Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-07-09, n. 201204006

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-07-09, n. 201204006
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201204006
Data del deposito : 9 luglio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02977/2007 REG.RIC.

N. 04006/2012REG.PROV.COLL.

N. 02977/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2977 del 2007, proposto dall’avvocato D R D, rappresentato e difeso dagli avvocati D D R e P J, con domicilio eletto presso P J in Roma, via Boezio, 92;

contro

il Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca;
l’Universita' degli Studi di Roma La Sapienza, non costituiti nel presente grado del giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 2708/2006, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2012 il consigliere di Stato Maurizio Meschino e uditi per le parti l’avvocato Jaricci;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. L’avvocato D D R, con il ricorso n. 533 del 1988 proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ha chiesto l’annullamento degli atti dello scrutinio per il giudizio di idoneità alla immissione nel ruolo dei ricercatori confermati, per il gruppo di discipline n. 10, e del giudizio negativo sull’idoneità alle funzioni di ricercatore espresso dalla Commissione giudicatrice anche nella seconda tornata, provvedimento comunicato con lettera del 13 novembre 1987 (prot. A 21137).

2. Il giudice adito, con sentenza n. 2708 del 2006, ha dichiarato il ricorso inammissibile compensando tra le parti le spese del giudizio.

3. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado.

4. All’udienza del 26 giugno 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Nella sentenza di primo grado il ricorso è dichiarato inammissibile in ragione della genericità delle deduzioni;
i quattro motivi di censura in cui si articola il ricorso, afferma il primo giudice, sono infatti meramente enunciati senza alcuna specifica argomentazione a sostegno, né vale in contrario quanto dedotto dal ricorrente con memoria depositata in giudizio il 14 ottobre 2005, recando questa nuove doglianze non esposte nel ricorso introduttivo e perciò tardive.

2. Nell’appello si censura la sentenza di primo grado per i seguenti tre motivi: violazione e falsa applicazione dell’art. 6, del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642;
violazione dell’art. 331, comma 4, c.p.p.;
violazione dell’art. 86 c.p.c. e del principio del contraddittorio.

3. Con il primo motivo si deduce che il primo giudice avrebbe errato nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso per genericità dei motivi, poiché questa sussiste soltanto quando il giudice sia nell’impossibilità di comprendere i vizi dedotti, ciò che non è nel caso di specie.

Il motivo è infondato poiché:

-con giurisprudenza risalente, già formatasi nella vigenza dell’art. 6 del regio decreto n. 642 del 1907, è stato affermato che nel ricorso i motivi di gravame, pur se non rubricati in modo puntuale né espressi con formulazione giuridica assolutamente rigorosa, devono essere però esposti con specificità sufficiente a fornire almeno un principio di prova utile alla identificazione delle tesi sostenute a supporto della domanda finale, come altresì chiarito dal vigente articolo 40 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (Codice del processo amministrativo), formulato sulla base della normativa e dell’esperienza giurisdizionale pregresse, nel quale si richiede l’esposizione “dei motivi specifici su cui si fonda il ricorso”;

-la necessaria specificità dei motivi si articola poi in relazione alla natura della controversia, per cui, nella censura delle procedure di scrutinio, come è quella per cui è causa, è essenziale che i motivi siano idonei a dar conto degli asseriti vizi del giudizio espresso nei confronti del ricorrente, ciò che tanto più è rilevante trattandosi di giudizi formulati nell’esercizio di discrezionalità tecnica;

- nella specie tale specificità non si rinviene;
nel ricorso introduttivo i motivi di censura del giudizio di non idoneità del ricorrente sono infatti esposti senza alcuna articolata argomentazione di supporto, sia in fatto che giuridica, idonea a fornire almeno il suddetto principio di prova, venendo soltanto indicate in modo generico la “incompleta” valutazione dei titoli scientifici, asserendone anche la non specificata contraddittorietà con i giudizi della dottrina, nonché dei titoli didattici e l’illegittimità del giudizio per carenza di motivazione e in ragione di altri vizi altresì soltanto asseriti;

- né, come anche correttamente riscontrato dal primo giudice, una tale carenza può dirsi colmata con la memoria depositata in giudizio il 14 ottobre 2005;
nel procedimento giurisdizionale infatti la memoria difensiva ha la funzione della mera illustrazione esplicativa e sviluppo dei precedenti motivi di gravame e non anche di ampliamento del thema decidendum , come invece avvenuto nella specie poiché, fermo che anche nella detta memoria depositata in giudizio nessuna argomentazione specifica è portata a sviluppo dei motivi del ricorso introduttivo, nella memoria sono esposte censure dei giudizi resi nei confronti di altri candidati, non dedotte, neppure genericamente, nel detto ricorso;

- dovendosi perciò confermare il giudizio di inammissibilità del ricorso di primo grado alla stregua dei principi propri del giudizio amministrativo.

4. Anche gli altri due motivi di appello sono infondati.

Le sopra citate violazioni di legge sono motivate dall’appellante per non avere il primo giudice trasmesso denuncia alla Procura della Repubblica sui fatti relativi alla controversia e per avere vietato al ricorrente di svolgere in Aula la propria difesa orale, stante la rinuncia dei suoi difensori al mandato, e di sollevare perciò formale incidente di falso, con violazione del principio del contraddittorio.

Al riguardo si osserva: per il primo profilo, che la non trasmissione della denuncia in sede penale non ha attinenza né con il regolare svolgimento del processo amministrativo né con l’accertamento degli eventuali vizi del provvedimento impugnato, unici profili di competenza del giudice amministrativo;
per il secondo, che nell’epigrafe della sentenza impugnata è indicato che “alla pubblica udienza del 14.12.2005” è stato udito “l’Avv. V C in sostituzione dell’avv. P J per il ricorrente”, il quale è stato perciò rappresentato e difeso in giudizio, e che la proposizione della querela di falso, cui appare riferirsi l’appellante, è sempre proponibile da parte del ricorrente secondo la disciplina e alle condizioni di cui agli articoli 41 e 42 del r.d. n. 642 del 1907, applicabili nella specie ratione temporis , ed oggi disposte con gli articoli 77 e 78 del Codice del processo amministrativo.

5. Per le ragioni che precedono l’appello è infondato e deve essere perciò respinto.

Nulla deve essere disposto sulle spese del presente grado del giudizio non essendosi costituite le Amministrazioni appellate.

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