Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-01-24, n. 202400755

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-01-24, n. 202400755
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202400755
Data del deposito : 24 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/01/2024

N. 00755/2024REG.PROV.COLL.

N. 02016/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2016 del 2017, proposto da
Pa Holding S.r.l. e Xela S.r.l. in liquidazione, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato U D, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Ester Quaglione in Roma, via Francesco Valesio, 1;

contro

Provincia Autonoma di Bolzano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati A R, J S, L P e L G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. L G in Roma, via Po, 22;
Provincia Autonoma di Bolzano - Ripartizione Agenzia Provinciale per l'Ambiente Direttore dell'Ufficio Gestione Rifiuti, non costituita in giudizio;
Comune di Cortaccia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Claudia Galdenzi e Federico Boezio, domiciliato presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro 13;

per la riforma della sentenza del T.R.G.A. - SEZIONE AUTONOMA DELLA PROVINCIA DI BOLZANO n. 00241/2016, resa tra le parti, di rigetto del ricorso iscritto sub R.G. n. 107/2014,

promosso per l'annullamento:

1. del decreto di data 16.1.2014 (prot. n. 27/29.6), ad oggetto “revoca dell'autorizzazione n. 3328 (decreto n. 693/29.6 del 6.7.3020) e dell'approvazione della relazione tecnica del 9.9.2013 prot. n. 479819”;

2. della comunicazione del Comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente (N.O.E.) del 10.1.2014 prot. n. 78/18-0/2013, avente ad oggetto la segnalazione che nell'impianto Xela s.r.l. “veniva svolta nuovamente attività di miscelazione di rifiuti in violazione della diffida dell'Ufficio gestione rifiuti del 10.9.2013 prot. 482892”


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia Autonoma di Bolzano e del Comune di Cortaccia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 marzo 2023 il Cons. Ulrike Lobis e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Le società PA Holding s.r.l. e Xela s.r.l. in liquidazione propongono appello avverso la sentenza del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino Alto Adige, Sezione Autonoma di Bolzano, n. 241, 6 luglio 2016 che ha respinto il ricorso (R.g. n. 107/2014) proposto avverso:

- il decreto di data 16.1.2014 (prot. n. 27/29.6), ad oggetto “revoca dell’autorizzazione n. 3328 (decreto n. 693/29.6 del 6.7.3020) e dell’approvazione della relazione tecnica del 9.9.2013 prot. n. 479819”;

- la comunicazione del Comando Carabinieri per la tutela dell’ambiente (N.O.E.) del 10.1.2014 prot. n. 78/18-0/2013, ad oggetto la segnalazione che nell’impianto Xela s.r.l. “veniva svolta nuovamente attività di miscelazione di rifiuti in violazione della diffida dell’Ufficio gestione rifiuti del 10.9.2013 prot. 482892”.

2. La vicenda che fa da sfondo al presente contezioso può essere sinteticamente ricostruita sulla base dei documenti e degli atti prodotti dalle parti nei due gradi di giudizio, nonché da quanto sintetizzato nella parte in fatto della sentenza qui oggetto di appello come segue.

“La Xela s.r.l. in liquidazione esercita l’attività di trattamento di rifiuti pericolosi e non, destinati sia allo smaltimento che al recupero.

In data 28.4.2010 e 16.6.2010 la ditta presentava due domande al fine di ottenere l’autorizzazione al trattamento fisico-chimico (D9) e per alcune CER riciclo/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (R3) e il riciclo/recupero dei metalli e dei composti metallici (R4) nonché la messa in riserva (R13) di vari tipi di rifiuti e quantità.

Il direttore dell’Ufficio gestione rifiuti dell’Agenzia provinciale per l’ambiente autorizzava l’attività con decreto n. 704/29.6 dell’8.7.2010, impartendo delle prescrizioni. In data 9.6.2010, 16.6.2010, 25.6.2010 e 30.6.2010 la ditta chiedeva poi l’autorizzazione ad effettuare il raggruppamento preliminare (D13), il deposito preliminare (D15), lo scambio (R12), la messa in riserva (R13), il riciclo/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (R3), il riciclo/recupero dei metalli e dei composti metallici (R4) e il riciclo/recupero di altre sostanze inorganiche (R5) di vari tipi di rifiuti e quantità.

Il direttore autorizzava dette attività con decreto n. 693/29.6 del 6.7.2010, sempre impartendo delle prescrizioni.

In data 8.9.2011 in una delle baie dedicate alla miscelazione ed allo stoccaggio dei rifiuti si sviluppava un incendio che rendeva necessario l’intervento dei vigili del fuoco, al che il direttore dell’Ufficio gestione rifiuti dell’Agenzia provinciale per l’ambiente con decreto 952/29.6 del 23.9.2011 sospendeva l’autorizzazione alla miscelazione dei rifiuti solidi, pericolosi e non, ordinando anche l’intensificazione dei controlli. Eseguiti sopralluoghi, nel verbale di accertamento dd. 19.7.2012 veniva constatato, da parte dei tecnici dell’amministrazione, il mancato rispetto di alcune prescrizioni contenute nell’autorizzazione 693/29.6 del 6.7.2010. In particolare veniva accertato il mancato rispetto della prescrizione n. 1, perché non era stato indicato il tipo di operazione effettuato nelle singole baie, non consentendo così la tracciabilità dei rifiuti. Veniva anche accertata l’effettuazione di miscelazione di rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi. Di conseguenza, con provvedimento dd. 10.9.2012, l’impresa veniva diffidata a presentare, entro il 31.10.2012, una relazione tecnica al fine di fornire all’ufficio un quadro chiaro delle attività svolte e di garantire la tracciabilità dei rifiuti.

Seguivano diversi incontri tra i tecnici dell’impresa ed i tecnici dell’ufficio gestione rifiuti, all’esito dei quali la ditta presentava, in data 20.11.2012, una relazione che veniva, però, giudicata insufficiente da parte dell’amministrazione.

In data 9.1.2013 si sviluppava un altro incendio. Susseguitisi ulteriori incontri, la ditta consegnava, in data 20.3.2013 una revisione della relazione tecnica.

In data 12.4.2013 si sviluppava un terzo incendio.

In data 28.8.2013 il nucleo operativo ecologico (NOE) del Comando dei Carabinieri di Trento eseguiva a sua volta un controllo presso l’azienda. Nella seguente relazione dd. 30.8.2013 accertava la mancata ottemperanza alle prescrizioni contenute nella diffida dd. 10.9.2012, ovverossia l’attività di miscelazione di rifiuti, l’assenza di registrazioni idonee alla tracciabilità dei rifiuti presenti nelle singole baie di stoccaggio ed altre violazioni ancora.

Con atto dd.

9.9.2013 l’ufficio gestione rifiuti concludeva la verifica, nel quale approvava alcune attività di gestione dei rifiuti, altre attività venivano approvate con condizioni ed una terza parte dell’attività veniva rigettata con parere negativo.

Successivamente, in data 27.9.2013 la ditta presentava un’ulteriore integrazione della relazione tecnica, anch’essa insoddisfacente. In data 20.11.2013 presentava l’ennesima integrazione. Nel frattempo i tecnici dell’Agenzia per l’ambiente, insieme al NOE, eseguivano un nuovo sopralluogo, prelevando un campione di rifiuti, dalla cui analisi presso i laboratori provinciali emergeva che la vietata miscelazione tra rifiuti pericolosi e non pericolosi era continuata. Veniva inoltre confermata l’impossibilità della tracciabilità dei rifiuti, poiché per molte attività di smaltimento i controllori non erano ancora in grado di collegare la provenienza del singolo rifiuto con le modalità di trattamento e la sua destinazione finale. In data 10.1.2014 il NOE procedeva al sequestro preventivo dell’impianto, confermato dal GIP di Trento con provvedimento dd. 28.1.2014. Nel provvedimento, il GIP parlava di “bomba ecologica annidata nel cuore di un grande comune”. Successivamente, il direttore dell’Ufficio gestione rifiuti emanava il decreto n. 27/29.6 del 16.1.2014, con il quale revocava l’autorizzazione n. 693/29.6. del 6.7.2010”.

3. Con il ricorso di primo grado Xela s.r.l. impugnava il decreto del 16.01.2014 e gli atti prodromici formulando i seguenti motivi di gravame:

(i) Violazione e falsa applicazione degli articoli 7, 8 e 10 della legge 241/90, nonché degli articoli 7, 11 e 14 della L.P. 17/93 – Le conseguenze del mancato avviso dell’avvio del procedimento di revoca.

(ii) Violazione e falsa applicazione degli articoli 2, comma 9 DPP di Bolzano 11.7.2012 n. 13, 208, comma 13 del D.lgs. 152/2006 e 21-nonies della L. 241/90 – Eccesso di potere sotto i profili della illogicità e della contraddittorietà grave e manifesta.

(iii) Eccesso di potere per contraddittorietà tra atti e provvedimenti amministrativi, illogicità, sviamento, ingiustizia grave e manifesta – Violazione e falsa applicazione dell’articolo 187 del d.lgs. 152/2006 – Lo stridente contrasto tra revoca e atti e provvedimenti amministrativi che l’hanno preceduta.

3.1. Nelle more del giudizio, la ditta ricorrente ha prodotto la sentenza n. 164/2016, con la quale il giudice penale di Bolzano ha assolto, per insussistenza dei fatti, i legali rappresentanti della ditta ricorrente dal reato di gestione di rifiuti non autorizzati (previsto e punito dall’articolo 256 d.lgs. 152/2006) e dal reato di falsità in registri e notificazioni (previsto e punito dall’articolo 484 c.p.).

4. Il TRGA, sede di Bolzano con la pronuncia n. 42/2016 ha rigettato il ricorso ritenendo

- con riferimento alla sentenza penale di assoluzione n. 164/2016, depositata nel corso del giudizio di primo grado, che i fatti materiali accertati nel processo penale esplicano efficacia nel successivo giudizio amministrativo solo in presenza di determinati presupposti, uno dei quali è la partecipazione al giudizio penale delle parti nei cui confronti la sentenza viene invocata (Comune di Cortaccia e Provincia di Bolzano);
il Comune di Cortaccia, costituitosi parte civile, era stato escluso dal processo su richiesta dei difensori degli imputati (ordinanza pronunciata dal giudice penale all’udienza del 24.9.2014);
di conseguenza la sentenza di assoluzione non produce alcun effetto nei confronti del Comune;
ragionamento analogo va fatto nei confronti della Provincia di Bolzano che non partecipava neppure al processo penale;

- che il primo motivo che censura la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento e la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento finalizzato alla revoca dell’autorizzazione e ritiene violata la normativa che garantisce la partecipazione al procedimento amministrativo è infondato in quanto “ la l. 241/90 - ed il suo pendant locale L.P. 17/93 - dettano la disciplina generale sulla partecipazione dei soggetti al procedimento amministrativo che, però, non si applica quando una determinata materia contiene una disciplina ad hoc, come la materia dei rifiuti che è regolamentata dalla L.P. 4/2006 (disciplina locale) e dal d.lgs. 152/2006 (disciplina nazionale). La normativa speciale sui rifiuti coinvolge i soggetti nel procedimento di verifica, garantendo loro un’ampia partecipazione difensiva. Nel caso in esame, il diritto di partecipazione e di difesa della ditta ricorrente al procedimento è stato rispettato, com’è dimostrato dagli incontri susseguitisi tra i tecnici e dalle relazioni tecniche presentate. Alla ditta erano state offerte le occasioni per consentirle di adeguarsi alle prescrizioni contenute nella diffida. La revoca era stata disposta perché essa ha continuato, da un lato, a presentare relazioni tecniche incomplete, inidonee a garantire la tracciabilità dei rifiuti e, dall’altro lato, a continuare nella miscelazione vietata degli stessi (v. analisi del campione)”

- che il secondo e il terzo motivo sono infondati in quanto è erroneo il presupposto di partenza;
la verifica non si era conclusa positivamente, in quanto l’atto del 09.09.2012 “ aveva ‘approvato’ solo alcune attività di smaltimento, altre erano state ‘approvate con condizioni’, ma molte attività di smaltimento erano state valutate negativamente, ottenendo un ‘parere negativo’. Consapevole del giudizio negativo, la ditta ha presentato, in data 27.9.2013 ed in data 20.11.2013, ulteriori integrazioni alla relazione, anch’esse insoddisfacenti sotto il profilo della tracciabilità dei rifiuti, al che l’amministrazione eseguiva un nuovo sopralluogo insieme al NOE, prelevando anche un campione dei rifiuti, dalla cui analisi, nei laboratori provinciali, emergeva che le miscelazioni vietate erano continuate. Conclusivamente, si deve ritenere che la revoca dell’autorizzazione sia l’epilogo naturale e la risposta logica e coerente all’inadempimento ed all’inottemperanza reiterati da parte della ditta ricorrente ”.

5. La Società PA Holding s.r.l. e Xela s.r.l. in liquidazione ha proposto appello avverso tale pronuncia formulando le seguenti censure.

(i) Errata decisione sul seguente motivo di illegittimità degli atti e provvedimenti impugnati in primo grado: “violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8, 10 della legge 7.8.1990, n. 241 (“ Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi ”), nonché degli artt. 7, 11 e 14 della L.P. 22.10.1993, n. 17 (“ Disciplina del procedimento amministrativo e del diritto di accesso ai documenti amministrativi ”)”.

(ii) Errata decisione sul seguente motivo di illegittimità degli atti e provvedimenti impugnati in primo grado: “violazione e falsa applicazione degli artt. 2, comma 9, del d.P.P. di Bolzano 11.7.2012, n. 23 (“ Procedure di approvazione e di autorizzazione per impianti di trattamento di rifiuti ”), 208, comma 13, del d.Lgs. 3.4.2006, n. 152 (“ Codice dell’ambiente ”) e 21 nonies della legge 7.8.1990, n. 241 (“ Disciplina del procedimento amministrativo e del diritto di accesso ai documenti amministrativi ”) - Eccesso di potere sotto i profili della illogicità e della contraddittorietà grave e manifesta”.

(iii) Errata decisione sul seguente motivo di illegittimità degli atti e provvedimenti impugnati in primo grado: “eccesso di potere per contraddittorietà tra atti e provvedimenti amministrativi, illogicità, sviamento, ingiustizia grave e manifesta - Violazione e falsa applicazione dell’art. 187 del d.Lgs. 3.4.2006, n. 152 (“ Codice dell’ambiente ”) - Lo stridente contrasto tra revoca e atti e provvedimenti che l’hanno preceduta”.

5.1. La Provincia autonoma di Bolzano si è costituita con atto depositato il 26.4.2017, chiedendo il rigetto dell’appello.

5.2. Il Comune di Cortaccia si è costituito con atto depositato il 4.5.2017 chiedendo il rigetto dell’appello.

5.3. In vista dell’udienza di discussione, la Provincia autonoma di Bolzano ha depositato memoria difensiva.

5.4. Il Comune di Cortaccia ha depositato memoria difensiva del 13.2.2023 con la quale ha, tra l’altro, eccepito il difetto di legittimazione attiva della società Xela s.r.l. in liquidazione, la quale si sarebbe estinta, perdendo la propria capacità giuridica nel 2015, in quanto in quell’anno il liquidatore ne ha ottenuto la cancellazione dal Registro delle Imprese, ai sensi dell’art 2495 c.c. Inoltre, il Comune sosteneva che sotto altro profilo il ricorso dovrebbe essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse in quanto, dopo la revoca dell’autorizzazione ambientale intestata a Xela, la PA Holding – mediante Eco-Energy – avrebbe ottemperato alle prescrizioni che la Provincia aveva imposto a Xela: PA Holding (sempre tramite Eco-Energy), e, ottenendo così l’AIA, avrebbe ripreso l’attività produttiva all’interno dell’impianto, che tuttora gestisce. PA Holding avrebbe già realizzato i propri interessi riferibili alla gestione dell’impianto sito nel Comune di Cortaccia, dopo aver (presuntivamente) adeguato l’impianto alle prescrizioni dettate dalla Provincia per garantire maggior sicurezza e rispetto ambientale nell’esercizio dell’attività produttiva.

5.5. In data 22.3.2023 parte appellante ha depositato memoria di replica.

5.6. Alla udienza pubblica del 16.3.2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Il Collegio ritiene che l’eccezione di difetto di legittimazione all’appello della Xela srl in liquidazione come formulata dal Comune di Cortaccia sia infondata, in quanto - nonostante la dichiarazione di fallimento di Xela s.r.l. in liquidazione avvenuta con sentenza 19.7.2016 (tre giorni prima del deposito della sentenza di primo grado del TRGA di Bolzano) comporti la perdita della capacità di stare in giudizio, spettando tale capacità processuale unicamente al curatore - tale regola subisce un’eccezione nel caso di inerzia dell’amministrazione fallimentare, come è avvenuto nel caso di specie, per cui deve riconoscersi il diritto del fallito ad agire in giudizio per la tutela dei rapporti patrimoniali.

Infatti, dalla documentazione depositata dalla parte appellante in seguito all’eccezione proposta dal comune di Cortaccia - documentazione come tale ammissibile, oltre che rilevante, stante che l’esigenza di produrla è sorta solo allora - emerge che dopo la dichiarazione di fallimento, l’inerzia del Curatore fallimentare, pur essendo stato notiziato della pendenza del presente giudizio (doc. 25 della parte appellante), non poteva dirsi il risultato di una valutazione negativa in ordine alla convenienza dell’impugnazione della sentenza di primo grado (non essendo ricavabili elementi in tal senso), per cui va ritenuta sussistente la legittimazione ad agire per l’appello in capo al legale rappresentate della Xela srl in liquidazione, in applicazione del principio stabilito, tra le altre, nella sentenza della Corte di Cassazione Sez. II, 11 ottobre 2022, n. 29695 secondo la quale “ La dichiarazione di fallimento, pur non sottraendo al fallito la titolarità dei rapporti patrimoniali compresi nel fallimento, comporta, a norma dell'art. 43 l.fall., la perdita della sua capacità di stare in giudizio nelle relative controversie, la quale tuttavia permane, in via eccezionale, in caso di inerzia del curatore, sempreché questa sia determinata da un totale disinteresse alla vicenda processuale, rimessa esplicitamente o implicitamente nella gestione del fallito, e non consegua invece ad una negativa valutazione circa la convenienza della controversia”.

6.1. Si può prescindere dall’altra eccezione in rito avanzata dal Comune in quanto nel merito l’appello è infondato.

6.2. Con il primo motivo d’appello (rubricato : Errata decisione sul seguente motivo di illegittimità degli atti e provvedimenti impugnati in primo grado: “violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8, 10 della legge 7.8.1990, n. 241, nonché degli artt. 7, 11 e 14 della L.P. 22.10.1993, n. 17) si sostiene l’erroneità della sentenza laddove respinge il primo motivo di ricorso, ritenendo che la motivazione addotta dal TRGA sarebbe tautologica, in quanto i fatti smentirebbero la tesi del Giudice di primo grado di “un’ampia partecipazione difensiva”.

6.3. La censura non ha pregio. Emerge dalla cronologia dei fatti salienti e dalla relativa documentazione versata in atti da parte della Provincia autonoma di Bolzano che contrariamente all’assunto della parte appellante, nel caso in esame è stata rispettata la normativa speciale sui rifiuti che coinvolge i soggetti nel procedimento di verifica, garantendo loro un’ampia partecipazione difensiva. Un tanto si rileva sia dai diversi incontri intervenuti tra i tecnici e dalle relazioni tecniche presentate, le quali sono state diverse volte ritenute non sufficienti rispetto alle indicazioni date dall’ufficio provinciale.

6.4. Nonostante le criticità rilevate in precedenza soprattutto con riferimento alla miscelazione dei rifiuti (cfr. doc. 10 della Provincia, depositato il 26.05.2016 - nota Ufficio gestione rifiuti del 09.09.2013, la quale conteneva anche un parere negativo su una parte della relazione presentata dalla Xela srl), la Provincia aveva offerto alla ditta diverse occasioni per adeguarsi alle prescrizioni contenute nella diffida del 10.09.2012 (doc. 7 della Provincia, fascicolo primo grado), la quale conteneva una dettagliata indicazione di prescrizioni sulla relazione tecnica e sulla logica dell’impianto, la fissazione del termine del 31.12.2012 entro il quale la ditta doveva presentare la relazione, nonché l’inequivoco avvertimento che un eventuale parere negativo motivato sulla relazione equivale(va) ad un mancato rispetto della diffida e che per la mancata ottemperanza delle prescrizioni era prevista la sospensione dell’attività per un massimo di 12 mesi e, sussistendone i presupposti, la revoca dell’attività. Nonostante le predette prescrizioni ed i chiari avvertimenti, la ditta Xela srl ha sia continuato a presentare relazioni tecniche inidonee a garantire la tracciabilità dei rifiuti, sia a proseguire con la miscelazione vietata degli stessi come rilevato nella comunicazione del Nucleo operativo ecologico (NOE) di Trento del 30.08.2013 e del 10.01.2014 (docti. 9 e 11 della Provincia, depositati il 26.05.2016).

6.5. Si rileva che contrariamente alla tesi della parte appellante, da una attenta lettura del provvedimento del 09.09.2013 emerge che l’Amministrazione con tale provvedimento non ha chiuso una fase procedimentale che aveva aperto con la diffida del 13.9.2012, in quanto contiene, oltre al parere negativo sulla parte concernente la miscelazione ed alla fissazione di termini di adempimento, anche delle prescrizioni (ad es. pag. 3, lettere f) e g).

6.6. Pertanto, il Giudice di prime cure, con una motivazione chiara e logicamente ripercorribile ha condivisibilmente riconosciuto che la revoca dell’autorizzazione era stata disposta giustamente ed in corretta applicazione delle relative prescrizioni normative, le quali erano state rispettate anche con riferimento alla procedura seguita dall’amministrazione.

7. Con il secondo motivo d’appello (rubricato: Errata decisione sul seguente motivo di illegittimità degli atti e provvedimenti impugnati in primo grado: “violazione e falsa applicazione degli artt. 2, comma 9, del d.P.P. di Bolzano 11.7.2012, n. 23, 208, comma 13, del d.Lgs. 3.4.2006, n. 152 e 21 nonies della legge 7.8.1990, n. 241 - Eccesso di potere sotto i profili della illogicità e della contraddittorietà grave e manifesta) parte appellante chiede la riforma della pronuncia laddove ha rigettato il secondo e terzo motivo di ricorso, sostenendo a tal fine:

- che è stata adottata, a distanza di qualche mese, nel gennaio 2014, una revoca sulla base di contestazioni che la relazione tecnica del 23.03.2013 approvata con prescrizioni il 09.09.2013 avrebbe invece superato;

- che il Direttore dell’Ufficio gestione rifiuti ha applicato impropriamente l’art 2, comma 9, del D.P.P. di Bolzano 11.7.2012 n. 23 che richiama, ancorché non testualmente, l’art. 208, comma 13, del d.lgs. 3.4.2006, n. 152 in quanto in data 9.9.2013 il Direttore dell’Agenzia provinciale per l’ambiente avrebbe approvato la “Relazione tecnica integrativa” presentata all’Ufficio da Xela s.r.l.;

- che la revoca si collocherebbe temporalmente a ridosso dell’autorizzazione provinciale e si baserebbe su diffide e contestazioni che precedono l’autorizzazione e che quest’ultima ha evidentemente superato, per cui si ritiene violato l’art. 2, comma 9, del D.P.P. n. 23/2012, in quanto non può esservi contestazione di “reiterazione delle violazioni”, quando un nuovo provvedimento amministrativo - il riferimento va all’autorizzazione 9.9.2013 - si pone nella sequenza dei fatti in termini di soluzione di continuità;

- che il provvedimento di revoca si risolverebbe piuttosto, in concreto, in un annullamento d’ufficio ai sensi e per gli effetti dell’art. 21 nonies della legge n. 241/1990 e che in tal caso l’Amministrazione sarebbe stata tenuta a supportare il provvedimento con la specifica indicazione di “ragioni di interesse pubblico” e tenere conto degli “interessi dei destinatari”, che nella specie non sarebbero in alcun modo valorizzati;

- che l’approvazione del 9.9.2013 andrebbe ricondotta nel concetto di “adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida” e la contestazione del N.O.E. del 10.1.2014 sarebbe di fatto la prima che segue l’autorizzazione del settembre 2013;

- che nel provvedimento impugnato, mancherebbe ogni riferimento alla “situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente”, cui la norma fa esplicito riferimento.

7.1. La doglianza non coglie nel segno. Come rilevato ai precedenti punti 6.3, 6.4. e 6.5., il Giudice di prime cure ha correttamente rilevato che la lettera dell’ufficio gestione rifiuti del 09.09.2013 non poteva essere ritenuta come approvazione della relazione tecnica del 23.3.2013 in quanto contiene l’approvazione di solo alcune attività di smaltimento, mentre altre erano state approvate con condizioni, e molte altre attività di smaltimento erano state invece valutate negativamente, ottenendo un parere negativo motivato . Anche le ulteriori integrazioni alla relazione presentate di seguito dalla ditta Xela srl erano state ritenute insoddisfacenti sotto il profilo della tracciabilità dei rifiuti, per cui, contrariamente alla tesi della parte appellante, la lettera del 09.09.2013 non attesta né l’ottemperanza e tantomeno l’adempimento integrale di quanto prescritto nella diffida del 10.09.2012.

7.2. Si tenga conto altresì:

- che con decreto del Direttore dell’ufficio gestione rifiuti n. 952 del 23.09.2011 (doc. 1 della Provincia) era stata disposta- in seguito al primo incendio avvenuto il 08.09.2011 ed ai successivi accertamenti d’ufficio - l’immediata sospensione di ogni miscelazione di rifiuti solidi sia pericolosi che non pericolosi;

- che in data 09.1.2013 e 12.04.2013 erano avvenuti ulteriori due incendi presso lo stabilimento;

- che con la diffida del 10.09.2012 erano state dettate dettagliate prescrizioni, adempiute solo in parte dalla ditta Xela srl;

- che il NOE in data 30.08.2013 e 10.01.2014 aveva rilevato la miscelazione vietata.

Dalla sequenza di questi eventi pare evidente che – stante il mancato adeguamento alle prescrizioni dell’ufficio competente e stante la sussistenza di una perdurante situazione di pericolo - sia stato applicato in maniera corretta il disposto dell’art. 2, comma 9, del D.P.P. di Bolzano 11.7.2012, n. 23 secondo il quale “ ferma restando l’applicazione delle sanzioni, qualora, a seguito di controlli successivi all’avviamento degli impianti, questi non risultino conformi all’autorizzazione di cui al presente articolo, a seconda della gravità delle infrazioni di procede: a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le irregolarità;
b) alla diffida e contestuale sospensione dell’autorizzazione per un tempo determinato;
c) revoca dell’autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni e in caso di reiterate violazioni
”.

7.3. Per le considerazioni svolte – dalle quali si ricava altresì come la revoca disposta fosse una revoca in senso proprio - sono infondate le critiche mosse con questo secondo motivo di impugnazione alla sentenza impugnata, con conseguente rigetto del motivo.

8. Con il terzo motivo di gravame (rubricato: Errata decisione sul seguente motivo di illegittimità degli atti e provvedimenti impugnati in primo grado: “eccesso di potere per contraddittorietà tra atti e provvedimenti amministrativi, illogicità, sviamento, ingiustizia grave e manifesta - Violazione e falsa applicazione dell’art. 187 del d.Lgs. 3.4.2006, n. 152 - Lo stridente contrasto tra revoca e atti e provvedimenti che l’hanno preceduta ) parte appellante censura la pronuncia laddove afferma “ Consapevole del giudizio negativo, la ditta ha presentato, in data 27.9.2013 ed in data 20.11.2013, ulteriori integrazioni alla relazione, anch’esse insoddisfacenti sotto il profilo della tracciabilità dei rifiuti, al che l’amministrazione eseguiva un nuovo sopralluogo insieme al NOE, prelevando anche un campione dei rifiuti, dalla cui analisi, nei laboratori provinciali, emergeva che le miscelazioni vietate erano continuate ”, sostenendo:

- che la tesi sostenuta dal Giudice di prime cure sarebbe smentita dai fatti accertati nel giudizio penale conclusosi con sentenza n. 141 del 2016. Parte appellante censura il fatto che il Giudice di prime cure, affermando che la sentenza penale di assoluzione sia inopponibile nei confronti del Comune di Cortaccia e della Provincia autonoma di Bolzano, non abbia comunque dato rilevanza ai fatti accertati nel processo penale;
il punto non sarebbe l’opponibilità in senso formale della pronuncia alla Pubblica Amministrazione, ma la rilevanza nel processo amministrativo dei fatti accertati nel processo penale;

- che dalla sentenza del Tribunale di Bolzano n. 141/2016 e dalle risultanze istruttorie del relativo procedimento penale versate in atti, per le appellanti sarebbe emerso che la materiale condotta erroneamente qualificata dal NOE come “miscelazione di rifiuti” sarebbe invece, per ammissione dei testimoni sentiti nel contesto del dibattimento, mero “raggruppamento” di rifiuti consentito dalla normativa europea;
anche qualora si definisse - erroneamente - “miscelazione” l’attività contestata, essa dovrebbe considerarsi legittima in quanto avente ad oggetto rifiuti della medesima “categoria” alla luce del comma 2 bis dell’art. 187 d.lgs. n. 152/2006 introdotto dalla legge 11.8.2014, n. 116, da cui è derivata l’ultrattività dell’autorizzazione provinciale n. 3328 del 6.7.2010 rilasciata a Xela s.r.l.;
l’evento di combustione dell’8.9.2011 sarebbe stato determinato dall’indesiderata e non prevedibile presenza di una piccola quantità di magnesio, e non da autocombustione a seguito della mai dimostrata miscelazione;

- che i provvedimenti impugnati sarebbero viziati per eccesso di potere sotto svariati profili, violando le prescrizioni di precedenti atti del medesimo ufficio.

8.1. Anche l’ultimo motivo di impugnazione non merita accoglimento.

La stessa parte appellante sostiene nell’atto di appello che la sentenza penale n. 141/2016 di assoluzione riguarderebbe le contestazioni mosse in sede penale agli amministratori di Xela s.r.l. concernenti fatti risalenti all’autunno del 2011 (8.9.2011), per cui i fatti accertati nel processo penale definito con detta sentenza, e invocati in questo giudizio dalla parte appellante, coprono solamente sino all’incendio del 2011, sicché poco hanno in comune con i più ampi fatti e comportamenti che hanno portato alla revoca dell’autorizzazione al trattamento dei rifiuti con l’atto impugnato adottato il 16 gennaio 2014, il quale è stato adottato in quanto la ditta Xela srl ha reiteratamente violato le prescrizioni dell’Ufficio gestione rifiuti ed in particolare del provvedimento cautelare di sospensione del 23.09.2011, della diffida del 10.09.2012, reiterando una serie di condotte apertamente in dispregio delle prescrizioni dell’Autorità amministrativa, culminata nella miscelazione vietata accertata dal NOE in data 30.08.2013 e 10.01.2014. Pertanto, la sentenza penale invocata dalla parte appellante, non solo non ha efficacia di giudicato in questa sede, ma da essa neppure si possono trarre utili elementi indiziari che possano scalfire l’accertamento posto in essere nella sede amministrativa.

Tale conclusione non cambia neppure alla luce della seconda sentenza penale del 2022, depositata in questo grado di giudizio il 3.2.2023. Sebbene in questo caso la cornice temporale sia pressoché coincidente, a ben vedere l’assoluzione, per il delitto di cui all’art. 423 c.p.c si basa essenzialmente sulla inconfigurabilità dell’incendio penalisticamente inteso, non emergendo la prova oltre ogni ragionevole dubbio del fatto storico (nelle dimensioni minime richieste, avuto riguardo al bene giuridico protetto). Laddove non solo il criterio di giudizio, nel processo amministrativo, è sensibilmente diverso, bastando un giudizio probabilistico, ma, soprattutto, nel provvedimento di cui si discute in questa sede si contestavano non tanto gli episodi degli incendi ma l’aver violato quanto era stato puntualmente prescritto e vietato alla società.

8.2. Per quanto concerne, poi la problematica della miscelazione dei rifiuti, il Collegio, esaminata la documentazione in atti, condivide le relative esposizioni della appellata Provincia.

In particolare, dalla diffida del 10.09.2012 – la quale in merito alla nozione di miscelazione di rifiuti fa esplicito riferimento alla sentenza della Corte di Cassazione n. 1933 del 8.5.2009 – emerge chiaramente, ai fini della definizione del divieto di attività di miscelazione, la definizione che l’amministrazione dà di tale attività :“ Si sottolinea che per miscelazione di rifiuti lo scrivente ufficio intende qualsiasi attività che modifichi le caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti”, indicando, pertanto , alla parte appellante un concetto ben preciso di miscelazione vietata.

8.3. Nonostante questa chiara indicazione che utilizza un concetto di miscelazione molto esteso che viene imposto come divieto alla ditta Xela srl in attesa di conoscere i processi produttivi in atto nell’impianto, il NOE del Comando Carabinieri di Trento in data 30 agosto 2013 ed in data 10.01.2014 accertava lo svolgimento di attività di miscelazione in contrasto con la suddetta prescrizione contenuta nella diffida del 10.09.2012 (doc. n.9 e doc. 11 del fascicolo di primo grado della Provincia), per cui sono anche prive di fondamento le argomentazioni con le quali si sostiene che il decreto di revoca sarebbe viziato per eccesso di potere sotto svariati profili, violando le prescrizioni di precedenti atti del medesimo ufficio.

8.4. L’appello va, in definitiva, respinto.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

9. Spese e onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza

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