Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-06-10, n. 201602498

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-06-10, n. 201602498
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201602498
Data del deposito : 10 giugno 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00051/2016 REG.RIC.

N. 02498/2016REG.PROV.COLL.

N. 00051/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 51 del 2016, proposto dai dottori G D R e G P, rappresentati e difesi dagli avv. U C, M B e S D, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M B sito in Roma, via San Tommaso d'Aquino, n. 47;

contro

il Ministero della Salute, in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliato per legge;
l’Assessorato dell'Igiene e Sanità e dell'Assistenza Sociale della Regione Sardegna e la Regione Sardegna, in persona del Presidente della giunta regionale, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandra Camba e Sandra Trincas, con domicilio eletto presso l’Ufficio di Rappresentanza della Regione Autonoma della Sardegna, sito in Roma, via Lucullo, n. 24;

nei confronti di

i dottori Cristina Zaru e Giacomo Angelo Flore;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sezione III Quater, n. 13489/2015, resa tra le parti, concernente la graduatoria unica del concorso per l’ammissione al Corso triennale di formazione specifica in Medicina generale per il triennio 2014/2017.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Salute e della Regione Sardegna;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 aprile 2016 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per gli appellanti gli avvocati U C, M B e S D e per l’amministrazione l'avvocato dello Stato Marco La Greca;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso al Tribunale Amministrativo del Lazio, sede di Roma, rubricato al n. 66/2015, i signori Davide Bianco, G D R, G P, Giorgio Rocca, Simona Tulu, Claudia Anna Salustro, dottori in medicina, impugnavano la graduatoria unica del concorso per l’ammissione al corso triennale di formazione specifica in medicina generale per il triennio 2014/2017, nella quale sono stati collocati oltre l’ultimo posto utile e, quindi, non sono stati ammessi al corso (ivi compresi gli atti di successive revisioni e rettifiche), nonché il decreto del Ministero della Salute emesso in data 7 marzo 2006, e le sue successive integrazioni e modificazioni, recante «Principi fondamentali per la disciplina unitaria in materia di formazione specialistica in Medicina Generale», nella parte in cui non ha stabilito l’attivazione di un’unica graduatoria nazionale.

I ricorrenti chiedevano inoltre l’accertamento del loro diritto a ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti e subendi a causa della illegittimità degli atti del concorso, nonché la condanna delle Amministrazioni intimate al risarcimento del danno in forma specifica, ex art. 30, secondo comma, c.p.a., all’adozione del relativo provvedimento di ammissione al corso su indicato, nonché, ove occorra e, comunque, in via subordinata, al pagamento delle relative somme, con interessi e rivalutazione, come per legge.

I ricorrenti esponevano di avere partecipato in data 17 settembre 2014 al concorso per l’ammissione al corso triennale di formazione specifica in medicina generale per il triennio 2014/2017, svoltosi su base regionale con test uguale per tutte le regioni, ed esponevano altresì di avere partecipato per la Regione Sardegna, conseguendo tutti un punteggio superiore ai 60 centesimi, quello minimo ai fini dell’inserimento nella graduatoria (e più precisamente il punteggio di punti 68, tranne la dottoressa S T, che ha ottenuto punti 65).

Gli interessati, nei riferire che nelle diverse regioni la correzione è avvenuta in alcuni casi a lettura ottica in altri manualmente, hanno rappresentato inoltre che:

- alcune irregolarità avrebbero caratterizzato la prova in Sicilia, Campania, Calabria e Puglia;

- alcune domande sarebbero state formulate erroneamente, come sostenuto negli esposti di alcuni candidati, il che ha comportato la convocazione presso il Ministero della Salute della Commissione ex art. 3, comma 3, del D.M. 7 marzo 2006, la quale non si è pronunciata nemmeno a concorso già espletato;

- essi hanno chiesto il risarcimento in forma specifica, o comunque il risarcimento del danno da perdita di chance, nonchè l’ammissione al corso in sovrannumero, sulla base della legge n. 401 del 29 dicembre 2000 e ‘senza borsa’.

A fondamento delle loro doglianze, essi hanno dedotto:

a) la violazione e falsa applicazione degli articoli 3, 33 ultimo comma, 34 commi 1, 2, e 97 Cost.;
violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della legge n. 264/1999 e dell’art. 7 comma 2 del d.m. 5 febbraio 2014, n. 85;
eccesso di potere per erroneità dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità, ingiustizia manifesta, disparità di trattamento;

b) violazione del principio di segretezza della prova e della lex specialis del concorso, violazione e falsa applicazione dell’art. 7 del d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, e dell’art. 14 del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, violazione e falsa applicazione del D.M. 7 marzo 2006, degli articoli 3, 4, 34 e 97 Cost., violazione della regola dell’anonimato nei pubblici concorsi e dei principi di trasparenza e par condicio dei concorrenti;
eccesso di potere per difetto dei presupposti, arbitrarietà, irrazionalità travisamento e sviamento dalla causa tipica;

c) violazione del ‘principio di paternità’ della prova di concorso, dei principi di trasparenza e par condicio dei concorrenti;

d) violazione e falsa applicazione dei principi generali in tema di pubblici concorsi e del principio di affidamento e buon andamento;

e) violazione del d.P.R. n. 487/1994, dei principi generali in tema di pubblici concorsi e del principio di affidamento e buon andamento;

f) violazione del principio di segretezza della prova e della lex specialis del concorso, nonché dei principi di trasparenza e par condicio dei concorrenti.

g) violazione e falsa applicazione dei principi generali in tema di pubblici concorsi e del principio di affidamento e buon andamento;

h) violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990 e delle regole in materia di verbalizzazione delle operazioni di concorso e di funzionamento degli organi collegiali, violazione del giusto procedimento e dei principi di trasparenza e di imparzialità, violazione e falsa applicazione dell’art. 10 dell’Allegato A del d.m. 5 febbraio 2014, n. 85;

i) violazione del principio di segretezza della prova e della lex specialis del concorso, dell’articolo 7 del d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, e dell’articolo 14 del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, del d.m. 24 aprile 2012, n. 74, e dell’Allegato 1 al decreto, degli articoli 3, 4, 34 e 97 Cost., della regola dell’anonimato nei pubblici concorsi e dei principi di trasparenza e par condicio dei concorrenti;
eccesso di potere per difetto dei presupposti, arbitrarietà, irrazionalità, travisamento e sviamento dalla causa tipica.

Con la sentenza in epigrafe, n. 13489 del 30 novembre 2015, il Tribunale Amministrativo del Lazio, sede di Roma, Sezione III quater, dichiarava la cessazione della materia del contendere, ai sensi dell’art. 34, quinto comma, c.p.a., nei confronti dei ricorrenti dottori Davide Bianco, Giorgio Rocca e Claudia Anna Salustro, in quanto essi sono stati ammessi al corso in virtù di scorrimenti in graduatoria, mentre per il resto ha respinto il ricorso.

2. Avverso la predetta sentenza propongono il ricorso in appello in epigrafe, rubricato al n. 51/2016, i dottori G D R e G P, chiedendo la sua riforma e l’accoglimento del ricorso di primo grado nei seguenti termini:

a) annullamento del diniego di ammissione, per l’effetto ammettendo gli appellanti al corso di cui si tratta e, in subordine, annullamento degli altri provvedimenti impugnati;

b) in caso di accoglimento della subordinata, con conseguente annullamento integrale del concorso, condanna delle Amministrazioni appellate al risarcimento del danno in forma specifica, ai sensi dell’art. 30, secondo comma, c.p.a.;

c) in ulteriore subordine, annullamento dell’intero concorso.

Si è costituita in giudizio con controricorso la Regione Autonoma della Sardegna, chiedendo che il ricorso di primo grado sia dichiarato inammissibile e comunque sia respinto nel merito.

Si è costituito in giudizio il Ministero della Salute, chiedendo il rigetto dell’appello.

Le parti hanno scambiato memorie e repliche.

La causa è stata tratenuta in decisione alla pubblica udienza del 28 aprile 2016.

3. Osserva il Collegio che – con la sentenza n. 1839 del 6 maggio 2016 - la Sezione si è già espressa su una controversia analoga e dunque nella presente sentenza vengono richiamati i principi ivi affermati, in quanto condivisi.

3. L’oggetto principale del giudizio è il decreto ministeriale indicato al punto 1 che precede, con il quale il Ministero della Sanità - nel disciplinare le procedure per la selezione degli aspiranti all’ammissione al corso triennale di formazione specifica in medicina generale per il triennio 2014/2017 - ha stabilito che venissero predisposte graduatorie regionali, in ciascuna delle quali l’ordine in graduatoria è dato dal punteggio ottenuto.

Gli appellanti sostengono che doveva invece essere predisposta una graduatoria unica nazionale, anche perché in tal modo si sarebbe consentito che il candidato idoneo - ma collocato in posizione non utile, in ragione del punteggio ottenuto, nella regione nella quale aveva sostenuto le prove –avrebbe potuto ottenere una utile collocazione in un’altra regione, nella quale il suo punteggio gli consentiva di sopravanzare altri candidati e di essere ammesso al corso.

Osserva al riguardo il Collegio che gli appellanti mirano ad una radicale modifica del sistema di ammissione, al fine di sopravanzare altri candidati, al momento non identificati, che non sono stati posti in condizione di contraddire.

Inoltre, in base alla stessa prospettazione degli appellanti, non può essere escluso che gli stessi siano sopravanzati da altri candidati che abbiano conseguito punteggi superiori, e quindi sia per loro impossibile – malgrado la proposizione dell’appello - ottenere il bene della vita al quale aspirano.

Peraltro, non rileva verificare l’ammissibilità dei gravami di primo e secondo grado, in ragione della infondatezza della pretesa, secondo quanto verrà esposto di seguito.

3.a. Come appena rilevato, il nucleo fondamentale dell’impugnazione è costituito dalla tesi secondo la quale l’impostazione su base regionale, anziché su scala nazionale, delle procedure di ammissione al corso triennale di formazione specifica in medicina generale per il triennio 2014/2017 ha comportato l’esclusione di candidati che avevano ottenuto un punteggio inferiore a quello necessario per superare la selezione nella propria regione, ma superiore a quello di candidati di altre regioni.

In tal modo – secondo gli appellanti - sarebbe stato trascurato il criterio del merito, si sarebbe concretizzata una disparità di trattamento e sarebbe stato frustrato il ‘diritto allo studio’ degli appellanti e degli altri candidati che si trovino in una analoga situazione.

Deve essere preliminarmente rilevato che le argomentazioni degli appellanti sono in gran parte formulate mediante richiami alla disciplina vigente in tema di ammissione a facoltà universitarie e scuole di specializzazione;
gli appellanti sostengono infatti che i principi elaborati in quei contesti, in base ai quali è stata affermata la necessità di condurre unitariamente le procedure di ammissione a quei corsi, sono espressione di esigenze rilevanti anche nella controversia in esame.

Al riguardo, deve essere rilevato che la Corte Costituzionale ha affermato univocamente la differenza fra i corsi di formazione specifica in medicina generale e i corsi universitari.

Con la sentenza 14 dicembre 2001, n. 406, la Corte ha infatti affermato che la formazione specifica in medicina generale costituisce una formazione post lauream , non di carattere universitario.

Allo stesso modo, il Consiglio di Stato, con la sentenza della Sez. V, 28 gennaio 2009, n. 465, ha affermato che il diploma di cui si tratta non consiste in una ‘specializzazione’, in quanto è conseguito all'esito di corsi organizzati ed attivati dalle regioni o dalle province autonome, e non dalle scuole di specializzazione delle facoltà universitarie di medicina e chirurgia, che sono diretti alla ‘formazione’ e non alla ‘specializzazione’ dei medici ai fini dell'esercizio dell'attività di medico chirurgo di medicina generale, nell'ambito del Servizio Sanitario Regionale.

Le due problematiche possono quindi essere accostate solo limitatamente.

Gli appellanti si sono manifestati consapevoli di tali differenze.

Essi infatti non hanno affermato che la disciplina di settore (art. 24 del d. lgs. 17 agosto 1999, n. 368, e art. 36 del d. lgs. 9 novembre 2007, n. 206, di attuazione di normativa comunitaria) esplicitamente imponga di gestire le ammissioni mediante graduatorie nazionali, ma deducono invece che la scelta contraria sarebbe irrazionale per le ragioni sopra sintetizzate (superamento del merito e illecita incisione delle posizioni dei più meritevoli).

L’irrazionalità della scelta sarebbe ulteriormente dimostrata dal fatto che le prove di esame sono le stesse in tutta Italia e si svolgono nella stessa giornata, così sottolineandosi l’unitarietà della procedura.

Ritiene la Sezione che tali deduzioni non risultano fondate, in quanto risultano condivisibili le esaurienti considerazioni svolte nella sentenza appellata.

Il Ministero ha voluto sottolineare il ruolo delle regioni, rilevando come «la formazione professionale di cui si discute è effettivamente e strettamente legata alla peculiarità del territorio», «tanto è vero che – nell’ambito dei corsi di formazione – vengono comunque affrontati argomenti e tematiche che, pur rispondenti a una comune radice formativa, sono tuttavia pur sempre riconducibili alle particolarità locali» (così la memoria difensiva, depositata nel corso del giudizio).

La rilevanza locale dei corsi di cui si tratta è dimostrata dal fatto che le borse di studio spettanti ai candidati ammessi sono a carico delle regioni e delle province autonome, alle quali è integralmente demandata l’organizzazione dei corsi.

Emerge così che – avendo il legislatore costruito il sistema sul riconoscimento della responsabilità, finanziaria e organizzativa, delle regioni e delle province autonome - la medesima impostazione è stata recepita nel decreto ministeriale impugnato in primo grado.

Il sistema è quindi costruito sulla base di:

a) criteri di ammissione, applicabili su tutto il territorio nazionale;

b) svolgimento decentrato delle prove di esame;

c) valutazione delle prove da parte di commissioni nominate localmente;

d) ammissione dei candidati ai corsi organizzati nella regione prescelta;

e) ruolo delle regioni nella definizione dei contenuti didattici, al fine di adattarli alle necessità locali (ad esempio, con l’approfondimento delle malattie localmente più diffuse).

Gli appellanti hanno evidenziato come il titolo professionale - conseguito al termine della procedura - non ha una valenza esclusivamente locale, poiché chi lo ha conseguito può utilizzarlo ovunque.

Peraltro, tale osservazione non è tale da infirmare la razionalità degli atti impugnati in primo grado.

La libera circolazione di coloro che abbiano superato le procedure dipende dai principi costituzionali, prima ancora che da quelli comunitari, sicché è del tutto insito nel sistema il fatto che una Regione compia sforzi finanziari ed organizzativi, mentre poi i relativi ‘risultati’ siano utilizzati altrove.

Legittimamente, quindi, è stata attribuita valenza esclusivamente locale alle graduatorie dei concorsi di ammissione.

La principale argomentazione deve, conclusivamente, essere respinta.

3.b. Quanto a tutte le successive censure, gli appellati hanno rappresentato che vi sarebbero stati errori procedimentali tali da imporre l’integrale ripetizione delle prove di concorso e quindi l’annullamento del titolo conseguito dai vincitori.

Si può prescindere dalle relative implicazioni processuali, poiché risultano infondate le censure dedotte, che sono già state respinte dal TAR con una adeguata ed articolata motivazione.

Gli appellanti in questa sede si sono limitati a ripetere le censure respinte dal TAR, senza esporre specifiche censure sui fondamentali passaggi della sua ratio decidendi .

L’appello si appalesa quindi inammissibile sotto questo aspetto.

Peraltro, va sottolineato - quanto alla prospettata erroneità di alcuni quesiti – che gli appellanti non hanno chiarito se la loro formulazione li abbia pregiudicati e, nel caso, in misura tale da precludere loro l’accesso al corso.

3.c. L’appellante dottor G D R chiede, in subordine, che venga dichiarata l’improcedibilità del gravame, in quanto ha frequentato e superato le prove fin qui sostenute, a seguito dell’ammissione disposta con i provvedimenti cautelari ottenuti nel corso del giudizio.

A suo avviso, il superamento delle prove renderebbe manifesta la sua idoneità alla partecipazione al corso, superando i dubbi iniziali sulla sua ammissione.

L’argomentazione non può essere condivisa.

In linea di principio il contenuto delle ordinanze cautelari del giudice amministrativo non può incidere sull’esito finale del giudizio, tranne i casi espressamente previsti dalla legge (v. ad es. l’art. 4, comma 2 bis, del d.l. n.115 del 2005, convertito con modificazioni nella legge n. 168 del 2005).

4. L’appello deve, in conclusione, essere respinto.

In considerazione della complessità delle questioni trattate, le spese del secondo grado possono essere integralmente compensate fra le parti.

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