Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-02-07, n. 201200658

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-02-07, n. 201200658
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201200658
Data del deposito : 7 febbraio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03520/2000 REG.RIC.

N. 00658/2012REG.PROV.COLL.

N. 03520/2000 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3520 del 2000, proposto da:
P G, rappresentato e difeso dall'avv. G. S A, con domicilio eletto presso G. S A in Roma, via Carlo Poma n. 2;
R B e M P Q.li eredi di G P, rappresentati e difesi dall'avv. S A, con domicilio eletto presso G. S A in Roma, via Carlo Poma n. 2;

contro

Comune di Roma, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. C S, dell’Avvocatura comunale, con domicilio in Roma, via del Tempio di Giove, n. 21;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II BIS n. 00577/1999, resa tra le parti, concernente CORRESPONSIONE EQUO INDENNIZZO


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Roma;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2011 il Cons. Carlo Schilardi e uditi per le parti gli avvocati D'Ottavi dell'Avvocatura Comunale di Roma Capitale in dichiarata sostituzione dell'Avv. Sportelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il sig. G P in data 14.07.1988 chiedeva al Comune di Roma il riconoscimento dell’equo indennizzo per causa di servizio derivante dalla infermità “ischemia cerebrale”, ritenuta da lui contratta “a causa e per ragioni di servizio”.

Il Comune di Roma disponeva i primi accertamenti sanitari di competenza e successivamente, nel rispetto della normativa all’epoca vigente per gli impiegati civili dello Stato, richiedeva il parere della Commissione Medica Ospedaliera (C.M.O.) che, con verbale n. 3316/92 del 21.10.1992, accertava l’infermità denunciata e riteneva che essa fosse ascrivibile a causa di servizio.

Il Comune di Roma, con delibera della G.C. n. 561 del 07.03.1995, accoglieva l’istanza presentata dal sig. P subordinandola, quanto alla corresponsione dell’equo indennizzo, all’ulteriore parere del Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie (C.P.P.O.), che veniva richiesto ai sensi dell’art. 8 del D.P.R. n. 349/94.

Il C.P.P.O., con verbale n. 17296/95, giudicava l’infermità del sig. P non dipendente dall’attività di servizio prestata e l’amministrazione, in presenza di due difformi pareri, riteneva opportuno investire l’Ufficio Medico Legale del Ministero della Sanità, il quale, però, declinava la propria competenza.

Il Comune di Roma, conformandosi al parere del C.P.P.O., con determinazione dirigenziale n. 908 del 21.05.1996 respingeva l’istanza, avanzata dal sig. P, per la corresponsione dell’equo indennizzo per infermità contratta a causa e per ragioni di servizio.

Nei confronti del provvedimento di diniego il sig. P proponeva ricorso innanzi al TAR del Lazio il quale, con sentenza del 10.12.1998, rigettava la domanda.

Avverso la sentenza il sig. P ha proposto appello perché, in riforma della stessa sia dichiarata la illegittimità del provvedimento negatorio del Comune di Roma per difetto di motivazione e violazione di legge.

A seguito del decesso del sig, G P, occorso il 12.12.2010, si sono costituiti gli eredi signora R B e Marco P che hanno dichiarato il loro interesse alla prosecuzione della causa.

Il Comune di Roma ha chiesto che sia rigettato l’appello nel merito e che sia dichiarato inammissibile il parere medico legale prodotto da controparte in sede di appello.

L’appello è infondato e da respingere e si può pertanto prescindere da osservazioni in ordine alla ammissibilità di detto parere, effettivamente prodotto solo nell’attuale fase di giudizio, atteso che esso è ininfluente ai fini della decisione.

L’appellante censura per difetto di motivazione il provvedimento del Comune originariamente impugnato, perché l’amministrazione avrebbe omesso di indicare i presupposti di fatto e le ragioni di ordine giuridico poste a fondamento dell’atto, con la conseguente violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990.

La censura non è condivisibile perchè, come ritenuto dai giudici di primo grado, il Comune di Roma, in sede di adozione dell’atto ha fatto necessariamente riferimento e si è attenuto al parere reso dal C.P.P.O, atteso che il provvedimento stesso fonda su valutazioni di carattere medico scientifiche e, quindi, di natura fondamentalmente tecnica che solo un organo medico legale può fornire.

Il parere reso dal C.P.P.O. risulta inoltre diffuso ed approfondito e sono ben esplicitati gli elementi che hanno supportato le conclusioni di carattere negativo cui il Comitato è pervenuto e che, per relationem , motivano adeguatamente il provvedimemto del Comune.

La motivazione di un provvedimento è da ritenere pienamente legittima quando essa, come nel caso di specie, sia completa e logica in virtù degli elememti contenuti in altro atto che, in ragione del rinvio, diviene parte integrante del primo a termini dell’art. 3 della legge n. 241/1990, norma di principio generale al riguardo.

Resta fermo che il rinvio deve essere tale da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione attraverso l’atto richiamato per relationem che, pertanto, deve essere accessibile o, meglio, allegato (C.d.S. : sez. VI, 17.12.2008, n. 6274;
sez. V, 11 gennaio 2011, n. 68).

L’appellante sostiene ulteriormente che l’Amministrazione non avrebbe potuto non tener conto, come ha fatto, del “contrastante parere sanitario espresso dalla C.M.O., il quale non resta automaticamente assorbito del parere del comitato (C.P.P.O.)” senza una puntuale motivazione medico-scientifica al riguardo.

Invero la richiesta di equo indennizzo apre una nuova fase, di competenza del C.P.P.O, separata da quella per il riconoscimento della dipendenza della infermità da causa di servizio, accertamento che può essere svolto anche dalla sola C.M.O, ma che ha rilevanza per fini più limitati, di carattere assistenziale ed economico, in pendenza della malattia.

Nell’ambito di tale seconda fase, nella quale viene riesaminata anche la citata dipendenza, è possibile giungere, come nel caso di specie, a conclusioni differenti rispetto a quelle stabilite dalla C.M.O.

In presenza di conclusioni di carattere medico legale non conformi tra loro, l’amministrazione non aveva, invero, possibilità di determinarsi se non in base al parere espresso dal C.P.P.O., che ad una attenta lettura appare completo e razionale.

Il parere del C.P.P.O. giunge infatti al termine di un complesso procedimento e tiene conto degli altri pareri e valutazioni formulati da quanti, come lo stesso C.M.O., si sono espressi sotto i più diversi aspetti in merito alla problematica in questione, ivi compreso la valutazione delle condizioni ambientali e di stress lavorativo in cui l’interessato si è trovato ad operare.

Nel caso di specie il C.P.P.O. ha ritenuto, ampiamente argomentando al riguardo, che l’infermità denunciata dal dipendente fosse conseguenza di sua predisposizione costituzionale alla malattia contratta e che l’attività di lavoro svolta non fosse stata causa o concausa dell’insorgere della stessa.

E’ ancora da considerare che per giurisprudenza prevalente il parere in ordine al riconoscimento della dipendenza di una infermità da causa di servizio, per il riconoscimento di un equo indennizzo o di una pensione privilegiata, è espresso, in via definitiva, solo dal C.P.P.O ( ex multis C.d.S., sez VI, 19.5.1989, n. 662;
sez VI, 11.06.90 n. 587).

Le determinazioni di carattere medico legale infine, così come la valutazione dei fattori e delle eventuali concause delle infermità denunciate, come correttamente ritenuto dal primo giudice, non sono censurabili nel merito, ma esclusivamente nella loro eventuale illegittimità per palese incongruità o irragionevolezza.

Attesa la materia trattata, sussistono giusti motivi perché le spese del giudizio siano compensate tra le parti.

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