Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-04-22, n. 201402009

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-04-22, n. 201402009
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201402009
Data del deposito : 22 aprile 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02075/2009 REG.RIC.

N. 02009/2014REG.PROV.COLL.

N. 02075/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2075 del 2009, proposto dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) – quale amministratore della Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti – rappresentato e difeso dagli avvocati G F, V S e P T e presso i medesimi domiciliato in Roma, via Cesare Beccaria 29;

contro

Arch Legno S.p.A., rappresentata e difesa dagli avvocati M M e G V, con domicilio eletto presso l’avv. Fulvio Zardo in Roma, via C. Mirabello N.17;

per la riforma della sentenza del T.A.R. MARCHE – ANCONA, SEZIONE I, n. 00204/2008, resa tra le parti, concernente rigetto di un’istanza di integrazione salariale ordinaria;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Arch Legno S.p.A.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 marzo 2014 il Cons. Gabriella De Michele e udito per la parte appellante l’avv. Coretti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Con sentenza del Tribunale Amministrativo regionale per le Marche, Ancona, sez. I, n. 204/08 del 26.3.2008 (che non risulta notificata) veniva accolto il ricorso proposto dall’Impresa Arch Legno s.p.a. avverso i seguenti provvedimenti:

- n. 248 del 29.3.2006 del Comitato amministratore della gestione per le prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, recante reiezione della domanda di integrazione salariale ordinaria;

- richiesta in data 14.6.2006 di restituzione di importo conguagliato e pagamento sanzioni;

- reiezione della domanda di proroga dell’integrazione salariale ordinaria, emessa in data 21.6.2006 dalla Commissione provinciale C.I.G. di Ascoli Piceno.

Nella citata sentenza si ricordava come l’ammissione alla cassa integrazione guadagni fosse stata in un primo tempo accolta e poi resa oggetto delle misure sopra indicate, in quanto corrispondente ad una interruzione della produzione causata il 20.2.2005 da un incendio, non doloso né riconducibile a responsabilità dell’azienda, pur essendo quest’ultima priva del prescritto certificato di prevenzione (richiesto in passato, ma scaduto nel 1992). Nella medesima sentenza si rilevava che il mancato rinnovo del certificato non avrebbe di per sé reso l’evento imputabile all’impresa, dovendo ritenersi l’evento stesso riconducibile, plausibilmente, ad autocombustione di un macchinario ed alla presenza di punti di innesco, in un periodo, tuttavia, in cui non erano ancora decorsi i termini assegnati dal Comando dei Vigili del Fuoco di Ascoli Piceno per effettuare la messa in sicurezza degli impianti;
in tale contesto la mera constatazione del mancato rinnovo del certificato antincendio non avrebbe fornito, di per sé, adeguato riscontro della responsabilità dell’imprenditore, in assenza di più analitici accertamenti.

Avverso la pronuncia sopra sintetizzata è stato proposto dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) – quale amministratore della Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti – l’atto di appello in esame (n. 2075/09, notificato il 24.2.2009), sulla base del seguente, articolato motivo di gravame: violazione o falsa applicazione dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241 ( Norme in materia di procedimento amministrativo ), in relazione all’art. 1 della legge 20.5.1975, n. 164 ( Provvedimenti per la garanzia del salario , riservati ai dipendenti di imprese industriali). Secondo l’Ente appellante, nella pronuncia di primo grado non si sarebbe tenuto conto dei principi – rigidamente fissati dalla norma – di transitorietà e non imputabilità all’imprenditore della sospensione o riduzione dell’attività produttiva, idonee a consentire l’ammissione alla cassa integrazione guadagni.

Nel caso di specie, i provvedimenti impugnati conterrebbero tutti gli elementi (fattuali e logico-giuridici), per comprendere il corretto iter valutativo degli organi competenti, che avevano rilevato come il mancato rinnovo del certificato prevenzione incendi fosse dipeso dall’inottemperanza della società interessata alle prescrizioni dei Vigili del Fuoco, con particolare riguardo alle circostanze indicate nel verbale di accertamento n. 24/2004 del 18.3.2004 (omessa predisposizione di mezzi di estinzione idonei, nonché opportune attestazioni di idoneità a norma dei macchinari). La sospensione dei lavori sarebbe stata dunque determinata da un inadempimento colpevole dell’imprenditore, che non avrebbe, di conseguenza, avuto titolo per accedere al beneficio richiesto. Il fatto che fosse stata accordata dai Vigili del Fuoco un termine, per provvedere agli adeguamenti richiesti potrebbe infatti avere rilevanza al fine di evitare sanzioni amministrative o penali, ma non escluderebbe l’imputabilità all’imprenditore della sospensione dell’attività produttiva. Costituirebbe ulteriore prova di negligenza, inoltre, il fatto che il macchinario, la cui autocombustione era stata presumibile causa dell’incendio, fosse in funzione in un giorno festivo.

La società Arch Legno, costituitasi in giudizio, sottolineva la scarsa entità delle inadempienze, rilevate dai Vigili del Fuoco nel sopralluogo del 23 marzo 2004, tanto da rendere possibile l’assegnazione del termine di 180 giorni per provvedere agli adempimenti richiesti. Gli stessi Vigili del Fuoco avevano peraltro accertato, dopo il verificarsi dell’incendio, che le prescrizioni più urgenti risultavano ottemperate, quanto meno nei reparti rimasti integri. Il funzionamento del macchinario in un giorno festivo dimostrerebbe, contrariamente a quanto affermato da controparte, che lo stesso era ritenuto pienamente affidabile;
i provvedimenti emessi dall’INPS, inoltre, sarebbero stati assolutamente carenti di motivazione.

Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che l’appello sia meritevole di accoglimento.

La disciplina normativa dettata in materia di cassa integrazione (CIG), infatti, non può che ritenersi di stretta interpretazione, tenuto conto delle finalità sociali e assistenziali dell’istituto e dell’impiego al riguardo di risorse pubbliche, ad attenuazione del rischio di impresa. In tale ottica il contributo presuppone una situazione di temporanea crisi aziendale, non riconducibile a responsabilità dell’imprenditore e rimessa alla valutazione discrezionale, sotto tale profilo, dell’Amministrazione competente. La norma basilare dettata in materia (art. 1 della legge 20.5.1975, n. 164) – nel riferirsi a “situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all’imprenditore o agli operai” – implica l’assoluta estraneità dell’evento rispetto alla sfera psichica dei soggetti interessati, sotto il profilo sia della prevedibilità dell’evento stesso che della responsabilità, con sostanziale riconduzione dell’applicazione della norma a situazioni di forza maggiore;
i fatti che abbiano causato una contrazione o una sospensione dell’attività di impresa debbono peraltro risultare estranei anche alla sfera di responsabilità di soggetti diversi dall’imprenditore, cui possa essere riferita, a titolo risarcitorio, la responsabilità dell’evento interruttivo e la riparazione delle conseguenze patrimoniali pregiudizievoli (cfr. in tal senso, fra le tante, Cass. civ., sez. lav., 20.11.1986, n. 6872, 16.12.1986, n. 7572, e 10.4.2002, n. 5101;
Cons. St., sez. VI, 22.11.2010, n. 8130, 21.12.1990, n. 1069 e 23.2.2011, n. 1131).

Nel caso di specie il provvedimento dell’Ente previdenziale risulta sufficientemente motivato, in quanto il mancato possesso – da parte della ditta interessata – del certificato di prevenzione incendi (scaduto nel 1992, ovvero circa tredici anni prima che si verificasse l’evento produttivo di danno) non può non essere di per sé considerato causa idonea a concretizzare una responsabilità a carico dell’azienda. La documentazione in atti, proveniente dal Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Ascoli Piceno, dimostra peraltro la sussistenza di diverse carenze, tali da richiedere tempi piuttosto lunghi (180 giorni) perché gli impianti potessero ottenere la certificazione di cui si discute, di modo che – pur ammettendo l’intervenuta attivazione dell’imprenditore, al fine di operare per il futuro a norma di legge – deve anche riconoscersi come lo stesso avesse consentito per anni che un’attività, inerente alla lavorazione di materiale infiammabile, avesse luogo in assenza della prescritta certificazione di sicurezza e senza che tutti gli impianti risultassero a norma sotto il profilo in esame.

Non appare irrilevante, inoltre, il verificarsi dell’evento in un giorno festivo, in cui i macchinari risultavano in funzione senza la presenza di personale: tale circostanza non introduce – come sostiene l’appellante – alcuna allusione alla natura dolosa (già esclusa in sede penale) dell’evento stesso, ma consente di sollevare ulteriori dubbi sulla prudenza dell’imprenditore, che, pur non avendo ancora terminato le operazioni di completa messa in sicurezza degli impianti, ne consentiva comunque l’utilizzo anche in condizioni di diminuita sorveglianza.

Il Collegio ritiene, in conclusione, che l’ammissione alla CIG non potesse nella fattispecie ritenersi conforme alla formulazione letterale, nonchè alle finalità della normativa in esame, con conseguente sussistenza dei presupposti per la legittima emanazione del provvedimento impugnato.

L’appello deve quindi essere accolto, con le conseguenze precisate in dispositivo;
quanto alle spese giudiziali, tuttavia, il Collegio stesso ne ritiene equa la compensazione, tenuto conto delle peculiarità della vicenda in esame.

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