Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-01-17, n. 202300534

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-01-17, n. 202300534
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202300534
Data del deposito : 17 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/01/2023

N. 00534/2023REG.PROV.COLL.

N. 05162/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5162 del 2016, proposto da
Delta Bravo S.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato F L R, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via dei Colli Portuensi, n. 536;
S T, Retail Consulting S.r.l., A D N, F D N, S D N, E P, rappresentati e difesi dall'avvocato F L R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia

contro

Enac (Ente Nazionale per l'Aviazione Civile), Enac (Ente Nazionale per l'Aviazione Civile), Agenzia del Demanio e Ministero della Difesa in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Aeroporto Roma Urbe, non costituito in giudizio

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 188/2016


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Enac (Ente Nazionale per l'Aviazione Civile), dell’Agenzia del Demanio e del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 13 gennaio 2023 il Pres. Claudio Contessa e udito l’avvocato F L R per parte appellante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso rubricato al n. R.G. 6671/2014 proposto dinanzi il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, l’odierna appellante Delta Bravo S.r.l. impugnava per l’annullamento il provvedimento del 7 marzo 2014 con il quale il Direttore dell’ENAC aveva sospeso il procedimento di rinnovo della concessione rilasciata nel corso del 2009 e da ultimo prorogata in data 11 dicembre 2012 dallo stesso Enac in favore della ricorrente. La concessione in parola aveva ad oggetto un’area demaniale dell’estensione di circa mq. 1.500, sita all’interno dell’Aeroporto di Roma Urbe, per la realizzazione di infrastrutture ad uso hangar ed uffici. Il diniego di ulteriore proroga era stato disposto per l’asserita carenza di potere al suo rilascio in capo ad Enac e per l’altrettanto asserita sussistenza del relativo potere in capo al Demanio Militare, poiché (ancora al marzo del 2014) non sarebbe ancora intervenuto il relativo passaggio di funzioni dal Demanio Militare all’Enac per quanto attiene alla gestione dell’Aeroporto dell’Urbe.

L’odierna appellante impugnava altresì ogni altro atto presupposto o consequenziale e chiedeva disporsi la condanna di Enac alla positiva conclusione del procedimento in questione, attraverso l’emanazione di un provvedimento di conferma della concessione del 2009 nei termini di legge, nonché la condanna di Enac al risarcimento dei danni, sia mediante reintegrazione in forma specifica, sia per equivalente.

Il danno ingiusto sarebbe derivato all’appellante dall’operato quale falsus procurator di Enac, la quale avrebbe rilasciato la concessione in questione alla ricorrente pur in assenza dei relativi presupposti e avrebbe indotto la stessa in un ragionevole affidamento. Sulla base di tale affidamento l’appellante sarebbe stata indotta a sostenere ingenti spese propedeutiche alla realizzazione di un hangar e di alcuni uffici all’interno dell’Aeroporto dell’Urbe in Roma, per come previsti dalla concessione stessa.

Con atto per motivi aggiunti, depositato il 17 settembre 2014, la società impugnava altresì il provvedimento del 26 giugno 2014 nonché l’allegato provvedimento emanato in data 18 giugno 2014, con il quale il Direttore Aeroportuale del Lazio aveva ha comunicato che, alla data di scadenza della concessione (30 novembre 2014), la stessa non avrebbe potuto vantare alcun diritto al rinnovo, né alcun diritto di prelazione al rinnovo della stessa e che a tale data, in base alla pertinente normativa eurounitaria e nazionale, l’Enac avrebbe dovuto esperire procedure pubbliche di scelta del concessionario e che le future concessioni avrebbero avuto una durata di soli tre anni. L’appellante impugnava altresì il provvedimento adottato in data 3 giugno 2014 nella parte in cui il Direttore Aeroportuale del Lazio aveva comunicato che, alla data di scadenza della concessione, il 30 novembre 2014, la stessa Direzione avrebbe attivato le procedure previste dalla normativa vigente in materia di trasparenza, pubblicità e parità di trattamento applicabile alle concessioni demaniali. La stessa impugnava inoltre i successivi avvisi di affidamento in concessione, adottati in data 6 agosto 2014, con i quali Enac aveva indetto tre procedure competitive aventi ad oggetto beni del demanio aeronautico presso l’Aeroporto di Roma Urbe e aveva stabilito che la durata di tali concessioni fosse fissata in tre anni.

Con la sentenza n. 188/2016, depositata 8 gennaio 2016, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha accolto parzialmente il ricorso e ha disposto la condanna di Enac a pagare alla ricorrente la somma di euro 18.815,87, respingendo per il resto il ricorso di primo grado.

La sentenza in questione è stata impugnata in appello dalla società Delta Bravo s.r.l., parzialmente soccombente, la quale ha chiesto di accertare la co-responsabilità dell’Agenzia del Demanio per il danno causato (eventualmente da ricondurre ad un illecito di tipo extracontrattuale per il mancato esercizio – doveroso - dei propri poteri d’ufficio) e di condannare la stessa a risarcire il danno in questione a favore della ricorrente. Ha chiesto altresì di accertare l’intera voce di danno spettante alla ricorrente a causa delle spese inutilmente sostenute per il bene demaniale in questione per un totale di euro 32.249,02 (laddove la sentenza di primo grado aveva riconosciuto solamente parte di tale voce, per complessivi euro 18.815, 87).

L’appellante ha altresì chiesto di accertare in proprio favore la voce di danno relativa alla perdita di chance contrattuale alternativa, condannando le amministrazioni convenute al pagamento di complessivi euro 165.000,00, ovvero della diversa somma ritenuta di giustizia.

Con mera comparsa si sono costituite in giudizio le Amministrazioni resistenti, chiedendo il rigetto dell’appello in quanto infondato in fatto e diritto.

Con il primo motivo di appello, si lamenta “ Illegittimità/erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha accertato la co-responsabilità dell’Agenzia del Demanio per il danno causato alla ricorrente (eventualmente da ricondurre ad un illecito di tipo extracontrattuale) per il mancato esercizio (doveroso) dei propri poteri d’ufficio ”.

In particolare, si censura il capo della sentenza che ha escluso la responsabilità solidale dell’Agenzia del Demanio in relazione al danno asseritamente causato all’odierna appellante per aver avuto nella vicenda in esame solo un ruolo marginale e per essersi limitata a ricevere solo le comunicazioni inoltrate da Enac. Per contro, si evidenzia la centralità della posizione dell’Agenzia del Demanio nella presente controversia, giacché chiamata a trasferire il bene oggetto della richiesta di concessione all’Enac, che ha agito sin dall’inizio della vicenda come se avesse la disponibilità giuridica e materiale del bene. Pertanto, si dice che l’Agenzia avrebbe dovuto attivarsi per tutelare la ragioni della società e che l’affermazione della sua responsabilità solidale aumenta le probabilità di riscossione del credito.

Con il secondo motivo di doglianza, la società deduce “ Illegittimità/erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha accertato il diritto di Delta Bravo Srl al risarcimento di tutto il danno richiesto in sede giudiziale (pari a circa euro 32.249,02) relativamente alla posta di danno delle spese inutilmente sostenute ”.

In sintesi, si censura la decisione gravata nella parte in cui ha riconosciuto all’odierna appellante a titolo di risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale una somma pari ad euro 18.815,87 anziché il richiesto importo di euro 32.249,02 per le spese inutilmente sostenute per lo svolgimento di tutte le attività propedeutiche allo sfruttamento economico del bene demaniale. Sostanzialmente, l’appellante lamenta che l’Enac sia stata condannata alla sola refusione delle spese sopportate dalla società dal 2008 al 2011, mentre sono state disconosciute quelle sostenute dal 2012 al 2014. A tale conclusione, il TAR sarebbe pervenuto nell’erronea applicazione dell’art. 1227 cod. civ., ritenendo che fosse venuta meno a partire dal 2012 la buona fede della società, cui sarebbe addebitabile una concorrente condotta colposa per avere omesso di attivarsi al fine di ottenere l’effettiva consegna del bene oggetto di concessione. Per contro, l’odierna appellante afferma di essere sempre stata in buona fede e di essersi comportata diligentemente in tutto l’arco del rapporto con Enac.

Con il terzo ed ultimo motivo è rubricato “ Illegittimità/erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha manifestamente omesso la pronuncia sulla richiesta di risarcimento della posta di danno della cd. chance contrattuale alternativa ”.

L’appellante si duole dell’omessa pronuncia da parte del TAR sulla richiesta di risarcimento del danno da perdita di chance derivante dalla perdita di altre occasioni contrattuali alternative il cui danno è stato quantificato dalla società in euro 165.000,00, pari alla metà degli utili attesi dal perfezionamento della procedura con Enac.

All’udienza di smaltimento del 13 gennaio 2023 il ricorso in epigrafe è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio proposto dalla società Delta Bravo s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 188/2016 con cui è stato accolto parzialmente il ricorso dalla stessa proposto e, per l’effetto, è stata disposta la condanna dell’Enac per la responsabilità precontrattuale allo stesso addebitabile in relazione a una vicenda relativa alla concessione di un’area del demanio aeroportuale (aeroporto di Roma-Urbe).

2. Con il primo motivo di appello (più analiticamente descritto in narrativa) la delta Bravo s.r.l. lamenta che il T.A.R. abbia erroneamente disatteso l’istanza finalizzata ad estendere la responsabilità risarcitoria per la complessiva vicenda dinanzi descritta nei confronti dell’Agenzia del Demanio.

2.1. Va premesso che non è del tutto evidente quale sarebbe l’effettivo interesse dell’appellante ad ottenere la condanna in via solidale (anche) dell’Agenzia del Demanio. L’appellante osserva al riguardo che tale interesse deriverebbe dalla possibilità – in caso di condanna in via solidale – di poter agire per l’escussione del credito risarcitorio nei confronti di due distinti soggetti, in tal modo “ aumenta[ndo] la probabilità di riscuotere effettivamente il risarcimento ” (ricorso in appello pag. 11).

E’ infatti poco verosimile che risulti difficoltoso escutere nei confronti dell’Enac un importo risarcitorio pari a circa 18mila euro (quale quello disposto dal primo Giudice), ma anche quello – di importo maggiore – qui invocato dall’appellante.

2.2. Si osserva in secondo luogo che non emergono nel caso in esame ragioni effettive – e di carattere, per così dire, ‘sostanziale’ - perché la condanna risarcitoria sia estesa nei confronti dell’Agenzia del Demanio.

Si osserva al riguardo:

- che nel corso dell’intera vicenda l’Agenzia del demanio non ha adottato alcuno dei provvedimenti impugnati dinanzi al TAR e che la stessa Agenzia non ha intrattenuto con l’appellante alcun tipo di rapporto dal quale possa farsi derivare una responsabilità di carattere precontrattuale;

- che, in base al canone generale della tipicità e nominatività degli atti e dei provvedimenti, non è del tutto chiaro quale tipo di atto avrebbe dovuto adottare l’Agenzia al fine di evitare di essere qui convenuta in sede risarcitoria;

- che, non sussistendo alcun rapporto diretto fra l’Agenzia e l’odierna appellante, neppure può dirsi che sussistesse in capo alla prima uno specifico onere di rendere edotta l’appellante in ordine al mancato perfezionamento del procedimento di trasferimento del bene dal Demanio aeronautico militare al Demanio aeronautico civile in gestione Enac;

- che, trattandosi di una vicenda connotata da responsabilità di stampo precontrattuale, non può ritenersi che fosse imputabile all’Agenzia l’aver tenuto una condotta di carattere affidante, idonea ad ingenerare – e poi frustrare – una legittima aspettativa al rilascio di una concessione valida ed efficace;

- che, quand’anche l’Agenzia si fosse attivata al fine di accelerare la conclusione del richiamato procedimento finalizzato al trasferimento dell’area, la vicenda non avrebbe avuto – con ogni verosimiglianza – un esito diverso in quanto tale trasferimento non avrebbe comunque consentito all’appellante di consolidare la concessione ma – al contrario – avrebbe piuttosto accelerato la devoluzione a terzi dell’area a seguito di procedure ad evidenza pubblica.

2.3. Il primo motivo deve quindi essere respinto.

3. Con il secondo motivo di appello (anch’esso più analiticamente descritto in narrativa) la delta Bravo s.r.l. lamenta che il T.A.R. abbia erroneamente limitato il danno da responsabilità precontrattuale addebitato all’Enac al solo tratto della vicenda relativo al periodo 2009-2012, escludendolo – al contrario – per il periodo dal 2012 al 2014.

3.1. Il motivo è infondato.

3.1.1. Si osserva in primo luogo che la sentenza in epigrafe appare meritevole di puntuale conferma laddove ha distinto:

- (per un verso) il periodo compreso fra il 2009 e il 2012. Nel corso di tale periodo l’appellante poteva vantare un affidamento legittimo in ordine all’imminente consegna dell’area, essendo oltretutto impegnata nell’attività finalizzata all’approvazione dei necessari progetti edilizi e

- (per altro verso) il periodo che va dal 2012 al 2014 ( i.e .: fino al momento in cui si è determinata la definitiva frustrazione dell’aspettativa di conseguire il bene). Nel corso di tale periodo nulla giustificava più un contegno di ulteriore attesa da parte dell’appellante, né la supina accettazione da parte sua di un contegno persistentemente omissivo da parte dell’Enac, la quale continuava a riscuotere il canone concessorio senza tuttavia provvedere a rilascio delle aree.

Se non può affermarsi – il che appare invero eccessivo – che nel corso di tale secondo periodo l’appellante non versasse in una situazione di buona fede, d’altra parte deve rilevarsi che la stessa appellante abbia omesso di attivarsi in qualunque modo al fine di reclamare l’effettiva consegna delle aree, per le quali non risulta aver avviato alcuna iniziativa concreta (ad es., tramite solleciti o diffide). Deve quindi ritenersi che la condotta inerte dell’appellante (protrattasi longe et ultra , per un periodo biennale) abbia concorso alla determinazione del danno, che sarebbe stato possibile attenuare – o del tutto evitare, in relazione al richiamato biennio – attraverso la diligente cura dei propri interessi.

3.1.2. Non può giungersi a conclusioni diverse da quelle appena descritte richiamando la giurisprudenza relativa ai rapporti fra il concorso del fatto colposo del danneggiato – articolo 1227 cod. civ. – e le disposizioni espressive di un generale dovere di solidarietà in ambito contrattuale, quale l’articolo 1338 (la giurisprudenza in questione viene invocata dall’appellante a sostegno delle proprie tesi alle pagine 14 e seguenti dell’appello).

Va premesso che non appare pacifica l’applicabilità di tali orientamenti giurisprudenziali – inerenti l’ipotesi di invalidità di un contratto concluso – alla materia, che qui rileva, delle concessioni di beni pubblici.

Ma anche ad ammettere in via di principio tale applicabilità, va rilevato che gli orientamenti invocati dalla stessa appellante non postulano la radicale inapplicabilità dell’articolo 1227 cod. civ. in tutti i casi in cui la controparte abbia omesso di adempiere ai propri doveri informativi. Piuttosto, viene affermata l’impossibilità di addossare per intero alla parte lesa (e non adeguatamente informata) le conseguenze della propria condotta che abbia comunque concorso alla determinazione del danno (in tal senso la sentenza Cass. Civ., I, 9636 del 2012, invocata dalla stessa parte appellante).

Tuttavia nel caso in esame – è qui appena il caso di osservarlo – il primo Giudice non ha negato in radice che il contegno ingiustificato dell’Ente fosse meritevole di una condanna risarcitoria, ma ha altresì tenuto conto del concorso del fatto dell’appellante alla ritrazione del danno, escludendone la spettanza per il periodo 2012-2014.

Né giova alle tesi dell’appellante il richiamo alla giurisprudenza relativa al contratto concluso dal falsus procurator (es.: cass. Civ., III;
16149 del 2019).

Al riguardo si osserva che, in base ad orientamenti più che consolidati – fondati sull’esegesi degli articoli 1398 e 1399 cod. civ. -, nell’ipotesi di atto concluso da chi abbia contrattato come rappresentante senza averne i poteri, l’altro contraente ha diritto unicamente al risarcimento del danno patito per avere confidato senza propria colpa, nella validità ed efficacia del contratto.

Si tratta, tuttavia, di una previsione che non si attaglia al caso in esame, dal momento che il danno non è stato dedotto dalla società appellante per avere incolpevolmente confidato nella validità ed efficacia della concessione, ma per la definitiva frustrazione della possibilità di concludere una concessione valida ed efficace (dopo il decorso di quelle già rilasciate dall’Enac a partire dal 2009) una volta che l’amministrazione ha manifestato la volontà ( rectius : la necessità) di attribuire la concessione del bene per cui è causa con procedura ad evidenza pubblica.

Ebbene, prima che tale definitiva frustrazione si determinasse, è comunque innegabile che l’appellante avesse tenuto una condotta ingiustificatamente inerte (protrattasi per un tempo più che considerevole) e che tale condotta abbia comunque contribuito alla determinazione del danno.

3.1.3. Sono poi infondati gli argomenti con cui l’appellante contesta in radice di aver tenuto nel corso del tempo un contegno desistente e non adeguatamente diligente nella cura dei propri interessi.

Il fatto che l’appellante (secondo l’ id quod plerumque accidit ) confidasse nella consegna dell’area – per la quale aveva comunque ottenuto un titolo già nel 2009 – non giustifica il fatto che la stessa non si sia poi attivata, e per molti anni, al fine di superare l’ingiustificata mancata consegna dell’area stessa da parte dell’Ente.

Inoltre, il fatto che l’Enac non avesse manifestato possibili criticità o ragioni idonee a giustificare il ritardo nella consegna, piuttosto che elidere qualunque onere di attivazione da parte dell’appellante, avrebbero piuttosto dovuto indurla (decorso un termine ragionevole) ad attivarsi per superare tale ritardo. Ed infatti, tanto più ingiustificato si presentava tale ritardo, tanto più gravava sull’interessata l’onere di chiederne le ragioni e di attivare i necessari strumenti per superare l’ingiustificata situazione di stallo che si era determinata.

3.2. Il secondo motivo di appello deve dunque essere respinto.

4. Con il terzo motivo di appello (anch’esso più analiticamente descritto in narrativa) la delta Bravo s.r.l. lamenta che il T.A.R. abbia radicalmente omesso di pronunciarsi in ordine al motivo di ricorso con il quale si era lamentato che la condotta complessivamente tenuta dall’Enac le avesse altresì cagionato un danno da perdita di chance , compromettendo la sua possibilità “ di stipulare un contratto economicamente proficuo con un altro soggetto durante il tempo in cui, invece, è stata illecitamente ed inutilmente impegnata dall’Enac con il rapporto concessorio in oggetto ”.

4.1. Il motivo è infondato.

4.1.1. In base a un condiviso orientamento, in tema di risarcibilità di una perdita di chance , la relativa tecnica risarcitoria garantisce l'accesso al risarcimento per equivalente solo se la chance abbia effettivamente raggiunto un'apprezzabile consistenza, di solito indicata dalle formule “probabilità seria e concreta" o anche "elevata probabilità” di conseguire il bene della vita sperato. Al contrario, in caso di mera “possibilità”, vi è solo un ipotetico danno, non meritevole di reintegrazione poiché in pratica nemmeno distinguibile dalla lesione di una mera aspettativa di fatto. L'accoglimento della relativa domanda esige, pertanto, che sia stata fornita la prova, anche presuntiva, dell'esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità, ma non di mera potenzialità, l'esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile (in tal senso – ex multis -: Cons. Stato, VII, 25 maggio 2022, n. 4184).

L’istanza non può quindi trovare accoglimento dal momento che l’appellante si è limitata ad evocare – ma in assenza di elementi concreti - la mera possibilità per cui, se non fosse stata coinvolta nella vicenda per cui è causa, avrebbe potuto concludere con terzi contratti ( rectius : ottenere concessioni di beni pubblici) altrettanto o più vantaggiose.

E’ qui appena il caso di osservare che l’affidamento in concessione di beni pubblici soggiace a puntuali regole evidenziali (in particolare, di matrice unionale), ragione per cui la possibilità di ottenere un tale affidamento non può essere affidata a mere affermazioni, ma richiede una puntuale allegazione delle relative circostanze in fatto e in diritto.

4.2. In mancanza di una tale allegazione anche il terzo motivo di appello deve essere respinto.

5. Per le ragioni esposte l’appello in epigrafe deve essere respinto.

Sussistono nondimeno giusti ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti, anche in ragione della limitata attività difensiva svolta dall’amministrazione appellata.

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