Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-04-10, n. 202002369

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-04-10, n. 202002369
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202002369
Data del deposito : 10 aprile 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/04/2020

N. 02369/2020REG.PROV.COLL.

N. 03401/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3401 del 2014, proposto da
A S, rappresentato e difeso dagli avvocati A B e A S, con domicilio eletto presso lo studio A B in Roma, via Sestio Calvino n. 33;

contro

Comune di Orbetello, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato C V, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato N D P in Roma, via Tagliamento 55;
Provincia di Grosseto, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati S S e C C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sez. III, 24 dicembre 2013, n. 1770, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Orbetello e della Provincia di Grosseto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2020 il Cons. Francesco De Luca e udito l’avvocato P M;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con provvedimento n. 8/97 del 10.11.1997 il Comune di Orbetello ha rigettato la domanda del 6.4.1995, prot. n. 10269 di cui alla pratica n. 1255/94, presentata dal Sig. S A, diretta ad ottenere la concessione edilizia in sanatoria ai sensi della L. n. 47 del 1985 e successive modificazioni ed integrazioni, relativa alla realizzazione di un manufatto prefabbricato, con annesse tettoie, nel terreno distinto al NCT al foglio n. 30, particella n. 1718 in Albinia Località Saline Varoli.

A fondamento del diniego il Comune, rilevata l’applicabilità al caso di specie dell’art. 32, comma 1, L. n. 47/85, ha richiamato il diniego di autorizzazione ai sensi degli artt. 7 e 15 della Legge n. 1497/39, n. 223/97/COND del 27.10.1997, nonché i pareri della Commissione Edilizia Integrata e dell’Amministrazione Provinciale.

In particolare, quanto alla Commissione Edilizia Integrata il provvedimento di diniego ha riportato il parere negativo espresso nella seduta del 17.10.1997 che, prendendo atto del parere contrario dell’Amministrazione provinciale relativamente al vincolo idrogeologico, aveva concordato con quanto contenuto nel parere stesso, rilevando, altresì, la precarietà dei materiali usati per la costruzione del manufatto unitamente alla povertà architettonica;
fatti da valutare negativamente sotto l’aspetto estetico, panoramico e paesistico.

Con riferimento all’Amministrazione provinciale, la stessa con decreto dirigenziale n. 1136/TR del 10.9.1997 aveva espresso parere contrario per il nulla osta sul vincolo idrogeologico forestale ai sensi del R.D.L. n. 3267 del 1923.

Con il medesimo provvedimento il Comune ha ordinato la demolizione dell’opera abusiva, nonché la messa in pristino dello stato dei luoghi.

2. Il Sig. S A ha proposto ricorso dinnanzi al Tar Toscana, censurando il provvedimento di diniego di sanatoria, nonché i relativi atti presupposti, individuati nel diniego di autorizzazione ex art. 7 L. N. 1497/39, nel parere non favorevole espresso dalla Commissione Edilizia Integrata nella seduta del 17.10.1997 e nel parere contrario ai fini idrogeologici dell’Amministrazione Provinciale di cui al decreto dirigenziale n. 1136/TR del 10.9.1997.

A fondamento del ricorso il Sig. S A ha articolato due motivi di doglianza, incentrati sull’ “ illegittimità derivata ” e sull’ “ eccesso di potere per violazione e falsa applicazione della legge n. 47/1985 in particolare dei principi e criteri informatori di cui al capo IV della stessa ”.

Sotto il primo profilo il ricorrente ha contestato l’illegittimità degli atti presupposti e, quindi, in via derivata, del provvedimento impugnato, tenuto conto che:

- il parere contrario dell’Amministrazione provinciale risultava in contrasto sia con le previsioni di P.R.G. relative alla zona interessata B (completamento) secondo la variante approvata dalla Regione con delibera n. 2524 del 5.3.84, previo parere espresso dalla stessa Provincia con nota n. 25054 dell’11.11.1983, sia con il parere favorevole reso nell’ambito del procedimento dal Corpo Forestale dello Stato con nota n. 15423 del 9.12.1996 (motivato sulla base della presenza di un manufatto prefabbricato in un lotto di terreno adibito a giardino privo di opere di fondazioni);

- il parere della Commissione Edilizia integrata risultava parimenti illegittimo, sia nella parte in cui aveva aderito alle conclusioni rassegnate sotto il profilo idrogeologico dalla Provincia (per le medesime ragioni di illegittimità già svolte in relazione al parere della Provincia), sia nella parte in cui aveva valorizzato la precarietà dei materiali ai fini della valutazione negativa dell’opera, tenuto conto che “ dalla documentazione allegata alla domanda di condono appare evidente che nella specie trattasi non di una costruzione precaria, tipo baracca, ma di una abitazione di modeste dimensioni, realizzata in materiale prefabbricato, che ben si inserisce nel contesto ambientale esistente: è proprio il tipo di materiale utilizzato (particolarmente leggero) che rende insussistenti quei pericoli evidenziati dall’Amministrazione Provinciale nel suo parere (pericolo di compromissione della stabilità idraulica). L’enunciato della motivazione si risolve, inoltre, in una mera formula di stile di per sé inidonea ad individuare gli elementi di fatto presupposti ed il ragionamento seguito dall’Amministrazione per assumere la determinazione non favorevole nel caso di specie (vds. al riguardo Cons. St. sez. VI 14 gennaio 1994 n. 19 in Riv. Giur. Ed. 1994, I, 339) ” (pagg. 4/5 ricorso in primo grado).

Con il secondo motivo di ricorso il Sig. S A ha censurato la violazione dei principi e criteri informatori della L. n. 47/85, la quale avrebbe dovuto essere intesa in maniera da consentire il massimo recupero possibile dei manufatti, ove gli stessi non fossero stati in aperto contrasto con le superiori esigenze di pubblico interesse.

3. Si è costituita in giudizio la Provincia, al fine di resistere al ricorso.

4. A definizione del giudizio il Tar ha rigettato il ricorso, tenuto conto che:

- il parere negativo emesso dalla Provincia di Grosseto motivava ampiamente circa le ragioni ostative ad ammettere un intervento quale quello da condonare. Al riguardo, il Tar ha ritenuto, da un lato, che la località ove era stato realizzato l’intervento edificatorio fosse all’interno di una zona particolarmente delicata sotto il profilo ambientale e già compromessa da una massiccia presenza di insediamenti residenziali cosicché qualunque nuova opera nelle zone boscate avrebbe potuto compromettere la stabilità idraulica, dall’altro, che non vi fosse alcun contrasto con le previsioni urbanistiche derivanti dalla variante urbanistica approvata dalla Regione Toscana nel 1984, trattandosi di valutazioni compiute in ambiti diversi;

- il parere in materia paesaggistica recava conclusioni non inficiate da eccesso di potere come denunciato poiché in esso non si faceva riferimento alla precarietà del manufatto in sé, ma alla precarietà dei materiali usati, trattandosi di un prefabbricato privo di pregio architettonico che mal si integrava in un contesto di notevole interesse paesistico;

- anche a fronte di leggi di condono, in presenza di una zona vincolata come nel caso di specie, il parere dell’autorità che deve salvaguardare il vincolo è essenziale e non può esistere una gradazione nel contrasto con le esigenze sottostanti al vincolo.

5. Avverso la sentenza di primo grado il Sig. S A ha proposto appello, formulando due motivi di impugnazione, incentrati sulla “ Violazione e falsa applicazione dell'art. 32 I. n. 47/85 - Contraddittorietà, illogicità manifesta, difetto di motivazione e travisamento dei fatti ”, nonché sulla “ Violazione e falsa applicazione della legge n. 47/1985 in particolare dei principi e criteri informatori di cui al capo IV della stessa ”.

6. Si sono costituiti in giudizio la Provincia di Grosseto e il Comune di Orbetello, al fine di resistere all’appello. Le Amministrazioni hanno altresì depositato memoria in vista dell’udienza di discussione del 20 febbraio 2020.

Le Amministrazioni intimate, oltre a controdedurre sul merito dei motivi di impugnazione, hanno eccepito l’inammissibilità dell’appello, in quanto incentrato sulla mera riproposizione delle censure disattese in primo grado, in assenza di una specifica confutazione della sentenza impugnata (cfr. pag. 6 memoria di costituzione del Comune di Orbetello, pag. 4/5 memoria del 16.1.2020 del Comune di Orbetello, pagg. 3/4 memoria del 9.1.2020 della Provincia).

7. All’udienza pubblica del 20 febbraio 2020 è stata prodotta a verbale una procura speciale conferita in formato cartaceo dal Sig. S A all’Avv. P M, con revoca di ogni precedente nomina. La causa è stata, quindi, trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Pregiudizialmente, occorre precisare che non influisce sul regolare svolgimento del processo -e, in particolare, sulla possibilità di trattenere in decisione la controversia ai fini dell’emissione della sentenza definitiva del giudizio- il deposito all’udienza del 20.2.2020, in formato cartaceo, di una procura speciale attraverso cui il Sig. S A, in relazione al ricorso n. 3401/2014 pendente dinnanzi a questo Consiglio con udienza di discussione fissata per il giorno 20.2.2020, ha nominato proprio difensore e procuratore speciale l’Avv. P M con studio in Albinia, Via Fucini, 20, conferendo allo stesso ogni facoltà di legge, eleggendo domicilio presso il suo studio in Albinia, Via Fucini, 25 e revocando ogni precedente nomina.

Al fine di assicurare l’effettività e la continuità della tutela giurisdizionale, l’ordinamento prevede, infatti:

- al ricorrere delle condizioni di cui al combinato disposto degli artt. 79, comma 2, c.p.a., 299 c.p.c. e 300 c.p.c., l’interruzione del processo, ove si verifichino la morte, la perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti o del suo rappresentante legale ovvero la cessazione di tale rappresentanza;

- in caso di revoca della procura alle liti, il differimento dei relativi effetti estintivi nei confronti delle altre parti al momento in cui sia avvenuta la sostituzione del difensore.

In particolare, giusta la previsione di cui all’art. 85 c.p.c., “ La procura può essere sempre revocata e il difensore può sempre rinunciarvi, ma la revoca e la rinuncia non hanno effetto nei confronti dell'altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore ”.

Trattandosi di disposizione espressiva di un principio generale dell’ordinamento processuale, di perpetuatio dello ius postulandi - da un lato, compatibile con il giudizio amministrativo, in cui parimenti è necessaria la difesa tecnica (salve le fattispecie eccezionali di cui all’art. 23 c.p.a., comunque non ricorrenti nella specie), dall’altro, corollario del principio di effettività e continuità della tutela giurisdizionale - la disciplina di cui all’art. 85 c.p.c., pur recata nel codice di procedura civile, deve ritenersi applicabile anche nella presente sede, ai sensi dell’art. 39, comma 1, c.p.a. (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 16 maggio 2006, n. 2762 che, ancora prima dell’entrata in vigore del D. Lgs. n. 104/2010, ha richiamato nella sede processuale amministrativa la disciplina di cui all’art. 85 c.p.a.).

La revoca della procura, pertanto, non rientra tra le fattispecie di interruzione del processo delineate dagli artt. 79, comma 2, c.p.a., 299 c.p.c. e 300 c.p.c., né influisce sul regolare svolgimento del giudizio, tenuto conto che la difesa tecnica della parte revocante continua ad essere assicurata dal precedente difensore, fintantoché non si provveda alla sua sostituzione.

Come precisato da questo Consiglio, “Secondo costante orientamento di questo Consiglio, infatti, “La rinuncia al mandato da parte del difensore, così come la revoca da parte del conferente, non fa perdere al difensore rinunciante o revocato lo ius postulandi e la rappresentanza legale del cliente per tutti gli atti del processo, fino a quando non si sia provveduto alla sua sostituzione con altro difensore, in virtù del principio della cosiddetta perpetuatio dell’ufficio del difensore” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 giugno 2014, n. 3091. ” (Consiglio di Stato, sez. II, 21 gennaio 2020, n. 476).

Peraltro, la sostituzione del difensore, affinché sia opponibile alle altre parti, da un lato, come ritenuto da Cass., sez. I, 14 aprile 2004, n. 7073, deve essere “ ufficialmente comunicata ”, dovendo, quindi, acquisirsi conoscenza legale del relativo evento processuale, dall’altro, deve avvenire mediante il conferimento di una nuova procura secondo le forme di legge;
anche in formato cartaceo, trattandosi di atto proveniente dalla parte personalmente (come previsto dall'art. 8, comma 2, D.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40, che regola altresì le modalità di acquisizione al fascicolo informatico), a condizione, tuttavia, che risulti da atto pubblico o scrittura privata autenticata ovvero sia apposta in calce o a margine di un atto processuale idoneo a contenerla (quale, per quanto di interesse in caso di sostituzione del difensore, la “ memoria di nomina del nuovo difensore … in sostituzione del difensore originariamente designato ” ex art. 83 c.p.c.) o su foglio separato congiunto materialmente all'atto cui si riferisce (ai sensi di quanto previsto dall’art. 83 c.p.c., applicabile in ambito processuale amministrativo ex art. 39 c.p.a. – cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 14 gennaio 2019, n. 283).

Ne deriva che, per quanto rileva ai fini del presente giudizio, la produzione all’udienza di discussione dell’appello, in formato cartaceo, della revoca del precedente difensore con contestuale nomina di nuovo difensore, benché non avvenuta nel rispetto delle disposizioni in materia di rilascio della procura alle liti – essendosi in presenza di procura alle liti in formato cartaceo (non acquisita al fascicolo informatico secondo le previsioni di cui all’art. 8, comma 2, D.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40) rilasciata su foglio separato non congiunto ad un atto processuale idoneo a contenerla – non integra una causa di interruzione del processo, né incide sulla persistenza della difesa tecnica in capo alla parte appellante, in ragione della perpetuatio dello ius postulandi dell’originario difensore fintantoché non si provveda alla sua regolare sostituzione con atto legalmente conosciuto dalle controparti.

Pertanto, non sussistono ragioni che impediscano di trattenere la causa in decisione, al fine di pronunciare la sentenza definitiva del giudizio.

2. Sempre in via pregiudiziale, nel rito, occorre pronunciare sull’eccezione di inammissibilità dell’appello opposta dalle Amministrazioni resistenti, motivata sulla base della genericità dei motivi di impugnazione, tradottisi nella mera riproposizione delle censure articolate in primo grado e disattese dal Tar.

L’eccezione è infondata.

Come precisato da questo Consiglio, “ Ai sensi dell’art. 101 comma 1 c.p.a. l’atto di appello deve contenere, per quanto qui interessa, a pena di inammissibilità “le specifiche censure contro i capi della sentenza gravata”, ovvero, secondo la giurisprudenza, deve contenere motivi di impugnazione specifici nel contenuto e indicati in apposita parte del ricorso a loro dedicata – in tal senso, per tutte, C.d.S. sez. IV 6 ottobre 2017 n.4659 e sez. VI 4 gennaio 2016 n.

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