Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-02-04, n. 202101012

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-02-04, n. 202101012
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202101012
Data del deposito : 4 febbraio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/02/2021

N. 01012/2021REG.PROV.COLL.

N. 06433/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6433 del 2019, proposto da Maria Gabriella Agherbino, Antonia Agrusti, Maria Alaia, Gerlando Alonge, Tiziana Amato, Luigi Antonio Pompeo Amoroso, Lucia Andresini, Angela Aresta, Leonardo Ascatigno, Rosa Bandini, Veronica Barbarossa, Daniela Basile, Sara Battista, Michelangelo Battista, Michele Bertoldo, Guido Boncristiani, Anna Buccino, Mirco Buogo, Speranza Buonaiuto, Ilaria Buonaiuto, Carmela Caccamo, Giuliana Maurizia Calabretta, Ester Calò, Anna Camarda, Claudia Caracciolo, Valeria Caracciolo, Giovanna Antonia Caramagno, Claudia Caramaschi, Maria Caroli, Margherita Carrozzo, Roberto Antonio Casalinuovo, Luciana Castagna, Sabrina Maria Caltabiano, Antonia Cavallo, Luigi Chine', Antonella Cito, Giuseppe Vito Clarizio, Antonio Nicola Colagrande, Donata Compierchio, Giulia Cordone, Nicola Corigliano, Sandra Cucinelli, Natalizia Cutrone, Giovanna D'Agnano, Maria Luisa D'Amico, Roberto D'Amico, Maria Pia D'Angelo, Emanuela Teresa Danuzzo, Maria Giuseppa D'Aprile, Maria D'Arienzo, Teodosio D'Arienzo, Rosella Savina Dattolo, Teodoro De Cataldo, Dario De Filippi, Giovanna Anna Roberta De Gennaro, Anna Maria De Luca, Elisabetta De Servi, Gennaro De Stefano, Francesco De Vincentis, Antonietta Delvino, Angelo Salvatore Delli Santi, Carmela Delvino, Lucrezia D'Errico, Carmela Di Bianca, Gabriella Calogera Di Carlo, Elisabetta Di Carlo, Marianna Dimauro, Valerio Di Miceli, Patrizia Dinoi, Maria Antonietta Di Noia, Raffaella Dianin, Nicola Dicecca, Daniela Diliso, Annamaria Donno, Piergiorgio Ensoli, Biagio Ferro, Anna Filippetti, Caterina Fiorita, Maria Follone, Anna Forte, Rita Fullone, Laura Gagliardi, Maria Soccorsa Galati, Pasqua Galeone, Giovanna Maria Grazia Galistu, Roberto Genovese, Rachele Giannacco, Felicia Gitto, Loredana Giudice, Maria Giuffrida, Danila Giuppa, Andrea Greco, Maria Guadagno, Maria Guarino, Alessandra Ingarao, Angela Iurlaro, Daniela La Mattina, Salvatore Antonio Lacava, Giuseppe Lagnese, Anna Rosa Lasorsa, Gaetano Leone, Antonella Loiotile, Luigi Maglie, Caterina Malfara' Sacchini, Giuseppe Mancuso, Leonarda Manganaro, Concetta Martella, Stefania Mauro, Anna Mazza, Antonina Lucia Mazzara, Teodoro Mazzei, Manuela Melucci, Giuseppa Natalia Mezzano, Roberta Monaco, Cinzia Mugnaini, Anna Mustich, Clelia Muzzicato, Barbara Natale, Dario Nicchitta, Luigi Nigri, Daniela Maria Teresa Nigri, Sabrina Norcini, Alice Nucci, Stefania Nucci, Orlando Nunziata, Rosa Nunziata, Anna Maria Nunziata, Anna Maria Paci, Anna Pacifico, Teresa Papagni, Erminia Paradiso, Sandra Paradiso, Mimma Stella Parini, Giuseppina Passanisi, Carmen Pedicini, Rossana Perrone, Donatella Petrosillo, Giulia Piccirilli, Andrea Pierini, Rosalba Pizzo, Lucia Ponzone, Carmela Ponzone, Antonietta Porro, Antonella Presti, Giorgio Proietti, Antonio Raso, Sandra Rignanese, Loredana Roca, Valentina Romanazzi, Nicoletta Romanelli, Salvatore Romano, Giampaolo Rossi, Paola Rotelli, Rosa Rotondi, Elena Roveda, Fatima Concetta Ruggio, Domenico Rugiero, Antonella Russo, Nuzia Maria Salamida, Francesca Salerno, Vito Sallustio, Giacoma Anna Salvemini, Maria Teresa Santacroce, Pio Santillo, Anna Santoro, Concetta Sapienza, Paola Saracino, Giuseppina Scarpa, Carmela Setaro, Daniela Sinceri, Anna Siragusa, Rosa Sonnessa, Arturo Giulio Cesare Spanò, Salvatore Speranza, Laura Spiritelli, Sandro Squadrito, Oriana Maristella Stefanizzi, Tiziana Stellato, Patrizia Straface, Rosangela Strafella, Pier Paolo Tarsi, Luigia Tartaglia, Vincenzo Tatulli, Antonella Tedeschi, Emanuele Terlizzi, Manuela Tesio, Elisabetta Tito, Fiorenza Travagliati, Alessandra Trevisan, Gabriele Trioschi, Simonetta Tucci, Cosimo Valentino, Maria Rosa Verdesca, e, comunque, da tutti i nominativi indicati nell’epigrafe del ricorso in appello, facente parte integrante dell’epigrafe della presente sentenza, rappresentati e difesi dall’avvocato Massimo V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’Istruzione, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

D P e A P, non costituite in giudizio nel presente grado;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Terza), n. 8848/2019, concernente impugnazione degli atti del corso-concorso nazionale per il reclutamento di dirigenti scolastici indetto con D.D.G. n. 1259 del 23 novembre 2017 (pubblicato sulla G.U.R.I., IV Serie speciale - Concorsi, n. 90 del 24 novembre 2017);


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione appellata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2020, il consigliere B L e uditi, per le parti, l’avvocato dello Stato F B e l’avvocato V, in presenza degli avvocati di cause parallele come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza in epigrafe, il TAR per Lazio dichiarava l’improcedibilità del ricorso n. 4871 del 2019 – proposto dagli odierni appellanti, in qualità di concorrenti non ammessi alle prove orali, avverso gli atti del corso-concorso nazionale per il reclutamento di dirigenti scolastici indetto con D.D.G. del 23 novembre 2017, n. 1259 (pubblicato sulla G.U.R.I., IV Serie speciale - Concorsi, n. 90 del 24 novembre 2017) –, per sopravvenuta carenza di interesse, sulla base del rilievo che nelle more era intervenuta la sentenza n. 8655/2019 dello stesso TAR, con la quale era stata annullata la procedura concorsuale per vizi inficianti l’intera procedura. Il TAR rilevava inoltre che « le censure sarebbero comunque infondate per quanto esplicitato nella sentenza n. 8655/2019 sopra citata ».

2. Avverso tale sentenza interponevano appello gli originari ricorrenti indicati in epigrafe, deducendo l’erronea declaratoria di improcedibilità del ricorso di primo grado e la carenza assoluta di motivazione della statuizione reiettiva nel merito, chiedendo, in sua riforma, l’accoglimento del ricorso di primo grado e riproponendo i relativi motivi.

3. Si costituiva in giudizio il Ministero appellato, resistendo.

4. All’udienza pubblica del 15 ottobre 2020 la causa è stata discussa unitamente ad una serie di cause parallele relative al corso-concorso in questione, aventi ad oggetto gli appelli proposti, tra l’altro, anche avverso le sentenze di parziale accoglimento del TAR per il Lazio n. 8655/2019 e n. 8670/2019, con la partecipazione dei difensori indicati nel verbale.

5. Le censure mosse avverso la pronuncia di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse sono fondate, in quanto:

- perché si verifichi l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, occorre che sopraggiunga, nel corso del giudizio, una situazione tale da rendere certa e definitiva l’inutilità di una eventuale sentenza di accoglimento;

- l’indagine tesa a verificare il sopravvenuto difetto di interesse deve essere condotta con il massimo rigore, onde evitare che la declaratoria in oggetto si risolva in una ipotesi di denegata giustizia e quindi nella violazione di un diritto costituzionalmente garantito;

- nel caso di specie, la sopravvenienza della sentenza n. 8655/2019, con la quale il TAR, nell’ambito di una causa parallela intentata da un’altra ricorrente, aveva annullato la procedura concorsuale per un ritenuto vizio di composizione della commissione in seduta plenaria in occasione della fissazione dei criteri valutativi, giammai poteva ritenersi idonea a determinare la cessazione dell’interesse alla decisione del ricorso proposto dagli odierni appellanti, poiché, per un verso, si tratta di sentenza non ancora passata in giudicato con la conseguente non definitività dell’effetto annullatorio (ed infatti, la sentenza risulta essere stata appellata e l’appello è stato accolto da questa Sezione all’esito dell’udienza pubblica del 15 ottobre 2020 con la sentenza n. 395/2021, di riforma della citata sentenza del TAR e reiettiva del correlativo ricorso di primo grado, con il conseguente venir meno dell’effetto caducatorio dell’intera procedura che, secondo il TAR, avrebbe determinato la sopravvenuta carenza di interesse), e, per altro verso, l’utilità perseguita dagli odierni appellanti era, in via principale, vòlta ad ottenere l’ammissione alle prove orali e, soltanto in via subordinata, all’annullamento dell’intera procedura (v. le conclusioni rassegnate nel ricorso di prima istanza), con la conseguente violazione anche del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Alla luce delle considerazioni sopra svolte deve essere riformata la statuizione d’improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse, con la conseguenza che, non ricorrendo una delle ipotesi tassative di annullamento con rinvio disciplinate dall’art. 105, comma 1, cod. proc. amm., devono essere esaminati i motivi del ricorso di primo grado, quali riproposti dalle parti appellanti e sui quali il TAR si è pronunciato con una generica statuizione reiettiva inficiata da manifesta carenza di motivazione.

6. Orbene, scendendo all’esame dei riproposti motivi di primo grado, si osserva che gli stessi sono infondati.

6.1 Destituito di fondamento è il primo motivo, con cui si deduce la violazione del principio di unicità della prova.

Occorre premettere, in linea di fatto che, come da avviso pubblicato sulla G.U.R.I. n. 73 del 14 settembre 2018, la prova scritta del concorso per dirigenti scolastici si è svolta in data 18 ottobre 2018 e, per i soli candidati della regione Sardegna, in data 13 dicembre 2018. Infatti, questi ultimi non avevano potuto sostenere la prova scritta il 18 ottobre 2018 a seguito dell’ordinanza del sindaco di Cagliari n. 62/2018 (pubblicata nella tarda serata del 17 ottobre 2018) con cui era stata disposta la chiusura, per allerta meteo, di tutte le scuole di ogni ordine e grado e degli uffici pubblici siti nel comune per l’intera giornata del 18 ottobre 2018.

Ebbene, rileva il Collegio che l’art. 8, comma 12, del bando prevede che, qualora, « per cause di forza maggiore sopravvenute, non sia possibile l’espletamento della prova scritta nella giornata programmata, ne viene stabilito il rinvio », il che, evidentemente, implica una possibilità di deroga al principio di unicità della prova, essendo altamente inverosimile che eventuali cause di forza maggiore impeditive dello svolgimento della prova riguardino simultaneamente tutte le sedi decentrate.

La deroga era, pertanto, ammessa dalla stessa lex specialis in casi eccezionali, tra i quali indubbiamente rientra l’improvvisa e imprevedibile chiusura delle scuole e degli uffici pubblici disposta dalla competente autorità locale per ragioni di forza maggiore, sicché, nella specie, risulta ampiamente giustificato lo slittamento delle prove limitatamente alla regione della Sardegna.

Tutt’al contrario, irragionevole e sproporzionato si sarebbe rivelato lo slittamento della prova su tutto il territorio nazionale a cagione della oggettiva impossibilità di svolgimento, nella data prestabilita, in una sola regione per la sopravvenuta imprevedibile indisponibilità della relativa sede.

A ciò si aggiunga la carenza di allegazione e di prova sia in ordine all’indebito vantaggio, concreto e specifico, di cui avrebbero fruito i concorrenti sardi (alla luce della comprovata diversità delle domande sottoposte ai candidati nella sessione del dicembre 2018, atteso che il comitato tecnico scientifico risulta aver predisposto differenti prove per le due sessioni d’esame, garantendo l’equivalenza, per grado di difficoltà, dei quesiti e l’omogeneità di valutazione da parte delle commissioni esaminatrici in applicazione degli stessi quadri di riferimento relativi ai criteri), sia in ordine al pregiudizio, concreto e specifico, subito dagli odierni appellanti e all’incidenza causale sull’esito negativo della prova da essi sostenuta.

6.2 Infondato è il secondo motivo, con cui si deducono « una serie di irregolarità nello svolgimento, con applicazione delle regole stabilite nel bando in maniera disomogenea e illegittima che ne hanno inficiato la validità creando anche una palese disparità di trattamento fra tutti i candidati ».

6.2.1 In reiezione del profilo di censura relativo all’asserita applicazione di un diverso metro di valutazione circa l’uso dei testi ammessi quale disciplinato dall’art. 13, comma 8, della lex specialis e dalle indicazioni generali diramate il 18 settembre 2018, si rileva che la doglianza si presenta sguarnita anche solo di un principio di prova, non avendo i ricorrenti allegato e provato elementi precisi, circostanziati e concordanti a sostegno della dedotta disparità: né in ordine all’asserito diverso operato dei vari comitati di vigilanza o delle varie commissioni di esame, né in ordine alla relativa incidenza causale, concreta e specifica, sull’esito negativo delle prove da essi sostenute.

6.2.2 Quanto al profilo di censura relativo alla presunta mancanza di contestualità della prova nelle varie sedi sul territorio nazionale e alla conseguente asserita violazione della par condicio tra i candidati, va evidenziata la sua genericità, oltre alla carenza di prova di elementi concreti, circostanziati e specifici a dimostrazione dell’incidenza pregiudizievole dell’eventuale sfasamento dell’orario d’inizio sul paritario trattamento dei candidati (a prescindere dal rilievo che non era ragionevolmente esigibile la perfetta coincidenza dell’inizio delle prove anche in conseguenza della loro diversa dislocazione territoriale nelle varie sedi regionali).

6.2.3 Privi di pregio sono i profili di censura relativi alla formulazione dei quesiti sottoposti ai candidati sub specie di “risoluzione di casi”, in asserita violazione delle previsioni del bando, e dei quesiti in lingua straniera, in quanto la lex specialis non era affatto ostativa alla formulazione di quesiti strutturati come “casi”, a prescindere dal rilievo che, nella specie, i cosiddetti “studi di casi” non consistevano in altro che nella descrizione delle azioni del dirigente scolastico nella situazione e nel contesto individuati dai quesiti somministrati, risolvendosi quindi in domande ‘classiche’ a risposta aperta. Per il resto – e con specifico riferimento alle doglianze dell’asserito diverso grado di difficoltà dei quesiti di lingua straniera, non omogenea tra le diverse lingue – i motivi all’esame impingono nel merito delle determinazioni rimesse alla discrezionalità tecnica del comitato scientifico e, rispettivamente, della commissione, in parte qua non inficiate da macroscopica illogicità o irragionevolezza.

6.2.4 Il profilo di censura, per cui in alcune sedi la commissione avrebbe indicato in modo tassativo la postazione dei candidati, in asserita violazione del bando e del principio dell’anonimato, oltre ad essere del tutto generico (infatti, non risulta minimamente spiegato, sotto quale angolo visuale sarebbe rimasto violato il principio dell’anonimato), si risolve nella denunzia di mere irregolarità prive di natura viziante.

6.3 Destituito di fondamento è il terzo motivo, con cui i ricorrenti si dolgono delle disfunzioni e dell’inidoneità tecnica del software , anche in rapporto al tempo di 150 minuti assegnato ai candidati per la redazione dell’elaborato, in quanto:

- per un verso, si tratta, ancora una volta, di doglianze del tutto generiche, non essendo state allegate disfunzioni concrete e specifiche (infatti, se effettivamente il sistema informatico avesse fatto registrare anomalie, sarebbe stato onere dei ricorrenti rappresentare tale circostanza alla commissione o al personale di assistenza presente alla prova e pretendere una verbalizzazione sul punto);

- per altro verso, risulta che le postazioni dotate di attrezzature informatiche e munite dell’applicativo software del concorso, messe a disposizione dei candidati, erano state più volte collaudate da tecnici individuati dalle amministrazioni scolastiche (v. la relazione ministeriale del 14 giugno 2019, prodotta dalla difesa erariale in primo grado nella causa parallela sub r.g. n. 3811 del 2020, pure chiamata all’odierna udienza);

- i lamentati « malfunzionamenti » del sistema appaiono invece riconducibili alla erronea applicazione delle impostazioni generali del programma (di per sé tecnicamente corrette), imputabile al singolo concorrente, tant’è che il funzionamento dell’applicativo utilizzato risulta essere stato illustrato in anticipo a tutti i concorrenti attraverso le istruzioni pubblicate sul sito istituzionale del MIUR unitamente ad un video esplicativo della procedura, mentre le segnalazioni al servizio di assistenza pervenute da alcuni candidati si sono rivelate riconducibili non già a disfunzioni del sistema, ma all’erroneo uso della piattaforma da parte degli stessi candidati (v. la citata relazione ministeriale).

Né può essere accolta l’istanza istruttoria di un’indagine peritale sull’applicativo software , attesa la relativa natura esplorativa, con la conseguente inammissibilità del richiesto mezzo istruttorio.

6.4 Parimenti infondato è il quarto motivo, con cui si deduce la violazione del principio di anonimato.

Trattasi, invero, di prospettazione meramente ipotetica e priva di ogni suffragio probatorio, risultando per contro dalla documentazione acquisita al giudizio (v., in particolare, la sopra citata relazione ministeriale) l’adozione delle seguenti modalità, proprio a garanzia dell’anonimato:

- all’inizio della prova, il candidato ha estratto da un’urna un modulo cartaceo su cui era stampato il codice anonimo (i codici sono stati stampati in numero triplo rispetto al numero dei candidati previsti);

- al candidato è stato consegnato anche un altro modulo cartaceo su cui erano stampati i propri dati anagrafici;

- entrambi i moduli sono stati controfirmati dal candidato;

- alla fine della prova, il candidato ha inserito sull’applicativo il codice anonimo, che è stato salvato nel tracciato record del file .BAC , criptato;

- sia il modulo cartaceo contenente il codice personale anonimo che quello contenente i dati anagrafici sono stati inseriti in una busta internografata sigillata;

- le buste di tutti i candidati sono state quindi riposte dal comitato di vigilanza in una busta A4, sigillata e siglata, a sua volta inserita in un plico A3, sui cui lembi di chiusura il comitato di vigilanza ha di nuovo apposto la firma e la data;

- tale materiale è stato consegnato in condizioni di massima sicurezza ai direttori degli uffici scolastici regionali e da questi recapitati al Ministero, affinché venissero presi in custodia dai carabinieri fino alla conclusione delle operazioni di correzione;

- l’associazione tra candidato e codice anonimo era conservata solo qui, in forma cartacea, dentro buste internografate e sigillate e sotto il controllo delle forze dell’ordine;

- il file .BAC (contenente il solo codice anonimo e non anche i dati anagrafici del candidato) è stato caricato attraverso un canale sicuro, garantito dalle credenziali del responsabile d’aula, sulla piattaforma Cineca, che ne ha controllato l’integrità (se anche un solo bit del file fosse stato danneggiato o mancante, il file sarebbe risultato indecifrabile e sarebbe stato segnalato un errore al responsabile d’aula);

- è altresì stato controllato che il codice anonimo contenuto nel file non fosse già stato caricato (infatti, due compiti non potevano avere lo stesso codice anonimo, altrimenti sarebbe stato segnalato un errore);

- una volta terminati tutti i caricamenti per ogni file .BAC in un database protetto, a cui può accedere il solo personale tecnico di Cineca autorizzato a gestire la procedura, sono state caricate le informazioni in esso contenute tra cui il codice anonimo e le risposte alle varie domande in ordine numerico;

- tutti i compiti sono stati quindi caricati in tale database e ad ogni compito è stato associato un numero progressivo di caricamento (univoco e non ricollegabile al codice anonimo);

- ogni compito quindi poteva essere identificato in base al codice anonimo e all’id di caricamento;

- dopo la nomina di tutte le sotto-commissioni, ad ogni compito è stato associato casualmente un nuovo codice identificativo, ovvero un numero compreso tra 1 e 9.376 (corrispondente al numero totale dei compiti da correggere);

- quest’ultimo identificativo (corrispondente al codice presente sulla scheda di valutazione e a quello riportato all’interno dei verbali di correzione) era il solo visualizzato dalla commissione giudicatrice;

- ogni compito era quindi identificabile dal codice di correzione, dall’id di caricamento e dal codice anonimo;

- quando una commissione accedeva alla piattaforma web per correggere i compiti, poteva visualizzare (come riscontrabile dai verbali) solo il codice di correzione del compito e le risposte in esso contenute, mentre non poteva in alcun modo risalire al codice anonimo associato al codice di correzione, poiché tale associazione era conservata unicamente nel (protetto) database Cineca, sicché la commissione non poteva accedere al codice anonimo e, in generale, all’identità del candidato;

- solo dopo aver assegnato i voti a tutti i compiti ed associato ad ogni compito la propria scheda di valutazione, è stato possibile accedere alla fase di scioglimento dell’anonimato;

- a tal fine, il presidente coordinatore, riunita la commissione in seduta plenaria, azionava il pulsante che segnalava l’inizio delle attività di scioglimento dell’anonimato;

- da tale momento, i voti e le schede di valutazione assegnati ai compiti sono divenuti immodificabili;

- a questo punto, la commissione ha proceduto all’apertura delle buste internografate ed ha riportato, sull’apposita funzione predisposta dalla piattaforma, solo l’associazione, riscontrata busta per busta, tra codice anonimo e dati anagrafici del candidato (codice fiscale, cognome e nome);

- questi dati sono stati salvati nel database Cineca;

- la commissione, in tale fase, era però all’oscuro del voto assegnato al compito, venendone a conoscenza solo tramite il codice di correzione e non attraverso il codice anonimo;

- pertanto la commissione, quando correggeva i compiti, non aveva accesso ad alcuna informazione riguardante i candidati, e quando caricava in piattaforma l’associazione candidato-compito (aprendo la busta internografata), non vedeva quale compito – e quindi quale voto – stava associando al candidato, con assoluta garanzia dell’anonimato;

- associati tutti i codici fiscali a tutti i codici anonimi, si aveva quindi accesso al riepilogo dei risultati (solo in questo momento, sul database Cineca, era presente l’associazione tra il codice fiscale del candidato e il codice anonimo e anche quella tra il codice anonimo e il compito e quindi il voto), sulla cui base è stata predisposta la lista degli ammessi alla prova orale.

Conclusivamente, alla luce di quanto sopra e in difetto anche solo di un principio di prova di segno contrario, correttamente nell’impugnata sentenza è stata esclusa la violazione dell’anonimato.

Per le ragioni esposte sopra sub 6.3, non può trovare accoglimento l’istanza istruttoria di un’indagine peritale sulle correlative procedure informatiche, in considerazione della sua natura esplorativa, come tale inammissibile.

6.5 In reiezione dell’ultimo motivo di primo grado – con cui i ricorrenti censurano la previsione dell’art. 3, comma 6, del bando di concorso secondo cui « tutti i candidati sono ammessi al concorso con riserva di accertamento del possesso dei requisiti di ammissione dichiarati in domanda », da ritenersi lesiva dell’art. 2 d.P.R. n. 487/1994, poiché la verifica del possesso dei requisiti andrebbe compiuta preliminarmente nei confronti di tutti i candidati che abbiano presentato domanda di partecipazione onde, attraverso la previa esclusione di coloro che non siano in possesso dei requisiti, possa essere ristretta la platea dei concorrenti a tutto beneficio della loro condizione –, si osserva che:

- in primo luogo la censura deve ritenersi inammissibile, sia per la mancata impugnazione specifica in parte qua del bando, sia per carenza di interesse e per difetto di legittimazione a ricorrere, attesa l’inconfigurabilità di un nesso eziologico tra l’asserita illegittima ammissione alla prova scritta di concorrenti in ipotesi privi dei requisiti di partecipazione, e la posizione soggettiva dei ricorrenti, in particolare la posizione assunta in graduatoria, atteso che la prova di questi ultimi è stata giudicata negativamente dalla commissione e quindi non ha consentito loro di conseguire il punteggio minimo necessario all’ammissione alla prova orale;

- in secondo luogo, la censura è anche infondata nel merito, poiché la previsione di riservare la fase di verifica del possesso dei requisiti autocertificati dai candidati all’esito dell’espletamento delle prove concorsuali risponde a criteri di buon andamento dell’amministrazione, in quanto diretta a circoscrivere l’espletamento di tale attività accertativa ai soli concorrenti che abbiano superato tutte le prove concorsuali, come del resto è ordinariamente previsto per qualsivoglia procedura concorsuale.

6.6 Le censure articolate sub punto 5), pp. 35 ss., del ricorso in appello contengono nuove doglianze specifiche, non dedotte nell’ambito del ricorso di primo grado, con conseguente inammissibilità per violazione del divieto dello ius novorum in appello.

Identica considerazione vale per tutti gli altri motivi ‘intrusi’, dedotti ex novo per la prima volta soltanto in grado d’appello.

6.7 Conclusivamente, s’impone la reiezione dei motivi di ricorso devoluti al presente grado, per le ragioni di rito e di merito sopra esposte.

Resta assorbita ogni altra questione, ormai irrilevante ai fini decisori.

7. Tenuto conto di ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.

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