Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-06-24, n. 202004048

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-06-24, n. 202004048
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202004048
Data del deposito : 24 giugno 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/06/2020

N. 04048/2020REG.PROV.COLL.

N. 06071/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6071 del 2010, proposto da
G A, rappresentato e difeso dagli avvocati L D N e L P, con domicilio eletto presso lo studio L D N in Roma, via Anastasio II, 80;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 03190/2010, resa tra le parti, concernente la corresponsione degli interessi sull’indennità di trasferimento.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Viste le brevi note depositate dalla parte appellante ai sensi dell’art. 84 comma 5, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, conv. in L. 24 aprile 2020, n. 27;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 giugno 2020 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e dati per presenti, ai sensi dell’art. 84, comma 5, D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (conv. in L. 24 aprile 2020, n. 27) gli avvocati delle parti costituite in appello..


FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, Sez. I-bis, 1° marzo 2010, n. 3190 ha respinto il ricorso proposto dall’attuale parte appellante per l’accertamento del diritto a vedersi riconoscere gli accessori di legge, ricomprendenti gli interessi “corrispettivi” e la rivalutazione monetaria, su quanto asseritamente spettantegli a titolo di indennità di trasferimento, con conseguente condanna dell’Amministrazione.

Secondo il TAR, sinteticamente:

- il ricorrente non è stato in grado di “quantificare” le sue pretese e non ha fornito alcun elemento concreto atto a dimostrare la reale sussistenza dei fatti costitutivi del credito vantato;

- non risultano, in particolar modo, acclusi, all’atto introduttivo del presente giudizio, i documenti che consentano di stabilire con certezza la data di effettiva maturazione del credito stesso;

- sussiste l’inottemperanza, da parte dell’interessato, all’onere di cui all’art.2697 c.c.

L’appellante contestava la sentenza del TAR, eccependone l’erroneità ed insistendo nella sua domanda di accertamento del diritto agli interessi “corrispettivi” e alla rivalutazione monetaria su quanto spettantegli a titolo di indennità di trasferimento.

Con l’appello in esame chiedeva l’accoglimento del ricorso di primo grado.

All’udienza pubblica del 16 giugno 2020 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Rileva il Collegio che l’attuale appellante, M.llo G A, in data 10 maggio 1992 era stato trasferito d'autorità dalla sede di Tauriano (PN), ove era in forza al 23° BTG Bers. "Castel di Borgo", alla sede di Trapani.

Al momento del trasferimento l'odierno appellato rivestiva il grado di Sergente, ma con provvedimento del 21 maggio 1992 era stato promosso Sergente Maggiore, con anzianità giuridica e con decorrenza dei relativi assegni dal 3 marzo 1991.

A seguito di decisione sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in atti, veniva determinata (in L. 21.681.000) l'indennità di trasferimento per il periodo compreso tra 1'11.5.1992 e il 10.05.1994, che non era tuttavia comprensiva degli interessi legali, nonostante essi fossero stati richiesti nel ricorso straordinario accolto.

2. Il Collegio deve innanzitutto osservare che il ricorrente ha richiesto il riconoscimento degli interessi su quanto accertato definitivamente a titolo di indennità di trasferimento.

Pertanto, il fatto costitutivo concernente l’avvenuta maturazione del diritto all’indennità di trasferimento per il periodo 11 maggio 1992 – 10 maggio 1994 è da ritenersi definitivamente accertato, risultando dall’esito favorevole all’attuale appellante sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, accolto con Decreto in data 24 febbraio 1997, in conformità al parere del Consiglio di Stato n. 1011-1996), a seguito del quale l'Amministrazione Militare ha determinato ed erogato a favore dello stesso la somma di L. 21.681.000 (euro 11.197,30), come risulta dalla documentazione allegata al ricorso stesso (docc. nn. da 1 a 8 del ricorso di primo grado).

3. Sulla base della pacifica giurisprudenza di questo Consiglio (cfr., ex multis, le sentenze Sez. IV 22 febbraio 2003, n. 964 e 19 marzo 2003, n. 1482), sulle somme spettanti a titolo di indennità di trasferimento per il suddetto periodo (11.5.1992-10.5.1994, come erogategli dopo l'accoglimento del Ricorso Straordinario al Presidente della Repubblica) erano dovuti anche gli interessi legali, come stabilito dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato 15 giugno 1998, n. 3.

Sul punto, deve precisarsi, in linea generale, che la questione del calcolo degli interessi legali (e, peraltro, anche della rivalutazione monetaria) dei crediti da lavoro non tempestivamente corrisposti, ha da sempre agitato dottrina e giurisprudenza.

Particolare fervore ha caratterizzato, nell’ultimo decennio del secolo scorso, lo studio ed il dibattito relativi, in virtù delle sostanziali innovazioni legislative dei primi anni ’90 e dei rinnovati e conseguenti orientamenti della giurisprudenza.

In base alla fondamentale norma contenuta nell’art. 429, comma 3, c.p.c, il Giudice che pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per il soddisfacimento di crediti da lavoro, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito, condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto.

Tale norma è stata da sempre interpretata dalla dottrina e dalla giurisprudenza assolutamente dominanti, nel senso del necessario cumulo tra interessi e rivalutazione sulla somma non tempestivamente corrisposta al lavoratore-creditore.

Più precisamente, può dirsi che la giurisprudenza ha sostenuto (fino ai primissimi anni ’90) che gli interessi sui crediti da lavoro dovessero calcolarsi sulla sorte capitale via via rivalutata.

Tale orientamento trovava la sua origine e spiegazione nella convinzione (unanime in dottrina ed in giurisprudenza) che l’art. 429 c.p.c avesse introdotto, relativamente agli accessori del credito da lavoro, una disciplina “speciale, derogatoria e sostitutiva” rispetto alla disciplina comune del ritardo nell’adempimento dei debiti pecuniari, di cui all’art. 1224 c.c.;
disciplina speciale le cui peculiarità peraltro possono essere, secondo l’orientamento dominante, così sintetizzate:

- la svalutazione monetaria della somma dovuta al lavoratore integra un danno in re ipsa, per il solo fatto del ritardato soddisfacimento del credito (a differenza di quanto previsto per gli altri crediti pecuniari, in relazione ai quali è previsto ex art. 1277 c.c. il “principio nominalistico” e la possibilità di ottenere una rivalutazione monetaria solo nel caso in cui il creditore riesca a dimostrare specificamente, ex art. 1224, comma 2, di aver subito un danno a causa della svalutazione intercorsa nel periodo di ritardo nel pagamento);

- la rivalutazione - al pari degli interessi - decorre dal giorno in cui è maturato il diritto di credito del lavoratore e inoltre la relativa pretesa di pagamento:

- non necessita della previa formale costituzione in mora del debitore-datore di lavoro;

- non è condizionata dal dolo o dalla colpa del debitore;

- non è influenzata dalla prevedibilità del danno (di cui all’art. 1225 c.c.);

- in base al combinato disposto degli artt. 429, comma 3, c.p.c e 150 Disp. Att. c.p.c., la determinazione della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno da svalutazione, deve essere necessariamente effettuata sulla base degli indici (di variazione dei prezzi, calcolato per i “lavoratori dell'industria”) aventi fonte ISTAT, senza che a tal fine possano essere seguiti, dal Giudice del caso concreto, i criteri di determinazione equitativa previsti dall’art. 1226 c.c. per i crediti pecuniari diversi.

4. Nel contesto normativo e giurisprudenziale poc’anzi delineato, si inseriscono le importanti innovazioni legislative cui agli artt. 16, comma 6, L. 30 dicembre 1991, n. 412 e 22, comma 36, secondo periodo, L. 23 dicembre 1994, n. 724.

In forza di tali disposizioni, le modalità del calcolo degli interessi legali e della rivalutazione sono profondamente cambiate per tutti (e soli) i crediti da lavoro, il diritto alla cui percezione sia maturato a partire dal 1° gennaio 1995.

Per tali crediti, infatti, la “regola del cumulo” deve considerarsi superata e l’entità della somma dovuta a titolo di rivalutazione viene limitata a quella eccedente la misura degli interessi legali, il tutto nell’ambito di un computo che vede gli interessi e la rivalutazione liquidati separatamente e calcolati sulla somma capitale originariamente dovuta.

Per i crediti maturati, invece, prima del 1° gennaio 1995, come quello di specie, vale la vecchia regola del cumulo, dal momento che le citate innovazioni normative testualmente escludono la propria applicabilità ad essi (v. anche Consiglio di Stato, Ad. Plen., 15 giugno 1998, n. 3 e 20 luglio 1998, n. 6;
VI Sez., 13 luglio 2001, n. 3927;
20 giugno 2001, n. 3274;
5 giugno 2001, n. 3007).

Alla luce delle precisazioni svolte, può dunque concludersi nel senso che, in via generale, la domanda di interessi legali e rivalutazione monetaria va interamente accolta per i ratei maturati fino al 31.12.1994, con la corresponsione, oltre che del danno da svalutazione, anche degli interessi (calcolati secondo i vari tassi in vigore alla scadenza dei singoli ratei), mentre per i ratei maturati successivamente al 31.12.1994, al creditore-lavoratore spettano solo gli interessi legali, mentre la rivalutazione spetta a titolo di maggior danno (da considerarsi come danno in re ipsa) solo se e nella misura in cui risulti superiore al tasso dell’interesse legale.

5. Nel caso di specie, la questione del danno da rivalutazione non rileva in quanto, come detto, lo stesso appellante ha affermato espressamente di non averli richiesti.

Pertanto, devono essere calcolati soltanto gli interessi legali che vanno, dunque, calcolati sulla base del tasso in vigore alla scadenza dei singoli ratei.

E’ noto che tale tasso è fissato dal Ministro del Tesoro, con proprio decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana non oltre il 15 dicembre dell’anno precedente a quello cui il saggio si riferisce. Qualora entro il 15 dicembre non sia fissata una nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l’anno successivo (cfr. art. 1284 c.c.).

Deve precisarsi che il diritto agli interessi dipendendo dal mero ritardo nell’inadempimento e prescindono dalla colpa;
essi vanno inquadrati nella categoria residuale degli interessi compensativi, e sono un diritto autonomo sebbene accessorio, che deve essere calcolato separatamente, non potendosi considerare parte integrante del debito principale.

Dal momento della liquidazione della somma capitale, avvenuta con la decisione sul ricorso straordinario (Decreto in data 24 febbraio 1997, in conformità al parere del Consiglio di Stato n. 1011-1996), è evidente che dovranno essere calcolati ulteriori interessi legali, anch’essi costituenti interessi compensativi, calcolati tuttavia non sui singoli ratei, bensì sulle somme totali risultanti dal ridetto computo dal deposito della sentenza (o, nella specie, dalla decisione sul ricorso straordinario con Decreto in data 24 febbraio 1997), fino all’integrale soddisfo (avvenuto in data 24 ottobre 1997).

Deve precisarsi che a nulla rileva l’improprietà contenuta nell’atto di appello nel quale si fa riferimento agli interessi corrispettivi e non agli interessi compensativi, atteso che comunque l’appellante richiede la corresponsione degli “interessi legali” dalla maturazione dei singoli ratei fino al soddisfo (escludendo la corresponsione della rivalutazione monetaria), rendendo quindi esattamente identificabile il contenuto sostanziale della sua domanda di accertamento e di condanna, oggetto del presente giudizio.

6. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accertato il diritto di parte appellante alla corresponsione degli interessi legali calcolati sui singoli ratei dell’indennità di trasferimento dovuti per il periodo 11 maggio 1992 – 10 maggio 1994) fino alla decisione sul ricorso straordinario, avvenuta con Decreto in data 24 febbraio 1997), e calcolata sull’intero ammontare risultante fino all’integrale soddisfo, avvenuto in data 24 ottobre 1997.

Ai sensi dell’art. 1283 c.c., gli interessi così liquidati generano interessi dal giorno della presente domanda giudiziale (eccezione espressa alla regola generale del divieto di anatocismo) fino al deposito della presente decisione.

Le spese di lite del doppio grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

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