Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-03-02, n. 202201482

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-03-02, n. 202201482
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202201482
Data del deposito : 2 marzo 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/03/2022

N. 01482/2022REG.PROV.COLL.

N. 07798/2021 REG.RIC.

N. 05151/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7798 del 2021, proposto da G T, rappresentato e difeso dall’Avvocato E V P, con domicilio digitale come da PEC nei Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. G R, in Roma, via Antonio Gramsci n. 24;

contro

Azienda Ospedaliero - Universitaria Consorziale Policlinico di Bari, non costituita in giudizio;



sul ricorso numero di registro generale 5151 del 2021, proposto da G T, rappresentato e difeso dall’Avvocato E V P, con domicilio digitale come da PEC nei Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. G R, in Roma, via Antonio Gramsci n. 24;

contro

Azienda Ospedaliero - Universitaria Consorziale Policlinico di Bari, non costituita in giudizio;

per la riforma, quanto al ricorso n. 7798 del 2021, della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione prima) n. 01221/2021, resa tra le parti;
e, quanto al ricorso n. 5151 del 2021, della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione prima) n. 00355/2021, resa tra le parti.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2022 il Cons. P L T;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

G T, con istanza depositata il 26 agosto 2020, chiedeva all’Azienda Ospedaliero-Universitaria Consorziale Policlinico di Bari (d’ora in avanti, anche AOU) l’accesso civico generalizzato ad alcuni atti ed informazioni relativi alla creazione e al funzionamento dell’unità operativa complessa (UOC) «Medicina interna e geriatria Frugoni», e, in particolare, ai seguenti: «1) protocollo di intesa in data 11 aprile 2018 tra Regione Puglia, Università degli Studi A. Moro di Bari e Università degli Studi di Foggia, limitatamente alla parte che comunque dovrà indicarsi - in cui lo stesso protocollo prevedeva l’annessione dell’unità operativa complessa di geriatria dell’Ospedale Policlinico di Bari a quella di medicina interna Frugoni dello stesso Ospedale, entrambe a direzione universitaria;
2) provvedimento con il quale si revocava la successiva delibera Aziendale n.1138 del 1° agosto 2019 recante approvazione del piano triennale del fabbisogno per il triennio 2018-2020 di codesta Azienda, per la parte in cui (allegato n.2) individuava come tra loro distinte, separate e ciascuna munita di proprio personale, le due anzidette unità operative complesse;
3) atto esprimente l’intesa raggiunta ai sensi dell’art. 3, comma 3, d.lgs. n.517/1999 tra Università A. Moro di Bari e Azienda Ospedaliero-Universitaria Consorziale Policlinico di Bari in merito alla modifica del vigente atto Aziendale attuata con la precitata delibera Aziendale n.1378/2018 (istitutiva - come detto - dell’unità operativa complessa a direzione universitaria “Medicina interna e geriatria Frugoni”);
4) atto esprimente l’intesa raggiunta tra le Amministrazioni suddette ai sensi dell’art. 8, comma 5, d.lgs. n.517/1999 in merito al conferimento dell’incarico di direttore dell’unità operativa complessa “Medicina interna e geriatria Frugoni”, di nuova istituzione, al Prof. C S disposto con la ridetta delibera Aziendale n.137/2018;
5) atto con il quale si decideva di non espletare, ai fini dell’assegnazione dell’incarico di cui sopra, la procedura selettiva prevista dal regolamento Università - Azienda del 5 maggio 2015, come riformulato con deliberazione Aziendale n.1532 del 3 ottobre 2017, e dall’art. 8 del regolamento Regione Puglia n. 24 del 3 dicembre 2013;
6) in quanto il detto incarico veniva conferito a tempo indeterminato, l’atto con il quale si decideva di derogare all’art. 9 del citato regolamento Università-Azienda, che per tal genere di incarichi prevede invece una durata non superiore a cinque anni;
7) atto con il quale si decideva di derogare al divieto di incarichi a tempo indeterminato (art. l5- ter , comma 2, d.lgs n.502/1992, aggiunto con l’art. 4 del d.L. 13.9.2012 n. 158, convertito nella L.

8.11.2012 n. l89) quando veniva conferito al Prof. S senza limiti di durata il pregresso incarico di direttore dell’unità operativa “Frugoni”;
8) atto con il quale si decideva di derogare ai limiti temporali previsti per gli incarichi provvisori dall’art. 9 del citato regolamento Azienda-Università nella sua prima e seconda stesura, consentendosi che l’incarico di direttore ad interim dell’unità operativa complessa di geriatria, altresì a suo tempo conferito al Prof. S, avesse durata complessiva di poco inferiore a sei anni;
9) provvedimenti con i quali venivano modificati i compiti di natura prettamente medico-assistenziale spettanti, in base agli originari atti di nomina, ai Docenti di medicina in servizio presso l’unità operativa complessa “Medicina interna e geriatria Frugoni”;10) provvedimenti con i quali veniva rideterminato - incrementandolo o diminuendolo - il c.d. “orario assistenziale” dei Docenti suddetti, e cioè il numero di ore lavorative da dedicarsi in via esclusiva all’attività medica;
11) elenco completo dei medici in servizio presso l’unità operativa complessa “Medicina interna e geriatria Frugoni”, con indicazione: - delle qualifiche rivestite e del regime di impiego a tempo pieno o definito da essi scelto;
- dei provvedimenti con i quali taluni dei precitati medici venivano esonerati dall’espletamento di “turni di guardia” o altri compiti medici inerenti la funzione;
12) numero complessivo di “posti letto” (ovverosia numero di possibili ricoveri in regime ordinario) assegnati all’unità operativa in questione, nonché ambulatori istituiti e operativi presso la stessa unità operativa».

A fronte di tale istanza, l’AOU, con nota del 29 settembre 2020, inviava, a mezzo Pec, la seguente comunicazione: «Buongiorno, con riferimento alle sue istanze come in oggetto indicate, richieste il 26.08 u.s., in considerazione della complessità e della mole dei documenti richiesti, nonché degli uffici e delle Unità Operative aziendali interessate nelle procedure, si comunica che questa Azienda si vede costretta a prorogarne i tempi di consegna, in quanto sta provvedendo alla raccolta della documentazione. Provvederemo all’inoltro non appena tale attività sarà completata. Distinti saluti».

L’istante proponeva quindi ricorso innanzi al TAR Puglia chiedendo, in via principale, l’annullamento della comunicazione sopra citata, qualificata come provvedimento di diniego di accesso;
in via subordinata, ai sensi dell’art. 116 cod. proc. amm., l’accertamento dell’illegittimità del «silenzio-rifiuto» ( rectius , silenzio-rigetto) formatosi sulla sua istanza;
in via ulteriormente subordinata, l’accertamento, ai sensi dell’art. 117 cod. proc. amm., dell’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione e della fondatezza della sua pretesa;
in tutti i casi, con conseguente condanna dell’AOU a fornire i documenti e le informazioni richieste.

L’amministrazione intimata non si costituiva in giudizio.

Con la sentenza n. 355 del 2021 il TAR Puglia, qualificato il silenzio in questione come silenzio-inadempimento, dichiarava inammissibile il ricorso nella parte relativa a documenti e dati involgenti soggetti terzi non evocati in giudizio come controinteressati, nonché le domande di annullamento e di accertamento della formazione del silenzio-rigetto;
accoglieva, invece, la domanda di accertamento dell’illegittimità del silenzio-inadempimento dell’AOU, condannandola a provvedere sull’istanza del ricorrente;
rigettava, poi, la domanda di accertamento della fondatezza della pretesa, residuando in capo all’amministrazione margini di discrezionalità nella valutazione dell’ostensione;
compensava, infine, tra le parti le spese di lite.

L’AOU, in ottemperanza alla citata sentenza, rispondeva all’istante con note del 19 marzo e 9 aprile 2021.

Avverso tali note G T proponeva altro ricorso innanzi al TAR Puglia, lamentando una evasione solo parziale della sua istanza;
chiedeva, pertanto, l’annullamento delle citate note, l’accertamento del suo diritto all’esibizione di tutti gli atti richiesti e la conseguente condanna dell’amministrazione a tale esibizione.

Si costituiva l’AOU, eccependo l’inammissibilità del ricorso, che avrebbe dovuto essere azionato nelle forme previste per l’ottemperanza, nonché la sua improcedibilità per essere spirato il termine decadenziale previsto per l’azione in materia di accesso;
nel merito, la sua infondatezza.

Con la sentenza n. 1221 del 2021 il TAR Puglia, rigettata l’eccezione pregiudiziale di irricevibilità per tardività del ricorso, lo dichiarava inammissibile con riferimento alla richiesta di ostensione di documenti involgenti terzi controinteressati non evocati in giudizio e per la restante parte lo rigettava;
condannava, altresì, il ricorrente alla refusione delle spese di lite in favore dell’amministrazione costituita.

Avverso entrambe le sentenze citate il ricorrente in primo grado ha proposto appello per i motivi che verranno meglio illustrati in diritto.

L’AOU non si è costituita nei due giudizi di appello.

Alla camera di consiglio del 10 febbraio 2022 i ricorsi sono strati trattenuti in decisione.

DIRITTO

1.- Con il primo ricorso l’appellante censura la sentenza n. 355 del 2021 (d’ora in avanti, la prima sentenza) del TAR Puglia, lamentandone l’erroneità: 1) per violazione dell’art. 73, comma 3, cod. proc. amm., per mancata sollecitazione del contraddittorio in relazione ai capi della sentenza che hanno dichiarato in parte inammissibile il ricorso per la ritenuta natura non provvedimentale dell’atto impugnato, per l’omessa notifica ai controinteressati e perché, nel caso di specie, si verterebbe in ipotesi di silenzio-rifiuto e non di silenzio-inadempimento;
2) per avere qualificato come non provvedimentale la nota dell’amministrazione inviata via Pec, poiché, «pur non recando sottoscrizione digitale o autografa (quest’ultima peraltro non consentita dalle attuali tecniche informatiche), deve ritenersi sino a prova contraria inviato dall’Azienda che ne risulta essere mittente e formato da funzionario con i necessari poteri»;
3) perché la pronuncia di inammissibilità dell’accesso ad alcuni documenti riguardanti soggetti terzi avrebbe dovuto essere, eventualmente, limitata a tali parti;
4) perché, in ogni caso, tale inammissibilità non può configurarsi in relazione ai medici controinteressati, per i quali non vengono in gioco profili di riservatezza;
5) per non avere ritenuto che il silenzio serbato sull’istanza di accesso civico generalizzato è una ipotesi di silenzio-rigetto;
6) per avere rigettato la domanda di condanna dell’amministrazione all’ostensione degli atti, cioè per il mancato scrutinio della fondatezza della pretesa, trattandosi, in assenza di profili di riservatezza di terzi, di attività vincolata;
7) per avere compensato le spese di lite, pur in assenza di una parte costituita, e non avere considerato che in sede di accesso civico l’istante non ha l’onere di indicare le ragioni della sua istanza;
8) per non essersi il primo giudice pronunciato sulla refusione delle spese sostenute a titolo di contributo unificato.

Con il secondo ricorso, invece, l’appellante censura la sentenza n. 1221 del 2021 (d’ora in avanti, la seconda sentenza) del medesimo TAR Puglia: 1) per non essersi pronunciato sull’eccezione di nullità della procura ad litem rilasciata dal direttore generale dell’azienda;
2) per avere erroneamente ritenuto in parte necessaria la notifica del ricorso ai controinteressati, non essendo stati essi coinvolti dall’amministrazione in sede procedimentale e non venendo comunque in rilievo profili di riservatezza;
3) per l’erroneità della statuizione di infondatezza del ricorso relativamente ai documenti e alle informazioni di cui ai punti 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 11 e 12 dell’istanza, per le specifiche ragioni di cui si dirà meglio appresso.

2.- Deve essere, in via pregiudiziale, disposta la riunione dei ricorsi indicati in epigrafe, strettamente connessi perché hanno ad oggetto sentenze intervenute sulla medesima vicenda sostanziale, ossia sulla medesima istanza di accesso civico proposta dall’odierno appellante nei confronti dell’amministrazione appellata, istanza in relazione alla quale esso ha prima lamentato la mancata integrale ostensione dei documenti e delle informazioni (primo ricorso) e poi la sua ostensione solo parziale (secondo ricorso).

3.- Sempre in via pregiudiziale, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere in ordine ai documenti e alle informazioni richiesti dall’istante e rilasciati dall’amministrazione, ossia a quelli per cui con il secondo ricorso non è stata veicolata alcuna contestazione di merito da parte dell’appellante (si tratta dei documenti e delle informazioni di cui ai punti nn. 8, 9 e 10 dell’istanza di accesso).

4.- In via preliminare, poi, vanno affrontate le questioni poste dall’appellante di qualificazione dell’atto impugnato con il primo ricorso e della natura delle azioni proposte in giudizio.

4.1.- Quanto al primo aspetto, deve essere confermata la qualificazione operata dal primo giudice della comunicazione data via mail dall’amministrazione come atto non provvedimentale, con conseguente rigetto del secondo motivo del primo ricorso, con cui quella qualificazione è contestata.

La comunicazione in parola, infatti, anche a voler prescindere dalle locuzioni informali utilizzate, non contiene una volontà di non ostensione dei documenti e dei dati richiesti, ma si limita a informare il richiedente che l’amministrazione si sta adoperando per la loro raccolta e successiva consegna.

4.2.- Quanto al secondo aspetto, la giurisprudenza amministrativa è divisa sulla natura del silenzio dell’amministrazione sull’istanza di accesso civico generalizzato e, soprattutto, sullo strumento processuale da azionare contro di esso.

La giurisprudenza maggioritaria, cui il Collegio aderisce, ritiene che silenzio in questione non possa essere qualificato come silenzio provvedimentale, in assenza di una espressa previsione di legge che attribuisca tale valore a quel contegno, come fa l’art. 25, comma 4, della legge n. 241 del 1990 per l’istanza di accesso documentale.

Più controverso, invece, è se a fronte di tale silenzio-rifiuto o inadempimento, il privato debba agire con il rito di cui all’art. 116 cod. proc. amm. (C.d.S., sez. VI, 29 aprile 2019, n. 2737), ossia il rito espressamente previsto per l’accesso documentale e l’accesso civico semplice («contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi, nonché per la tutela del diritto di accesso civico connessa all’inadempimento degli obblighi di trasparenza»), ovvero con il rito di cui all’art. 117 cod. proc. amm. (C.d.S., sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1121), ossia il rito avverso il silenzio-inadempimento della pubblica amministrazione.

Per entrambi i riti è necessaria l’evocazione in giudizio dei controinteressati (salvo quanto si dirà immediatamente appresso), e per entrambi i riti la cognizione del giudice può essere estesa alla fondatezza della domanda di ostensione solo ove non sussistano o residuino spazi di discrezionalità in capo alla pubblica amministrazione.

Diverso, invece, è il termine per la proposizione dell’azione, poiché, ai sensi dell’art. 116 cod. proc. amm., quella in materia di accesso può essere proposta entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio, mentre l’azione avverso il silenzio-inadempimento della pubblica amministrazione, di cui all’art. 117 cod. proc. amm., può essere proposta, ai sensi dell’art. 31, comma 2, cod. proc. amm., fintanto che perdura l’inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento.

Nel caso di specie, tale aspetto è tuttavia irrilevante, poiché il primo ricorso è tempestivo anche ai sensi dell’art. 116 cod. proc. amm e per il secondo ricorso vi è stata una statuizione di primo grado che ha accertato la sua tempestività, non impugnata e quindi non più controvertibile in appello.

5.- Dalle considerazioni che precedono discende il difetto di interesse dell’appellante alla decisione dei motivi di appello riguardanti la controversa qualificazione giuridica delle azioni proposte in primo grado (su questo aspetto vertono in parte il primo e il quinto motivo del primo ricorso in appello), poiché, quale che sia la loro più corretta qualificazione, resta immutato il perimetro cognitivo di questo giudice, chiamato in ogni caso a verificare, per il tramite delle censure rivolte alla sentenza di primo grado, che l’amministrazione, ove obbligata, abbia provveduto sull’istanza e, in caso negativo, ad ordinarle di provvedere, ovvero, ove non sussistano o residuino spazi di discrezionalità in capo ad essa, di fornire i documenti e le informazioni oggetto della richiesta.

Né comunque sarebbe fondato il primo motivo di appello avente ad oggetto la violazione, ad opera del primo giudice, dell’art. 73, comma 3, cod. proc. amm., per non avere sottoposto alla ricorrente le ragioni di inammissibilità legate alle diverse possibili qualificazioni dell’azione, per la semplice ragione che su tali aspetti la ricorrente ha pienamente sviluppato le sue difese, prospettando nello stesso ricorso, in via alternativa, le varie tesi esaminate dal primo giudice.

6.- Può a questo punto passarsi ad esaminare una doglianza che accomuna entrambi gli appelli (in parte il primo, il terzo, il quarto e il sesto motivo del primo gravame, nonché il secondo motivo del secondo gravame) e che riguarda le statuizioni di parziale inammissibilità dei ricorsi in primo grado per mancata notifica ai controinteressati, ossi ai medici dell’unità organizzativa cui afferiscono i documenti e le informazioni richieste.

Nella prima sentenza impugnata il TAR non ha specificato quali fossero i documenti e le informazioni in relazione ai quali il ricorso doveva considerarsi in parte inammissibile per mancata notifica ai controinteressati, limitandosi ad affermare che «essi riguardano, almeno in parte, soggetti terzi (il medico cui è stato conferito l’incarico apicale dell’UOC accorpata, nonché i medici facenti parte della struttura) e dati ed informazioni ad essi riferibili».

Nella seconda sentenza impugnata, invece, questi documenti sono analiticamente individuati: «Nella specie ciò si rinviene in più punti (4, 5, 6, 7 e 8: controinteressato è il Prof. C S;
9, 10 e 11: controinteressati sono i medici in servizio presso la struttura in questione, di cui l’Azienda ospedaliera ha fornito l’elenco al ricorrente;
per il punto 11 lo sono in relazione agli ulteriori dati richiesti)».

La doglianza è fondata nei limiti e per le ragioni di cui appresso.

Anche a prescindere dal rilievo della mancata prospettazione di tale questione alla parte costituita, ai sensi dell’art. 73, comma 3, cod. proc. amm., questa Sezione ha più volte avuto modo di chiarire (con riferimento all’accesso documentale ma con ragionamento perfettamente sovrapponibile anche a quello civico, stante, da questa angolazione, l’identità di ratio ) «che, in sede giurisdizionale, non può essere dichiarato inammissibile il ricorso per l’accesso agli atti della p.a., per omessa notifica al controinteressato, quando la stessa amministrazione non abbia ritenuto di far consentire la partecipazione di altri soggetti in sede procedimentale che potrebbero subire un pregiudizio dall’accoglimento della istanza di accesso e che acquisterebbero la qualifica di controinteressati nel caso di impugnazione del conseguente diniego: il giudice adito è, dunque, solo tenuto (anche ex officio ) ove ravvisi posizioni di controinteresse a imporre quindi la notifica del ricorso di primo grado alla parte controinteressata» (C.d.S., sez. III, 17 luglio 2019, n. 5018;
nello stesso senso, C.d.S., sez. III, 11 giugno 2019, n. 3903;
C.d.S., sez. III, 9 gennaio 2019, n. 216).

Si è poi aggiunto, nella stessa sentenza n. 5018 del 2019, che sono controinteressati «non tutti i soggetti che, a qualsiasi titolo, siano nominati o comunque coinvolti nel documento oggetto dell’istanza ostensiva, ma solo quei soggetti che per effetto dell’ostensione vedrebbero pregiudicato il loro diritto alla riservatezza. E ciò rilevando che, “non basta, perciò, che taluno venga chiamato in qualche modo in causa dal documento in richiesta, ma occorre in capo a tale soggetto un quid pluris , vale a dire la titolarità di un diritto alla riservatezza sui dati racchiusi nello stesso documento. La veste di controinteressato in tema di accesso è una proiezione, perciò, del valore della riservatezza, e non già della mera oggettiva riferibilità di un dato alla sfera di un certo soggetto. Se ne desume che non tutti i dati riferibili ad un soggetto sono per ciò solo rilevanti ai fini in discorso, ma solo quelli rispetto ai quali sussista, per la loro inerenza alla personalità individuale, o per i pregiudizi che potrebbero discendere da una loro diffusione, una precisa e ben qualificata esigenza di riserbo” (tra tante, Cons. Stato, VI, 28 giugno 2016, n. 2863;
V, 27 maggio 2011, n. 3190). Esigenza di riserbo che questa stessa Sezione (21/12/2017, n. 6011) ha chiarito concernere dati sensibili (origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, opinioni politiche, adesione a partiti, sindacati, etc.) ovvero sensibilissimi (dati personali idonei a rivelare lo stato di salute del soggetto interessato)».

Nel caso di specie, l’amministrazione non ha individuato e coinvolto alcun controinteressato nel procedimento di accesso, neanche dopo la prima sentenza del TAR che aveva rilevato come l’istanza avesse ad oggetto anche documenti che riguardavano terzi, ed anzi ha provveduto all’ostensione anche di questi atti (se in maniera satisfattiva o meno lo si vedrà appresso).

Ne consegue, alla luce dei principi giurisprudenziali sopra ricordati cui qui si intende dare continuità, che non poteva essere dichiarata l’inammissibilità dei ricorsi, fermo restando l’obbligo, anche in questa sede, di verificare l’effettiva esistenza di controinteressati da evocare in giudizio, da cui discenderebbe la necessità di rimettere la causa al primo giudice per l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 105 cod. proc. amm.

Non pare al Collegio che, con riferimento ai documenti e alle informazioni oggetto di accesso, vengano in rilievo dati sensibili o sensibilissimi, trattandosi di atti che riguardano procedure di conferimento di incarichi, di assegnazione dei compiti interni alla struttura medica e di regolamentazione delle modalità di espletamento del servizio, ossia di atti che si limitano a regolare il normale svolgimento dell’attività professionale.

7.- La riforma della sentenza gravata sulle statuizioni di inammissibilità relative alla domanda di accesso ai documenti involgenti terzi soggetti schiude, anche per questi capi, l’esame dei profili di merito (terzo motivo del secondo ricorso), con cui si lamenta l’erroneità della statuizione della seconda sentenza, nella parte in cui ha ritenuto che l’amministrazione abbia integralmente fornito gli atti e le informazioni oggetto della richiesta.

Più in particolare, l’appellante contesta la statuizione di rigetto relativamente all’accesso ai documenti e alle informazioni di cui ai punti 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 11 e 12 dell’istanza.

Quanto al punto 1 (Protocollo di intesa tra Regione Puglia, Università degli studi A. Moro di Bari e Università degli studi di Foggia), il primo giudice ha rilevato che l’AOU ha fornito la documentazione richiesta.

Secondo l’appellante tanto non basterebbe, perché dall’esame del documento richiesto in ostensione non emergerebbero i dati e le informazioni che l’hanno mosso all’accesso.

La tesi è infondata, poiché l’istanza è inequivoca nel richiedere esclusivamente il documento in questione, sicché il fatto che esso non contenga i dati o le informazioni sperate nulla toglie al fatto che l’amministrazione ha correttamente evaso quella specifica richiesta dell’appellante.

Quanto al punto 2 (revoca del Piano triennale di fabbisogno), il TAR Puglia ha rilevato che l’interessato non può dolersi dell’ostensione di un atto ulteriore rispetto a quello richiesto e non esistente.

Secondo l’appellante tale statuizione sarebbe errata, poiché l’AOU non avrebbe mai affermato l’inesistenza della revoca.

La censura non è condivisibile, poiché nella prima nota citata si legge: «il Piano Triennale di fabbisogno di cui alla Delibera n. 1138 del 01/08/2019 non è stato revocato, ma aggiornato con Delibera n. 765 del 10/06/2020 così come prevede la norma».

Quanto al punto 3 (l’intesa tra Azienda e Università), il primo giudice ha affermato che il ricorrente non può dolersi della mancata produzione di eventuali atti del procedimento teso al raggiungimento dell’intesa, posto che la richiesta di accesso sarebbe stata limitata a quest’ultima.

Secondo l’appellante, invece, la sua richiesta avrebbe riguardato anche gli atti connessi e presupposti.

La censura non è fondata, perché nel preambolo dell’istanza si spiega che essa ha ad oggetto una serie di «atti presupposti, conseguenti e comunque connessi» alla delibera aziendale del 27 luglio 2018 di annessione di una unità operativa in un’altra, e non quindi al protocollo d’intesa in questione;
e perché, in ogni caso, il preambolo ha solo valore esplicativo dell’ambito operativo dell’istanza di accesso, mentre i documenti e le informazioni richiesti sono solo ed espressamente quelli elencati dal n. 1 al n. 12.

Quanto ai punti da 4 a 7, il TAR Puglia ha ritenuto satisfattiva la risposta dell’amministrazione che ha comunicato l’assenza degli atti ivi indicati.

Secondo l’appellante la sentenza sarebbe errata, poiché l’AOU, nella nota del 19 marzo 2021, ha fatto presente che «l’Urp non ha informazioni e documentazione a riguardo», il che non equivarrebbe a dichiarare l’inesistenza degli atti;
la risposta dell’amministrazione, in ogni caso, sarebbe incompleta, perché l’azienda non avrebbe precisato se i documenti in questione non sono mai stati emanati ovvero sono andati persi o distrutti.

Anche questa censura non è fondata.

Contrariamente a quanto sostiene l’appellante, dal momento che l’amministrazione ha l’obbligo di fornire i dati e i documenti in suo possesso, l’affermazione di non avere quei dati e quelle informazioni, affermazione della cui veridicità il pubblico funzionario assume la responsabilità anche penale, è sufficiente ad evadere la richiesta formulata dall’istante.

Quanto al punto 11, il TAR Puglia ha escluso la fondatezza del ricorso, perché volto ad ampliare l’oggetto dell’istanza avente ad oggetto l’indicazione dei medici in servizio presso la struttura.

Sostiene l’appellante che la sentenza sarebbe errata, perché la richiesta di accesso alle informazioni riguarda tutti i medici in servizio e non solo quelli a tempo indeterminato.

La censura è fondata, poiché l’odierno appellante ha richiesto l’elenco «completo dei medici in servizio» presso l’unità operativa, con l’indicazione «delle qualifiche rivestite e del regime di impiego a tempo pieno o definito da essi scelto», sicché deve convenirsi con esso che l’accesso riguarda tutti i medici in servizio, a qualsiasi titolo, presso l’unità operativa e non solo quelli a tempo determinato.

Quanto al punto 12, infine, la sentenza gravata ha dichiarato non fondato il ricorso, poiché il ricorrente avrebbe inammissibilmente contestato la veridicità e fondatezza dei dati comunicati in riscontro all’istanza di accesso.

Secondo l’appellante, il primo giudice avrebbe errato, poiché l’AOU non ha comunicato il dato relativo agli ambulatori, mentre la risposta sul numero di posti letto sarebbe in contraddizione con altri dati contenuti nel regolamento n. 14 del 2020 della Regione Puglia.

La doglianza è fondata con riferimento alla richiesta di informazioni relative agli «ambulatori istituiti e operativi presso la stessa unità operativa», poiché la risposta dell’amministrazione investe soltanto il numero dei posti letto.

E’ invece non fondata con riferimento a quest’ultimo dato, poiché, come correttamente ritenuto dal primo giudice, l’eventuale contraddizione tra il numero indicato dall’azienda ospedaliera e quello recato da un Regolamento regionale è questione che esula dal giudizio sull’accesso.

Ricapitolando, il motivo di appello è fondato solo parzialmente e limitatamente alla richiesta di informazioni relative a tutti i medici in servizio, a qualsiasi titolo e non solo a tempo indeterminato, presso l’unità operativa, e agli ambulatori istituiti e operativi presso la medesima unità.

Considerato che si tratta di informazioni evidentemente in possesso dell’AOU e che non involgono dati sensibili di terzi soggetti, in accoglimento della domanda proposta in primo grado e riproposta in appello, l’amministrazione, ai sensi dell’art. 116, quarto comma, cod. proc. amm., deve essere condannata alla loro ostensione in favore dell’odierna appellante.

8.- Terminato l’esame dei motivi involgenti il merito della questione controversa, possono essere esaminati quelli che attengono alla regolazione delle spese di lite.

Con il settimo e l’ottavo motivo del primo ricorso, l’appellante lamenta l’erroneità della prima sentenza impugnata per avere compensato le spese di lite, pur in assenza di costituzione dell’amministrazione, e per non avere considerato che in sede di accesso civico generalizzato l’istante non ha l’onere di indicare le ragioni della sua istanza;
nonché, per non essersi pronunciata sulla refusione delle spese sostenute dal ricorrente a titolo di contributo unificato.

Con il primo motivo del secondo ricorso, invece, l’appellante censura la seconda sentenza per non avere esaminato l’eccezione di nullità della procura ad litem rilasciata dal direttore generale dell’azienda, eccezione che, ove accolta, avrebbe dovuto condurre alla dichiarazione di inammissibilità della costituzione della parte resistente, con conseguente erroneità del capo della sentenza che ha condannato la parte ricorrente alla refusione delle spese di lite in favore dell’amministrazione.

Non è fondato il motivo sollevato con il primo appello e relativo alla erronea compensazione delle spese di lite in assenza di una controparte costituita, poiché la compensazione, totale o parziale, può operare, ai sensi dell’art. 92 c.p.c. (richiamato dall’art. 26 cod. proc. amm.) in presenza di una soccombenza reciproca, che si ha in ipotesi di accoglimento o rigetto di domande contrapposte, il che presuppone la costituzione di entrambe le parti, ovvero anche nell’ipotesi di accoglimento solo parziale della domanda (tra le tante, Cass. civ., sez. lav., 11 febbraio 2022, n. 4535;
Cass. civ., sez. VI, 26 luglio 2021, n. 21402;
Cass. civ., sez. VI, 15 dicembre 2020, n. 28462;
Cass. civ., sez. VI, 02 settembre 2020, n.18237;
Cass. civ., sez. VI, 15 maggio 2019, n. 12897), che può aversi anche in ipotesi di non costituzione delle altre parti.

E’ invece fondato il motivo del secondo appello relativo al mancato esame dell’eccezione di nullità della costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente, eccezione espressamente riproposta in appello.

Ai sensi dell’art. 43 del R.d. n. 1611 del 1933 - come modificato dall’art. 11 della legge n. 103 del 1979 - la facoltà per le Università statali di derogare in casi speciali al patrocinio autorizzato spettante per legge all’Avvocatura dello Stato, per avvalersi dell’opera di liberi professionisti, è subordinata all’adozione di una specifica e motivata deliberazione dell’ente, e tale regola deve ritenersi valida anche per le aziende ospedaliere universitarie (Cass. civ., sez. III, 13 dicembre 2021, n. 39430;
Cass. civ., sez. III, 5 ottobre 2018, n. 24545).

Poiché tale delibera nel caso di specie non vi è stata, la costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente non può considerarsi validamente intervenuta, con la conseguenza che non poteva il giudice di primo grado porre a carico della parte ricorrente le spese di lite dell’AOU (tra le tante, Cass. civ., sez. lav., 12 novembre 2021, n. 34081;
Cass. Civ. sez. VI, 15 maggio 2019, n. 12897;
Cass. civ., sez. VI, 9 luglio 2019, n. 18390).

I restanti motivi relativi al capo delle spese di entrambe le sentenze impugnate possono essere assorbiti in virtù della loro riforma, che necessariamente consegue a quella degli altri capi impugnati e di cui si dirà infra al punto 10.

9.- Conclusivamente, deve essere dichiarata in parte cessata la materia del contendere (punto 3 del Considerato in diritto);
per il resto, gli appelli sono in parte inammissibili per difetto di interesse (punto 5 del Considerato in diritto) e in parte fondati, nei limiti e nei sensi di cui in motivazione (punto 7 del Considerato in diritto).

Ne consegue che, in parziale accoglimento degli appelli medesimi ed in riforma della seconda sentenza impugnata, l’amministrazione resistente deve essere condannata a consentire l’accesso alle informazioni richieste relative a tutti i medici in servizio, a qualsiasi titolo e non solo a tempo indeterminato, presso l’unità operativa, e agli ambulatori istituiti e operativi presso la medesima unità.

10.- Le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio possono essere compensate per metà in ragione della parziale soccombenza reciproca (punto 8 del Considerato in diritto);
per la restante parte, seguono la soccombenza prevalente (anche virtuale, sul primo ricorso) dell’amministrazione resistente e si liquidano come da dispositivo.

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