Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-05-30, n. 202305297
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Testo completo
Pubblicato il 30/05/2023
N. 05297/2023REG.PROV.COLL.
N. 06692/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6692 del 2017, proposto dal Condominio Tulipano, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato L M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. S D S M in Roma, via Tommaso Salvini, 55;
contro
Comune di Sassuolo, non costituito in giudizio;
nei confronti
G Z, rappresentato e difeso dagli avvocati G F e R N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna (sezione seconda) n. 381 del 18 maggio 2017
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del sig. G Z;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 marzo 2023 il consigliere O F;
Viste le conclusioni delle parti presenti, o considerate tali ai sensi di legge, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dal permesso di costruire prot. 1585 del 18 gennaio 2016 rilasciato dal comune di Sassuolo al sig. G Z per la realizzazione, tra le altre opere, di un muro di contenimento sito al confine con la proprietà del condominio Tulipano.
2. Quest’ultimo - la cui proprietà era in precedenza separata da quella del sig. Zanasi da “un muro di contenimento del declivio naturale con sovrastante rete metallica… realizzato con muratura in elevazione”, totalmente ricompreso entro i confini condominiali - reputando che il titolo rilasciato al controinteressato modificasse “ radicalmente la…consolidata situazione (dei luoghi) tramite la realizzazione di due ulteriori muri/costruzioni volti al contenimento di voluminosi terrapieni artificiali posti direttamente sul confine tra le due proprietà”, ha lamentato che l’opera progettata dal vicino non fosse “ un ordinario muro di confine tra le due proprietà…bensì una costruzione vera e propria che… come tale… (avrebbe dovuto essere) assoggettata alle normative vigenti in materia di distanze legali”.
3. Il condominio ha, dunque, impugnato dinanzi al T.a.r. per l’Emilia Romagna il permesso di costruire per i motivi così rubricati:
I – violazione di legge per errata interpretazione e/o applicazione degli artt. 140, 141 e 14 del RUE del comune di Sassuolo, eccesso di potere per carenza assoluta dell’attività istruttoria e per mancanza assoluta di motivazione e ultroneità nei fini, violazione degli artt. 873 e ss. c.c.;
II – violazione di legge per errata interpretazione e/o applicazione del d.m. n. 1444 del 1968, eccesso di potere per carenza assoluta dell’attività istruttoria, mancanza assoluta di motivazione.
4. Per contrastare il suddetto ricorso, volto all’annullamento del titolo e alla condanna al risarcimento dei danni, si sono costituiti nel giudizio di primo grado il comune di Sassuolo ed il controinteressato, chiedendo il rigetto di tutte le pretese avversarie.
5. Con la sentenza n. 381 del 18 maggio 2017 il T.a.r. per l’Emilia Romagna ha respinto il ricorso sulla base del seguente iter logico-giuridico:
- il comune aveva correttamente interpretato ed applicato, nel caso di specie, l’art. 14 del RUE, per il quale rientrano nei “ manufatti diversi” tutte le costruzioni non classificabili come “edifici, impianto o infrastrutture”, tra cui i muri di sostegno, “non determinativi di volumi atti a contenere persone/cose ”, né volti a connettere due punti del territorio;
- i muri di sostegno, in quanto “ manufatti diversi”, non erano soggetti alla distanza di 5 metri dal confine di proprietà, ma unicamente alla distanza prevista dall’art. 850 c.c. (non inferiore ai 3 metri tra le costruzioni), non fissando il RUE distanze superiori a quelle del codice civile;
- la disciplina sulle distanze doveva considerarsi, dunque, rispettata, perché tra il nuovo muro di contenimento e il fabbricato condominiale c’erano 5 metri e non era richiesta la maggiore distanza di 10 metri, applicabile solo tra “pareti finestrate” e non in rapporto ad un manufatto non riconducibile neppure alla nozione di edificio.
6. Ritenendo la suddetta pronuncia ingiusta e gravemente pregiudizievole, il condominio ha proposto appello, formulando 4 articolati motivi:
a) illegittimità dell’appellata sentenza per mancanza assoluta di motivazione, illogicità manifesta e/o contraddittorietà, error in iudicando per carente e/o insufficiente motivazione in relazione a punti decisivi della controversia, eccesso di potere per travisamento dei fatti per cui è causa e/o carenza di motivazione;
b) illegittimità dell’appellata sentenza ed eccesso di potere, sotto altro profilo, per mancanza assoluta di motivazione, per travisamento dei fatti, per contraddittorietà e/o illogicità manifesta, error in iudicando per omessa pronuncia si punti determinanti per la decisione della controversia;
c) illegittimità della sentenza per errata interpretazione e/o applicazione dell’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968 e dei principi indicati nel medesimo decreto, eccesso di potere per carenza assoluta dell’attività istruttoria e per mancanza assoluta di motivazione;
d) illegittimità della sentenza per errata interpretazione e/o applicazione degli artt. 140, 141 e 14 del RUE del comune di Sassuolo, eccesso di potere per carenza assoluta dell’attività istruttoria e per mancanza assoluta di motivazione, violazione dell’art. 873 c.c.
7. Si è costituito anche in appello il controinteressato, chiedendo il rigetto dell’impugnazione e la condanna dell’appellante alle spese.
8. All’udienza pubblica del 16 marzo 2023 la causa è stata, infine, trattenuta in decisione.
9. Il ricorso non merita accoglimento
10. Tanto premesso, si può prescindere dalla disamina dell’eccezione di improcedibilità dell’appello sollevata ex adverso dalla parte resistente, per la mancata impugnazione da parte del condominio degli atti relativi alla sanatoria della variante essenziale apportata al muro oggetto di causa.
11. Il Collegio deve accogliere, invece, in primo luogo, l’eccezione di inammissibilità delle produzioni documentali “incorporate” nell’atto di appello formulata dal controinteressato con riguardo alle fotografie dei luoghi di causa che non siano state prodotte in primo grado: già prima della vigenza del c.p.a., infatti, la giurisprudenza aveva, dopo iniziali perplessità, ritenuto che il divieto di nova probatori nel giudizio di appello, genericamente previsto dall’art. 345 c.p.c. (della cui applicazione anche al processo amministrativo non si dubitava) nel testo previgente alle modifiche apportate dalla l. 18 giugno 2009, n. 69, si estendesse anche alle prove precostituite, ossia ai documenti (ex multis Cons. Stato, Sez. IV, 6 agosto 2014, n. 4208). Siffatta conclusione, ora espressamente enunciata dall’art. 104 comma 2 c.p.a., del resto, è l’unica idonea a garantire da un lato l’effettività del contraddittorio, dall’altro il rispetto del doppio grado di giudizio, principio generale di diritto positivo seppur sprovvisto di “copertura” costituzionale. Peraltro, nella specie il condominio ricorrente non ha neppure dimostrato di non aver potuto difendersi in prime cure per causa a lui non imputabile
12. Con il primo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità ed il difetto di motivazione della pronuncia impugnata, nella quale il T.a.r., limitandosi a riportare quanto dedotto dal ricorrente e dal comune di Sassuolo sulla impossibilità di qualificare le opere in questione come “costruzioni”, non avrebbe adeguatamente considerato che “i muri realizzati dal sig. Zanasi … (avevano, in realtà) funzione di sostegno del terrapieno creato artificialmente a seguito della eliminazione del dislivello naturale e (del) riempimento con terreno da riporto sino alla sommità …” e che la loro realizzazione era “ volta a consentire la costruzione di edifici…posti in cima al terrapieno creato artificialmente”. Tali circostanze avrebbero assoggettato il manufatto alla disciplina sulle costruzioni e, dunque, sia alla necessità del rilascio del titolo edilizio sia alla normativa in materia di distanze.
12.1. Tale censura è fondata nella misura in cui coglie un errore di fondo della sentenza appellata che, ritenendo il muro in questione, per la sua funzione di contenimento e sostegno, sottratto del tutto alla disciplina delle “costruzioni”, giunge ad escludere per esso persino la necessità del permesso di costruire.
12.2. Come affermato, invece, dalla costante giurisprudenza di questo Consiglio “ il muro di cinta o di contenimento è struttura che, differenziandosi dalla semplice recinzione, non ha natura pertinenziale (e costituendo)… opera dotata di specificità ed autonomia…, necessita di concessione edilizia” (Cons. Stato, sez. VI, 30 giugno 2021 n. 4152), e ciò è particolarmente evidente nel caso di opere, come quella oggetto di causa, “ di ragguardevoli dimensioni … inverandosi la nozione di nuova costruzione quante volte l’intervento edilizio produca un effettivo e rilevante impatto sul territorio e, dunque, in relazione alle opere di qualsiasi genere con cui si operi nel suolo e sul suolo, se idonee a modificare lo stato dei luoghi determinandone una significativa trasformazione” (Cons. Stato, sez. VI, 23 aprile 2021 n. 3005).
12.3. Con riguardo alla fattispecie in esame occorre, poi, sottolineare che la necessità del permesso di costruire non è stata messa in dubbio neppure dallo stesso controinteressato che, dopo aver ottenuto il titolo impugnato dal condominio, ha anche domandato la sanatoria delle varianti essenziali apportate al manufatto rispetto all’originario progetto.
13.4. La fondatezza della prima censura per il profilo suddetto, non risulta, però, idonea a condurre alla riforma della sentenza appellata ed all’accoglimento del ricorso proposto in primo grado, dovendo il caso essere risolto alla luce dell’applicazione della specifica disciplina stabilita in tema di distanze non solo dal codice civile e dal d.m. n. 1444 del 1968, ma anche dal regolamento edilizio del comune di Sassuolo.
13.5. Sul punto l’appellante, negli ulteriori motivi del suo ricorso, richiamando le medesime pronunce citate dal controinteressato nelle sue difese, ha sostenuto che la deroga all’applicazione delle distanze tra le costruzioni opererebbe solo nel caso di muri di contenimento di declivi naturali e non di manufatti realizzati per sostenere dislivelli “ creati artificialmente e in prossimità della linea di confine tra due proprietà distinte”, come nel caso in questione, nel quale il vicino avrebbe utilizzato dei riporti di terra “per aumentare la superficie dell’area cortilizia…sovrastante il versante collinare”.
12.6. Secondo tale ricostruzione, le opere così realizzate dal controinteressato, poste a 5 metri dall’edificio condominiale e non qualificabili “per la loro particolare tipologia costruttiva e il loro scopo funzionale” (sostegno di terrapieno artificiale) “manufatti diversi”, contrasterebbero, dunque, irrimediabilmente sia con l’art. 141 del RUE che impone alle nuove costruzioni una distanza di 5 metri dalla linea di confine, sia con l’art. 9 del d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, che “ sancisce perentoriamente la distanza di 10 metri (tra edifici antistanti) anche se solo una parete è finestrata”.
12.7. Le suddette doglianze, in base alla complessa documentazione in atti e in particolare agli elementi emersi dall’istruttoria espletata nel corso del giudizio di primo grado, non possono essere condivise.
12.8. Da un lato, è necessario precisare che nel dare, all’art. 14, la definizione di “manufatti diversi” come “opere non classificabili come edifici, impianti o infrastrutture”, in quanto non determinative di volumi atti a contenere persone e/o cose o a mettere in connessione due punti del territorio, e ricomprendendo espressamente in tale categoria i muri di contenimento, il RUE non distingue tra i manufatti di sostegno di terrapieni “naturali” e quelli di contenimento di rilievi “artificiali”. Dall’altro, il medesimo regolamento, all’art. 140 comma 1, specifica che le distanze dal confine di proprietà di seguito dettate si applicano in relazione “agli edifici” e, al comma 4, stabilisce che i valori minimi di distanze - che valgono per gli edifici e per gli impianti che abbiano uno sviluppo dimensionale anche in elevazione - “non si applicano per le infrastrutture e per i manufatti diversi”.
12.9. All’interno del quadro normativo così ricostruito, il muro di contenimento, in quanto “manufatto diverso” non risulta, perciò, soggetto alla distanza di 5 metri dal confine di proprietà, ma solo a quella di cui all’art. 850 c.c., che prevede tra le costruzioni una distanza non inferiore a 3 metri, nel caso de quo pienamente rispettata.
12.10. Ad incidere sulla legittimità del titolo edilizio rilasciato non può essere neppure la disposizione del comma 2 dell’art. 9 del decreto n. 1444 del 1968, secondo la quale “per i nuovi edifici… è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di metri 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti”. Come sottolineato dal comune di Sassuolo nel corso del giudizio di primo grado, non recando il medesimo decreto n. 1444 del 1968 la definizione di “edificio”, questa deve reperirsi nella disciplina regionale e, in particolare, ai sensi dell’art. 2 del d.P.R. n. 380 del 2001, nell’atto di coordinamento tecnico e indirizzo n. 279 del 4 febbraio 2010 per cui esso è una “ costruzione stabile, dotata di copertura e comunque appoggiata o infissa al suolo, riconoscibile per i suoi caratteri morfologico-funzionali, che sia accessibile alle persone e destinata alla soddisfazione di esigenze perduranti nel tempo”.
12.11. Alle suddette argomentazioni devono aggiungersi anche i dati risultanti dalla consulenza tecnica d’ufficio svolta in ATP dinanzi al Tribunale di Modena su iniziativa del condominio successivamente alla pubblicazione della sentenza appellata. Da tale documento, prodotto nel presente giudizio dall’appellato, emerge che “in entrambi i lotti (quello del ricorrente e quello del resistente) si è attuata una modifica dello stato preesistente dei luoghi mediante sbancamento e/o riempimento rispetto al naturale declivio del terreno” e che, in particolare, “ tutta l’area condominiale è stata oggetto di sbancamenti, trovandosi ad una quota sensibilmente inferiore a quella del naturale declivio del terreno circostante …(cosicché) sul terreno edificabile, sia quello di proprietà condominiale, sia quello di proprietà del sig. Zanasi, con marcata pendenza, per poter costruire (era)… necessaria la formazione di un piano orizzontale. Tale piano orizzontale è stato realizzato in più gradoni, considerata la lunghezza del lotto per la costruzione (avvenuta in più fasi) del condominio Tulipano, così come anche per l’edificazione del fabbricato in proprietà del resistente”
12.12. Le circostanze esposte e la necessità evidenziata, dal CTU, per edificare di porre in essere opere di “rimodellamento” della scarpata e di consolidamento del terreno, in conseguenza dell’avvenuta alterazione dei luoghi ad opera di entrambe le parti, rendono la presente fattispecie del tutto peculiare e non sovrapponibile ai precedenti, citati dall’appellante, relativi alla (esclusiva) realizzazione di terrapieni artificiali da parte del proprietario confinante e alla rilevanza anche dei muri di contenimento volti a contenerli ai fini della verifica del rispetto della disciplina sulle distanze.
13. In conclusione, l’appello deve essere, come anticipato, respinto, con conseguente conferma del rigetto del ricorso proposto in primo grado.
14. Per la particolarità della controversia sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare le spese.