Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-03-15, n. 202201825

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-03-15, n. 202201825
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202201825
Data del deposito : 15 marzo 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/03/2022

N. 01825/2022REG.PROV.COLL.

N. 10608/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10608 del 2018, proposto dal professor G T, rappresentato e difeso dall’avvocato F G S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma, via Giovanni Paisiello n. 55,



contro

la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la Funzione pubblica, e la Scuola nazionale della pubblica amministrazione, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12,



nei confronti

dei signori S Battini e Bruno Oscar Dente, non costituitisi in giudizio,



per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, n. 5580 del 2018.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della Scuola Nazionale della pubblica amministrazione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2022, il consigliere Silvia Martino;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto innanzi al T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, il prof. G T, già Presidente della Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA), chiedeva l’annullamento del d.P.C.M. adottato a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 1, comma 657, l. n. 208/2015, con il quale era stato disposto il commissariamento della SNA e quindi nominato il relativo Commissario straordinario.

1.1. Con il ricorso principale venivano dedotti due complessi mezzi di gravame.

1.2. Il prof. T proponeva altresì motivi aggiunti avverso il successivo d.P.C.M. con il quale era stato nominato il nuovo Presidente della SNA a seguito del ritiro da parte del Governo dello schema di decreto legislativo recante la disciplina della dirigenza, in adempimento alla delega contenuta nella l. n. 124/2015, la quale era stata oggetto di parziale declaratoria di incostituzionalità con la sentenza della Corte costituzionale n. 251 del 2016.

1.3. Egli articolava, altresì, una domanda di risarcimento del danno.

2. Nella resistenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’adito T.a.r. ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti e compensato tra le parti le spese di giudizio.

3. La sentenza è stata impugnata dal prof. T, rimasto soccombente.

L’appello è affidato ai seguenti motivi.

I. Error in judicando per avere la sentenza di primo grado erroneamente ritenuto insussistente il vizio d’incompetenza del d.P.C.M. in data 11 marzo 2016 dedotto nel ricorso di primo grado .

Il potere di nomina del Commissario straordinario della SNA in capo al Presidente del Consiglio dei Ministri costituisce un’attribuzione straordinaria e, dunque, esercitabile, dal punto di vista logico prima ancora che giuridico, in relazione ad una sola e specifica fattispecie. A rimarcare l’eccezionalità di tale potere vi sarebbe la circostanza che, al fine di fornire al commissariamento una base giuridica, è stata necessaria l’emanazione di una specifica norma di rango legislativo (ossia il già ricordato art. 1, comma 657, della l. 28 dicembre 2015, n. 208).

Pertanto, secondo l’appellante, la delega rilasciata dal Presidente del Consiglio al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, in epoca anteriore alla norma di legge che ha disposto il commissariamento della SNA, non avrebbe potuto legittimare la nomina del Commissario da parte del Ministro in questione.

La delega di poteri non potrebbe mai riguardare l’esercizio di poteri futuri, a ciò ostando sia il principio di legalità dell’azione amministrativa, che il principio di buona amministrazione.

II. Error in judicando per avere la sentenza di primo grado erroneamente ritenuto non sussistente l’illegittimità derivata del d.P.C.M. 11 marzo 2016 in quanto adottato sulla base di una legge (art. 1, comma 657, L. 28 dicembre 2015, n. 208) incostituzionale per violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione, sotto il profilo della “ragionevolezza” e “non arbitrarietà” (art. 3) e sotto il profilo del “buon andamento della Pubblica Amministrazione, della continuità, efficienza, efficacia e procedimentalizzazione dell’azione amministrativa (art. 97) .

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente aveva censurato il provvedimento di nomina del Commissario straordinario in quanto adottato sulla base di una legge (il cit. art. 1, comma 657, della l. 28 dicembre 2015, n. 208), avente i caratteri propri della legge-provvedimento, la quale sarebbe stata incostituzionale per violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione.

La natura di legge-provvedimento non andrebbe apprezzata, così come fatto dal primo giudice, rispetto agli obiettivi di riorganizzazione che la legge stessa afferma di voler perseguire, bensì rispetto agli effetti specifici che la stessa ha determinato in ordine a soggetti già individuabili.

L’appellante, al riguardo, ha riproposto i rilievi di incostituzionalità già dedotti in primo grado.

I provvedimenti di commissariamento, in quanto fortemente limitativi dell’autonomia dell’Ente commissariato, potrebbero trarre giustificazione esclusivamente da gravi e particolari situazioni di fatto.

Nel caso di specie, la decadenza del Presidente e del Comitato di gestione della SNA non è invece in alcun modo riconducibile a fatti specifici o a gravi negligenze.

Sarebbe indubbia, pertanto, l’incisione negativa della norma censurata sul buon andamento dell’Amministrazione.

La violazione dell’art. 97 della Carta Costituzionale verrebbe in rilievo anche sotto ulteriori profili.

La decadenza automatica ed ingiustificata del Presidente e del Comitato di Gestione ha inciso sulla continuità dell’azione amministrativa.

La decadenza non avrebbe giustificazioni

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