Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-12-29, n. 202211597
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Pubblicato il 29/12/2022
N. 11597/2022REG.PROV.COLL.
N. 04710/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4710 del 2022, proposto da
C E in qualità di socio e legale rappresentante della Lido Rosalba S.n.c. di C E e C, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato Alfredo Zaza D’Aulisio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Francesco Cardarelli in Roma, via G.P. Da Palestrina, N 47;
contro
Comune di Minturno, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato S M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima) n. 510/2022
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Minturno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2022 il Cons. R M C e udito per la parte appellante l’avvocato Alfredo Zaza D’Aulisio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’appellante, socio della Lido Rosalba s.n.c. di Cossuto Anna Maria e Cossuto Maria Rosalia &C, esponeva che con nota del 28.7.2020 il Comune di Minturno aveva comunicato l’avvio del procedimento di decadenza della concessione demaniale marittima n. 24, relativa all’omonimo stabilimento balneare, in conseguenza del mancato pagamento di quindici rate per le quali era stata concessa dilazione con atto del 15 luglio 2015 e per l’impedimento alla verifica della capacità tecnico economica e ai requisiti generali del nuovo assetto societario, determinato dall’omessa comunicazione della variazione della compagine sociale, successivamente al decesso delle fondatrici. Ricevute le osservazioni dell’appellante il Comune di Minturno ha concluso il procedimento con il D.D. 11.11.2020 n. 347 disponendo la decadenza della concessione per gli stessi motivi di cui al preavviso di diniego.
Impugnato il provvedimento, il Tar per il Lazio – Latina - con la sentenza n. 510/2022 ha respinto l’impugnativa, sul presupposto che la concessione balneare della Lido Rosalba s.n.c. fosse decaduta alla fine del 2015 per termine del periodo di durata, né era stata rinnovata, in mancanza di espressa richiesta in tal senso della società e che l’art. 100, comma 5, del D.L. n. 104/2020 fosse irrilevante nella specie, giacché relativo, per quanto concerne le sospensioni dei termini e le proroghe ex lege , alla gestione di provvedimenti concessori in atto e non già, come la concessione della Lido oggetto di causa, decaduti da tempo.
Resiste il Comune di Minturno.
All’udienza del 13 dicembre 2022 la causa passava in decisione.
DIRITTO
1.Deve essere preliminarmente disattesa l’eccezione di difetto di legittimazione dell’appellante.
Non è contestato che l’appellante era ed è socio della società concessionaria e che gli amministratori sono deceduti.
L’art. 2257, 1°comma, c.c., prevede che l’amministrazione della società spetta disgiuntamente a ciascun socio.
È stato documentato che all’appellante era stato affidato, dai soci superstiti, l’incarico di amministratore della società. Vero che tale incarico, in difetto di iscrizione nel registro delle imprese, non è opponibile ai terzi, ma ciò vuol dire che i terzi possono ritenere legittimamente che a seguito del decesso delle amministratrici, tutti i soci (compreso l’appellante) ex art. 2257, 1°comma, c.c., potessero amministrare la società, ma certamente non esclude che il ricorrente sia anch’egli amministratore.
2.Con il complesso motivo l’appellante deduce: Erroneità della sentenza impugnata;proroga ope legis delle concessioni demaniali marittime – art. 100, comma 5, D.L. n. 104/2020.
Evidenzia che il mancato pagamento dei canoni concessori rateizzati, non poteva legittimamente assurgere a causa di decadenza essendo ciò impedito dal disposto dell’art. 100, comma 5, D.L. n. 104/2020, convertito dalla l. 13/10/2020, n. 126, statuente la sospensione di tutti i “pendenti” procedimenti di decadenza delle concessioni demaniali marittime (e pertanto anche quelli da adottarsi “ora per allora”), inerenti il mancato pagamento di canoni afferenti la conduzione di pertinenze demaniali marittime calcolati (come nella specie) ex art. 3, comma 1, D.L. 400/1993, convertito dalla l. 494/1993.
La censura non è fondata.
Come correttamente evidenziato dal Tar, la concessione demaniale per cui è causa è scaduta alla data del 31 dicembre 2015 per termine del periodo di durata e non è stata rinnovata, in mancanza di espressa richiesta in tal senso della società. Né può ritenersi rinvenibile nella vicenda in esame un atto implicito di assenso (derivante dal fatto che, mentre la P.A. restava inerte, la richiedente ha continuato a utilizzare l'area e gestire l'attività).
Quanto alla proroga automatica, ritiene il Collegio di dover richiamare i principi enunciati dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con le sentenze del 9 novembre 2021, nn. 17 e 18:
a. Le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative - compresa la moratoria introdotta in correlazione con l'emergenza epidemiologica da Covid-19 dall'art. 182, comma 2, D.L. n. 34/2020, convertito in legge n. 77/2020 - sono in contrasto con il diritto eurounitario, segnatamente con l'art. 49 TFUE e con l'art. 12 della direttiva 2006/123/CE. Tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione.
b. Ancorché siano intervenuti atti di proroga rilasciati dalla P.A. (e anche nei casi in cui tali siano stati rilasciati in seguito a un giudicato favorevole o abbiamo comunque formato oggetto di un giudicato favorevole) deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo gli attuali concessionari. Non vengono al riguardo in rilievo i poteri di autotutela decisoria della P.A. in quanto l'effetto di cui si discute è direttamente disposto dalla legge, che ha nella sostanza legificato i provvedimenti di concessione prorogandone i termini di durata. La non applicazione della legge implica, quindi, che gli effetti da essa prodotti sulle concessioni già rilasciate debbano parimenti ritenersi tamquam non esset , senza che rilevi la presenza o meno di un atto dichiarativo dell'effetto legale di proroga adottato dalla P.A. o l'esistenza di un giudicato. Venendo in rilievo un rapporto di durata, infatti, anche il giudicato è comunque esposto all'incidenza delle sopravvenienze e non attribuisce un diritto alla continuazione del rapporto.
L'Adunanza Plenaria ha, nondimeno, modulato gli effetti temporali dei principi affermati, al fine di "evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere", nonché in considerazione "dei tempi tecnici" necessari per espletare le procedure competitive ai sensi dell'art. 12 della direttiva n. 2006/123/CE (cd. direttiva Bolkenstein): a tale scopo ha stabilito che le concessioni "già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023" (punto 3 dei principi di diritto).
Senonché la permanenza dell'efficacia delle concessioni sino al 31 dicembre 2023 riguarda, nelle parole dell'Adunanza Plenaria, le sole concessioni "già in essere", mentre nel caso di specie la concessione di cui si discute era scaduta il 31 dicembre 2015 e nessuna proroga o rinnovo della stessa è mai intervenuta, contrariamente a quanto affermato dall'appellante.
3.Parte appellante deduce che ai sensi e per effetto dell’art. 100, comma 5, del D.L. n. 104/2020, convertito nella L. 13.10.2020 n. 126, nelle more della revisione dell’aggiornamento dei canoni demaniali ai sensi dell’art. 1, comma 677 lett. e), della L. 30.12.2018 n. 145 i procedimenti amministrativi sono sospesi fino al 15.12.2020, con la conseguenza che prima di quella data non possono essere adottati provvedimenti di decadenza delle concessioni per vicende connesse ai pagamenti dei canoni. Inoltre l’appellante avrebbe titolo alla riduzione al 30% dei canoni pregressi e alla dilazione del pagamento al 30.9.2021, avendone chiesto il beneficio ai sensi dell’art. 100, commi 7 e 8, del D.L. n. 104/2020 cit.
A seguito del riconoscimento del debito da parte dell’appellante è stato rilasciato un atto di dilazione del 15.7.2015 per sanare la morosità del 2008 al 2014.
L’atto di dilazione non è stato rispettato non essendo state corrisposte ben 15 rate di importo unitario di €4.221,99. Per espressa previsione della convenzione, il tardivo pagamento di una qualsiasi delle 20 rate oltre sette giorni dalla data di scadenza indicata nel piano di ammortamento, comportava la decadenza dal beneficio della rateizzazione e l’obbligo di pagare in unica soluzione il debito residuo con i relativi interessi.
Correttamente il Tar ha evidenziato che “la D.D. 11.11.2020 n. 347 è una presa d’atto della già intervenuta decadenza e, allo stesso tempo, una dichiarazione di volontà di non rinnovare la concessione, sorretta da ragioni creditorie e dal venire meno del rapporto fiduciario per il mancato rispetto, da parte del concessionario, del patto di dilazione del 15.7.2015 per il pagamento dei canoni, comunque non corrisposti ad oggi”.
Sicché le norme richiamate dalla difesa dell’appellante sono irrilevanti in fattispecie, giacché attengono, per quanto concerne le sospensioni dei termini e le proroghe ex lege , alla gestione di provvedimenti concessori in atto e non già decaduti da tempo.
Né vale richiamare i principi di proporzionalità e ragionevolezza considerata l’entità del debito (circa ottantamila euro per i soli canoni dal 2008 al 2014, non ancora corrisposti alla fine del 2020) e l’inosservanza del patto di dilazione.
L’appello deve essere, conseguentemente, respinto.
Le spese seguono la soccombenza.