riferita ad opere o lavori pubblici non inseriti negli strumenti di programmazione dell’amministrazione (attualmente disciplinate nell’art. 183, comma 15-19 del d.lgs. n. 50 del 2016;
in origine dalla già citata ultima parte dell’art. 37- bis , comma 1, della legge n. 109 del 1994, estranea al caso oggetto del presente giudizio).

3.3.4. Infatti, come sottolineato dalla difesa comunale, nel caso di specie vi è stata la pubblicazione da parte del Comune di Vicenza di un avviso pubblico indicativo degli interventi realizzabili con capitali privati, mediante project financing , previsti nel programma triennale e nell’elenco annuale dei lavori pubblici 2003-2005, tra i quali vi era quello di ristrutturazione e sviluppo dello stadio comunale “Romeo Menti”.

3.3.5. Non rileva, ad escludere la natura concorsuale del procedimento così avviato, che sia stata presentata un’unica proposta, così come la presentazione di un’unica offerta non fa venir meno la natura concorsuale delle altre procedure di scelta del contraente.

Parimenti, allo stesso fine, non rilevano eventuali lacune o irregolarità dell’avviso pubblicato dal comune, che non si siano tradotte in motivi di ricorso.

Per quanto detto sulla natura concorsuale della procedura, risulta privo di fondamento l’assunto dell’appellante secondo cui si tratterebbe di procedimento ad istanza di parte.

3.3.6. In conclusione, l’art. 10- bis della legge n. 241 del 1990 non si applica al provvedimento con cui, in una procedura di affidamento mediante finanza di progetto, l’amministrazione aggiudicatrice dichiara che la proposta del promotore non è di pubblico interesse (in termini, già Cons. Stato, V, 18 dicembre 2017, n. 5940).

Il primo motivo di appello va perciò respinto.

4. Col secondo motivo ( errore di giudizio sul motivo d’impugnazione n. 2 formulato con il ricorso introduttivo : “ In relazione al procedimento che ha condotto all’emanazione dell’atto impugnato: eccesso di potere per contraddittorietà e carenza di motivazione;
violazione dell’art. 3, comma 1, della l. 07.08.1990, n. 241
”), l’appellante assume che la sentenza non avrebbe preso posizione sul tale secondo motivo, malgrado la condotta dell’ente risultasse sintomatica dell’eccesso di potere per contraddittorietà e carenza di motivazione, considerato che:

- con nota del 3 agosto 2004, P.G. n. 39507, il responsabile del procedimento aveva comunicato che era “ in fase di predisposizione la deliberazione di dichiarazione di pubblico interesse della proposta medesima, ai sensi dell’art. 37-ter della legge 109/94 ”, facendo così intendere che l’ente avesse già riconosciuto il “pubblico interesse”;

- con delibera della G.C. del 19 ottobre 2005, n. 357, l’ente ha poi negato la dichiarazione di pubblico interesse, senza alcuna motivazione che esplicasse il contrasto evidente con la precedente comunicazione.

4.1. Il motivo è infondato, sia quanto alla censura mossa alla sentenza che quanto all’asserito vizio di eccesso di potere per contraddittorietà e carenza di motivazione del provvedimento impugnato.

4.1.1. Sebbene la sentenza non abbia esaminato il motivo ex professo , ha dato atto, nella parte in fatto, della nota del 3 agosto 2004, nonché della precisazione ivi contenuta che “ l’asseverazione dell’originario piano finanziario datata 7 giugno 2003 deve essere aggiornata al piano economico finanziario datato aprile 2004 ” e della presentazione di tale asseverazione in data 11 ottobre 2004.

Dato ciò, è da ritenere che, come rileva la difesa comunale, la questione posta dal motivo sia rimasta implicitamente assorbita dalla motivazione di rigetto della decisione di primo grado, che ha riconosciuto la legittimità degli atti impugnati, sulla base dei condivisibili argomenti di cui si dirà.

4.1.2. Peraltro, il confronto tra la nota anzidetta ed il provvedimento impugnato non palesa affatto la contraddittorietà lamentata dall’appellante.

Al riguardo, è sufficiente osservare che la nota n. 39507 del 3 agosto 2004 è espressamente richiamata dalla deliberazione della Giunta comunale n. 357 del 2005, che dà tuttavia conto del fatto che la società era stata avvertita che -come risulta dal testo della comunicazione n. 39507- la proposta di deliberazione sarebbe stata sottoposta all’approvazione della Giunta comunale “ non appena ultimata la valutazione del piano economico-finanziario, affidato a Studio esterno ” (cfr. doc. 7 della produzione del Comune in appello).

Va perciò escluso che la comunicazione contenesse una compiuta manifestazione di volontà dell’ente, circa il pubblico interesse della proposta, di portata tale da entrare in contraddizione con il provvedimento successivo con cui la proposta è stata dichiarata di “non di pubblico interesse”, tanto da dare luogo al denunciato vizio di eccesso di potere.

D’altronde, tale ultimo provvedimento è motivato in punto di criticità della proposta avanzata dalla società, sia con riferimento alla normativa sopravvenuta (in parte successiva anche alla nota anzidetta), sia con riferimento all’esito della valutazione del piano economico – finanziario (non totalmente favorevole alla società, contrariamente a quanto da questa sostenuto in giudizio), di modo che va escluso il vizio di motivazione, così come dedotto col secondo motivo di gravame.

4.2. Quest’ultimo va perciò respinto.

5. Con i motivi successivi vengono riproposti i motivi di censura delle ragioni del diniego della dichiarazione di pubblico interesse.

La sentenza di primo grado ne ha espressamente respinti tre e la decisione è censurata con i motivi di appello terzo, settimo e ottavo, secondo quanto appresso.

5.1. In relazione al profilo urbanistico (primo motivo di diniego, esposto nei seguenti termini nella deliberazione impugnata: la proposta comporta necessariamente l'approvazione di variante al piano regolatore, e ai sensi della legge regionale 11 del 2004, articolo 48, primo comma, non è possibile adottare varianti fino all'approvazione del primo piano di assetto del territorio (PAT) di cui il Comune è attualmente sprovvisto ), la ricorrente aveva denunciato violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, violazione dell’art. 48, comma 1, della legge regionale n. 11 del 2004, eccesso di potere per illogicità, incongruità e difetto di motivazione , contestando la giustificazione resa dal comune, poiché la norma ivi richiamata fa salva l'adozione di varianti finalizzate alla realizzazione di opere pubbliche e di impianti di interesse pubblico, sicché, in ogni caso, nel motivare l'atto impugnato l'amministrazione avrebbe dovuto verificare la compatibilità tra la proposta e i tempi necessari a modificare lo strumento urbanistico vigente.

5.1.1. La sentenza di primo grado ha respinto il motivo, osservando che “[…] la circostanza dell'ammissibilità in astratto di una variante specifica nel caso di opere di interesse pubblico anche prima dell'adozione-approvazione del primo piano di assetto del territorio, non vale a legittimare nel caso in esame la variante de qua, in quanto la proposta di ristrutturazione prevedeva la realizzazione di impianti commerciali (e) di uffici, che a loro volta richiedevano ulteriori giudizi di tipo urbanistico da adottarsi esclusivamente mediante il P.A.T. […]”.

5.1.2. Col terzo motivo d’appello si sostiene che dal 22 ottobre 2004 (data di entrata in vigore degli artt. 12 e segg. della legge regionale n. 11 del 2004) il Comune di Vicenza era obbligato a redigere il nuovo strumento urbanistico ed avrebbe quindi potuto subordinare l’attuazione della proposta all’eventuale inserimento delle necessarie previsioni nel Piano in questione, mentre l’amministrazione ha valutato il quadro urbanistico rebus sic stantibus , riferendosi al piano regolatore vigente, con motivazione tautologica (in quanto non ha affrontato la possibilità di apportare modifiche esercitando lo ius variandi che caratterizza l’attività di pianificazione territoriale). Il Tribunale amministrativo regionale avrebbe quindi errato nel rigettare il motivo di ricorso.

5.2. In relazione al profilo del piano economico finanziario (quinto motivo di diniego, esposto nei seguenti termini nella deliberazione impugnata: si è provveduto ad approfondire gli aspetti patrimoniali, di redditività, di sostenibilità ed equilibrio del piano economico finanziario a corredo del progetto Goal. Si è verificato che lo stesso è costruito su ipotesi ragionevoli e con corretta stima di costi e ricavi. Si è però rilevato che il rendimento atteso dal promotore, confrontato con un rendimento "normale", contiene margini eccessivamente sbilanciati a favore del concessionario. In particolare non viene effettuata alcuna simulazione sulla conseguenza dell'esercizio del diritto di opzione sulle superfici edificate o sulla cessione degli immobili gravati dal diritto di superficie, da esercitarsi al termine del periodo di concessione ), la ricorrente aveva denunciato violazione degli artt. 3 e 6, comma 1, lett. b) della legge n. 241 del 1990;
violazione dell’art. 97 Cost.;
eccesso di potere per illogicità, incongruità e difetto di motivazione
, censurando per difetto di motivazione anche questa affermazione, posto che il provvedimento non riportava alcuna cifra, nessuna percentuale, nessuna analisi a giustificazione del giudizio negativo;
inoltre, se il Comune avesse ritenuto indispensabile la predetta simulazione , avrebbe potuto e dovuto richiederla, anche in applicazione dell’art. 6, comma 1, lett. b) , della legge n. 241 del 1990.

5.2.1. La sentenza appellata ha respinto tali censure, ritenendo infondate le doglianze della ricorrente “ con riferimento alle ragioni, espresse nel provvedimento principalmente impugnato […] sulla congruità del piano finanziario, richiamando al proposito la decisione del Consiglio di Stato n. 2979 del 2008, secondo la quale la valutazione della vantaggiosità dell'offerta, come risulta dal piano economico finanziario, presuppone l'accertamento della effettiva e concreta redditività dell'operazione a fronte di prezzi che si collochino al di sopra di medie di mercato e siano quindi in grado di negativamente influenzare le entrate previste dal piano, incidendo sull'equilibrio della gestione che spetta all'amministrazione valutare ”.

5.2.2. Col settimo motivo di appello si sostiene che tale motivazione non sarebbe idonea al rigetto delle censure, non essendo utile il richiamo del precedente del Consiglio di Stato, dato che la motivazione del provvedimento non avrebbe consentito di comprendere perché ed in quale misura “ il rendimento atteso dal promotore, confrontato con un rendimento normale ” avrebbe garantito “ margini eccessivamente sbilanciati a favore del concessionario ” e per quale motivo (e con quale incidenza) avrebbe dovuto essere effettuata la simulazione ivi richiamata.

5.3. In relazione al profilo della sicurezza negli stadi (sesto motivo di diniego, esposto nella deliberazione impugnata nei seguenti termini: la proposta presentata non è in linea con le norme introdotte dal decreto ministeriale 6 giugno 2005, in special modo con l'articolo 8 relativamente alle misure di sicurezza negli stadi;
in particolare non esiste, né è reperibile all'esterno dello stadio, area sufficiente per realizzare la zona di sicurezza prevista dal suddetto decreto
), la ricorrente aveva denunciato violazione degli artt. 3 e 6, comma 1, lett. b) della legge n. 241 del 1990;
violazione dell’art. 97 Cost.;
eccesso di potere per illogicità, incongruità e difetto di motivazione
, rilevando che gli elaborati erano stati presentati prima che il decreto ministeriale fosse emanato, quindi all'evidenza l'amministrazione avrebbe potuto semplicemente chiedere l'integrazione della proposta, con la previsione degli adeguamenti necessari affinché il progetto di ristrutturazione dello stadio fosse compatibile con le norme sopravvenute.

5.3.1. La sentenza di primo grado ha reputato infondate le censure ritenendo legittima l’esclusione da parte dell’Amministrazione procedente della proposta presentata “ perché non corrispondente al pubblico interesse, con particolare riferimento all'intervenuta normativa sulla sicurezza degli stadi ”.

5.3.2. Con l’ottavo motivo di appello si torna a sostenere che la giustificazione del diniego per tale profilo, oltre a presentare il limite di istruttorio di cui sopra, sarebbe generica perché inidonea ad esplicare le carenze progettuali e comunque adottata in violazione dei principi della “leale collaborazione” e del giusto procedimento amministrativo, di cui agli artt. 6 della legge n. 241 del 1990 e 97 della Costituzione.

Si censura quindi la sentenza di primo grado per motivazione insufficiente, aggiungendo che le disposizioni contenute negli artt. 37- bis e seg. della legge n. 109 del 1994 evidenziano il rilievo assegnato al principio di “leale collaborazione” tra la pubblica amministrazione ed il proponente, in particolare negli artt. 37- bis , comma 2- ter , e 37- ter , dai quali si sarebbe discostata la condotta tenuta dal Comune di Vicenza nel caso di specie.

6. I motivi di gravame terzo, settimo e ottavo, sopra riassunti, sono infondati.

Essi vanno trattati congiuntamente perché tutte le censure mosse dall’appellante non tengono conto della giurisprudenza, pure richiamata nella sentenza appellata, che riconosce all’amministrazione aggiudicatrice un ampio margine di discrezionalità nella valutazione di rispondenza della proposta al pubblico interesse, pur quando la stessa proposta sia stata giudicata “fattibile” dal punto di vista tecnico.

6.1. Al riguardo non è controverso che la scelta del promotore finanziario, ossia della proposta migliore ritenuta di pubblico interesse, sia atto discrezionale della stazione appaltante, sindacabile da parte del giudice amministrativo nei limiti del controllo di legittimità (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 15 aprile 2010 n. 2155 e Ad. plen., 28 gennaio 2012, n. 1, cit.).

Tuttavia, va qui ribadito che le valutazioni dell’amministrazione procedente nell’ambito delle procedure di project financing sono caratterizzate sia da una discrezionalità di ordine tecnico (in relazione alle complesse valutazioni inerenti gli aspetti economico-finanziari, progettuali e ambientali delle proposte), sia da una discrezionalità di ordine amministrativo (in relazione alle valutazioni relative al più adeguato perseguimento dell’interesse pubblico e alla scelta fra le diverse opzioni a tal fine percorribili, ivi compresa la c.d. ‘opzione zero’) e che anche quando dichiarata di pubblico interesse una proposta di realizzazione di lavori pubblici ed individuato quindi il promotore privato, l'amministrazione non è per ciò stesso tenuta a dare corso alla procedura di gara per l'affidamento della relativa concessione. La scelta concreta una tipica manifestazione di discrezionalità amministrativa nella quale sono implicate ampie valutazioni in ordine all'effettiva esistenza di un interesse pubblico alla realizzazione dell'opera, tali da non potere essere rese coercibili nell'ambito del giudizio di legittimità che si svolge in sede giurisdizionale amministrativa (in tal senso: Cons. Stato, V, 21 giugno 2016, n. 2719 e id., III, 20 marzo 2014, n. 1365, entrambe richiamate da Cons. Stato, V, 13 marzo 2017, n. 1139).

6.1.1. Orbene, se si è ritenuto che l’amministrazione aggiudicatrice non sia tenuta a dare corso alla procedura di gara per l’affidamento della relativa concessione anche in un momento successivo a quello in cui una proposta di realizzazione di lavori pubblici sia stata dichiarata di pubblico interesse e, quindi, sia stato individuato il promotore privato (cfr., oltre ai precedenti su citati, anche Cons. Stato, V, 18 gennaio 2017, n. 207 e da ultimo, Cons. Stato, V, 4 febbraio 2019, n. 820), a maggior ragione siffatta conclusione s’impone quando si tratti di valutare se il progetto proposto abbia i contenuti necessari a soddisfare l’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione in un determinato momento storico. La relativa valutazione, rispondente all’ampia discrezionalità amministrativa di cui si è detto, è perciò sindacabile solo se la scelta infine compiuta dalla pubblica amministrazione si discosti manifestamente dai generali canoni di ragionevolezza, economicità ed efficacia dell’attività amministrativa, senza dimenticare che la presentazione della proposta, pur quando sollecitata dall’amministrazione aggiudicatrice con l’inserimento dell’opera o dei lavori pubblici nella programmazione, fa sorgere in capo al proponente l’interesse pretensivo alla relativa valutazione, alla stregua dei criteri individuati dalla legge e dall’avviso pubblico, non anche quello al riconoscimento della corrispondenza del progetto al pubblico interesse, a maggior ragione quando questa venga impedita da norme od eventi sopravvenuti alla presentazione della proposta o da nuove valutazioni dell’interesse pubblico originario alla stregua della proposta come risultante anche all’esito dell’attività istruttoria svolta in collaborazione con il proponente.

6.2. Siffatte eventualità si sono appunto verificate nel caso di specie.

6.2.1. Infatti, con riferimento al profilo urbanistico :

- è incontestato che la proposta comportasse l’approvazione di una variante al Piano regolatore generale (PRG), tanto che di ciò si dava anticipazione nella comunicazione del 3 agosto 2004, su menzionata;

- ai sensi dell’art. 48, comma 1, della legge regionale n. 11 del 23 aprile 2004 ( Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio ), non si sarebbero potute adottare varianti al PRG prima dell’adozione del Piano di assetto del territorio (PAT), salvo che in ipotesi eccezionali;

- tra queste ultime, effettivamente, vi erano le varianti “ finalizzate, o comunque strettamente funzionali, alla realizzazione di opere pubbliche e di impianti di interesse pubblico ”, laddove, però, come argomentato dal primo giudice, il progetto presentato dalla società ricorrente presentava un notevole ampliamento rispetto all’opera inserita nella programmazione triennale, riguardando non solo la ristrutturazione e lo sviluppo dello stadio comunale (programmata dall’amministrazione comunale per l’importo di € 15.000.000,00), ma tutta una serie di altri interventi (per un importo finale, dichiarato dalla società, di € 95.500.000,00);

- in proposito, va confermata la sentenza di primo grado quanto al rilievo che la realizzazione di “impianti commerciali” e di “uffici” avrebbe richiesto più che una variante al PRG, un’ulteriore attività pianificatoria da realizzarsi mediante PAT;

- la circostanza che la legge regionale n. 11 del 2004 fosse già in vigore quando venne inviata la comunicazione di cui sopra non rileva nel senso preteso dalla ricorrente, poiché nella comunicazione -della cui portata interlocutoria si è già detto- non si prende posizione in merito alla formazione del PAT;

- né può rilevare che, con il comma 1- bis , aggiunto all’art. 48 dalla legge regionale 21 ottobre 2004, n. 20, si fosse previsto che alcune varianti al PRG avrebbero potuto essere adottate fino al 28 febbraio 2005, considerato che la ristrettezza del tempo concesso era oggettivamente incompatibile con i tempi della procedura de qua , all’epoca in corso di espletamento, avendo la società presentato la nuova asseverazione del piano economico finanziario in data 11 ottobre 2004 ed essendo stata depositata la relazione di analisi del piano economico finanziario da parte dello studio esterno soltanto nei primi mesi del 2005;

- la pretesa della ricorrente, poi, di “ subordinare l’attuazione della proposta all’eventuale inserimento delle necessarie previsioni nel Piano in questione ” (come da memoria conclusiva) è palesemente inammissibile poiché attiene al merito dell’azione amministrativa, sottratta al sindacato giurisdizionale;

- analogamente è a dirsi quanto alle deduzioni dell’appellante in merito alla possibilità per l’amministrazione di esercitare lo ius variandi nell’attività di pianificazione territoriale e addirittura “ di approvare per intanto la variante al PRG relativa alle opere pubbliche o di pubblica utilità previste nel progetto e di inserire le previsioni relative alle opere ulteriori nell’adottando PAT ”: tutte opzioni ampiamente discrezionali dell’ente territoriale;

- tanto più che il Comune di Vicenza avrebbe dovuto adottare il PAT a far data dal 22 ottobre 2004 (data di entrata in vigore degli artt. 12 e seg. della legge regionale n. 11 del 2004), mediante attività di pianificazione ancora tutta da svolgere -peraltro in un termine non prefissato dalla legge e comunque da prospettarsi come certamente non a scadenza immediata attesi i tempi di predisposizione, adozione e approvazione del Piano di assetto del territorio, considerata la complessità delle scelte pianificatorie da compiere in riferimento all’intero territorio comunale;
rispetto a tale prospettata complessa attività pianificatoria, appare più che ragionevole e coerente con i principi di efficacia ed economicità dell’azione amministrativa la scelta dell’amministrazione comunale -anche questa ampiamente discrezionale- di non vincolare preventivamente la futura pianificazione territoriale al progetto delle opere proposto dalla società;

- né può rilevare in senso contrario l’inserimento dei relativi lavori pubblici nel piano triennale ed annuale, attesa la ridetta sopravvenienza della normativa regionale alla pubblicazione dell’avviso.

6.2.2. Con riferimento al profilo del piano economico-finanziario :

- è infondata la censura di insufficienza della motivazione del provvedimento impugnato, perché privo di dati e di analisi dei dati, in quanto l’amministrazione si è avvalsa della consulenza di uno studio esterno, la cui relazione (che contiene l’analisi del piano economico finanziario, dal punto di vista logico, matematico e contabile) è presupposta dalla deliberazione della Giunta comunale qui in contestazione;

- è vero che la relazione dei consulenti esterni non si è conclusa con un giudizio sfavorevole alla società proponente quanto all’equilibrio economico-finanziario del piano, ma è pur vero che di ciò il provvedimento impugnato dà atto, salvo ad evidenziare i due elementi di criticità costituiti dal “ rendimento atteso dal promotore ” e dalla mancanza di “ simulazione sulla conseguenza dell’esercizio del diritto di opzione sulle superfici edificate o sulla cessione degli immobili gravati dal diritto di superficie, da esercitarsi al termine del periodo di concessione ”;

- quanto ad entrambi i profili, non merita apprezzamento l’assunto della ricorrente secondo cui l’amministrazione avrebbe dovuto aprire un’ulteriore fase di contraddittorio onde addivenire al completamento o addirittura all’aggiustamento della proposta in termini confacenti alle sue aspettative: la procedura di valutazione della proposta di project financing è analiticamente disciplinata per un verso, dal su richiamato art. 37- ter , per altro verso, dall’art. 37- bis , comma 2- ter , della legge n. 109 del 1994;
la ratio di entrambe le disposizioni è sì quella di realizzare una collaborazione tra privato e pubblica amministrazione ai fini di una valutazione della proposta il più possibile completa e condivisa, ma in unione allo scopo di individuare le modalità e definire i tempi della verifica della completezza dei documenti presentati e della richiesta di integrazione, senza che questa possa essere utilizzata per correggere lacune o insufficienze del progetto in generale, e del piano economico-finanziario, in particolare, protraendo oltre misura l’interlocuzione tra amministrazione e proponente;

- peraltro, mentre, in via generale, le norme richiamate prevedono tempi di durata dell’istruttoria da rispettarsi da entrambe le parti, è accaduto che nella procedura de qua l’interlocuzione con la società era in corso oramai da diverso tempo e, da ultimo, la società era stata avvertita che il piano economico-finanziario sarebbe stato sottoposto ad una verifica esterna, il cui esito sarebbe stato utilizzato per decidere della coerenza e della sostenibilità della pianificazione economico-finanziaria;

- l’argomento difensivo della ricorrente secondo cui sarebbe venuta a conoscenza della relazione sul piano economico-finanziario soltanto quattro anni dopo l’approvazione della deliberazione di diniego “di pubblico interesse” della proposta è privo di pregio: la comunicazione del 3 agosto 2004, di cui al secondo motivo di appello, subordinava espressamente la dichiarazione di pubblico interesse all’esito dell’esame del piano economico-finanziario commissionato allo studio esterno;
nella premessa della deliberazione della Giunta comunale è espressamente detto che “ con determinazione dirigenziale PGN 48359 del 30.3.2004 è stato pertanto affidato allo Studio … di Vicenza l’incarico per la redazione del piano di fattibilità della proposta sotto il profilo economico-finanziario e patrimoniale ” e che “ il documento di valutazione del piano economico finanziario è stato presentato in data 11.02.2005 ” ed ancora che “ Sulla base … dello studio acquisito circa il piano economico finanziario … si ritiene che anche negli aggiornamenti predisposti dalla Società proponente, vi siano ad oggi i seguenti profili di criticità ”;
a tale premessa fa seguito, al punto sub 5 della parte dispositiva, lo specifico profilo di criticità in esame, introdotto dal periodo “ Si è provveduto ad approfondire gli aspetti patrimoniali, di redditività, di sostenibilità ed equilibrio del piano economico-finanziario … ”;
siffatto approfondimento, considerata la premessa facente parte integrante della delibera, è all’evidenza riferito alla relazione redatta dallo studio esterno;
la società proponente avrebbe quindi potuto avere immediato accesso a tale relazione, ma non risulta che abbia avanzato istanza di accesso agli atti;

- quanto poi al merito delle criticità del piano economico finanziario, va confermata la sentenza di primo grado, in punto di valutazione di vantaggiosità della proposta, che non può che essere rimessa all’amministrazione;

- nel caso di specie, tale valutazione non è immotivata -come assume l’appellante- bensì basata sia sul giudizio negativo circa la redditività dell’operazione perché “sbilanciata” a favore del concessionario sia sulla mancata previsione delle conseguenze economiche dell’esercizio del diritto di opzione al termine del periodo di concessione, l’uno e l’altro non smentiti dalle conclusioni raggiunte dallo studio commissionato dal comune né in concreto confutati dall’appellante;

- non pare utile allo scopo l’assunto dell’appellante che il progetto sarebbe stato “ probabilmente maggiormente profittevole di quanto stimato nel Piano redatto ” a tutto asserito vantaggio della p.a., atteso che per superare il giudizio negativo espresso dall’amministrazione in base al confronto tra il rendimento atteso ed il rendimento “normale” per un profilo di rischio comparabile (secondo quanto esposto nella relazione di analisi del piano economico-finanziario) si sarebbe dovuto procedere ad una rinegoziazione del contratto che l’amministrazione, nel legittimo esercizio della sua discrezionalità, non ha inteso effettuare.

6.2.3. Quanto, infine, al profilo della sicurezza negli stadi :

- il decreto ministeriale del 6 giugno 2005 relativo alle nuove norme sulla sicurezza degli stadi è intervenuto quando il progetto era stato già presentato ed il procedimento di valutazione della sua fattibilità e conformità al pubblico interesse era pressoché concluso;

- contrariamente a quanto assume l’appellante, detta normativa sopravvenuta è, da sola, sufficiente ad escludere la stessa fattibilità di un progetto che da essa prescindeva del tutto e, quindi, a rendere ragionevole, comunque non sindacabile, la scelta dell’amministrazione di non approvare tale progetto piuttosto che riaprire l’attività istruttoria al fine di valutare l’adattabilità del progetto alla normativa sopravvenuta ed attendere da parte del proponente la presentazione degli adeguamenti necessari affinché il progetto di ristrutturazione dello stadio fosse compatibile con la normativa sopravvenuta;
non senza aggiungere che, in tale eventualità, così come obietta la difesa civica, ci si sarebbe trovati in presenza di un nuovo progetto, vale a dire di una nuova proposta, in palese violazione del principio di unicità dell’offerta, da ritenersi valido anche in riferimento all’atto di parte di avvio della procedura di project financing ;

- né è condivisibile l’assunto che l’amministrazione sarebbe stata obbligata a chiedere un’integrazione del progetto alla società proponente: come detto, la posizione differenziata di quest’ultima, ai sensi dell’art. 37- bis della legge n. 109 del 1994, attiene soltanto all’esame della proposta da parte della p.a., restando in capo a quest’ultima ogni ulteriore valutazione di pubblico interesse, tanto più alla luce della normativa sopravvenuta che avrebbe consentito addirittura la revoca di un provvedimento favorevole al promotore (cfr., in tal senso, da ultimo, Cons. Stato, V, 4 febbraio 2019, n. 820), nel caso di specie non (ancora) adottato.

6.3. I motivi terzo, settimo e ottavo vanno quindi respinti.

7. Il ricorso originario contestava anche le altre ragioni poste a fondamento della deliberazione di diniego impugnata. Le relative censure sono state riproposte in appello con i motivi quarto, quinto e sesto, secondo quanto appresso.

7.1. In relazione al profilo viabilistico (secondo motivo di diniego, esposto nella deliberazione impugnata nei seguenti termini: la proposta presentata non prevede alcuna soluzione viabilistica nuova in considerazione del maggior carico di traffico indotto dalle nuove edificazioni proposte. Tale criticità verrebbe solo attenuata in seguito all'eliminazione dalla proposta di alcune strutture, quali per esempio la multisala ), la ricorrente aveva denunciato violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, eccesso di potere per illogicità, incongruità e difetto di motivazione , contestando detto argomento del provvedimento comunale, poiché non era specificato quale fosse l'entità dei problemi viabilistici paventati e non erano esposti gli esiti di alcuna apposita attività istruttoria, risultando la relativa motivazione apodittica e sintomatica del vizio di eccesso di potere.

7.2.1. In relazione ai parcheggi (terzo motivo di diniego, riguardo al quale si legge nella deliberazione impugnata che non risulta una dotazione di parcheggi pubblici dedicati adeguata alle attività e insediamenti proposti. Inoltre, la prevista gestione dei parcheggi in via Bassano non è in linea con l'attuale gestione affidata a AIM -Aziende Industriali Municipalizzate ), la ricorrente aveva denunciato violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, eccesso di potere per illogicità, incongruità e difetto di motivazione , deducendo che neppure tale argomentazione conteneva alcun dato di riscontro e, di conseguenza, non era possibile capire se e in quale misura gli spazi adibiti a parcheggio pubblico fossero stati effettivamente giudicati “inadeguati” (anche tenendo conto della proposta della ricorrente che prevedeva la realizzazione di un parcheggio con 790 posti auto) e che risultava del resto incomprensibile il riferimento alla gestione del parcheggio di via Bassano, poiché non si specificava in alcun modo quali difficoltà potrebbero sorgere in caso di revoca dell'attuale concessione (che faceva capo ad AIM, società nella quale il Comune di Vicenza disponeva della “ quasi totalità delle azioni ”).

7.2.2. In relazione alla gestione dell’opera pubblica (quarto motivo di rigetto, esposto nella deliberazione nei seguenti termini: la proposta del promotore non comprende la gestione della principale struttura pubblica, che costituisce il presupposto che giustifica l'iniziativa comunale di coinvolgimento del capitale privato ), la ricorrente aveva denunciato violazione degli artt. 3 e 6 della legge n. 241 del 1990, eccesso di potere per illogicità, incongruità e difetto di motivazione , rilevando che sarebbe stato il comune stesso a chiedere la modifica dell’originaria previsione dello schema di convenzione, con esclusione della gestione da parte del concessionario del campo di gioco e dei locali necessari allo svolgimento dell'attività sportiva, in relazione ai quali l'amministrazione avrebbe prorogato l'attuale rapporto con Vicenza Calcio s.p.a., società che gestisce la squadra di calcio cittadina;
la sottrazione di detti spazi non impediva di fare luogo al project financing ai sensi degli artt. 37- bis e segg. della legge n. 109 del 1994 e comunque il problema avrebbe potuto essere eliminato mediante il reinserimento della previsione relativa alla gestione dello stadio da parte del soggetto attuatore, con l'eventuale subconcessione degli spazi necessari all'esercizio dell'attività sportiva al soggetto designato dal comune;
in ogni caso, la motivazione era illogica poiché imputava al privato di “non” aver perseguito il proprio interesse economico.

7.3. La sentenza non ha preso espressamente posizione sui tre motivi di cui si è detto da ultimo.

7.4. Perciò, con i motivi di appello quarto, quinto e sesto si evidenziano tali lacune della decisione di primo grado e si insiste nelle censure già formulate in primo grado.

8. I motivi di gravame non meritano favorevole apprezzamento, atteso che i detti tre motivi dell’originario ricorso sono risultati inammissibili per carenza di interesse, e perciò sostanzialmente assorbiti dalla decisione di rigetto del primo giudice.

8.1. In proposito, va condiviso e perciò richiamato l’orientamento secondo cui in caso di impugnazione giurisdizionale di determinazioni amministrative di segno negativo fondate su una pluralità di ragioni ciascuna delle quali di per sé idonea a supportare l'adozione del provvedimento sfavorevole per il ricorrente, è sufficiente che una sola di esse resista al vaglio giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso resti indenne dalle censure articolate ed il ricorso venga dichiarato infondato, o meglio inammissibile per carenza di interesse alla coltivazione dell'impugnativa avverso l'ulteriore ragione ostativa, il cui esito resta assorbito dalla pronuncia negativa in ordine alla prima ragione ostativa (cfr. ex multis Cons. Stato, V, 22 febbraio 2016, n. 712).

9. In conclusione, l’appello va respinto.

9.1. Il rigetto concerne anche la riproposta domanda risarcitoria per responsabilità c.d. provvedimentale, atteso che resta priva di fondamento per l’accertata legittimità degli atti adottati del Comune di Vicenza nello svolgimento della procedura di project financing conclusa con la deliberazione della Giunta comunale del 19 ottobre 2005, n. 357.

9.1.1. Va altresì escluso che la condotta dell’amministrazione sia stata connotata, dal momento della pubblicazione dell’avviso sin alla assunzione del provvedimento impugnato, “ da evidente illegittimità per violazione dei canoni di buona amministrazione ”, come assume l’appellante al fine di ottenere il ristoro di danni per responsabilità precontrattuale ai sensi dell’art. 1337 Cod. civ..

Sebbene la proposta, presentata nel giugno 2003, fosse compatibile col quadro normativo all’epoca vigente, non è affatto dimostrato, ed è anzi smentito dagli atti, che il periodo di tempo durante il quale si svolse l’istruttoria, durato più di due anni (essendo il provvedimento impugnato dell’ottobre 2005), sia trascorso a causa di una condotta inerte o dilatoria della pubblica amministrazione, tanto da poter ricondurre causalmente a quest’ultima (anche) gli impedimenti sopravvenuti della legge regionale n. 11 del 2004 e del d.m. del 6 giugno 2006.

All’opposto, si è trattato di un periodo di tempo durante il quale l’amministrazione comunale, dopo aver tempestivamente preso in considerazione la proposta della società, ha chiesto modifiche ed integrazioni per nulla pretestuose, poi apportate dalla società, ed ha sollecitato la presentazione di ulteriori elaborati nonché di una nuova asseverazione del piano economico-finanziario, resi necessari dall’evoluzione dell’istruttoria, così come l’affidamento dell’incarico di analisi del piano economico – finanziario ad uno studio di professionisti esterni all’amministrazione. Né si può ritenere che la lesione dell’affidamento della società si sia avuta con la nota del 3 agosto 2004, attesa la portata, come detto, meramente interlocutoria della comunicazione ed atteso il suo invio alla società in data comunque precedente l’entrata in vigore sia della norme in materia di PAT che, soprattutto, di quelle sulla sicurezza negli stadi.

In sintesi, non si configura alcuna violazione della buona fede e della correttezza che devono improntare anche l’agire della p.a., nella quale sarebbe incorso il Comune di Vicenza, dapprima, nel compiere l’iter istruttorio volto a rendere comunque compatibile col pubblico interesse una proposta ritenuta meritevole, allo scopo, di aggiustamenti e di integrazioni ed, all’esito dell’esame, nel concludere nel senso della non conformità della stessa proposta al pubblico interesse, per le ragioni espresse nel provvedimento infondatamente impugnato.

9.1.2. Va perciò confermata la statuizione di rigetto della domanda risarcitoria già contenuta nella sentenza di primo grado.

9.2. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

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