Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2020-09-08, n. 202005415
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Pubblicato il 08/09/2020
N. 05415/2020REG.PROV.COLL.
N. 09257/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 9257 del 2019, proposto da
P C, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della Alternative Group s.r.l., rappresentato e difeso dall'avvocato E C, con domicilio digitale come da PEC Registri Giustizia;
contro
Comune di Agropoli, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato A P, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, sezione prima, n. 1923/2019, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Agropoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2020, tenuta con le modalità di cui all’art. 84, comma 6, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, il Cons. Stefano Fantini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Il sig. P C, anche nella qualità di legale rappresentante della Alternative Groupe s.r.l., ha interposto appello nei confronti della sentenza 7 novembre 2019, n. 1923 del Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, Sez. I, che ha respinto il suo ricorso avverso l’ordinanza dell’Area Tecnica Assetto ed Utilizzazione del Territorio del Comune di Agropoli n. 23908 in data 1 luglio 2019, disponente lo sgombero del locale ad uso bar sito all’interno della stazione degli autobus di via Salvo d’Acquisto, precedentemente (nel 2012) datogli in concessione.
L’appellante espone che il canone annuale pattuito era di euro 8.355,47, ma che il Comune non ha reso operativo il terminal degli autobus, con la conseguenza di una decurtazione dei ricavi previsti e la conseguente maturazione di una sua morosità superiore ad euro 13.000,00 nei confronti dell’amministrazione.
Il Comune di Agropoli, con delibera di Giunta n. 90 del 2019, successiva al rinnovo della concessione per altri sei anni, ha approvato, ai sensi dell’art. 58, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, il piano delle alienazioni immobiliari inserendovi il bar in questione.
2. - Con il ricorso in primo grado il ricorrente ha impugnato l’ordinanza di sgombero del locale allegando che il medesimo era stato inserito nel piano delle alienazioni immobiliari, da ciò derivando il suo inserimento nel patrimonio disponibile, con conseguente nullità (per carenza di potere) del provvedimento, anche ai sensi dell’art. 823 Cod. civ.
3. - La sentenza appellata ha escluso che il locale possa essere considerato appartenente al patrimonio disponibile del Comune di Agropoli;ciò nella considerazione che la delibera di Giunta comunale n. 90 del 2019 ha approvato la sola proposta di piano delle alienazioni e valorizzazioni comunali, trasmettendola al Consiglio per la definitiva approvazione (che non risulta intervenuta al 1 luglio 2019).
4.- Con il ricorso in appello il sig. P ha dedotto che, ai sensi dell’art. 58 del d.lgs. n. 112 del 1998, per effetto dell’inserimento del locale nel piano delle alienazioni immobiliari il bene doveva considerarsi appartenente al patrimonio disponibile, sì che, al momento dell’adozione dell’ordinanza gravata, l’amministrazione non poteva esercitare poteri di autotutela pubblicistica.
5. - Si è costituito in resistenza il Comune di Agropoli concludendo per la reiezione del ricorso in appello.
6. - All’udienza pubblica del 25 giugno 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.- Si controverte della legittimità dell’ordinanza di sgombero di un bene in concessione, successivamente al provvedimento di Giunta comunale che ne aveva approvato l’inserimento nel piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari. L’assunto dell’appellante è che, per effetto dell’inserimento in tale piano, l’immobile è entrato a fare parte del patrimonio disponibile, con conseguente preclusione all’esercizio del potere di autotutela (o di tutela in via amministrativa) da parte dell’amministrazione, tale potere essendo esercitabile solo a fronte di beni appartenenti al demanio pubblico ai sensi dell’art. 823 Cod. civ.
Tale tesi non è condivisibile.
Invero, l’art. 58 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, prevede che l’organo di governo del Comune redige apposito elenco e che l’inserimento degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile. Aggiunge il secondo comma che la deliberazione del Consiglio comunale di approvazione del piano delle alienazioni e valorizzazioni determina le destinazioni d’uso urbanistiche degli immobili.
Il quinto comma aggiunge poi che contro l’iscrizione del bene negli elenchi è ammesso ricorso amministrativo entro sessanta giorni dalla pubblicazione, fermi gli altri rimedi di legge.
Il sistema inferibile dall’art. 58 prefigura dunque una proposta di piano delle alienazioni (cioè dei beni inseriti nel piano) di competenza della Giunta comunale, ma al contempo prevede anche un’approvazione del Consiglio comunale, che, alla stregua di un’interpretazione strettamente letterale, potrebbe avere efficacia solamente ai fini urbanistici. L’ipotesi del carattere definitivo della delibera di Giunta di inserimento dei beni nell’apposito elenco potrebbe inferirsi anche dalla disposizione che avverso tale iscrizione consente forme di tutela, anche amministrativa.
E’ peraltro vero che dalla lettura della deliberazione della Giunta comunale di Agropoli n. 90 del 29 marzo 2019 si evince solo l’intervenuta approvazione della proposta di “piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari” e la conseguente trasmissione della proposta al Consiglio comunale per la definitiva approvazione, desumendosi dunque significativi argomenti per ritenere che l’effetto di classificazione dei beni nel patrimonio disponibile possa conseguire solamente alla definitiva approvazione.
Tale soluzione trova conferma, sul piano dell’interpretazione sistematica, nel fatto che l’elenco dei beni (suscettibili di valorizzazione ovvero dismissione) rientra nel novero dei piani o programmi finanziari, che l’art. 42, comma 2, lett. b), del t.u.e.l. (d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267) inquadra tra gli atti fondamentali di competenza del Consiglio comunale.
Del resto, dallo stesso art. 58, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008 può desumersi che solo a seguito della trasmissione del piano predisposto dalla Giunta al Consiglio, lo stesso diviene definitivo.
Solo l’approvazione da parte dell’organo consiliare produce l’effetto della classificazione del bene inserito nel piano come patrimonio disponibile, rispetto al quale è preclusa l’autotutela possessoria, invece contemplata dall’art. 823, comma 2, Cod. civ. per i beni demaniali ed anche per quelli appartenenti al patrimonio indisponibile.
Ne discende l’infondatezza del primo motivo di appello, che, muovendo dal presupposto dell’intervenuta sdemanializzazione del bene, afferma la nullità dell’ordinanza di sgombero in quanto asseritamente adottata in carenza di potere.
2. - Il secondo motivo, con il quale si contesta l’adozione dell’ordinanza di sgombero a fronte di una condotta inadempiente dello stesso Comune (che non avrebbe mai reso effettivamente operativo il terminal bus ), è poi inammissibile in quanto motivo nuovo, non svolto in primo grado, e comunque collocato in una dimensione meramente civilistica, di contestato esercizio della clausola risolutiva espressa, non pregnante con l’esercizio del potere pubblicistico di autotutela.
3. - In conclusione, alla stregua di quanto esposto, l’appello deve essere respinto.
La peculiarità della vicenda integra le ragioni che per legge consentono la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.