Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2020-11-12, n. 202006973

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2020-11-12, n. 202006973
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202006973
Data del deposito : 12 novembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/11/2020

N. 06973/2020REG.PROV.COLL.

N. 05956/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5956 del 2019, proposto da
S M, rappresentato e difeso dagli avvocati G D, A S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio A S in Roma, via Luigi Pigorini, 6;

contro

Comune di Catanzaro, rappresentato e difeso dagli avvocati A D S, S D, S M, G F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria (Sezione Seconda) n. 1255 del 2019, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Catanzaro;

Viste le memorie delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2020 il Cons. E Q;

per le parti si dà atto della richiesta di passaggio in decisione presentata dagli avvocati Diaco, De Siena e Durante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il sig. M Salvatore ha impugnato innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria

l’ordinanza del settore Attività Economiche e Produttive del Comune di Catanzaro n 22 del 27 maggio 2015 che ha previsto la sospensione dell'attività di pubblico esercizio, tipologia "A" legge n. 287/91, sito in Catanzaro Lido, via Lungomare n. 369, denominato "Ristorante Pizzeria al Porto" di cui è titolare da oltre quarant’anni, fino a quando: a) non verrà ripristinato lo stato dei luoghi originari che hanno determinato il rilascio dell'autorizzazione amministrativa n. 244/80 e dell’autorizzazione sanitaria n. 320/86, eliminando ogni abuso e non conformità edilizia accertata dal comando di polizia locale (corpo avanzato realizzato in ampliamento al locale preesistente ed allo stesso collegato mediante porta di accesso);
b) non verrà rinnovata la concessione per l'anno 2015 riferita all'occupazione di suolo pubblico dove sorge il dehors , previo riconoscimento della struttura da parte del competente settore patrimonio e conseguente scia amministrativa e sanitaria per l'utilizzo dello stesso a servizio del locale di pubblico esercizio.

Con ricorso per motivi aggiunti l’interessato ha, altresì, impugnato la nota prot. n. 31369, notificata il 2 aprile 2019, del Settore AA.EE e Suap del Comune di Catanzaro, con la quale si invitava il sig. M a produrre nuova documentazione relativa alla legittimità a svolgere l’attività di ristoratore-pizzeria, atteso che il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, con provvedimento n. 883/2015, aveva reso esecutiva l’ordinanza n. 22 del 27 maggio 2015 emessa dal medesimo settore e che oggetto di contestazione sarebbe la presunta abusiva realizzazione di un corpo avanzato e di un dehors senza i prescritti titoli abilitativi, nonchè la nota del 27 marzo 2019, prot. n. 31122, con cui si comunica al Settore Avvocatura: “ che la citata ordinanza mantiene anche in attuazione del provvedimento esecutivo n. 283/2015 emesso dal Tar Calabria la sua efficacia ”.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria ha respinto il ricorso con sentenza n. 1255 del 2019, contro la quale il sig. M ha proposto appello per il seguente motivi di diritto:

error in iudicando , difetto di motivazione sul punto decisivo della controversia, omessa valutazione di motivi di ricorso formulati in primo grado.

Si è costituito in giudizio per resistere all’appello il Comune di Catanzaro.

Successivamente le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 29 ottobre 2020 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Giunge in decisione l’appello proposto dal sig. M Salvatore contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria n. 1255 del 2019, che ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti dallo stesso proposti per l’annullamento dell’ordinanza n. 22 del 27 maggio 2015 di sospensione dell’attività di esercizio pubblico tipologia A) denominata “Ristorante Pizzeria al Porto”, dallo stesso svolta da lungo tempo in Catanzaro lido, via Lungomare n. 369, in ragione degli abusi edilizi accertati dal Comando di Polizia locale e consistenti nella realizzazione di un corpo di fabbrica avanzato e di un dehors , e del provvedimento con il quale il Comune di Catanzaro ha disposto che, in mancanza di una formale revoca dell’ordinanza di sospensione, l’attività non potrà essere svolta per l’anno 2019.

Nel ricorso di primo grado il M aveva affermato che il manufatto in questione, dove svolge la sua attività di ristorazione da oltre 40 anni, non costituisce ampliamento al locale preesistente, in quanto tale corpo avanzato è stato realizzato unitamente e in concomitanza alla edificazione del fabbricato principale di cui costituisce parte integrante e che tanto si evincerebbe dalle allegazioni planimetriche effettuate dall’Arch. Desinopoli nel presentare la SCIA per ampliamento attività di S.A.B – rectius perizia giurata - come richiesto secondo la nota dell’Ing. Ciampa nell’interesse del sig. M- nonché come ampiamente provato anche attraverso la produzione documentale e fotografica risalente, quest’ultima, agli anni ’60 del vecchio secolo. Difatti, l'intero fabbricato, con annesso corpo/portico avanzato, sarebbe stato edificato prima della cosiddetta legge Ponte del 1967 e realizzato fuori dal perimetro urbano;
dunque, per la richiamata normativa, non necessitava di alcun titolo abilitativo (licenza edilizia o permesso di costruire).

A comprova delle suddette affermazioni, sarebbe stata depositata all’Amministrazione comunale ed ai vigili urbani una perizia giurata a firma dell’Arch. Desinopoli Luciano redatta ai sensi dell’art. 35 della legge 28 febbraio 1985, n.47, inerente il manufatto in questione, dalla quale si potrebbe evincere la regolarità ed agibilità dello stesso, così come sarebbe stata prodotta SCIA alimentare, giusta certificazione di invio al sistema Calabria SUAP del 19 marzo 2015, con versamento relativi oneri. Inoltre, il medesimo Comune di Catanzaro - Settore Edilizia Privata e SUE - avrebbe rilevato, in esito a sopralluogo eseguito presso la struttura del sig. M e giusta relazione del 22 luglio 2015, come nessun provvedimento sanzionatorio andasse adottato, atteso il superamento di tutte le presunte variazioni urbanistiche e/o eventuali illeciti edilizi. La stessa Ditta M, con nota del 31 luglio 2015, avrebbe inoltrato tramite SUAP ulteriore SCIA per ampliamento somministrazione alimenti e bevande all’interno del portico antistante il locale pizzeria nonché del dehors connesso all’attività in essere e già condotta in Catanzaro, via Lungomare, 369, come da autorizzazione amministrativa n. 244/80. La richiamata SCIA per ampliamento sarebbe stata ritenuta procedibile dal Comune di Catanzaro e trasmessa all’ASP Dir. Dip. Prevenzione per la registrazione, giusta nota prot. 71946 del 10 agosto 2015 del Settore AA.EE. e SUAP, e successivamente registrata.

La struttura dehors , corpo avanzato rispetto al portico di cui innanzi, sarebbe presente in forza della concessione in sanatoria n. 1/14 prot. n. 15195 del 21 febbraio 2014 (che richiama anche l'idoneità statica asseverata da tecnico abilitato rilasciata dal Settore Patrimonio del Comune di Catanzaro con decorrenza anno 2011) e per la quale gli Uffici Comunali competenti avrebbero provveduto ad inviare il bollettino di pagamento per la TOSAP (oneri relativi all’occupazione di suolo pubblico) per gli anni 2015, 2016, 2017, 2018 e per l’anno in corso e che il sig. M avrebbe provveduto sempre a versare. Nell’anno 2011 lo stesso Comando dei vigili urbani di Catanzaro avrebbe attestato con nota prot. 52614 del 20 giugno 2011 che: “ dopo la realizzazione del dehors il transito veicolare e pedonale risulta essere sufficientemente agevole atteso che detta struttura è esistente da diversi anni ”.

Inoltre, il Regolamento comunale per la disciplina dell’occupazione suolo pubblico, statuisce all’art. 13.3 che: “ il termine per il procedimento di rilascio dell’autorizzazione all’occupazione del suolo pubblico è fissato in 30 giorni, trascorsi i quali l’istanza si intende accolta ”. Di conseguenza, anche nel caso in cui non fosse stata concessa espressamente l’occupazione di suolo pubblico, sussisterebbe comunque un’ipotesi di silenzio assenso prevista nel Regolamento della medesima Amministrazione resistente. Peraltro, sempre agli atti del Comune sarebbe depositata una perizia sulla idoneità statica a firma dell’Arch. Ilario Zangari, nonché certificazione dell’Ing. Antonio Marasco, con la quale risulterebbe attestato che il dehors è posto oltre i 30 metri dalla linea demaniale marittima, ai sensi dell’art. 55 del codice della navigazione e dell’art. 19 del d.lgs. n. 374/98.

Il M riferiva, inoltre, che, in attesa della richiesta concessione stagionale per l’esercizio dell’attività nel portico antistante il locale pizzeria, aveva proceduto alla rimozione e al ripristino dei luoghi con l’eliminazione degli infissi che nel frattempo aveva apposto al portico già esistente e prospiciente il locale pizzeria, posto al piano terra ed identificato catastalmente al foglio di mappa 101, particella 99, sub. 53, categoria C/1, di proprietà del sig. G A, condotto in locazione, e che ne aveva dato informativa all’Amministrazione.

In conclusione, per il ricorrente non potrebbe non evincersi la regolarità tecnica ed edilizia-urbanistica sia del portico che del dehors , e tali circostanze erano già verificabili ed accertabili in sede di controllo effettuato dalla Polizia Municipale nel gennaio 2015. Del resto, per i presunti abusi in questione il Tribunale di Catanzaro, decidendo sull’opposizione al decreto penale richiesto dalla Procura, si sarebbe pronunciato con sentenza di assoluzione n. 156 del 6 febbraio 2019.

Da quanto sin qui chiarito, veniva rilevato in prime cure come la Polizia Municipale avesse travisato fatti e normative afferenti la fattispecie che ci occupa atteso che, non solo non aveva proceduto ad una corretta ricerca e susseguente esatta valutazione di atti già presenti presso l’Ufficio Urbanistica Privata del Comune di Catanzaro, quanto, invero, la stessa Polizia Municipale avrebbe dovuto dare corso ad accertamenti suppletivi ed all’acquisizione di elementi probanti prima di affermare inopinatamente l’assenza di titoli abilitativi, non avendo il M commesso alcuna violazione della disciplina urbanistico-edilizia.

L’appellante ha impugnato la sentenza n. 1255 del 2019 con cui il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti, deducendo la totale assenza di motivazione in ordine alle ragioni per le quali il Collegio di prime cure avrebbe ritenuto di non discostarsi da quanto sostenuto da parte resistente e di non confutare le deduzioni di fatto, di diritto, nonchè la produzione documentale del ricorrente. Ha, quindi, censurato la sentenza per eccesso di potere, per difetto di motivazione e per mancata valutazione di elementi e provvedimenti rilevanti e decisivi, atteso che la gravata decisione non conterrebbe alcuna argomentazione delle conclusioni alle quali perviene.

Per il Comune appellato la sentenza sarebbe da confermare in relazione alla documentazione depositata in primo grado, da cui risulterebbe l’abusività del corpo di fabbrica avanzato e del dehors .

L’appello è fondato.

Il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice di primo grado è configurabile e costituisce un tipico errore di diritto per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, deducibile in sede di appello sotto il profilo della violazione dell'art. 112 c.p.c.., che è applicabile al processo amministrativo con il correttivo secondo cui l'omessa pronuncia su di un vizio del provvedimento impugnato deve essere accertata con riferimento alla motivazione della sentenza nel suo complesso, senza privilegiare gli aspetti formali, così che essa può ritenersi sussistente soltanto nell'ipotesi in cui risulti non essere stato esaminato il punto controverso e non quando, al contrario, la decisione sul motivo di impugnazione risulti implicitamente da un'affermazione decisoria di segno contrario ed incompatibile;
in ogni caso, l'omessa pronuncia su una o più censure proposte con il ricorso giurisdizionale non configura un error in procedendo , tale da comportare l'annullamento della decisione, con contestuale rinvio della controversia al giudice di primo grado ex art. 105, comma 1, c.p.a.., ma solo un vizio dell'impugnata sentenza che il giudice di appello è legittimato ad eliminare, integrando la motivazione carente o, comunque, decidendo sul merito della causa (cfr., fra le tante, Cons. Stato, V, 12 febbraio 2020, n. 1062).

L’obbligo di motivazione dei provvedimenti del giudice trova, del resto, solenne affermazione nella Costituzione, il cui art. 111, comma 6, così recita: “ Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati ”. Anche i primi tre articoli del Codice del processo amministrativo, inseriti nel titolo I (“ Principi e organi della giurisdizione amministrativa ”) capo I (“ Principi generali ”), hanno inteso dare attuazione ai detti principi costituzionali. Il dovere di motivazione e sinteticità degli atti previsto dall’art. 3 (“ Ogni provvedimento decisorio del giudice è motivato.

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