Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2025-02-21, n. 202501451
Ordinanza cautelare
10 gennaio 2025
Rigetto
Sentenza
21 febbraio 2025
Ordinanza collegiale
24 novembre 2023
Sentenza
6 settembre 2024
Ordinanza cautelare
12 gennaio 2024
Ordinanza collegiale
24 novembre 2023
Ordinanza cautelare
12 gennaio 2024
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Rigetto
Sentenza
21 febbraio 2025
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Sul provvedimento
Testo completo
Pubblicato il 21/02/2025
N. 01451/2025REG.PROV.COLL.
N. 06966/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6966 del 2024, proposto da
MI RO, rappresentato e difeso dagli avvocati Stelvio Del Frate e Fabio Francario, con domicilio eletto presso lo studio Fabio Francario in Roma, piazza Paganica n. 13;
contro
Agenzia del Demanio Puglia e Basilicata, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli Ufficio delle Dogane di Foggia, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comune di Vieste, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato MI Fusillo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Servizio Urbanistica – Ufficio Osservatorio Abusivismo e Contenzioso – Foggia, Amministrazione Provinciale di Foggia – Ufficio Tecnico, Corpo di Polizia Municipale di Vieste, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) n. 00729/2024
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Agenzia del Demanio Puglia e Basilicata, dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli Ufficio delle Dogane di Foggia, della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bari e del Comune di Vieste;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2025 il Cons. Rosaria Maria Castorina e uditi per le parti gli avvocati Fabio Francario e MI Fusillo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso introduttivo del giudizio, il ricorrente ha impugnato l’ordinanza del comune di Vieste n. 131 Reg. Ord. del 26 aprile 2022, a firma del Dirigente del Settore Tecnico - Sportello Unico per l’Edilizia del comune di Vieste, avente ad oggetto occupazione sine titulo e realizzazione manufatti abusivi in area del demanio marittimo allo loc. Portonuovo in catasto al foglio 41, p.lle 612 - 572 - 508 - 691, con cui gli è stato ingiunto di provvedere, entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento, allo sgombero delle aree, alla demolizione delle opere ivi meglio descritte e al conseguente ripristino dello stato dei luoghi.
Nelle more del giudizio il ricorrente, a seguito della volontà manifestata dalla civica amministrazione di procedere d’ufficio alla demolizione dei manufatti in questione, ha provveduto alla demolizione in proprio evidenziando che, pur essendo venuto meno nel corso del giudizio l’interesse alla declaratoria di annullamento degli atti impugnati, stante la demolizione delle opere ed il conseguente ripristino dello stato dei luoghi, aveva interesse a fare accertare la illegittimità ai fini risarcitori dei danni, quanto meno pari alle spese vive sostenute per l’abbattimento e ad valore economico/commerciale dei beni demolititi.
Ha quindi chiesto la declaratoria di illegittimità di tutti gli atti impugnati ai fini risarcitori dei danni patiti, da quantificarsi con separato giudizio, ai sensi e per gli effetti dell’art. 34, comma 3 c.p.a.
Con la sentenza in epigrafe impugnata il Tar ha respinto il ricorso sul rilievo che l’esercizio del potere di autotutela esecutiva relativamente ai beni aventi natura demaniale è esercizio di attività dovuta dall’Amministrazione, che presuppone, per il suo legittimo esercizio, la dimostrazione soltanto che il bene in questione appartenga al demanio o al patrimonio indisponibile, presumendosi da siffatta qualità, iuris et de iure , la sua preordinazione al soddisfacimento di determinati interessi pubblici e che il comune di Vieste aveva legittimamente esercitato questo potere, il cui regime si applica anche nell’ipotesi di usi civici; inoltre le opere edilizie in contestazione non risultavano identificabili con quelle per le quali il comune di Vieste ha in precedenza rilasciato i titoli edilizi in sanatoria, rispetto alle quali sussistono evidenti e sostanziali difformità.
Appellata ritualmente la sentenza, resistono il Comune di Vieste, l’Agenzia del Demanio, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli - Ufficio delle Dogane di Foggia, la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bari.
All’udienza del 18 febbraio 2025 la causa passava in decisione.
DIRITTO
1.Deve essere preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello.
Vero è che l’appellante, pur avendo già nel primo grado dichiarato che era venuto meno il suo interesse alla declaratoria di annullamento degli atti, ma di avere interesse alla declaratoria di illegittimità degli atti a fini risarcitori, nelle conclusioni dell’atto di appello ha chiesto l’annullamento degli atti impugnati.
Tuttavia, la richiesta di declaratoria di illegittimità presuppone un accertamento idoneo all’annullamento anche se la domanda è stata in questo caso rinunciata.
2.Con il primo motivo di appello l’appellante deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 823 cod. civ. e 54 cod nav.; degli artt. 822 cod. civ. e 28 e seg. ti cod. nav.; dell’art. 105 d lgs 31 3 1998; dell’art. 6 lr 17/2015.
Eccepisce che i provvedimenti impugnati non sono strutturati come provvedimenti di autotutela del bene in quanto appartenente al demanio marittimo, ma come provvedimenti repressivi di un abuso edilizio adottati a prescindere dall’accertamento dell’appartenenza dominicale del bene e della sua natura pubblica o privata e che la questione decisiva ai fini della valutazione della legittimità o meno dei provvedimenti impugnati era quella relativa alla legittimità delle opere sotto il profilo edilizio urbanistico, non assumendo rilevanza decisiva il profilo connesso alla demanialità del bene. Evidenzia che le opere contestate non interessano né il lido, né la spiaggia, ciò che per natura rende il bene demaniale e indisponibile nella destinazione, ma una parte di prosecuzione dell’arenile che, per essere compresa nel demanio marittimo, deve avere avuto accertata l’attitudine potenziale a realizzare i pubblici usi del mare.
L’ordinanza gravata sarebbe quindi illegittima, in quanto, da un lato, sanziona interventi edilizi regolarmente assentiti dalla stessa Amministrazione, e, dall’altro, abusi relativi a opere non necessitanti di permesso di costruire (interventi minori realizzabili con S.C.I.A., C.I.L.A. e/o edilizia libera).
Qualora applicabile l’art. 35 del d.P.R. n. 380/2001, l’ordinanza sarebbe - inoltre - viziata per l’omissione della previa diffida non rinnovabile prevista dalla succitata norma.
Inoltre - rilevato che la sanzione demolitoria ex art. 35 DPR 380/01 è prevista dal legislatore nel caso in cui vengano eseguiti interventi “su suoli di proprietà dello Stato”, tanto che lo stesso Comune - nelle premesse dell’Ordinanza - precisa che il suolo in questione è appartenente al demanio marittimo l’ordinanza gravata è illegittima anche sotto il profilo della competenza.
Da ultimo contesta l’applicabilità alla specie dell’art. 54 del Codice della navigazione, che disciplina le occupazioni e innovazioni abusive di zone del demanio marittimo, sostenendo che l’area in questione non apparterrebbe al demanio marittimo statale, sicché l’occupazione lamentata e le innovazioni realizzati non necessiterebbero - a suo dire - di alcuna