Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2017-05-02, n. 201702012

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2017-05-02, n. 201702012
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201702012
Data del deposito : 2 maggio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/05/2017

N. 02012/2017REG.PROV.COLL.

N. 06402/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6402 del 2016, proposto dall’Università degli studi di Roma "La Sapienza", in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Il signor P F, rappresentato e difeso dall'avvocato L P, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, largo Amilcare Ponchielli, 6;

nei confronti di

La signora R T, rappresentata e difesa dagli avvocati F A S, A R, R V e G P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G P in Roma, via Bocca di Leone, 78;
i signori D C, L F P, Domenico Siclari, Claudio De Flores, C B M, A B, P A ed A S, non costituiti in giudizio;
il signori F V, L V, C G, rappresentati e difesi dagli avvocati F A S, A R e R V, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F A S in Roma, Foro Traiano, 1/a;
la signora E T, rappresentata e difesa dagli avvocati R I e Diego Vaiano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Diego Vaiano in Roma, Lungotevere Marzio 3;
il signor A L, rappresentato e difeso dall'avvocato F S M, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via di Villa Sacchetti, 9;
il signor Bruno Romano, quale presidente della commissione giudicatrice, non costituitosi in giudizio;
il signor C S M, rappresentato e difeso dagli avvocati A Z e S V, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A Z in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina, 26;
la signora M V F, rappresentata e difesa dagli avvocati Eugenio Picozza e S V, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Eugenio Picozza in Roma, via di San Basilio, 61;

per l’annullamento ovvero la riforma

previa adozione di misure cautelari

della sentenza del TAR Lazio, sede di Roma, sezione III, 14 luglio 2016, n. 8144, resa fra le parti, concernente l’annullamento degli atti della procedura selettiva indetta con decreto 30 dicembre 2011, n. 4776, del Rettore dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza” per la copertura di posti di professore di II fascia, limitatamente alle posizioni previste per le scienze giuridiche, area CUN 12;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori P F, R T, F V, E T, A L, C S M e M V F;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 marzo 2017 il Cons. F G S e uditi per le parti l’avvocato dello Stato F B e gli avvocati L P, F A S, F S M, A Z, S V, G P e R I;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il decreto del Rettore 4776/2011 indicato in epigrafe, l’Università di Roma “La Sapienza” ha indetto una “procedura selettiva per la copertura di posti di professore universitario di ruolo di seconda fascia, da coprire mediante “chiamata”, ai sensi dell’art. 29, comma 9, della l. 30 dicembre 2010, n. 240.

Il bando prevedeva di coprire, fra le altre, cinque posizioni dell’area CUN 12, corrispondente alle “Scienze giuridiche”, con la procedura, prevista in via generale per tutte le posizioni, che ora si delinea nei tratti essenziali.

All’art. 2, il bando indicava cinque categorie di soggetti ammessi a partecipare alla procedura, ovvero i soggetti già dichiarati idonei in procedure per la seconda fascia, indette ai sensi della l. 3 luglio 1998, n. 210;
i professori di seconda fascia già in servizio presso altri atenei alla data di entrata in vigore della l. 240/2010;
gli studiosi stabilmente impegnati all’estero in attività di insegnamento o di ricerca in posizione equipollente secondo la normativa in materia;
gli studiosi già in possesso dell’abilitazione per la prima o la seconda fascia e i vincitori dei programmi di ricerca di alta qualificazione finanziati dall’Unione europea o dal MIUR.

All’art. 4, il bando prevedeva che, per ognuna delle aree CUN di appartenenza delle posizioni da assegnare, si costituisse una commissione giudicatrice, composta da “cinque professori di prima fascia di diverso settore scientifico disciplinare”, incaricata di “verificare il possesso dei requisiti di produttività scientifica complessiva” e di “operare la selezione in relazione ai posti disponibili per ciascuna area”.

Agli artt. 5, 6 e 7, il bando prevedeva di conseguenza che, entro un termine assegnato, la commissione procedesse a redigere una “relazione finale” con il giudizio su ogni candidato che soddisfacesse i requisiti di produttività scientifica richiesti;
prevedeva poi l’approvazione degli atti della commissione con apposito decreto del Rettore.

All’art. 7 comma 3, il bando prevedeva ancora le modalità di “chiamata del candidato che ha superato la selezione”, operata dal “dipartimento di afferenza”, ovvero dal dipartimento presso il quale il candidato sarebbe in concreto andato ad insegnare.

Al successivo art. 8 il bando prevedeva infatti che il dipartimento si esprimesse “previo seminario pubblico” con una proposta di chiamata del candidato approvata a maggioranza assoluta, ovvero con un motivato apprezzamento negativo sulla chiamata stessa, e che alla proposta favorevole seguisse poi l’assunzione, previa verifica della copertura finanziaria (per tutto ciò, si veda il bando citato, doc. 2 in primo grado ricorrente appellato).

La commissione relativa all’area CUN 12 era nominata con decreti del Rettore 25 maggio 2012, n. 1688, e 19 novembre 2012, n. 4076 (doc. ti 6 e 7 in primo grado dell’originario ricorrente).

La commissione nominata approvava quindi il giorno 14 dicembre 2012 una relazione riassuntiva, nella quale, in sintesi, ripartiva i candidati “in possesso dei requisiti minimi di partecipazione” in tre elenchi, denominati “elenco A”, “elenco B” ed “elenco C”.

Nell’elenco A, la commissione inseriva cinque candidati con un giudizio di eccellenza, corrispondenti alle cinque posizioni da ricoprire, ovvero i professori D C, L C, E T, R T e L V.

Nell’elenco B , “per le successive fasi procedimentali previste dal bando”, e quindi, come non è controverso in causa, per una eventuale loro chiamata in presenza di risorse finanziarie residue, inseriva altri tredici candidati con un giudizio di ottimo, ovvero i professori M V F, F A, C G, F V, C D F, C S M, D R S, A L, C B M, A B, P A, L F P ed A S.

Nell’elenco C, la commissione inseriva infine tutti gli altri candidati, riguardo ai quali “pur esprimendo nei loro confronti un giudizio comparativamente positivo”, non riteneva che potessero “essere inseriti nella graduatoria dei chiamabili agli effetti della presente procedura” (per tutto ciò, doc. 14 in primo grado dell’appellante, relazione finale della commissione).

Con successivo decreto 19 dicembre 2012, n. 4740, il Rettore approvava gli atti della procedura quanto agli elenchi A e B (doc. 1 in primo grado ricorrente appellato, decreto citato) e con successivi decreti approvata poi la nomina effettiva dei professori compresi nell’elenco A (doc. ti 23. 20, 22, 25 e 21 in primo grado ricorrente appellato, decreti 21 dicembre 2012 prot. nn. 78184, 78185, 78181, 78179 e 7810, nomine dei docenti indicati, nell’ordine di elenco dato), nonché la nomina di tre professori compresi nell’elenco B (doc. ti 19, 24 e 26 in primo grado ricorrente appellato, decreti 21 dicembre 2012 prot. nn.78172, 78177 e 78176, corrispondenti alle nomine dei professori A, G e V).

L’appellato, che ha partecipato alla procedura descritta ed è stato collocato nell’elenco C, escluso quindi da una possibile chiamata, ha impugnato in primo grado con il ricorso principale gli atti sopra citati, ovvero il bando di procedura, i decreti di nomina della commissione, gli atti della commissione stessa, il decreto di approvazione degli stessi e gli atti di chiamata dei docenti sopra indicati.

Egli ha poi impugnato per illegittimità derivata con il primo atto di motivi aggiunti gli atti della commissione con i quali è stato confermato il giudizio di “non inseribilità nella graduatoria dei chiamabili” dei candidati dell’elenco C, il decreto del Rettore 26 febbraio 2012, prot. n. 12031, di assegnazione delle risorse per la chiamata di altri quattro docenti inseriti nell’elenco B, ovvero i professori F, Lalli, S M e Siclari, nonché il verbale 27 marzo 2013 di conferma della chiamata del professor Lalli (doc. ti da 46 a 54 in primo grado ricorrente appellante, atti indicati.

L’appellato ha infine impugnato, con il secondo atto di motivi aggiunti, gli atti di nomina e di chiamata dei predetti professori F, S M e Siclari.

Contestualmente alla domanda di annullamento, egli ha inoltre proposto domanda di risarcimento del danno patrimoniale e morale, deducendo la lesione del suo diritto all’insegnamento ed all’attività di ricerca presso l’università intimata appellante.

Con la sentenza indicata in epigrafe, il TAR, nell’ordine, ha disposto l’estromissione dal giudizio dei professori C ed A, evocati in giudizio quali controinteressati, ritualmente costituitisi e peraltro risultati, nelle more del processo, vincitori, con presa di servizio, di cattedre assegnate con altre procedure;
ha poi accolto la domanda di annullamento contenuta nel ricorso principale e nei motivi aggiunti, ha annullato quindi “gli atti impugnati” ed ha infine respinto la domanda risarcitoria.

Contro tale sentenza, ha proposto impugnazione l’Università intimata, con appello principale contenente otto motivi, riassunti così come segue:

- con il primo di essi, l’Università critica la sentenza impugnata per non aver accolto una prima eccezione preliminare, dedotta in primo grado, di inammissibilità ovvero di irricevibilità del ricorso dovuta alla mancata tempestiva impugnazione del bando con cui la procedura è stata indetta. Osserva in proposito che, a suo avviso, i vizi dedotti dal ricorrente in primo grado riguarderebbero “aspetti della procedura immediatamente conoscibili... e dotati del carattere dell’immediata lesività”, e quindi si sarebbero dovuti far valere mediante immediata impugnativa nei termini del bando stesso, “a prescindere dal rilievo per cui tali vizi hanno comunque permesso al ricorrente la partecipazione alla procedura selettiva” (atto di appello, p. 19 dal nono rigo);

- con il secondo motivo, critica la sentenza impugnata per non aver accolto una seconda eccezione di irricevibilità, ovvero di inammissibilità o improcedibilità, concernente il motivo con il quale il ricorrente in primo grado ha contestato le composizione della commissione. Ad avviso dell’amministrazione appellante, il motivo stesso si sarebbe dovuto dedurre con impugnativa immediata nei termini dell’atto di nomina, pubblicato già il 22 maggio 2012 sul sito dell’università;

- con il terzo motivo, ripropone l’eccezione preliminare, respinta in primo grado, di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, sostenendo che l’annullamento degli atti impugnati potrebbe produrre al massimo, e solo eventualmente, una riedizione della procedura, all’esito della quale non sarebbe certo che il ricorrente appellato si potrebbe collocare in posizione utile ai fini di un assunzione. In tal senso, quindi, egli non ricaverebbe alcuna utilità dall’annullamento in questione;

- con il quarto motivo, critica ancora la sentenza impugnata per asserito travisamento delle norme rilevanti ai fini della decisione. In proposito, l’Università premette che la sentenza in questione ha accolto il ricorso ritenendo che il bando, anziché individuare i posti messi a concorso con generico riferimento all’area CUN 12, ovvero all’area delle scienze giuridiche complessivamente intese, avrebbe dovuto individuarli in modo più specifico, con riferimento a specifici settori concorsuali e scientifico disciplinari, e pertanto costituire distinte commissioni giudicatrici, composte di esperti dello specifico settore. Ciò sulla base dell’art. 18 della l. 240/2010 e del regolamento di ateneo attuativo di tale norma di legge, concernente le modalità generali per la “ chiamata ”, ovvero per l’assunzione, dei professori. Ciò posto, ad avviso dell’appellante la procedura per cui è causa sarebbe una procedura straordinaria, disciplinata dalla norma speciale dell’art. 29, comma 9, della stessa l. 240/2010, alla quale le norme generali non sarebbero applicabili;

- con il quinto motivo, critica la sentenza impugnata per aver ritenuto illegittima, nell’ordine di idee di cui s’è detto, la composizione della commissione giudicatrice. Per la sentenza in parola, che come s’è detto qualifica la procedura per cui è causa come procedura disciplinata dalle norme comuni sulla chiamata dei docenti, si sarebbe dovuta costituire, come s’è detto, una commissione distinta per ogni settore concorsuale, comprendente docenti delle materie specifiche, e non, come nel caso di specie, una commissione unica composta da professori di materie genericamente comprese fra le scienze giuridiche, ma non pertinenti ai settori di appartenenza dei posti per cui è stata fatta la chiamata. L’amministrazione appellante ritiene invece corretto tale modo di procedere, ritenendo che si tratti di una procedura straordinaria disciplinata da norme sue proprie;

- con il sesto motivo, critica ancora la sentenza impugnata per aver ritenuto assorbiti i motivi di ricorso inerenti il giudizio della commissione sul curriculum del ricorrente appellato, e con essi l’eccezione preliminare concernente la loro inammissibilità. L’amministrazione appellante ritiene infatti che il Giudice di primo grado avrebbe dovuto accogliere l’eccezione stessa, dichiarando così secondo logica legittimo l’operato della commissione sul punto;

- con il settimo motivo, deduce ancora che la sentenza impugnata avrebbe errato per non avere estromesso dal giudizio anche i professori T e V, al pari dei professori C ed A;

- con l’ottavo motivo, infine, critica la sentenza in questione per aver condannato l’amministrazione alle spese.

Si costituivano i professori Lalli, con atto 3 agosto 2016, e T, con atto 4 agosto 2016, i quali chiedevano che l’appello fosse accolto.

Successivamente, con atto 16 settembre 2016, la difesa dell’università depositava l’estratto della delibera del proprio consiglio di amministrazione 28 luglio 2016, n. 287, con la quale aveva nuovamente provveduto, nei termini di cui si dirà, sull’oggetto di causa.

Si costituivano parimenti, con atto 23 settembre 2016, i professori T e V, chiedendo in via principale di essere estromessi dal giudizio, per esser stati chiamati quali professori di prima fascia all’esito di distinte procedure, e in subordine che l’appello fosse accolto.

Si costituivano anche i professori F e S M, con memorie 26 settembre 2016, e S M, i quali chiedevano a loro volta che l’appello fosse accolto.

Per parte sua, con memoria 26 settembre 2016, l’appellato svolgeva le proprie prime difese e chiedeva la reiezione dell’appello, nonché, nell’immediato, della contestuale domanda cautelare.

Con ordinanza 30 settembre 2016, n. 4309, la Sezione respingeva la domanda cautelare per mancanza del periculum in mora e precisava che all’estromissione delle parti aventi titolo si sarebbe provveduto in sede di merito.

Con atti depositati rispettivamente il giorno 12 ottobre 2016 e il giorno 31 ottobre 2016, i professori F da un lato, nonché T, V, V e G dall’altro, proponevano appello incidentale, sempre chiedendo l’accoglimento dell’appello principale. I professori T e V insistevano poi per la loro estromissione, nei termini già precisati.

Con atto sempre del 12 ottobre 2016, la difesa del prof. F rinunciava poi all’istanza cautelare proposta unitamente all’appello incidentale.

L’appellato proponeva a sua volta appello incidentale con atto depositato il giorno 29 ottobre 2016, nel quale chiedeva che l’appello principale fosse respinto, e riproponeva (cfr. pp. 18 e ss.) i motivi di ricorso successivi ai primi due del ricorso principale di primo grado, relativi in sintesi alla lamentata errata valutazione della sua attività scientifica.

Proponevano appello incidentale, nel senso invece della riforma della sentenza di primo grado, i professori S M, con atto 10 novembre 2016, e T, con atto 11 novembre 2016.

Con memoria 20 febbraio 2017, l’appellato ribadiva le proprie difese ed eccepiva inoltre l’inammissibilità dell’appello dei professori T, V, V e G, osservando come i primi due avessero chiesto la propria estromissione dal giudizio: da ciò, faceva derivare l’inammissibilità dell’appello collettivo, perché a suo dire contenente censure eterogenee.

L’appellato eccepiva anche l’inammissibilità e comunque l’infondatezza delle domande di estromissione, da qualificare come domande nuove mai proposte in primo grado e comunque a suo avviso come domande di “esenzione dalla giustizia amministrativa” (memoria 20 febbraio 2017, cit. a p. 3 undecimo rigo): egli sostiene infatti che la nomina a professori di prima fascia dei docenti che l’estromissione hanno chiesto sarebbe dipendente dagli atti dell’originaria procedura per cui è causa.

Con memoria 20 febbraio 2017, anche il professor S M ha ribadito le proprie difese, nel senso già esposto.

Per parte propria, la professoressa T, con memoria 20 febbraio 2017, oltre a ribadire anch’ella le precedenti difese, proponeva eccezione di improcedibilità del ricorso, per avere, a suo dire, l’appellato già conseguito il bene della vita da lui perseguito con l’azione in giudizio.

In proposito, la difesa della professoressa T premette che l’appellato, nelle more di questo processo, ha proposto ricorso in primo grado per l’ottemperanza alla sentenza impugnata, e in quella sede avrebbe sostenuto che, quale “modalità preferenziale di esecuzione” l’Università dovrebbe indire “una nuova procedura aperta per il settore IUS 04”, di suo interesse (memoria T 20 febbraio 2017, p. 3 dal diciassettesimo rigo).

La medesima difesa premette ancora che, come è pacifico, l’appellato non ha impugnato in questa sede il capo della sentenza che ha respinto la sua domanda risarcitoria, rendendo quindi coperta dal giudicato l’affermazione contenuta nella sentenza stessa, per cui egli non avrebbe “un diritto pieno all’insegnamento e alla ricerca” presso l’Università appellante.

In base a tali circostanze, la difesa T afferma che l’interesse perseguito dall’appellato si identificherebbe con “l’indizione di nuova procedura per la copertura del posto di professore di seconda fascia nel settore di specifico interesse”, ovvero il già ricordato settore IUS 04, che tale interesse già sarebbe stato soddisfatto con l’indizione di una procedura per coprire di un posto siffatto, come da decreto del Rettore 22 novembre 2016, n. 2875, procedura alla quale egli ha partecipato, e che quindi il ricorso sarebbe, come si è detto, divenuto improcedibile (memoria T 20 febbraio 2017 pp. 4-6, la citazione a p. 5 sesto rigo dal basso, e doc. 4 difesa relativa, prodotto il 16 gennaio 2017, decreto rettorale citato).

L’appellato da una parte, ed i professori S M, T, T, F, V, V e G, hanno infine presentato repliche, tutte depositate il giorno 2 marzo 2017.

In tali repliche, in estrema sintesi:

- l’appellato ha ribadito di avere tuttora interesse alla decisione di merito;

- la difesa S M ha insistito per l’accoglimento del proprio appello incidentale;

- la difesa T ha proposto a sua volta l’eccezione di improcedibilità del ricorso originario, facendo propri gli argomenti della memoria 20 febbraio 2017 della difesa T;

- le difese T ,V, V e G, con due memorie distinte per la prima e per i restanti soggetti, hanno replicato all’eccezione di inammissibilità del loro appello incidentale, nei termini spiegati sopra, osservando che l’omogeneità delle loro posizioni deriva dal semplice fatto di essere tutti soccombenti in primo grado;
essi hanno poi insistito sulle domande di estromissione, osservando ancora come esse siano fondate su un sopravvenuto difetto di legittimazione passiva, e quindi non rappresentino né domande diverse da quella originaria, né tantomeno ulteriori censure all’operato dell’amministrazione;

- da ultimo, la difesa F insiste per l’accoglimento del proprio appello incidentale e in via subordinata eccepisce la cessazione della materia del contendere ovvero l’improcedibilità del ricorso originario, per le ragioni già esaminate.

All’udienza del giorno 23 marzo 2017, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.

DIRITTO

1. L’eccezione preliminare di improcedibilità proposta, nei termini esposti in premesse, dalle difese T, T e F, è fondata e va accolta, con le precisazioni ed integrazioni che seguono.

2. In primo luogo, vanno precisati i fatti sopravvenuti alla sentenza di primo grado, dato che, come accennato in premesse, l’amministrazione non è rimasta inerte.

Il giorno 28 luglio 2016, si è infatti riunito il Consiglio di amministrazione dell’Università, per deliberare su un ordine del giorno che comprendeva, fra l’altro, “sentenza TAR del Lazio n. 8144/2016”, ovvero la sentenza qui impugnata, “in ordine a procedura selettiva per la copertura di n. 74 posti di professore di II fascia – Area CUN 12- Adempimenti”.

3. Con riferimento a tale oggetto di deliberazione, il presidente della seduta ha introdotto il dibattito anzitutto riassumendo il dispositivo e i contenuti della sentenza in questione ed ha evidenziato che per conseguenza sono stati annullati anche i decreti rettorali di nomina dei professori che avevano già preso servizio all’esito della procedura.

4. Ciò posto, il presidente ha reso noto che i dipartimenti interessati “hanno evidenziato con documentate note trasmesse all’amministrazione centrale il grave nocumento che l’attività didattica, peraltro già programmata e pianificata anche per il prossimo anno accademico 2016/2017, di ricerca e –financo- gestionale e organizzativa delle stesse e, quindi, di questo Ateneo, subirebbe in caso di interruzione del servizio svolto dai docenti assunti” all’esito della procedura contestata, con specifico riferimento all’area CUN 12 per cui è causa.

5. Ciò premesso, il presidente dà atto che avverso la sentenza l’Università ha proposto l’appello ora in discussione, precisa però che l’esito positivo “non appare affatto certo”;
ritorna quindi alla necessità di assicurare la didattica, nel senso di ritenere che “le stesse gravi disfunzioni evidenziate dai dipartimenti… si ritiene impongano una rimodulazione della programmazione del fabbisogno del personale docente”.

6. Tutto ciò posto, il presidente propone al collegio di “valutare l’opportunità di operare un’integrazione della programmazione delle risorse”, assegnando nuove posizioni di personale docente appunto per l’area CUN 12, posizioni per le quali è disponibile la copertura finanziaria, posizioni dettagliate a verbale. Sempre il presidente precisa che, “in adempimento pieno della sentenza de qua”, alle posizioni così individuate c’è la possibilità di aggiungerne una ulteriore, relativa al settore scientifico disciplinare IUS/04 di cui s’è detto.

7. A fronte di ciò, il Consiglio approva la proposta e quindi delibera di assegnare le nuove posizioni, “vista la sentenza del TAR” in questione, nonché “preso atto del grave nocumento” per l’attività didattica, e al fine di “prevenire le gravi conseguenze” che si verificherebbero se la sentenza fosse confermata (per tutto ciò, si veda l’estratto del verbale in questione, prodotto dalla difesa dell’intimata appellata il giorno 16 settembre 2016).

8. Il decreto del Rettore 2875/2016, richiamato come in premesse dalla difesa T, indice la procedura selettiva per uno dei posti individuati, appunto quello del settore IUS/04, e rappresenta una conseguenza della delibera del consiglio di cui si è detto, infatti richiamata in premesse (doc. 4 difesa T cit. p. 2 primo periodo).

9. Tutto ciò posto, vanno richiamati i principi delineati dalla giurisprudenza di questo Consiglio in tema di conseguenze sul ricorso pendente della successiva attività dell’amministrazione.

In primo luogo, la sopravvenienza di un nuovo provvedimento, che intervenga sul medesimo oggetto, può determinare l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, nel momento in cui a fronte di ciò sia certa e definitiva l’inutilità di una sentenza di merito, anche ai fini di un possibile interesse risarcitorio;
l’indagine relativa va però condotta con rigore, per evitare che con ciò si possa eludere l’obbligo di decidere sulla domanda proposta (per tutte C.d.S., sez. IV, 12 aprile 2017, n. 1700, e sez. V, 6 giugno 2012, n. 3345).

In secondo luogo, a determinare l’improcedibilità non basta una rinnovazione degli atti impugnati effettuata al solo fine di dare provvisoria esecuzione ad una sentenza non ancora definitiva ( fra le molte C.d.S., sez. III, 2 agosto 2016, n. 3504).

Determina invece l’improcedibilità –fra le molte C.d.S., sez. V, 27 novembre 2015, n. 5379 - un nuovo provvedimento che, pur non essendo satisfattorio delle richieste dell’interessato, sia idoneo a ridefinire l’assetto degli interessi coinvolti.

A maggior ragione tale improcedibilità sussiste quando l’Amministrazione, pur non rimuovendo l’atto impugnato in sede giurisdizionale, decide di riesercitare il proprio potere tenendo conto delle esigenze di chi abbia proposto il ricorso in sede giurisdizionale, mirando a soddisfare il suo interesse sostanziale.

10. Applicando tali principi al caso di specie, va dichiarata l’improcedibilità del ricorso di primo grado.

Il provvedimento preso dal consiglio di amministrazione nella ricordata seduta del 28 luglio 2016 è mosso anzitutto, come risulta dal testo che si è riportato, dall’intento di consentire la continuità didattica e scientifica nei dipartimenti coinvolti, come risulta dal richiamo alle relazioni degli stessi, interpellati in proposito.

La sentenza qui impugnata è presa in considerazione essenzialmente come la ragione della turbativa in atto, della quale si vogliono superare gli effetti pregiudizievoli.

A riprova, da un lato l’amministrazione agisce prefigurandosi l’ipotesi di una soccombenza nel presente giudizio di appello, ovvero dando per presupposto che la sentenza di primo grado resti inalterata;
dall’altro nemmeno considera, con riserve o clausole equivalenti, l’opposta ipotesi di una sua riforma.

In altri termini, si è avuta la rinnovazione dell’esercizio del potere, sia pure stimolata dalla pubblicazione di una sentenza che aveva in precedenza evidenziato l’illegittimità della azione amministrativa.

La ragione di quest’ultima scelta è agevole da ricostruire in via logica: l’ipotesi contraria avrebbe significato per l’amministrazione tener fermi, in caso di propria vittoria, gli atti dell’originaria procedura di selezione e recuperare i relativi effetti, ponendo invece nel nulla le nuove assunzioni operate con la nuova procedura.

In tal modo si sarebbero poste le premesse per ricreare proprio la situazione di pregiudizio all’attività didattica e scientifica che si stava cercando di arginare.

11. Si deve quindi ritener dimostrato che il nuovo assetto di interessi creato dalla deliberazione 28 luglio 2016, e dagli atti conseguenti, tra cui il decreto rettorale n. 2278/2016, rappresenta un nuovo assetto degli interessi sottesi, rilevante per ogni futura eventualità, e non adottato al solo fine di provvisoriamente conformarsi alla sentenza di primo grado.

L’Amministrazione, con l’ulteriore provvedimento, ha attivato proprio il procedimento che l’originario ricorrente mirava ad ottenere, mediante la rinnovazione che si sarebbe dovuta avere con l’annullamento degli atti impugnati, sicché il suo interesse sostanziale a tale annullamento si deve intendere venuto meno.

Ne consegue che l’originario ricorrente non potrebbe ricavare più alcuna utilità da una pronuncia sulla domanda di annullamento da lui proposta in primo grado, perché sarebbero annullati atti ormai definitivamente superati.

12. Ciò è vero, va precisato, anche ai fini della tutela di un eventuale interesse risarcitorio.

L’art. 34, comma 3, c.p.a. dispone che pur quando “ nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente ” nondimeno il giudice è tenuto ad accertare “ l'illegittimità dell'atto ”, a prescindere dal suo annullamento, “ se sussiste l'interesse ai fini risarcitori ”.

13. Nel caso di specie, in dipendenza da quanto si è detto in premesse, l’interesse risarcitorio dell’originario ricorrente è però già stato azionato, perché la relativa azione è stata proposta contestualmente ed è stata respinta e sul relativo capo non è stato proposto appello, sì che la pronuncia su di esso deve ormai ritenersi coperta da giudicato.

14. In base al principio di unità del rapporto processuale, l’improcedibilità sopravvenuta nel corso del giudizio di appello comporta - per tutte C.d.S. sez. V 1 agosto 2016, n. 3449 - l’improcedibilità del ricorso originario, per quanto si è detto limitata alla domanda di annullamento.

15. La particolarità del caso deciso è giusto motivo per compensare le spese dei due gradi del giudizio.

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