Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2024-09-04, n. 202407385

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2024-09-04, n. 202407385
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202407385
Data del deposito : 4 settembre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/09/2024

N. 07385/2024REG.PROV.COLL.

N. 00721/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 721 del 2021, proposto dai sigg. S A, F D G, R D, G C, L M, A M, A G, G P, rappresentati e difesi dall’avv. B F, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M C in Roma, viale G. Mazzini n. 123;

contro

Ministero della difesa, Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la Funzione Pubblica, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione prima stralcio, del 13 luglio 2020, n. 7988, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa e della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la Funzione Pubblica;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 giugno 2024 il cons. F G e uditi per le parti l’avv. B F e l'avv. dello Stato Emanuele Feola;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. – I sigg. S A, F D G, R D, G C, L M, A M, A G e G P hanno interposto appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima stralcio, del 13 luglio 2020, n. 7988, con cui è stato respinto nei loro confronti il ricorso dagli stessi proposto nell’anno 1999 con altri dipendenti del Ministero della difesa (nei confronti dei quali, invece, il ricorso è stato, in precedenza, dichiarato perento) per chiedere l’accertamento del diritto alle maggiorazioni della retribuzione individuale di anzianità (RIA) maturate negli anni 1991, 1992 e 1993 ai sensi dell’art. 9, commi 4 e 5, del d.P.R. 17 gennaio 1990, n. 44 (Regolamento per il recepimento delle norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo del 26 settembre 1989 concernente il personale del comparto Ministeri ed altre categorie di cui all’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 5 marzo 1986, n. 68), che tale maggiorazione riconosceva in favore dei dipendenti che avessero maturato, nell’arco della vigenza contrattuale, un periodo di cinque, dieci o venti anni di servizio.

2. – In primo grado i ricorrenti, a sostegno della domanda, avevano addotto che per effetto della proroga al 31 dicembre 1993 dell’efficacia dell’intero d.P.R. n. 44 del 1990, disposta dall’art.7, comma 1, del d.l. 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonché disposizioni fiscali), convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, sarebbero stati prorogati anche gli istituti economici disciplinati dall’art. 9, commi 4 e 5, dello stesso decreto.

3. – Il T.A.R. ha respinto il ricorso dando atto della sopravvenienza, nelle more del giudizio, dell’art. 51, comma 3, della l. 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001), che ha espressamente escluso che la suddetta proroga potesse estendere anche il termine per la maturazione dell’anzianità di servizio ai fini dell’ottenimento della maggiorazione della RIA.

4. – Gli appellanti hanno criticato la decisione di primo grado contestando l’erronea applicazione della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sulle leggi aventi efficacia retroattiva, propugnando un’interpretazione adeguatrice delle norme interne ai principi affermati dalla Corte medesima e chiedendo, in subordine, che venisse sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 51, comma 3, della legge n. 388 del 2000.

5. – Gli stessi hanno depositato, per ognuno di loro, l’estratto del foglio matricolare e l’attestato di servizio rilasciato dall’Amministrazione della difesa.

6. – Gli appellanti hanno prodotto una memoria per l’udienza pubblica del 4 aprile 2024, nella quale la trattazione della causa è stata rinviata a data da destinarsi.

7. – Con atto depositato il 5 febbraio 2023 hanno chiesto la fissazione dell’udienza di discussione a seguito della pubblicazione della sentenza, n. 4 del 2024, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 51, comma 3, della legge n. 388 del 2000 perché « la disposizione censurata, avendo introdotto una norma innovativa ad efficacia retroattiva, al fine specifico di incidere su giudizi pendenti in cui era parte la stessa amministrazione pubblica, e in assenza di ragioni imperative di interesse generale, si è posta in contrasto con i principi del giusto processo e della parità delle parti in giudizio, sanciti dagli artt. 111, commi primo e secondo, e 117, primo comma, Cost, quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU, nonché con i principi di eguaglianza, ragionevolezza e certezza dell’ordinamento giuridico di cui all’art. 3 Cost ».

8. – Con atto di forma depositato il 14 febbraio 2024, il Ministero della difesa e la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione pubblica si sono costituiti in giudizio per resistere all’appello.

9. – Alla pubblica udienza del 4 giugno 2024, in vista della quale gli appellanti hanno prodotto una memoria a sostegno delle proprie ragioni, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. – Con la sentenza n. 4 del 2024 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 51, comma 3, della legge n. 388 del 2000, il quale disponeva che « [l]’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, si interpreta nel senso che la proroga al 31 dicembre 1993 della disciplina emanata sulla base degli accordi di comparto di cui alla legge 29 marzo 1983, n. 93, relativi al triennio 1° gennaio 1988 - 31 dicembre 1990, non modifica la data del 31 dicembre 1990, già stabilita per la maturazione delle anzianità di servizio prescritte ai fini delle maggiorazioni della retribuzione individuale di anzianità. È fatta salva l’esecuzione dei giudicati alla data di entrata in vigore della presente legge ».

Dunque, la pronuncia della Corte ha fatto venire meno la norma (sopraggiunta nel corso del giudizio di primo grado) che ostava al riconoscimento, per effetto della proroga al 31 dicembre 1993 dell’efficacia dell’intera disciplina emanata sulla base degli accordi di comparto relativi al triennio 1° gennaio 1988 - 31 dicembre 1990, del diritto a beneficiare della maggiorazione della RIA prevista dall’art. 9, commi 4 e 5, del d.P.R. n. 44 del 1990 (Regolamento per il recepimento delle norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo del 26 settembre 1989 concernente il personale del comparto Ministeri ed altre categorie di cui all’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 5 marzo 1986, n. 68).

2. – Venuto meno tale ostacolo, non vi è motivo per discostarsi dalla giurisprudenza, anteriore alla disposizione dichiarata incostituzionale, la quale aveva definitivamente risolto in senso favorevole al personale dipendente il dibattito sull’estensione della proroga al 31 dicembre 1993 anche agli istituti economici in questione e, in particolare, era giunta alla conclusione, che va qui tenuta ferma, per cui « deve ritenersi che il quinquennio di effettivo servizio utile per conseguire il beneficio della maggiorazione della retribuzione individuale di anzianità, previsto dai commi 4 e 5 dell’art. 9 del D.P.R. 17 gennaio 1990, n. 44, possa essere utilmente maturato oltre il 31 dicembre 1990 (per effetto della proroga sancita dal comma 1 dell’art. 7 del D.L. 19 settembre 1992, n. 384, convertito con modificazioni dalla legge 14 novembre 1992, n. 438), ma entro il 31 dicembre 1992 (per effetto del blocco degli automatismi stipendiali stabilito dal successivo comma 3 dello stesso articolo 7) » ( ex multis , C.d.S., sez. IV, 17 ottobre 2000, n. 5522).

3. – In tali sensi e in questi limiti l’appello va accolto e, di conseguenza, riformata la sentenza impugnata.

Per l’effetto, in accoglimento del ricorso di primo grado nei limiti dell’interesse degli odierni appellanti, dev’essere dichiarato il diritto dei medesimi al riconoscimento delle maggiorazioni della retribuzione individuale di anzianità (RIA) in relazione al periodo di anzianità di servizio utilmente maturato oltre il 31 dicembre 1990 ai sensi dell’art. 9, commi 4 e 5, del d.P.R. 17 gennaio 1990, n. 44, per effetto della proroga disposta dall’art. 7, comma 1, del d.l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438.

Nel termine di giorni 90 (novanta) dalla notificazione, o dalla comunicazione della presente decisione se anteriore, l’Amministrazione dovrà proporre a ognuno di essi, con riferimento al diritto in concreto maturato alla stregua della succitata normativa, il pagamento di un importo pari alla maggiorazione della retribuzione individuale di anzianità, con rivalutazione monetaria in base agli indici ISTAT e interessi calcolati in base al tasso legale nel rispetto del divieto di cumulo di rivalutazione monetaria e interessi di cui all’art. 22, co. 36, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, tuttora applicabile nei rapporti di lavoro con datori di natura pubblica (cfr. C.d.S., sez. II, 4 aprile 2024, n. 3090;
Cass. sez. lav. 2 luglio 2020, n. 13624).

4. – Le spese del doppio grado del giudizio possono essere interamente compensate, considerati i mutamenti del quadro normativo e della relativa giurisprudenza durante l’arco dell’intera controversia.

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