Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-05-18, n. 202304974

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-05-18, n. 202304974
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202304974
Data del deposito : 18 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/05/2023

N. 04974/2023REG.PROV.COLL.

N. 01119/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1119 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato A B, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, via Tibullo, n. 10;



contro

Ministero dell'Interno, Aran Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Aran - Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni, non costituito in giudizio;



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Prima, n. -OMISSIS-, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Aran Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4- bis , cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza pubblica straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 8 marzo 2023, tenuta da remoto, il Cons. Fabrizio D'Alessandri e uditi per gli appellanti l’avvocato Baudino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO

1. Con l’appello in trattazione, ritualmente notificato il 22.1.2019 e depositato il 9.2.2019, i soggetti indicati in epigrafe, tutti appartenenti al Corpo dei vigili del fuoco (di seguito anche CNVV), nel ruolo non direttivo e non dirigenziale per le attività tecniche, amministrativo-contabili e tecnico-informatiche (d’ora in poi personale Sati), hanno gravato la sentenza segnata in epigrafe che ha respinto il loro ricorso teso all’accertamento del diritto all’equiparazione del trattamento economico e giuridico applicato al personale operativo appartenente al medesimo CNVV.

Nello specifico col ricorso di primo grado essi avevano chiesto:

1) previa disapplicazione del D.P.R.19 novembre 2010, n. 51, l’accertamento del diritto a percepire l'indennità di rischio prevista per il personale operativo o, comunque, un'indennità mensile a essa quantitativamente comparata, avente carattere di componente fissa dello stipendio per 13 mensilità a far data dal 13 ottobre 2005, con conseguente condanna dell'amministrazione a corrispondere le somme con gli interessi di legge;

2) l’accertamento del diritto, previa disapplicazione della circolare della Direzione Centrale per le risorse finanziarie del Dipartimento VVF del 24 gennaio 2013, prot. 1692, ad accedere al trattamento pensionistico secondo la disciplina dettata dal d. lgs. 195/1997 per il CNVVF e, quindi, al raggiungimento dei 60 anni e 3 mesi di età oppure al versamento di 40 anni e 3 mesi di contributi o ancora con il raggiungimento dei 57 anni e 3 mesi di età unitamente a 35 anni di contribuzione, oppure con il raggiungimento di soli 53 anni di età e il versamento dell'80% dei contributi;

3) in via subordinata, l’accertamento del diritto ad accedere alla pensione secondo le disposizioni dettate dal d.lgs. 335/1993 per gli impiegati civili dello Stato anteriormente all'entrata in vigore del d.l. 201/2011.

2. Avevano censurato l’irragionevolezza della discriminazione tra personale Sati e personale operativo in materia di indennità di rischio mensile. Al riguardo avevano evidenziato che, in quanto appartenenti al personale Sati, percepivano una indennità mensile pari al 50% di quella percepita dagli operativi, differenziazione irragionevole in quanto a detta misura ridotta non corrisponde una diminuzione del rischio dell’attività svolta da essi svolti; ciò peraltro era violativa degli artt. 131 e 134 del d.lgs. n. 217/2015.

Sotto altro profilo, la discriminazione tra le due categorie di lavoratori si realizzava relativamente all’accesso al trattamento pensionistico a causa della mancata applicazione al personale Sati del d.lgs. 195/2007.

2.1. Quanto al primo profilo i ricorrenti evidenziavano che la differenziazione non trovava fondamento nel d.lgs. 217/2005, ma “ unicamente in alcune norme della contrattazione collettiva illegittime per contrarietà alla legge che, per come tale devono essere disapplicate ”.

2.2. Inoltre lamentavano l’applicazione al solo personale tecnico amministrativo delle disposizioni di cui al d.l. n. 201/2011, convertito in legge 214/2011, contenenti un aggravamento dei requisiti di accesso alla pensione rispetto al regime dettato dal d.lgs. 165/1997 per l’intero Corpo dei Vigili del Fuoco.

3. Come accennato, l’adito T.A.R. ha respinto il ricorso, compensando le spese di giudizio.

3.1 Ha innanzitutto affermato l’inammissibilità dell’intervento ad adiuvadum dei signori -OMISSIS-, poiché soggetti portatori di un interesse che li avrebbe abilitati a proporre ricorso in via principale entro il termine decadenziale.

3.2 In via preliminare ha altresì disposto l’estromissione dell’ARAN, ritenendo che quest’ultima svolga compiti e funzioni assolutamente estranee alla presente vicenda, così che la stessa difetta di legittimazione passiva.

3.3. Nel merito ha respinto il ricorso sulla base della seguente motivazione: “ Con il Decreto Legislativo 13.10.2005 n. 217 il rapporto di lavoro del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, è stato trasformato da rapporto di impiego privatistico (D. lg.vo n. 29/1993), in quello di diritto pubblico.

Il relativo personale è stato, quindi, inquadrato in tre ruoli: personale non dirigente e non direttivo con funzioni tecnico operative (titolo I art. 1), personale direttivo e dirigente (titolo II art. 39) e personale non direttivo e non dirigente che espleta attività tecniche, amministrativo-contabili e tecnico-informatiche (titolo III art. 85). Quindi emerge, dal dato di formazione primaria, una oggettiva distinzione tra i diversi ruoli del personale in relazione ai compiti istituzionali ad essi affidati (D.lgs 217/2005; Decreto legislativo n. 139 del 8 marzo 2006).

In particolare gli artt. 4 (per i vigili del fuoco), 5 (capi squadra e dei capi reparto), 20 (ispettori e dei sostituti direttori antincendi) del D.L. 217/2005 statuiscono in modo puntuale i compiti del personale dei ruoli tecnico-operativi.

E' soltanto a tale personale che è affidata, in via esclusiva, l'attività di prevenzione e soccorso pubblico.

Né tale differenziazione può subire omogeneizzazioni per via giudiziaria, atteso che l'effettivo impiego del personale del Corpo avviene secondo precise previsioni normative in relazione alle mansioni possedute.

Conseguentemente costituisce una scelta del legislatore, non sindacabile dal giudice, quella di prevedere che, ad una differenziazione delle funzioni e dei ruoli corrisponda un diverso trattamento economico e previdenziale, concretamente attuato dalle successive norme contrattuali e di settore.

Né tale differenziazione può costituire un motivo per sostenere che la diversità di trattamento tra il personale appartenente al Corpo dei vigili del fuoco, costituisca un arbitrario e non giustificabile pregiudizio, atteso che tale diversificazione non è altro che la risultante del diverso impiego del personale secondo puntuali previsioni normative.

Né, infine, l'attività di supporto può essere equiparata, come sostiene la parte ricorrente, a quella operativa.

Si tratta, all'evidenza, di compiti istituzionali diversi e non interscambiabili.

In altre parole, accertata e non revocabile in dubbio, la diversità di compiti istituzioni tra i diversi ruoli del personale dei vigili del fuoco, pertiene alla scelta politica del legislatore provvedere o meno ad una omogeneizzazione stipendiale e previdenziale.

In mancanza di una tale scelta, non compete al giudicante equiparare le diverse situazioni soggettive che, come detto, hanno una loro logica nella diversificazione dei compiti istituzionali affidati, né tale scelta, vertendo in relazione a situazioni diversificate, appare in contrasto con principi costituzionali e, specificatamente, con l'art. 3 della Costituzione”.

4. Avverso tale pronuncia i ricorrenti hanno proposto appello alla stregua dei motivi di seguito indicati.

I. Con il primo motivo contestano l’insussistenza della legittimazione passiva dell’ARAN dichiarata dal T.A.R. A loro avviso, infatti, l’ARAN, pur non essendo amministrazione datrice di lavoro, rappresenta, contrariamente a quanto affermato dal T.A.R., in ogni caso un costante punto di riferimento nella contrattazione collettiva e svolge le attività relative alla negoziazione e definizione dei contratti collettivi del personale dei vari comparti del pubblico impiego, ivi compresa l’interpretazione autentica delle clausole contrattuali e la disciplina delle relazioni sindacali nelle amministrazioni pubbliche, così che sussisterebbe la legittimazione passiva dell’ARAN.

II. Con il secondo motivo di gravame, attinente al diverso trattamento economico, giuridico e previdenziale tra il personale Sati e il personale del ruolo tecnico-operativo del CNVVF, lamentano l’erroneità della sentenza impugnata, violativa del d.lgs. n. 217/2005.

Il T.A.R. avrebbe errato nel dichiarare legittima la scelta dell'amministrazione di attuare in

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