Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-11-29, n. 202107928

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-11-29, n. 202107928
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202107928
Data del deposito : 29 novembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/11/2021

N. 07928/2021REG.PROV.COLL.

N. 03939/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3939 del 2021, proposto dalla società C. Astrale S.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati E P e M G R M, con domicilio eletto presso lo studio “Grez &
Associati” in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;

contro

il Comune di San Lro di Savena, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato B G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

della società Industrie Laterizi Brunori S.r.l., della società Dipierri Costruzioni S.r.l., della società Consorzio Cave Bologna (già società Granulati S.r.l.), della società Palazzi S.r.l., della società Cooperativa Costruzioni Soc. Coop in liquidazione coatta amministrativa, della società Demostene S.p.a., della società Città Metropolitana di Bologna, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, Sede di Bologna (Sezione Seconda), n. 93 del 9 febbraio 2021, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di San Lro di Savena;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2021 il consigliere M C e uditi per le parti gli avvocati Gianluigi Pellegrino, su delega dell’avvocato M G R M, e Giacomo Graziosi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’odierno giudizio ha ad oggetto la domanda di annullamento della deliberazione del Consiglio comunale del Comune di Savena, n. 7 del 12 febbraio 2015, con la quale è stata dichiarata la risoluzione dell’accordo ex art. 18, Legge Regione Emilia Romagna n. 20/2000, stipulato il 7 aprile 2011, e la decadenza del Piano operativo comunale (d’ora in avanti, “P.o.c.”), nella parte relativa al comparto “ANS.C.3 C-D –P.8”, nonché la domanda per il risarcimento dei danni scaturenti dal provvedimento asseritamente illegittimo, formulata dalla parte appellante.

2. Si riassumono, di seguito, i fatti salienti della vicenda in esame.

3. Con deliberazione del Consiglio comunale del 7 aprile 2009, n. 27, è stato approvato il Piano strutturale comunale (P.s.c.) del Comune di Savena, prevedendo, per l’attuazione degli interventi realizzabili sui suoli coinvolti nella controversia, il loro previo inserimento in un P.o.c., accompagnato da una convenzione, e la successiva approvazione di un Piano urbanistico attuativo (P.u.a.).

4. Dopo la pubblicazione di un avviso pubblico, un insieme di imprese, delle quali fa parte anche l’odierna parte appellante, proprietarie di aree che il P.s.c. aveva ricompreso fra quelle “ per nuovi insediamenti urbani – ANS ” e, segnatamente, fra quelle destinate a “ nuovi insediamenti secondo i criteri della perequazione, per funzioni prevalentemente residenziali ….”, in data 7 aprile 2011, hanno sottoscritto un accordo procedimentale ex art. 18 della Legge Regione Emilia Romagna n. 20/2000, preordinato all’attuazione del comparto “ANS.C3”.

5. In particolare, il suddetto accordo ha avuto ad oggetto “ la disciplina delle azioni da svolgere per l’attuazione degli obiettivi di interesse pubblico…nel primo P.o.c., mediante l’inserimento delle previsioni urbanistiche valutate positivamente in relazione all’assetto del territorio ” (cfr. art. 2).

5.1. In questo accordo sono stati esplicitati anche gli interventi da attuarsi nell’interesse pubblico, tra i quali venivano elencati la realizzazione di una sala polivalente destinata alla socialità del quartiere di 250 mq. da convenzionare, la costruzione di alloggi da dare in locazione per 8 anni (e poi vendere secondo le regole dell’edilizia convenzionata), la manutenzione ordinaria delle aree verdi e l’edificazione di un polo scolastico con relativa mensa, nonché di una palestra a scomputo degli oneri di urbanizzazione.

5.2. L’accordo prevedeva, inoltre, una dettagliata tempistica delle attività pubbliche e private da compiersi per l’attuazione della finalità concordata (art. 4) e che i soggetti attuatori, firmatari dell’accordo, si costituissero in un consorzio a rilevanza esterna (art. 4, comma 6).

6. In data 14 giugno 2011, è stata emanata la deliberazione n. 33, di adozione del P.o.c., mentre in data 20 dicembre 2011 è stata emanata la deliberazione n. 68 di approvazione del medesimo strumento urbanistico.

7. In data 3 maggio 2012, i soggetti attuatori hanno presentato la proposta di P.u.a. al Comune.

Il P.u.a., adottato con deliberazione di giunta comunale n. 49 del 18 aprile 2013, è stato definitivamente approvato con la deliberazione n. 25 del 27 febbraio 2014.

8. Il 10 ottobre 2013, la ricorrente e le altre imprese, al fine di adempiere alle obbligazioni assunte nell’accordo, costituivano il “Consorzio Palazzetti” nella forma giuridica del Consorzio di imprese con rilevanza esterna ex art. 2612 del c.c.

9. Il 10 marzo 2014, il Comune invitava i soggetti attuatori a sottoscrivere la convenzione urbanistica, entro il 31 marzo 2014.

10. Il 26 marzo 2014, i soggetti attuatori hanno domandato una proroga del termine per la stipulazione della convenzione, motivata dalla difficoltà di reperire le garanzie fideiussorie da presentare all’atto della firma dell’accordo.

11. Con la deliberazione n. 56 del 10 aprile 2014, la Giunta comunale ha fissato il termine per la stipula della convenzione urbanistica al 29 luglio 2014, espressamente qualificandolo come “termine ultimo”.

12. Con successiva nota del 10 luglio 2014, il presidente del Consorzio informava che erano state reperite garanzie dalla gran parte dei soggetti attuatori, per un ammontare di 11.117.648 €, lamentando la difficoltà a rilasciarle al completo, per l’insorgere di due eventi da reputarsi eccezionali e imprevedibili:

- l’ammissione dell’impresa C.e.s.i. alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico dell’8 luglio 2014;

- la mancata approvazione del P.u.a. comparto “AR.D.4 – P6” e l’impossibilità conseguente (visto il mancato riconoscimento di diritti edificatori) per la Società Granulati Bologna di prestare la fideiussione a favore del Consorzio per la parte di opere di sua competenza.

13. In data 25 luglio 2014 e 28 ottobre 2014, si sono tenuti due incontri fra i rappresentanti del Comune e quelli dei soggetti attuatori per tentare di trovare una soluzione alla situazione venutasi a creare.

14. Il 24 novembre 2014, veniva comunicato l’avvio del procedimento di decadenza del P.o.c., nella parte relativa al comparto “ANS.C.3 c-d P.8”.

15. Con la deliberazione consiliare del 12 febbraio 2015, n. 7, veniva pertanto dichiarato l’inadempimento, da parte dei soggetti attuatori del comparto (e del Consorzio dagli stessi costituito), degli obblighi dell’accordo ex art. 18 della legge regionale n. 20/2000 e delle prescrizioni recepite nel P.o.c., a causa dell’avvenuta decorrenza del termine ultimo del 29 luglio 2014, senza che fosse stata sottoscritta la convenzione urbanistica e fossero prestate le fideiussioni necessarie. Venivano, altresì, dichiarate la risoluzione dell’accordo e la decadenza del P.o.c. nella parte relativa al comparto “ANS.C.3 c-d P.8” e del relativo P.u.a..

16. L’interessata ha pertanto impugnato il suddetto provvedimento innanzi al competente T.a.r. per l’Emilia Romagna, sede di Bologna.

17. Con il primo motivo, l’interessata ha dedotto la nullità del provvedimento, perché il Comuna ha dichiarato unilateralmente l’inadempimento, in mancanza di una clausola risolutiva espressa e della notificazione di una diffida ad adempiere ai sensi dell’art. 1454 del c.c.

18. Con il secondo motivo, si è censurata la violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi, in quanto gli atti di autotutela devono essere espressamente e tassativamente previsti dal legislatore o dalle pattuizioni intercorse, e né l’accordo ex art. 18 né il P.o.c. e neppure lo schema di convenzione allegato al P.u.a. racchiudono previsioni qualificabili come decadenza sanzionatoria.

19. Con il terzo motivo, si è lamentata la violazione degli artt. 1337, 1338, 1374 e 1375 c.c. e l’abuso del diritto, in relazione alle ragioni invocate sulla mancata stipula della convenzione (e sul deposito delle fideiussioni), sulla mancata presentazione di proposte di stralcio delle urbanizzazioni, sulla rimodulazione del cronoprogramma, sulla tempistica della realizzazione del polo scolastico e sulla valutazione dell’interesse pubblico alla realizzazione del P.o.c. e del P.u.a.

20. Con il quarto motivo, si è dedotta la violazione del principio del contrarius actus .

21. Con il quinto motivo, si è censurato il provvedimento, in quanto a fronte della difficoltà a recuperare le fideiussioni, l’amministrazione aveva l’onere di valutare percorsi alternativi per attuare, anche per stralci, il Piano.

22. Si è proposta, infine, la domanda risarcitoria, argomentata sia per i profili del danno emergente che per quelli del lucro cessante.

23. Si è costituito in giudizio il Comune, formulando, in via pregiudiziale, un’eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse, in quanto, durante il corso del giudizio, l’amministrazione comunale ha approvato alcune modifiche urbanistiche, più restrittive, che avrebbero comunque impedito la realizzazione di quanto pattuito e domandando, nel merito, il rigetto del ricorso.

24. Con la sentenza n. 93 del 9 febbraio 2021, il T.a.r. per l’Emilia Romagna:

a) ha respinto l’eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse formulata dal comune, rilevando che la domanda risarcitoria formulata dalla parte radica l’interesse alla decisione del ricorso, ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a.;

b.1) ha respinto il primo motivo, evidenziando che “ la certezza dei tempi…è un elemento fondamentale dell’attività di pianificazione, e in questo contesto il termine per il perfezionamento dell’atto convenzionale può essere qualificato nella fattispecie come essenziale ”;

b.2) ha evidenziato che il termine può anche qualificarsi come “perentorio”, in considerazione della “ cornice pianificatoria presupposta ” e della “ lettura combinata delle norme pertinenti già esaminate ”;

b.3) ha rimarcato come tutta la scansione temporale della realizzazione delle opere, contenuta in diversi atti della pianificazione, non sia mai stata contestata dalle imprese facenti parte del Consorzio né in sede procedimentale né in quella giurisdizionale;

c) ha respinto il secondo motivo, perché la deliberazione impugnata non è inquadrabile tra gli atti della cd. “autotutela decisoria”, ma sarebbe esercizio della decadenza prevista in caso di mancato adempimento degli obblighi convenzionali nel termine prestabilito;

d) ha respinto il terzo motivo, perché:

d.1) le imprese attuatrici si sono aggregate in un Consorzio, il quale era tenuto ad adempiere le obbligazioni assunte da tutti i suoi membri;

d.2) la polizza fideiussoria offerta aveva un ammontare inferiore a quello pattuito, il che ha legittimato il rifiuto dell’adempimento parziale da parte del Comune;

d.3) l’Ente locale ha legittimamente esercitato una facoltà prevista dall’art. 10 delle n.t.a. del P.o.c., visto che la potestà di ripianificare era espressamente prevista nel caso di mancato rispetto degli impegni e dei tempi scanditi dal cronoprogramma;

d.4) approssimandosi il termine “ultimo” per la stipulazione della convenzione, le imprese componenti il Consorzio hanno espresso volontà differenti, ostacolando la possibilità di trovare una soluzione confacente agli interessi pubblici;

d.5) è irrilevante che il mancato adempimento fosse, in tesi, incolpevole, perché “ la ri-pianificazione... si correla all’inadempimento in sé, a prescindere dalla sua imputabilità alla parte ricorrente ”;

d.6) l’aver previsto tempi brevi per la stipulazione della convenzione e l’aver deciso di non rimodulare gli impegni intercorsi, optando per una de-pianificazione costituiscano legittime scelte discrezionali dell’ente;

d.7) ha ulteriormente ribadito ed illustrato le ragioni per le quali il termine fissato dal Comune per la stipulazione della convenzione dovesse ritenersi “essenziale”;

d.8) ha infine chiarito che l’attuazione per stralci costituisce un’ampia facoltà del Comune;

e) ha respinto il quarto motivo di ricorso, evidenziando che il potere esercitato dal Comune non costituisce un atto di secondo grado, ma esercizio di un (nuovo) potere mediante il quale si è espressa la scelta di “ abbandonare…la scelta pianificatoria adottata in precedenza… ”;

f) ha respinto l’ultimo motivo di ricorso, perché la deduzione circa l’onere di valutare percorsi alternativi per attuare, anche per stralci, il Piano non “ suscettibile di positivo apprezzamento, alla luce delle riflessioni sviluppate nei paragrafi che precedono ”;

g) ha respinto la domanda risarcitoria.

25. La società ricorrente ha impugnato la sentenza di primo grado.

26. Con il primo motivo di appello, si ripropone criticamente il primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio, evidenziandosi che la risoluzione dell’accordo unilateralmente dichiarata dal Comune non troverebbe titolo in alcuna delle norme civilistiche relative alla risoluzione, tanto più che, nel caso di specie, non vi sarebbe alcun inadempimento colpevole delle società consorziate.

Con dovizia di argomentazioni, si insiste sulla natura non essenziale del termine fissato per la stipulazione della convenzione urbanistica, sul mancato perseguimento degli interessi pubblici da parte dell’amministrazione comunale che, con l’atto impugnato, avrebbe impedito la realizzazione di un progetto il cui rilievo per il pubblico interesse non era circoscritto alla sola realizzazione del Polo scolastico, ma contemplava anche ulteriori interventi di riqualificazione dell’abitato di Idice e sul fatto che l’art. 4, comma 4, dell’Accordo ex legge regionale n. 20/2000 contemplerebbe un’unica fattispecie di risoluzione di diritto, con presupposti diversi da quelli individuati dal Comune e consistenti nel “ mancato esatto recepimento dei suoi contenuti nel POC ”.

Ci si duole, inoltre, che il TAR non avrebbe nemmeno valutato correttamente i documenti che riguardavano le tempistiche connesse alla realizzazione del Polo Scolastico.

27. Con il secondo motivo di appello, si censura la sentenza per aver respinto il secondo motivo di ricorso, con il quale si era lamentata la violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi e delle regole sull’autotutela decisoria e, in particolare, di quelle in materia di revoca ai sensi dell’art. 21 quinquies, legge n. 241/1990.

Si assume, in proposito, che non potrebbe sostenersi che la facoltà di ripianificare in mancanza di stipula della convenzione comporti anche il potere di dichiarare unilateralmente risolto l’Accordo e decaduto il P.o.c.: non sarebbe chiaro, per parte appellante, se il potere in questione configurerebbe un potere di pianificazione o una decadenza sanzionatoria.

Secondo parte appellante, l’interpretazione che la sentenza fornisce dell’art. 10 della n.t.a. configurerebbe un potere amministrativo arbitrario e svincolato da ogni limite in violazione dei principi di legalità e tipicità dei provvedimenti amministrativi.

28. Con il terzo motivo di appello, si impugna la sentenza per non aver adeguatamente tenuto conto delle ulteriori motivazioni formulate per censurare il provvedimento impugnato, che si possono compendiare come segue.

In primo luogo, si censura la sentenza per non aver adeguatamente motivato sull’impegno delle società coinvolte nell’attività di pianificazione, sia con riferimento all’adempimento di alcuni degli obblighi discendenti dall’accordo e sia con riferimento alla quota di garanzie già prestate.

Si insiste poi sull’erroneità del capo della sentenza che ha dichiarato l’essenzialità del termine del 24 luglio 2014, trattandosi di termine fissato non dalla comune volontà delle parti, ma in una scheda di un atto urbanistico, e considerato, altresì, che soltanto pochi mesi prima era stata concessa una proroga del termine precedentemente fissato e si era ribadito l’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera.

La sentenza viene altresì censurata per non aver accolto la doglianza deducente l’illegittimo esercizio della discrezionalità amministrativa, relativamente alla scelta di non rimodulare per stralci l’attuazione del progetto.

Viene poi gravata quella statuizione della sentenza che ha escluso la sussistenza dell’abuso del diritto da parte dell’amministrazione comunale.

29. Con il quarto motivo di appello, l’appellante impugna la sentenza di primo grado per non aver ravvisato la violazione dell’art. 34 della legge regionale n° 20/2000 e s.m.i., in quanto il provvedimento impugnato ha modificato il P.o.c. di San Lro di Savena, senza seguire l’iter normativo previsto da tale disposizione normativa.

30. Con il quinto motivo di appello, si grava la sentenza per riproporre, criticamente rispetto ad essa, il quinto motivo del ricorso di primo grado, con il quale si è contestata la violazione dell’art. 28, comma 7°, legge n° 1150/1942.

Per parte appellante, il Comune aveva il dovere di valutare in contraddittorio con i privati se attuare per stralci funzionali la pianificazione attuativa già approvata, senza disporre del potere di decidere unilateralmente. Insomma, “ il Comune aveva l’onere di vagliare vie alternative e non poteva limitarsi a risolvere l’Accordo e fare decadere il P.o.c. ”.

31. Viene infine riproposta, dettagliatamente, la domanda risarcitoria, argomentandosi ampiamente sia relativamente ai presupposti della fattispecie sia relativamente ai profili di danno.

32. Si è costituito in giudizio il Comune, resistendo all’appello, proponendo appello incidentale sul capo della sentenza che ha respinto l’eccezione pregiudiziale di improcedibilità del ricorso.

33. In proposito, l’amministrazione deduce che l’ente ha dato attuazione alla nuova legge regionale in materia urbanistica, che prevede, in attuazione della finalità che vieta il consumo del suolo, l’inedificabilità di molte delle aree del territorio comunale.

Benché questa legge desse modo all’ente di decidere se mantenere comunque ferme le scelte pianificatorie già deliberate, l’amministrazione comunale ha salvato soltanto parte della pianificazione previgente nella quale non rientra, tuttavia, quella interessata dall’accordo ex art. 18 legge regionale (e dai successivi atti di pianificazione) e rispetto alla quale si è incardinato il presente giudizio.

Secondo il Comune, “ la situazione urbanistica attuale preclude ex se l’attuazione del Comparto per cui è causa ”.

34. Le parti hanno depositato ulteriori scritti difensivi.

35. All’udienza del 7 ottobre 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.

36. In via preliminare, va dichiarata la parziale inammissibilità della memoria difensiva depositata dal Comune in data 6 settembre 2021, per la violazione dell’art. 13-ter, comma 5, disp. att. c.p.a. e delle norme del Decreto del Presidente del Consiglio di Stato, del 22 dicembre 2016 n. 167, sui limiti dimensionali degli scritti difensivi.

36.1. La memoria difensiva, depositata in data 6 settembre 2021, supera infatti le 70 pagine, mentre, indicativamente, e con le esclusioni previste dall’art. 4 del richiamato decreto (ad es., intestazione, epigrafe, oggetto, etc.), in base alla normativa su richiamata il limite massimo è contenuto entro le 35 pagine.

36.2. Giova evidenziare che, a mente dell’art. 6, comma 2, del Decreto, la parte che, per le esigenze difensive di cui all’art. 5, comma 1, necessiti di esporre le sue argomentazioni difensive, debordando dai limiti dimensionali degli atti processuali, individuati dall’art. 3, deve domandare un’apposita autorizzazione, formulando, a tale fine, istanza motivata “in calce allo schema di ricorso”.

36.3. La valutazione dei presupposti individuati dall’art. 5 del Decreto spetta al Presidente del Consiglio di Stato, del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, del Tribunale amministrativo regionale, del Tribunale regionale di giustizia amministrativa – sezione autonoma di Trento o di Bolzano, o al magistrato a ciò delegato, i quali si pronunciano con decreto.

36.4. La medesima istanza, che, di regola, andrebbe proposta in via preventiva, può “per gravi e giustificati motivi”, essere presentata in via successiva, ossia a superamento dei suddetti limiti già avvenuto, ed essere decisa dal Giudice della controversia.

36.5. Nella vicenda in esame, tuttavia, in nessun atto di causa dell’interessata è stata formulata la suddetta istanza.

37. In via gradata, va poi decisa l’eccezione pregiudiziale dedotta dal Comune appellato, ritualmente reiterata con l’appello incidentale.

37.1. In disparte ogni statuizione sull’ammissibilità dell’eccezione, dedotta, in primo grado, soltanto con la memoria del 6 settembre 2021, il Collegio osserva che essa è infondata.

37.2. Come correttamente statuito dal T.a.r., la proposizione della domanda risarcitoria, da parte della società appellante, radica e fa permanere l’interesse alla decisione del gravame proposto.

37.3. L’eccezione va pertanto respinta.

38. Può ora procedersi all’esame delle questioni di merito articolate dall’appellante.

39. Le doglianze articolate nell’atto di appello sono infondate.

40. Giova muovere da una considerazione di carattere preliminare.

40.1. Che nella prospettiva dell’amministrazione il termine di stipulazione della convenzione accessiva al P.u.a. rivesta una sua importanza può agevolmente trarsi dalla formulazione letterale dell’art. 10 n.t.a. del P.o.c., senza alcuna necessità di richiamare categorie civilistiche o processual-civilistiche.

40.2. La disposizione appena richiamata prevede infatti che, “ Qualora la stipula della convenzione non avvenga entro i termini indicati negli accordi ex art. 18 sottoscritti e/o nelle schede, l’Amministrazione Comunale ha la facoltà di ripianificare il comparto, rimandando l’attuazione ad un successivo POC ”.

40.3. La norma in questione attribuisce all’“amministrazione comunale” il potere di “ripianificazione” e lo àncora all’accadimento della mancata stipulazione della convenzione accessiva al P.u.a., entro i termini indicati dall’accordo ex art. 18 o dalla schede del P.o.c.

40.4. Conseguentemente, in caso di mancata tempestiva stipulazione della convenzione accessiva al P.u.a., il Comune dispone di un potere discrezionale (la “ facoltà ” di cui parla la norma; recte , per dirlo con un’appropriata tecnica di redazione normativa, il “ potere ” o la “ potestà ”, trattandosi di atto unilaterale autoritativo e non già del contenuto del diritto soggettivo) che gli consente di sottrarsi da quegli “impegni” scaturenti dall’avvenuta pianificazione, a livello di comparto.

40.5. Questo è, dunque, il significato da attribuirsi all’espressione “ ripianificare il comparto ”.

41. Sulla base di questa premessa, vanno dichiarate infondate le doglianze, variamente articolate, volte a censurare l’assenza di un potere di intervento comunale sulla pianificazione già intercorsa fra le parti, perché, come innanzi, va rimarcato che il potere in questione trova il suo fondamento nel richiamato art. 10 n.t.a. del P.o.c.

41.1. Il relativo motivo di censura va pertanto respinto.

42. Va poi respinta la censura con la quale ci si duole della violazione delle forme del procedimento di pianificazione urbanistica e, più in generale, delle regole dell’autotutela decisoria o del principio del contrarius actus .

42.1. Giova nuovamente richiamare il contenuto dell’art. 10, comma 1, delle n.t.a. del P.o.c.

42.2. La norma prevede non soltanto il potere di “ ripianificare il comparto ”, poiché soggiunge, collegandolo a tale potere, che tale potestà ripianificatoria potrà essere esercitato “ rimandando l’attuazione ad un successivo POC ”.

42.3. Essa attribuisce all’amministrazione comunale un potere di ri-pianificazione che può estrinsecarsi non soltanto immediatamente, ma anche attraverso una modalità soprassessoria, mediante la quale il Comune si “riserva” la futura attuazione del comparto con “ un successivo POC ”.

Insomma, in base alla norma in questione, verificatosi il presupposto cui è ancorato il potere, se sceglie di avvalersi di tale potere, il Comune non deve necessariamente procedere immediatamente alla ri-pianificazione del comparto, poiché l’ente può limitarsi ad esprimere questa scelta “ rimandando l’attuazione ad un successivo POC ”.

42.4. Si ritiene, dunque, che il provvedimento emanato dal Comune ha un suo fondamento e risulta coerente con la previsione astratta che di tale fondamento costituisce il presupposto.

43. Quanto all’impiego dei termini “risoluzione” e “decadenza”, da parte del provvedimento comunale, per indicare le conseguenze scaturenti dall’esercizio del potere di ripianificazione di cui all’art. 10 n.t.a. del P.o.c., esso si comprende in ragione della disciplina ivi prevista, che non esplicita quali sono le conseguenze discendenti dall’esercizio della potestà di ri-pianificazione, in particolar modo allorché essa venga esercitata con tale peculiare modalità soprassessoria.

43.1. Nondimeno, l’impiego dei termini in questione si stempera, in ultima analisi, in una questione puramente nominalistica, che non incide sulla portata degli effetti giuridici promananti dal provvedimento emanato.

43.2. Quest’ultimo risulta preordinato all’estinzione della precedente pianificazione, per consentire una nuova pianificazione del comparto, immediatamente oppure quando l’amministrazione comunale lo riterrà opportuno. Quel che va ulteriormente puntualizzato è che, per come è formulato l’art. 10 n.t.a. del P.o.c., l’esercizio di un simile potere consente di fare tabula rasa dei precedenti atti e strumenti urbanistici preordinati all’attuazione del comparto.

43.3. La doglianza relativa all’insussistenza di un potere di decadenza va pertanto respinta.

44. In base alle considerazioni sin qui esposte sono altresì da respingere tutte le censure concernenti la questione sulla natura “essenziale” o “perentoria” del termine, che risultano completamente inconferenti rispetto alla decisione del presente giudizio, non rivestendo né l’una né l’altra alcuna rilevanza rispetto al potere concretamente esercitato e alla sua fonte “astratta”.

44.1. Il Comune non si è avvalso di alcun termine essenziale, poiché ha esercitato il potere attribuitogli dall’art. 10 n.t.a. del P.o.c., e, di conseguenza, perdono di rilievo le deduzioni relative all’imputabilità o meno del mancato adempimento della stipulazione della convenzione nei termini previsti dagli strumenti di pianificazione urbanistica.

44.2. Parimenti, la dissertazione circa la natura perentoria o meno del termine, fissato in un primo momento nella scheda prescrittiva del P.o.c. e poi con il provvedimento che ha accolto la richiesta di proroga, non riveste alcun rilievo pratico ai fini della decisione del presente giudizio, ove si muova – come il Collegio ritiene debba farsi – dal tenore letterale della norma di cui all’art. 10, comma 1, delle n.t.a. del P.o.c.

44.3. In base a quanto ivi previsto, verificatosi il fatto della mancata stipulazione della convenzione nel termine fissato dall’accordo ex art. 18 legge regionale o dalle schede (prescrittive del P.o.c.), ne consegue il venire ad esistenza nella sfera giuridica del Comune di un potere ampiamente discrezionale di scelta sul se (e quando) “ripianificare” o meno il “comparto”.

45. Analogamente, vanno respinte quelle doglianze relative all’asserito illegittimo esercizio della discrezionalità amministrativa, poiché le ragioni giustificatrici addotte dall’ente per motivare la scelta di procedere ad una nuova pianificazione del comparto, piuttosto che avvalersi di una rimodulazione degli interventi o dei tempi di loro attuazione, da un lato, non risultano manifestamente irragionevoli, illogiche o viziate da travisamento dei fatti, difetto dei presupposti o dell’istruttoria e, dall’altro, si profilano congruamente e sufficientemente motivate in considerazione della necessità del perseguimento di tempi certi nell’attività di pianificazione e dei dissidi venutisi a creare fra le diverse imprese componenti il consorzio e ampiamente documentati in atti.

45.1. Relativamente all’esercizio del potere previsto dall’art. 10 N.t.a. del P.o.c., va soggiunto che, rispetto alla scelta dell’amministrazione, la questione relativa alla tempistica di realizzazione del polo scolastico ha costituito soltanto una delle plurime ragioni giustificatrici che hanno portato alla decisione dell’amministrazione.

45.2. Nelle articolate motivazioni poste a sostegno della decisione si legge che la scelta di optare comparto è dipesa dalla situazione di incertezza scaturita dal mancato rispetto dei termini scanditi nell’accordo e negli altri atti della procedura, dal dissidio – ampiamente documentato negli atti del processo – venutosi a creare fra le imprese costituenti il consorzio, circa le soluzioni alternative da adottare per l’attuazione del comparto, e, infine, dalla ritenuta opportunità, da parte dell’ente, di evitare “il protrarsi di una situazione di incertezza”.

45.3. Emerge poi dagli atti di causa che, malgrado le affermazioni esternate dalla compagine politica che è poi subentrata alla guida dell’amministrazione comunale, l’ente, successivamente alla scadenza del 29 luglio 2014, ha comunque tentato di individuare, unitamente alle imprese costituenti il consorzio, delle soluzioni alternative praticabili per attuare il comparto edilizio, non trovandole per la menzionata diversità di opinioni ingeneratasi fra le imprese medesime. Ciò esclude la possibilità di rinvenire il vizio di sviamento di potere, rispetto al provvedimento impugnato.

46. Nessun rilievo assume nell’odierna vicenda il richiamo all’art. 1, comma 3, della convenzione accessiva al P.u.a.

Sul punto, si evidenzia l’infondatezza della doglianza, che basa la contestazione dell’illegittimità dell’operato del Comune su una disposizione che attiene ad una convenzione che non si è perfezionata, proprio a causa della mancata sottoscrizione della parte che poi intenderebbe avvalersene, richiamandone i contenuti nel presente processo.

47. Non incide sull’esercizio del potere neppure la deduzione relativa alla vicenda della mancata approvazione del P.u.a. relativo al “comparto Granulati”.

47.1. In primo luogo, e il rilievo riveste carattere assorbente, l’art. 10 n.t.a. del P.o.c. non presuppone, affinché il Comune possa esercitare il potere ivi disciplinato, altro requisito che non sia la mancata stipulazione nei termini della convenzione accessiva al piano attuativo.

Né un ipotizzato comportamento contrario a buona fede e correttezza, che l’appellante assume, in tesi, essersi verificato a scapito dei suoi interessi, può costituire un canone di giudizio della legittimità del provvedimento amministrativo, perché, secondo il tradizionale orientamento della giurisprudenza, la violazione di regole di condotta non incide sulla legittimità di un atto giuridico.

47.2. In secondo luogo, che la società Granulati non sia riuscita a prestare la garanzia richiesta per la stipulazione della convenzione a causa della mancata approvazione del piano attuativo costituisce una petizione di principio indimostrata.

47.2.1. Quand’anche comprovata, tale circostanza non assumerebbe comunque rilievo per due differenti ordini di ragioni.

47.2.2. Il primo è che i tempi del procedimento di approvazione del P.u.a. Granulati potevano essere compulsati dall’interessato con l’esperimento delle consuete azioni a tutela del rispetto della tempistica procedimentale.

47.2.3. Il secondo è che il perfezionamento dell’operazione riguardante il comparto Palazzetti non risulta giuridicamente collegato al perfezionamento dell’iter amministrativo concernente il comparto Granulati, sicché il legame che avvince i due procedimenti non ha carattere giuridico, ma di mero fatto, cosicché sugli obblighi assunti dalle parti nell’uno non rilevano le circostanze e gli accadimenti verificatisi nell’altro.

47.3. Il motivo di censura va pertanto respinto.

48. Dalla reiezione della domanda di annullamento, discende la reiezione di quella risarcitoria, poiché vengono a mancare alcuni dei suoi presupposti: l’illegittimità del provvedimento gravato e la correlativa spettanza del bene della vita (Cons. Stato, Sez. II, 4 gennaio 2021, n. 90;
Sez. IV, 10 agosto 2020, n. 4990).

48.1. Ad ogni modo, il Collegio ritiene utile evidenziare che, persino nell’ipotesi in cui fosse stata accolta la domanda di annullamento, la domanda risarcitoria sarebbe comunque risultata infondata, in quanto non sarebbe risultato sussistente un comportamento colpevole dell’amministrazione.

48.1.1. Infatti, la presente vicenda, in sé particolarmente complessa (è già questo rilievo è sufficiente ad escludere la colpa dell’amministrazione), è stata originata, comunque, da un mancato adempimento, scaturente dalla mancata prestazione delle garanzie richieste, da parte delle società coinvolte nell’attuazione del comparto (e tale seconda circostanza conferma viepiù l’assenza di colpa, quand’anche sussistessero gli altri presupposti dell’illecito), e, ad ogni modo, dalla rilevante complessità del fatto (Cons. Stato, Sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2499).

48.2. In definitiva, l’appello va respinto.

49. Le spese del secondo grado seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, tenuto conto, da un lato, del valore della controversia e, sul versante opposto, della violazione del canone di sinteticità degli atti del processo sancito dall’art. 3 c.p.a., da parte della difesa del Comune.

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