Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-02-13, n. 201800937

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-02-13, n. 201800937
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201800937
Data del deposito : 13 febbraio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/02/2018

N. 00937/2018REG.PROV.COLL.

N. 10121/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10121 del 2014, proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

S M, rappresentata e difesa dall’avvocato G R, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F B in Roma, via Cosseria, n. 2;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA – LECCE – SEZ. II n. 1289 del 2014;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della signora S M;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2018 il Cons. D S e uditi per le parti gli avvocati Di Nezza, in delega dell’avvocato G R, e Alberto Giua dell’Avvocatura Generale dello Stato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.‒ La signora S M impugnava il giudizio di non ammissione della ricorrente agli esami di Stato di maturità classica relativa all’anno scolastico 2007/2008, formulato dal Consiglio della Classe III ‘C’ del Liceo De Sanctis di Manduria, pubblicato il 12 giugno 2008 (unitamente al verbale della seduta del 5 giugno 2008 dello stesso Consiglio di Classe e al calendario interno del 16 maggio 2007).

2.‒ Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, con sentenza n. 1289 del 2014, dichiarava la cessazione della materia del contendere, rilevando che la ricorrente era stata «[…] ammessa a sostenere gli esami di Stato in sessione suppletiva e conseguiva il relativo Diploma di maturità, con votazione di 61/100 (così determinandosi la piena e puntuale soddisfazione della pretesa sostanziale azionata) ». In applicazione del principio sulla soccombenza virtuale, l’Amministrazione intimata veniva condannata al pagamento delle spese di lite, liquidate in € 1.500,00, oltre accessori di legge.

3.– Il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca ha proposto appello avverso il capo di sentenza relativo alla regolazione delle spese di lite.

Secondo la difesa erariale il giudice di prime cure sarebbe incorso in errore nella parte in cui, in applicazione del principio della soccombenza virtuale, ha condannano l’Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio, omettendo di effettuare la doverosa valutazione circa l’esito che la controversia avrebbe ipoteticamente avuto, ove il fatto, in virtù del quale si è determinata al cessazione della materia del contendere, non si fosse verificato. Il rinvio operato dal T.a.r alle valutazioni espresse in sede cautelare non sarebbe sufficiente a giustificare tale condanna, essendo l’ordinanza cautelare volta solo a conservare inalterata la situazione in attesa della decisione di merito.

4.‒ Si è costituita in giudizio la signora S M, chiedendo il rigetto del gravame.

5.‒ All’esito dell’udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2018, la causa è stata discussa ed è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1.‒ L’impugnazione è rivolta avverso il capo della decisione di primo grado con la quale, una volta dichiarata la cessazione della materia del contendere, in applicazione del principio della soccombenza virtuale, si è proceduto alla condanna alle spese di giudizio. L’appellante si limita a censurare la mera insufficienza motivazionale e non l’erroneità della statuizione sulla soccombenza.

1.1.‒ L’intervenuta cessazione della materia del contendere non può esimere il giudice dal verificare, alla stregua del criterio della soccombenza virtuale, le ragioni della parte che abbia visto soddisfatta la sua pretesa solo dopo l’introduzione del giudizio, non potendo ammettersi che la necessità di servirsi del processo per ottenere ragione torni in danno del ricorrente. Ne consegue che, in mancanza di un espresso accordo delle parti sulla compensazione delle spese, il giudice deve prendere in esame le questioni sollevate dalla parte ricorrente, per valutarne la fondatezza al solo fine di regolare, in base al principio della soccombenza, le spese del giudizio ( ex plurimis Consiglio di Stato, sez. V, 7 luglio 2015, n. 3348).

1.2.‒ La regolazione delle spese giudiziali non richiede, in via generale, una ampia motivazione, posto che esse, per principio generale, seguono la soccombenza (art. 91 c.p.c.), ponendosi invece un onere di più specifica motivazione laddove la regolazione delle spese prescinda dalla vittoria in giudizio e risponda ad esigenze differenti (art. 92 comma 1, c.p.c.). Resta fermo che la statuizione del primo giudice sulle spese e sugli onorari di giudizio costituisce espressione di un ampio potere discrezionale, come tale insindacabile in sede di appello, fatta eccezione per l’ipotesi di condanna della parte totalmente vittoriosa, oppure per il caso che la statuizione sia manifestamente irrazionale o si riferisca al pagamento di somme palesemente inadeguate (Cons. Stato, sez. VI, 30 dicembre 2005, n. 7581).

2.‒ Corollario di quanto sinora affermato è che la statuizione del T.a.r., non appalesandosi scorretta od abnorme, va confermata, con reiezione dell’appello.

2.1.‒ Il giudizio di soccombenza virtuale, infatti, è stato motivato attraverso il rinvio alle « valutazioni espresse nell’ordinanza cautelare n. 633 del 2008, pronunciata dalla Sezione sul ricorso in esame ».

Tale ordinanza ha disposto ‒ in forma di remand ‒ la rinnovazione del giudizio da parte del Consiglio di classe, argomentando la sussistenza del riscontrato vizio di legittimità con affermazioni che vanno ben oltre una delibazione di mera verosimiglianza. Segnatamente, si legge: « l’impugnato giudizio di non ammissione, adottato a maggioranza, è stato formulato prima della chiusura delle lezioni, contrariamente a quanto raccomandato dall’Ufficio Scolastico Regionale con nota del 3/6/2008;
in conseguenza di ciò, la valutazione del rendimento della ricorrente non ha tenuto conto delle verifiche orali sostenute successivamente allo scrutinio, ma prima del termine delle lezioni, come da dichiarazione della docente di Matematica e Fisica;
tale ultima circostanza, ove valutata dal Consiglio di Classe, avrebbe potuto determinare un diverso esito dello scrutinio (adottato a maggioranza);
peraltro, il giudizio di non ammissione è fondato, altresì, sul presupposto del mancato superamento dei debiti formativi degli anni pregressi, non applicabile per le valutazioni di ammissione del presente anno scolastico
».

2.2.‒ Dal complesso delle argomentazioni esposte ‒ per relationem ‒ in sentenza risulta, dunque, soddisfatto l’onere di motivazione sufficiente a giustificare quanto disposto in sede di regolazione delle spese.

3.‒ Le spese giudiziali del presente grado di giudizio seguono la regola della soccombenza.

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