Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-07-09, n. 201403491

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-07-09, n. 201403491
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201403491
Data del deposito : 9 luglio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05224/2013 REG.RIC.

N. 03491/2014REG.PROV.COLL.

N. 05224/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5224 del 2013, proposto da:
A N,
rappresentato e difeso dall'avv. M R D, con domicilio eletto presso M R D, in Roma, viale Carso n. 23;

contro

U.T.G. - Prefettura di Siena, Questura di Siena e Ministero dell'Interno,
in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore,
costituitisi in giudizio, per legge rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati presso gli uffici della stessa, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. TOSCANA - SEZIONE II, n. 00305/2013.

Visto il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di Siena e di Questura di Siena e di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista l’ordinanza cautelare di accoglimento n. 2527 del 25 luglio 2013;

Vista la istanza di esecuzione delle misure cautelari ex art. 59 c.p.a.;

Relatore, nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2014, il Cons. Roberto Capuzzi;

Uditi per le parti, alla stessa camera di consiglio, l’avvocato M.R. Damizia e l’avv.to dello Stato T. Varrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente, cittadino senegalese, impugnava davanti al T per la Toscana il decreto prot. 10527 del 04.05.2012, con cui il Prefetto della Provincia di Siena aveva deciso il ricorso gerarchico da lui proposto avverso il provvedimento della Questura di Siena, che aveva negato il rinnovo del permesso di soggiorno per carenza della dichiarazione dei redditi relativa al 2010 e per la mancata comunicazione della disponibilità di un alloggio.

Nella decisione del ricorso gerarchico si prendeva atto del possesso, da parte dell’interessato, dei redditi per il 2010, ma si confermava il provvedimento negativo della Questura per la mancanza di un alloggio.

Il ricorrente faceva presente che, successivamente alla presentazione del ricorso gerarchico, aveva regolarizzato la sistemazione alloggiativa in Roma.

Il primo motivo di ricorso davanti al T denunciava l’eccesso di potere per travisamento dei fatti e per carenza di istruttoria, in quanto il ricorrente disponeva di un alloggio in Colle Val d’Elsa dove risiedeva dal 2002 anche se non era più intestatario del contratto di locazione e, a comprova di ciò, depositava la dichiarazione dell’intestatario del contratto circa il fatto che il medesimo ricorrente disponeva permanentemente in tale alloggio di un posto letto.

Il secondo motivo denunziava la violazione dell’art. 5, comma 5, del d. lgs. n. 286/98, perché non si era preso atto, da parte della amministrazione, del fatto che la eventuale irregolarità inerente la sistemazione alloggiativa risultava ormai sanata, avendo il ricorrente preso stabile dimora in Roma presso il signor G M e quindi vi era un fatto sopravvenuto, di cui l’amministrazione avrebbe dovuto tenere conto.

Il Ministero dell’Interno si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.

2. Il T riteneva che il ricorso non meritasse accoglimento.

Infatti, per il primo giudice, il ricorrente non aveva dimostrato il possesso di una stabile dimora in Italia e gli accertamenti della Questura prima, e della Prefettura in sede di ricorso gerarchico poi, non avevano consentito di accertare l’esistenza della residenza in Colle Val d’Elsa.

Inoltre l’acquisizione di una stabile dimora in Roma era avvenuta successivamente alla decisione del ricorso gerarchico e pertanto il ricorrente non avrebbe potuto dolersi del fatto che l’amministrazione non ne aveva tenuto conto richiamando l’art. 5, comma 5, del d. lgs. di cui sopra, in quanto la sopravvenienza del fatto nuovo doveva essere addotta prima della decisione del provvedimento.

Il ricorso andava quindi, concludeva il T.A.R., respinto, potendosi compensare le spese del giudizio.

3. Con l’atto di appello si deduce la erroneità della sentenza del T, che avrebbe avallato l’errore della Questura e della Prefettura, le quali si erano limitate alla acquisizione documentale del contratto di affitto in Colle Val d’Elsa, senza tuttavia effettuare, in concreto, ulteriori accertamenti mediante l’acquisizione di informazioni dagli altri inquilini dell’abitazione circa l’effettivo domicilio del signor Ndiaye.

La dichiarazione giurata del signor Nguirane Aliou chiariva la posizione del ricorrente ed in specie evidenziava che lo stesso aveva condiviso l’abitazione sita in Colle Val D’Elsa, località Selvamaggio n. 78.

Nel 2009, in sede di rinnovo del contratto di locazione, il ricorrente non figurava più tra gli intestatari del contratto, pur continuando a frequentare la abitazione ed essere reperibile per qualsiasi necessità e contatto;
peraltro egli disponeva anche di altra abitazione, in Roma, via San Giovanni Rotondo n. 15, int. 15.

L’appellante formulava in appello anche istanza istruttoria, ai fini del definitivo accertamento del luogo di effettiva abitazione.

Il ricorrente richiamava infine l’art. 5, comma 5, del d. lgs. n. 286/1998, sostenendo la efficacia sanante del fatto sopravvenuto, che aveva comportato il radicale mutamento della situazione presa in considerazione dai provvedimenti impugnati, posto che egli ad oggi è stabilmente domiciliato in Roma nel suddetto indirizzo di via San Giovanni Rotondo n. 15.

4. Con ordinanza assunta in sede cautelare n. 2527 del 25 luglio 2013, questo Consiglio di Stato, Sez. III, sospendeva la sentenza del T ed invitava la Prefettura ad un riesame della vicenda sulla complessiva posizione del ricorrente.

Veniva quindi depositata la nota della Questura di Siena dell’8 agosto 2013, che, a seguito di riesame, confermava il precedente provvedimento di diniego di rilascio del titolo di soggiorno.

Con nota del 17 ottobre 2013 la Prefettura, Ufficio Territoriale del Governo di Siena, trasmetteva un nuovo decreto di reiezione del ricorso gerarchico, che teneva conto del parere della Questura di Siena, la quale, con nota pervenuta il 26.9.2013, aveva confermato il parere negativo al rilascio del titolo di soggiorno.

Nel nuovo decreto si rilevava che il ricorrente, nelle more della definizione dei vari ricorsi avanzati, aveva continuato a soggiornare illegalmente in Italia “… per cui in data 30.10.2012, su sua richiesta, gli veniva concesso un termine per la partenza volontaria ai sensi della Direttiva 2008/115/CE”.

La Prefettura evidenziava, inoltre, che, nel riesaminare la posizione dello straniero alla luce di quanto prevede l’art. 5, comma 5, del d. lgs. n. 286/98, emergeva che il contratto di locazione stipulato tra il signor G M ed il proprietario dell’immobile sito in Roma, via San Giovanni Rotondo n. 15, int. 15, prevede al punto 2 che “il conduttore dichiara che l’immobile oggetto della locazione sarà adibito esclusivamente ad abitazione del conduttore e dei familiari con lui conviventi”;
pertanto il ricorrente non aveva alcun titolo ad usufruire di detto alloggio, non rientrando nel nucleo familiare del locatario.

Inoltre la Prefettura evidenziava che il ricorrente non era più residente nel Comune di Colle Val D’Elsa, perché cancellato dal 18.3.2013 “per irreperibilità al censimento della popolazione residente” e che lo stesso, in merito alla propria situazione alloggiativa sia nel comune di Colle Val D’Elsa, sia nel comune di Roma, aveva sempre fornito documentazione lacunosa e non esaustiva, basata su contratti scaduti e su dichiarazioni di ospitalità.

Tali dichiarazioni di ospitalità, per quanto riguarda la sistemazione alloggiativa in Siena, “… sono state smentite dal proprietario dell’appartamento appositamente contattato dal personale della Questura di Siena”;
anche la dichiarazione di ospitalità nell’alloggio romano non garantiva una stabile dimora, perché non rispondente alle clausole del contratto di locazione stipulato dal locatario ospitante.

Inoltre “… solo in sede di ricorso al T e quindi successivamente alla notifica del provvedimento prefettizio su ricorso gerarchico, si prendeva atto dell’asserito reperimento dell’alloggio romano e della relativa comunicazione di cessione del fabbricato datata 9.8.2012, che, sebbene cronologicamente in data anteriore alla notifica della decisione prefettizia sono sicuramente posteriori alla nota 7.5.2012 con la quale veniva notiziato il ricorrente, mediante i legali presso i quali aveva eletto domicilio sull’esito negativo del ricorso gerarchico”.

Concludeva la Prefettura ritenendo che “pertanto anche a seguito ad ulteriore approfondito esame, il ricorrente non aveva fornito prova della disponibilità di un alloggio stabile”.

5. A seguito del deposito di tali atti l’appellante presentava istanza ex art. 59 c.p.a. al Consiglio di Stato per la corretta esecuzione della ordinanza Sez. III n. 2867/2013, assumendo che l’amministrazione avrebbe introdotto, nella propria risposta, considerazioni non attinenti al merito del giudizio ed al contenuto della ordinanza cautelare, allegando fatti ulteriori, totalmente estranei all’elemento centrale della controversia.

6. Alla camera di consiglio del 20.02.2014, fissata per l’esame della istanza di esecuzione della ordinanza cautelare, le parti venivano informate dal Presidente circa la possibilità di definizione nel merito della causa con sentenza in forma semplificata.

Non avendo esse nulla rilevato in proposito, la stessa è stata ivi trattenuta in decisione per la definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata.

7. Il Collegio ritiene che l’appello sia divenuto improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

In generale si ricorda che deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso diretto avverso provvedimenti, che, in pendenza del giudizio, siano stati sostituiti da provvedimenti innovativi e dotati di autonoma efficacia lesiva della sfera giuridica del destinatario e, come tali, idonei a rendere priva di ogni utilità la pronuncia sul ricorso proposto avverso precedenti provvedimenti (Cons. Stato, Sez. III, n. 4358/2013).

Nel caso di specie l’amministrazione, a seguito della ordinanza cautelare della Sezione n. 2867/2013, con la quale è stato disposto il riesame della complessiva situazione dell’appellante, ha reiterato i provvedimenti della Questura e della Prefettura effettuando una rinnovata istruttoria, che ha dato luogo ad un nuovo provvedimento di diniego, supportato da una diversa e più aggiornata motivazione rispetto a quella posta a base del provvedimento a suo tempo impugnato davanti al T ed oggetto del presente giudizio, sia pure concludendo, nel dispositivo, nel senso di confermare le determinazioni espresse nel precedente atto.

Pertanto i successivi provvedimenti si qualificano come atti del tutto nuovi, sia pure con effetto confermativo e richiedono, in ipotesi, una nuova azione giudiziaria davanti al T per il loro annullamento, mentre ogni eventuale pronunzia che investa il precedente provvedimento impugnato non è allo stato in grado di determinare alcun vantaggio per il ricorrente.

8. In conclusione, il provvedimento prefettizio n. 25985 del 17 ottobre 2013, di conferma della reiezione del ricorso gerarchico presentato avverso il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo, determina una fattispecie estintiva della controversia, comportando il ritiro dell'atto impugnato oggetto del giudizio, sostituito dalla nuova determinazione, autonomamente impugnabile.

L’appello, pertanto, deve essere dichiarato improcedibile.

9. Spese ed onorari del grado, attesa la scarsa attività defensionale della amministrazione, possono essere integralmente compensati fra le parti.

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