Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-03-17, n. 201601098

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-03-17, n. 201601098
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201601098
Data del deposito : 17 marzo 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02910/2015 REG.RIC.

N. 01098/2016REG.PROV.COLL.

N. 02910/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2910 del 2015, proposto da:
S C, rappresentato e difeso dall'avvoccato F O, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L N in Roma, via Sicilia, 50;

contro

Comune di Marano di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato S R, con domicilio eletto presso lo studio Studio Sge Rainone Sabatino in Roma, via Ottaviano, 9;

per la riforma

della sentenza 26 marzo 2015, n. 1805 del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Napoli, Sezione II.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Marano di Napoli;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2015 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati Orefice e Colagrande, per delega di Rainone.


FATTO e DIRITTO

1.– Il sig. Cotugno Salvatore, con istanza del 9 dicembre 2004, ha chiesto la sanatoria di un immobile, costituito da un appartamento con annesso garage, costruito senza titolo nel 1996.

Il Comune, con atto del 19 febbraio 2013, n. 292, ha rigettato la domanda.

Tale atto è stato impugnato dall’interessato innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania.

Nelle more del giudizio, il ricorrente ha chiesto all’ente comunale di rivedere la propria determinazione alla luce della sopravvenienza della legge della Regione Campania 7 agosto 2014, n. 16 (Interventi di rilancio e sviluppo dell'economia regionale nonché di carattere ordinamentale e organizzativo).

Il Comune, con nota del 13 ottobre 2014, n. 2742, ha rigettato l’istanza, rilevando come detta legge non fosse applicabile nella fattispecie in esame.

Il sig. Cotugno ha impugnato anche tale ulteriore provvedimento con motivi aggiunti.

Il Tribunale amministrativo, con sentenza 26 marzo 2015, n. 1805, ha rigettato il ricorso.

2.– Il ricorrente di primo grado ha proposto appello.

2.1.– Si è costituito in giudizio il Comune, chiedendo il rigetto dell’appello.

3.– La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 3 dicembre 2015.

4.– L’appello è infondato.

5.– Con un primo motivo si assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha ritenuto illegittimo l’atto impugnato alla luce della sopravvenuta legge regionale n. 16 del 2014, che consentirebbe il condono in presenza di “vincoli relativi”, quale deve ritenersi pacificamente quello in esame. Con un terzo motivo si assume l’erroneità della sentenza e l’illegittimità dell’atto impugnato con motivi aggiunti nella parte in cui ha ritenuto non accoglibile la domanda di autotutela alla luce della sopravvenienza della suddetta legge regionale n. 16 del 2014.

I motivi non sono fondati.

L’art. 32, comma 27, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici) prevede che: «Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora (…) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici».

Tale norma esclude la possibilità di ottenere la sanatoria quando ricorrono i due requisiti sopra indicati: a) sussistenza di un vincolo di inedificabilità, anche relativa, apposto prima della realizzazione delle opere;
b) difformità delle opere rispetto alle disposizioni urbanistiche.

L’art. 1, comma 72, della legge della Regione Campania n. 16 del 2014 prevede che il divieto di sanatoria opera soltanto in presenza di «vincoli che comportano l’inedificabilità assoluta delle aree su cui insistono e siano stati imposti prima dell’esecuzione delle opere stesse».

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 117 del 2015, ha chiarito che tale norma regionale non riguarda il cosiddetto “terzo condono” di cui al d.l. n. 269 del 2003.

Da quanto esposto ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, la legge regionale n. 16 del 2014 non può trovare applicazione al fine di ritenere che siano sanabili le opere realizzate su aree gravate da vincoli relativi ed in contrasto con gli strumenti urbanistici.

Trova, invece, integrale applicazione la normativa statale, la quale è chiara nell’escludere dal campo di applicazione della sanatoria gli immobili realizzati su aree vincolate in difformità dagli strumenti urbanistici.

Nella fattispecie in esame, l’area è sottoposta ad un vincolo idrogeologico relativo apposto prima della realizzazione delle opere. Non è, dunque, consentito il rilascio di un provvedimento favorevole di condono né tantomeno può ritenersi fondata una istanza di autotutela basata sulla sopravvenienza di tale normativa regionale.

6.– Con un secondo motivo si assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha ritenuto necessaria l’acquisizione del parere della Soprintendenza.

Il motivo non è fondato.

L’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003 esclude la condonabilità delle opere quando ricorrono le condizioni previste da tale disposizione. Non assume, pertanto, alcuna rilevanza l’acquisizione del parere. In altri termini, se l’esistenza dei presupposti fattuali contemplati dalla norma di disciplina del potere pubblica preclude la possibilità del condono delle opere abusive non può avere alcuno spazio una fase valutativa di competenza della Soprintendenza.

7.– Con un ulteriore motivo si contesta la scelta dell’amministrazione in ragione del fatto che nella zona in esame sarebbero state realizzate «trentanove nuove edificazioni» a conferma del fatto che «quella in oggetto è una zona di notevole espansione urbanistico – edilizia».

Il motivo non è fondato.

Questo Consiglio ha già avuto modo di affermare, con orientamento cui si intende dare continuità, che «per quanto concerne la disparità di trattamento, nel caso in cui per edifici insistenti nella medesima zona la Soprintendenza avrebbe autorizzato la sanatoria e altri sarebbero stati condonati, si deve ritenere che tale vizio non viene in evidenza in tutti i casi in cui non risulti dimostrata l'assoluta identità di situazioni, e comunque la legittimità dell'operato della pubblica Amministrazione non può essere inficiata dall’eventuale illegittimità compiuta in altra situazione» (Cons. Stato, sez. VI, 27 marzo 2012, n. 1813).

8.– La natura controversa della questione giuridica relativa all’ampiezza applicativa del cosiddetto “terzo condono” giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.

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