Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-05-27, n. 201903440

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-05-27, n. 201903440
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201903440
Data del deposito : 27 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/05/2019

N. 03440/2019REG.PROV.COLL.

N. 02810/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso NRG 2810/2014, proposto dal dott. A F, rappresentato e difeso dall'avvocato C N, con domicilio eletto in Roma, circonvallazione Trionfale n. 34, presso l’avv. S D L M,

contro

l’Università degli Studi di Salerno, in persona del Rettore pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno (sez. I), n. 1642/2013, resa tra le parti, concernente l’assegnazione di fondi di ricerca per gli anni 1982/83/85/86, destinati allo svolgimento di progetti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Salerno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all'udienza pubblica del 19 luglio 2018 il Cons. S M R e uditi altresì, per le parti, l’avvocato C N e l’Avvocato dello Stato Stigliano Messuti;


Ritenuto in fatto che:

– il prof. A F, già ricercatore confermato nella facoltà di Scienze MFN dell’Università degli studi di Salerno, il 14 febbraio 1983 chiese a tal Ateneo d’ottenere un finanziamento per il progetto di ricerca « Probabilità quantistica »;

– tuttavia, quest’ultimo fu respinto con la delibera del Senato accademico del 16 gennaio 1991, che il prof. F impugnò avanti al TAR Salerno col ricorso NRG 679/1991;

– del pari, il 17 giugno 1985 il prof. F propose istanza per ottenere un finanziamento relativo anche al progetto di ricerca « Sistemi dinamici instabili, metodi Monte Carlo e Simulazione », a sua volta respinto dal Senato accademico con la delibera del 4 dicembre 1986, contro la quale egli si gravò innanzi al TAR Salerno col ricorso NRG 680/1991;

– l’adito TAR, con le sentenze n. 344 e, rispettivamente, n. 345 del 3 maggio 2004, accolse i ricorsi stessi e annullò le impugnate delibere e, a seguito del giudizio di ottemperanza, entrambi i progetti furono sottoposti a riesame;

– con delibera del 30 ottobre 2007, il Senato accademico affidò tal riesame alla Commissione di valutazione scientifica dell’Università, precisando che, ove la nuova valutazione dei progetti fosse risultata positiva, il finanziamento sarebbe stato previsto nell’ambito dell’assegnazione dei fondi per il 2008, affinché i progetti de quibus non fossero « isolati dall’insieme delle nuove linee di

ricerca proposte ed in una prospettiva globale anche dal punto di vista contabile »;

– fu reso quindi il parere positivo di detta Commissione che, con ampio e articolato giudizio, ammise sì i due progetti a finanziamento, ma solo a valere sui fondi per l’anno 2008, donde la delibera del 26 febbraio 2008, con cui il Senato accademico attribuì loro la complessiva somma di € 3.000 ciascuno;

– avverso tale delibera e i pareri della Commissione scientifica, nonché per il risarcimento del danno da ritardo, il prof. F adì nuovamente il TAR Salerno, col ricorso NRG 1375/2008, deducendo l’unico, articolato motivo dell’eccesso di potere sotto molteplici motivi, in ordine all’arbitraria e immotivata assegnazione di € 3.000 per progetto, a fronte degli originari importi, così decurtati rispetto al loro valore nominale e mai rivalutati;

– con la memoria depositata il 19 novembre 2012, il ricorrente rese noto l’avvenuto esaurimento degli effetti degli atti impugnati e la permanenza del solo suo interesse risarcitorio per il ritardo nell’ emanazione di essi in esito all’attività a suo dire elusiva dei giudicati e delle correlate decisioni d’ottemperanza;

– con la memoria di replica del 29 novembre 2012, il ricorrente escluse che detta Commissione si fosse avvalsa dei criteri di ripartizione dei fondi per la ricerca approvati nella seduta del 6 novembre 2007, inerenti ai nuovi progetti per il 2008 e non per gli anni precedenti e, comunque, l’impugnata assegnazione non esplicitò come e perché tali criteri avessero portato ad un tal risultato;

– il TAR Salerno, con sentenza n. 1642 del 22 luglio 2013, respinse la domanda, osservando in particolare l’assenza di più puntuali censure, nonché d’un apprezzamento realmente arbitrario da parte dell’Ateneo e, di conseguenza, la non imputabilità, in capo ad esso, a titolo di colpa, oltre al difetto dei presupposti per il risarcimento per i danni non patrimoniali;

– appellò quindi il prof. F, col ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità di detta sentenza per:

A) non aver tenuto conto, nel respingere la questione sull’arbitraria ed immotivata fissazione in soli € 3.000 il finanziamento spettante, della puntuale contestazione svolta con la memoria di replica del 29 novembre 2012, donde la riproposizione del motivo in base al contenuto della memoria difensiva del precedente giorno 19;

B) non aver colto come la memoria di replica avesse evidenziato gli effetti negativi del ritardo nella erogazione dei fondi per il 1983 ed il 1985 (l’erogazione per il 2008 fu vicenda diversa e distinta dai fatti di causa), sia sull’attività di ricerca scientifica, sia sulla salute dell’appellante stesso;

C) avere il TAR disatteso senza motivo le istanze istruttorie (prova testimoniale;
CTU) e violato la propria ordinanza di riunione con il connesso ricorso NRG 824/2009;

– si è costituito in giudizio l’intimato Ateneo, concludendo per il rigetto dell’appello;

Considerato in diritto che:

– l’appellante replica in questa sede l’istanza per l’ammissione della prova testimoniale relativa alla patologia ansioso-depressiva, di cui l’appellante assume di soffrire e che egli così articola:

« a - vero che dal maggio 2004 il prof. F privato dei mezzi finanziari ha dovuto registrare una limitazione della propria realizzazione ed espressione professionale;

b - vero che dal maggio 2004 il prof. F manifesta uno stato di angoscia e di profonda frustrazione e segni di stress psico-fisico riconducibili all'incertezza circa l'iter dei procedimenti relativi ai finanziamenti della ricerca di cui in narrativa;

c - vero che dal maggio 2004 il prof. F manifesta sfiducia nell'istituzione, dalla quale lamenta di sentirsi ingiustamente tradito e vessato, e notevole disagio personale che incide negativamente sulla vita professionale e di relazione »;

– non v’è necessità di riscontrare tale istanza, giacché, per quanto attiene alla prova di detta patologia, essa dev’esser in primo luogo dimostrata con accertamenti sanitari di parte e con seri e puntuali riscontri oggettivi, non certo attraverso le impressioni di testimoni, i quali, al più, possono dare atto dei di lui comportamenti esteriori (in sé del tutto irrilevanti), più che dell’esistenza e delle cause di tal malattia;

– del pari, quanto ai capitoli sub a) e sub c), il Collegio ne reputa inutile la formulazione e infondata la richiesta, in essi quanto tendono a far provare dai testimoni taluni stati d’animo personalissimi dell’interessato, propri della sua indole e della sua rappresentazione di se stesso e delle relazioni col mondo, situazioni, di per se delicate e sfuggenti e comunque prive di minimi contorni oggettivi;

– neppure è condivisibile la doglianza sulla mancata riunione del ricorso in epigrafe ad un altro, ma d’oggetto del tutto diverso, pendente tra le stesse parti, in quanto, in disparte l’evidente differenza che giustamente ha sconsigliato la trattazione congiunta di cause eterogenee, come la riunione di cause connesse lascia inalterata l'autonomia dei singoli giudizi, allo stesso modo, per converso, la decisione di non procedere alla trattazione congiunta di tutti i contenziosi, tra cui esistano elementi di contatto, non è in grado di pregiudicarne la corretta definizione se tutte le parti abbiano avuto modo di prospettare (o viceversa contrastare) una visione complessiva delle vicende, in cui i giudizi vengono ad inquadrarsi (cfr. Cons. St., IV, 22 gennaio 2018, n. 389);

– inoltre, l’ordinanza di riunione dei ricorsi, o il provvedimento anche implicito di reiezione della istanza di riunione, costituisce un provvedimento ordinatorio rimesso alla discrezionalità del Giudice e, quindi, nient'altro che una misura organizzativa del lavoro giudiziario, che involge valutazioni di opportunità non sindacabili in sede di appello (cfr. Cons. St., III, 14 agosto 2014, n. 4261), fermo restando che, come rilevato, il provvedimento di riunione non fa venir meno l'autonomia delle singole impugnazioni e, a maggior ragione, la mancata riunione vale a delimitare il thema decidendum a quello dedotto nel singolo giudizio, tenendo conto dei fatti in esso introdotti e dei motivi specificamente denunciati;

Considerato altresì, nel merito, che:

– l’appello risulta infondato e va respinto, in quanto rettamente il TAR ha dapprima individuato come l’Ateneo intimato avesse definito in modo organico (e, ad avviso del Collegio, secondo parametri seri e razionali, immuni da vizi logici) i criteri oggettivi di graduazione delle risorse disponibili per la ricerca (riunione preparatoria della Commissione scientifica in data 6 novembre 2007) e, quindi, statuito sui progetti a suo tempo proposti dall’appellante;

– al riguardo il TAR ha osservato che « alla luce della corretta ed esaustiva prefigurazione dei criteri di giudizio assunti a guida delle successive e consequenziali valutazioni, la scelta operata dalla Commissione - in assenza di più specifiche doglianze - si sottrae al sospetto di eccesso di potere e non appare frutto di apprezzamento arbitrario ed immotivato: di tal che se ne deve escludere la ventilata illegittimità »;

– tal statuizione, in sé conchiusa e non revocata in dubbio dal reale contenuto delle memorie dell’interessato del 19 e del 29 novembre 2012, resiste anche alle critiche mosse ora dall’appellante sulla base di queste ultime, giacché, anche ad ammettere la detrazione a priori , dagli importi dei contributi alla ricerca per l’anno 2008, di quelli poi effettivamente erogatigli per le ricerche proposte per gli anni 1982/83 e 1985/86, i predetti criteri erano oggettivi e perfettamente utilizzabili per spiegare il come ed il perché degli importi;

– anzi ed appunto per questo, il TAR ha concluso che mancò una più specifica deduzione nei riguardi dei criteri medesimi, in sé e sullo specifico contenuto delle due linee di ricerca, in grado di offrire un idoneo principio di prova sul totale disallineamento logico tra tal contenuto, i criteri stessi e il relativo risultato;

– se è materialmente vera la fissazione dei predetti criteri con particolar riguardo all’esame delle proposte di finanziamento per il 2008, dalla loro lettura, riportata per esteso dal TAR, ben se ne evincono il valore oggettivo e la congruenza con il minimo contenuto esigibile dalle proposte di ricerca in contesti scientifici seri, ben meditati e rigorosi e, dunque, anche per giudicare, ora per allora, le proposte del prof. F per gli anni in contestazione, e ciò a più forte ragione ora, cioè in assenza di deduzioni per cui, a quel tempo, rilevassero altri e più appaganti criteri;

– prova sia della genericità della doglianza, che in certi punti trasmoda in una censura sul merito della scelta discrezionale del Senato accademico, è quella per cui in fondo tutta la questione s’incentra quasi (se non del tutto) solo sull’erogazione della medesima somma di € 3.000,00 a ciascun progetto, a fronte delle diverse e differenziate richieste originarie di Lit. 5 milioni e, rispettivamente, di Lit. 10 milioni;

– invero, l’appellante non ha evidenziato, e neppure in questa sede ha rappresentato —visto che uno tra i più pregnanti criteri di valutazione del 2008 fu quello sulla « congruenza fra il progetto e l’entità delle richieste di finanziamento »—, perché gli importi poi erogatigli fossero insufficienti, all’uopo non bastando né il raffronto sul valore nominale e sulla mancata necessaria (e non ne emerge la ragione) rivalutazione dei fondi richiesti oltre due decenni prima, né tampoco un generico richiamo a rispettivi contenuti delle due proposte di ricerca;

– contrariamente a quanto prospettato dall’appellante, le proposte di ricerca ed i relativi importi richiesti non sono pretese coercibili dell’istante o dati vincolanti per l’Ateneo, bensì mere istanze in tanto finanziabili, in quanto congruenti, nell’ an , nel quomodo e nel quantum , con le linee strategiche della ricerca e, come tali, apprezzabili dall’Ateneo con scelte improntate non al solo merito tecnico-scientifico del relativo contenuto, ma soprattutto a scelte latamente discrezionali sull’opportunità di seguire, e in qual misura, date linee di ricerca;

– risultano infondate, oltre alle doglianze sul merito discrezionale dell’Ateneo che ad esse resiste, anche le censure sul preteso danno da ritardo, anch’esso incentrato essenzialmente più che sulle occasioni perse a causa dell’intempestivo finanziamento in illo tempore , sul mero fatto della ritardata erogazione dei fondi;

– pure qui la gravata sentenza, secondo cui « il ritardo nella esecuzione del giudicato per cui è causa… non è tale da assurgere a quel grado di offensività e gravità che, nel contesto della ordinaria vita di relazione ispirata al principio di tolleranza, ne imponga il giudiziale ristoro (cfr. Cass. SS.UU. Il novembre 2008, n. 26972) », resiste a quanto sul punto l’odierna appellante;

– tralasciando l’assunto del TAR sull’avvenuta erogazione di altri finanziamenti nei riguardi dello stesso appellante —non foss’altro perché non v’è compensatio lucri cum damno se i relativi importi non inerirono a linee di ricerca simili o affini a quelle de quibus —, non è proprio vero che il TAR abbia tralasciato il contenuto delle citate memorie, giacché il principio di diritto enunciato è rilevante in sé e trascende i fatti conseguenti (in specie la patologia ansioso-depressiva) che afflisse il prof. F;

– per vero, nella memoria di replica egli affermò la necessità di riconoscere « l’offensività e gravità del danno… non solo in rapporto al ritardo in sé (comunque immediatamente lesivo…) ma altresì per tutte le conseguenze, tra cui la patologia, debitamente documentata, insorta in conseguenza del pervicace comportamento dilatorio dell’amministrazione »;

– va richiamato il principio di diritto (cfr., da ultimo, Cons. St., IV, 17 gennaio 2018, n. 240;
id., 5 aprile 2018, n. 2108;
id., V, 18 giugno 2018, n. 3730;
arg. pure ex Cons. St., ad. plen., 4 aprile 2008, n. 5) secondo cui – qualora sia formulata una pretesa risarcitoria per il danno da ritardo – va fatta applicazione rigorosa del principio dell'onere della prova, che spetta al danneggiato in ordine alla sussistenza di tutti i presupposti oggettivi e soggettivi dell'illecito, con l'avvertenza che, per un verso e nell'azione di responsabilità per danni, il principio dispositivo in generale discendente dall'art. 2697, I co., c.c. opera con pienezza (e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell'azione di annullamento) e, per altro verso, il risarcimento di tale danno, quando riguarda un interesse legittimo pretensivo, implica una valutazione concernente la spettanza effettiva del bene della vita (e non, come nella specie, il riesame sull’eventuale spettanza) e, quindi, è subordinato, tra l'altro, anche alla dimostrazione che l'aspirazione al provvedimento sia destinata fin dall’inizio ad un esito favorevole ed all’attribuzione definitiva del bene stesso, onde di per sé solo non è di per sé risarcibile il danno da mero ritardo;

– quanto alla produzione, da parte dell’appellante, di certificazioni mediche attestanti il disagio psichico che egli ritenne d’aver subito a causa del « pervicace comportamento dilatorio » della P.A. e, più in generale, sulla di lui vita di relazione, rileva il Collego che anzitutto l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento, sicché vi sono seri e dirimenti dubbi nel Collegio che il mero fatto del mancato finanziamento di due linee di ricerca abbia inficiato, da solo e per sempre, l’attività professionale dell’appellante e che abbia avuto di per sé una idoneità sotto il profilo causale;

– inoltre, a parte ogni considerazione sulle specifiche e puntuali contestazioni sul contenuto di dette certificazioni (cfr. sul punto la memoria del 14 novembre 2012, solo cartacea, dell’Ateneo in primo grado), il Collegio deve notare l’assenza di idonee prove sull’esistenza nella specie dei citati elementi costitutivi del danno, a fronte del rigetto da parte del TAR con riguardo all’ordinaria vita di relazione;

– invero, se l'illegittimità degli atti amministrativi è un indice meramente presuntivo della colpa da ritardo, nella specie tale illegittimità non sussiste e, quand’anche fosse, non esimerebbe comunque il danneggiato da dimostrare, in una col ritardo, la deminutio rilevante della sua sfera personale (oltre che patrimoniale), onde deve ribadirsi l’affermazione del TAR ove non riesce a vedere « quel grado di offensività e gravità che, nel contesto della ordinaria vita di relazione ispirata al principio di tolleranza, ne imponga il giudiziale ristoro (cfr. Cass. SS.UU. Il novembre 2008, n. 26972) »;

– corretto s’appalesa allora il mancato accoglimento da parte del TAR sulle, per vero, defatigatorie istanze istruttorie e, in particolare, sull’ammissione di CTU su accertamento e valutazione del preteso danno, stante il già affermato onere primario dell’appellante ad offrire non un principio di prova (che riguarda il giudizio di legittimità innanzi a questo Giudice), ma la prova vera e propria del danno subito;

– in ogni caso, comunque risulta insussistente la rimproverabilità dell’Amministrazione, da un lato perché non basta la mera illegittimità di un atto per ravvisarla, dall’altro perché è stata poi data esecuzione alle statuizioni rese in sede giurisdizionale;

– in definitiva, l’appello va respinto, ma la complessità della vicenda e dei singoli elementi di tal fattispecie suggeriscono l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese del presente grado del giudizio.

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