Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-12-10, n. 201008733

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-12-10, n. 201008733
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201008733
Data del deposito : 10 dicembre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03006/2010 REG.RIC.

N. 08733/2010 REG.SEN.

N. 03006/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3006 del 2010, proposto dal signor R N, rappresentato e difeso dall'avv. A P, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Sistina, 4;

contro

Ministero della Difesa ed il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

I signori M G, A G, B F, non costituitisi nel secondo grado del giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 03194/2010, resa tra le parti, concernente MANCATA ISCRIZIONE NEL QUADRO DI AVANZAMENTO


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e di Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2010 il Cons. Anna Leoni e uditi per le parti l’avvocato Police e l'avv. dello Stato Meloncelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso iscritto al n. 3006 del 2010, il generale di brigata Nicola R proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione prima bis, n. 3194 del 2010, con la quale era stato respinto il ricorso proposto contro il Ministero della difesa, Comando generale dell’Arma dei Carabinieri avverso la sua mancata iscrizione nel quadro di avanzamento al grado superiore per l’anno 2007.

A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente aveva premesso di essere generale di brigata dei Carabinieri e di ritenere illegittima sotto più profili la sua mancata iscrizione nel quadro di avanzamento al grado superiore per l’anno 2007.

L’interessato si doleva, sostanzialmente, del fatto che i titoli e, più in generale, i precedenti di carriera, che connotano il suo curriculum professionale, fossero stati in assoluto, e in rapporto a quelli del collega M G, promosso, unitamente ad altri due soggetti, generale di divisione, inadeguatamente valutati dalla competente Commissione ministeriale.

Costituitosi il Ministero della difesa, Comando generale dell’Arma dei Carabinieri, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata, che ha respinto le doglianze, evidenziando la coerenza coi precedenti di carriera dell’impugnata valutazione, la sostanziale equipollenza dei curricula messi a confronto, il regolare apprezzamento del lavoro svolto dal gen. R presso il CESIS e quindi l’assenza di una situazione di spiccata supremazia del ricorrente.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenziava l’erroneità della sentenza, che aveva sottovalutato le differenze tra i due ufficiali e non aveva dato conto della complessità della vicenda.

In particolare, avendo il gen. R prestato servizio per quattro anni presso il CESIS, allorquando rivestiva il grado di colonnello, la sua valutazione sarebbe stata fondata su parametri di riferimento ed aggettivazioni del tutto differenti da quelle canonicamente utilizzate per il personale dell’Arma, dando luogo ad una valutazione disomogenea rispetto a quelle operate nei confronti degli altri ufficiali.

Di tale oggettiva differenza l’Amministrazione avrebbe dovuto tener conto, dandone adeguato riscontro nella motivazione.

Non avendolo fatto, la Commissione superiore di avanzamento sarebbe incorsa nella violazione dell’art. 2 del D.Lgs. n. 343 del 2003, circoscrivendo la clausola di salvezza insita in detto articolo al solo giudizio di avanzamento dell’appellante al grado di Generale di brigata.

Una interpretazione rispettosa della finalità dell’art. 2 del D.Lgs. cit. avrebbe dovuto indurre la Commissione ad attribuire al gen. R un punteggio uguale a quello del parigrado collocatosi al primo posto nella graduatoria finale di avanzamento, dovendosi ritenere che la previsione normativa in questione informi la valutazione della Commissione anche nei successivi giudizi di idoneità per l’avanzamento al grado superiore.

Nel giudizio di appello, si costituiva l’Avvocatura dello Stato per il Ministero della difesa, Comando generale dell’Arma dei Carabinieri, chiedendo di rigettare il ricorso.

Alla pubblica udienza del 19 ottobre 2010, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello è infondato e va respinto nei termini di seguito precisati.

2. - La difesa è affidata ad un unico complesso motivo di diritto, nel quale si lamenta l’erroneità della sentenza del T.A.R. per difetto di motivazione, error in procedendo ed omissione di pronuncia su punti decisivi della controversia.

Nel ricorso, la difesa si sofferma dapprima sull’esame della decisione del giudice di prime cure, ritenendola carente e contraddittoria per quanto riguarda la motivazione, in particolare per quanto riguarda, a suo avviso, l’omessa valutazione del periodo di servizio prestato dal gen. R presso il CESIS.

A giustificare l’inadeguatezza del punteggio assegnato dalla Commissione superiore di avanzamento concorrerebbe la disamina accurata del curriculum del generale R, posta a confronto con quello del generale Gualdi sotto tutti i diversi profili rilevanti nell’ambito del giudizio di avanzamento.

Conclusivamente, afferma la difesa appellante, non emergerebbe alcuna ragione che giustifichi il mutamento di considerazione avutosi in sede di avanzamento al grado di generale di divisione rispetto alla consolidata preminenza riconosciuta al generale R in tutte le precedenti fasi di carriera, senza che dall’ultimo avanzamento(avvenuto nel 2002) si fossero prodotti apprezzabili mutamenti nella progressione di carriera dei due ufficiali.

3. - La doglianza così riassunta è infondata e va respinta, nei termini che seguono.

Quanto al primo profilo delle censure mosse dall’appellante, relativo alla valutazione delle aggettivazioni con cui è stato qualificato il servizio svolto dal gen. R presso il CESIS e alla asserita sottovalutazione di tale periodo di servizio, va rilevato che la disposizione di cui all’art.9, comma 5 bis, del decreto legislativo n. 303 del 30 luglio 1999 (secondo cui il servizio prestato in posizione di comando, fuori ruolo o altra analoga posizione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri anche a tenore dell’art. 7, primo comma , della legge 24 ottobre 1977 n. 801, che riguarda appunto il personale dei Servizi di sicurezza ed Informazione, è equiparato, a tutti gli effetti, anche giuridici e di carriera, al servizio prestato presso le Amministrazioni di appartenenza), sia inequivoca nell’affermare che il servizio prestato presso gli organismi di Informazione e Sicurezza è equivalente a quello prestato in uno qualsiasi degli ordinari compiti di istituto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 2417 del 2009).

La norma richiamata ha precisato che le predette posizioni “in nessun caso possono determinare un pregiudizio per l’avanzamento” e per il relativo posizionamento nei ruoli di appartenenza.

La stessa norma garantisce, poi, condizioni uguali di progressione in carriera rispetto al personale che rimane nell’Amministrazione di appartenenza e prevede, quindi, che, in caso di promozione o avanzamento disposto dall’Amministrazione di appartenenza nei confronti del personale posto in posizione di fuori ruolo presso la Presidenza del consiglio dei Ministri, il servizio presso gli Organismi richiamati continua senza alcun pregiudizio per l’ordine di ruolo del dipendente presso l’Amministrazione di appartenenza dalla quale è collocato, nel nuovo grado e posizione, in soprannumero.

Nel caso di specie, risulta dallo stato matricolare del gen. R che lo stesso è stato sottoposto a giudizio del Comitato esecutivo per i Servizi di Informazione e sicurezza in data 21 novembre 2003 per l’anno 2002 di cui all’art. 3 della L. n. 801/77, ai sensi dell’art. 7 bis del DPCM n. 7/1980 e successive modificazioni ed integrazioni, e che in quella sede è stato espresso giudizio favorevole alla promozione al grado superiore.

Lo stesso è stato, poi, promosso al grado di generale di brigata, nella posizione di soprannumero, ai sensi dell’art. 2 comma 8 del DPCM n. 7 del 1980 e successive modificazioni, con anzianità assoluta e decorrenza assegni dal 1/1/2002.

Il gen . R è poi rientrato in ruolo alla fine del 2003.

Risulta dagli atti di causa che il servizio prestato presso il CESIS è stato correttamente valutato, secondo legge, comportando la promozione dell’ufficiale al grado superiore di generale di brigata. Relativamente a tale valutazione non vi è quindi nulla da contestare, avendo esaurito i suoi effetti con la promozione acquisita.

L’appellante, tuttavia, ritiene che nella successiva valutazione per l’avanzamento al grado superiore di generale di divisione, per l’anno 2007, il non del tutto positivo giudizio del Tribunale amministrativo sui suoi precedenti di carriera sia ricollegabile al tipo di aggettivazioni usate per qualificare il servizio svolto presso il CESIS rispetto a quelle in uso nell’Arma di provenienza e che tale disomogeneità non possa ritorcersi a suo svantaggio.

Egli ritiene, altresì, che l’oggettiva impossibilità di valutare nello specifico, per ragioni di sicurezza, tutte le attività da lui svolte si sarebbe tradotta, di fatto, in una restrizione valutativa a suo sfavore.

Osserva, anzitutto, il Collegio come dalla sentenza impugnata non emerga la rilevanza attribuita dall’appellante alle diverse aggettivazioni usate per qualificare il servizio svolto presso il CESIS. La sentenza si limita ad affermare che in svariate schede valutative (ancorché conclusesi con l’attribuzione della massima qualifica finale) il gen. R non è stato gratificato con le più elevate aggettivazioni possibili, né è sempre stato destinatario di citazioni di apprezzamento e/o compiacimento.

Non risulta, quindi, comprovata la censura proposta, così come non risulta comprovato il carattere restrittivo della valutazione della Commissione per non aver potuto visionare gli atti coperti da segretezza relativi al servizio svolto presso il CESIS, servizio che, d’altra parte, nella valutazione del 2002, era stato valutato positivamente, ai sensi dell’art. 9 comma 5 bis del D.Lgs. n. 303 del 1999 ai fini della promozione a generale di brigata. Dalla schede valutative relative al ricorrente, sia pure nella loro necessaria sinteticità, non emergono elementi in tal senso.

La tesi dell’appellante è che il primo positivo giudizio non potrebbe esaurire i suoi effetti limitatamente alla valutazione durante la quale l’ufficiale presta servizio fuori dall’Arma, dovendo necessariamente informare la valutazione della CSA anche nei successivi giudizi d’idoneità per l’avanzamento al grado superiore: il che avrebbe dovuto indurre la Commissione a riconoscere al gen. R un punteggio uguale a quello del parigrado collocato in 1^ posizione nella graduatoria finale di avanzamento nel relativo periodo di servizio.

Il Collegio non condivide tale impostazione, che si tradurrebbe in una sorta di automatismo di giudizio, tenuto conto la norma di cui all’art.9 comma 5 bis del D.Lgs. n. 303 del 1999, evidentemente per la consapevolezza da parte del legislatore che la prestazione del servizio presso l’Amministrazione diversa da quella di appartenenza avrebbe potuto comportare un pregiudizio nello svolgimento di carriera dei dipendenti di cui trattasi, ha precisato che le predette posizioni in nessun caso possono determinare un pregiudizio per l’avanzamento e per il relativo posizionamento nei ruoli di appartenenza.

Ma tale effetto era già stato ottenuto, nel caso di specie, al momento della promozione a generale di brigata.

Una volta che l’ufficiale sia rientrato in ruolo, tornano ad essere applicabili, ad avviso del Collegio, le normali procedure che regolano i giudizi di avanzamento, sia pure mantenendo, relativamente al servizio svolto presso gli organismi di sicurezza, la valutazione di equiparazione prevista dalla legge.

A questo punto si impone, logicamente, l’esame della questione se sussista lo scavalcamento dedotto dall’appellante, osservando che nella promozione a colonnello del 1996 il R si era collocato al 4^ posto e il Gualdi al 5^, mentre nella promozione a generale di brigata i due ufficiali si erano collocati paritariamente, in virtù della equiparazione di cui al richiamato art. 9 D.Lgs. n. 303 del 1999.

La posizione recessiva del Reggetti nella valutazione a generale di divisione non troverebbe riscontro, secondo lo stesso, in fatti di servizio intervenuti nell’intervallo fra le menzionate procedure.

A giudizio del Collegio questa censura non merita favorevole considerazione e va dunque disattesa.

Secondo un indirizzo giurisprudenziale maggioritario, fatto proprio anche dalla decisione dell’Adunanza Plenaria n. 5 del 2008, deve escludersi che, in assenza di elementi nuovi intervenuti nell’intervallo fra due valutazioni, la precedente graduatoria assuma rilevanza decisiva nel giudizio successivo o che ne derivi una sorta di “cristallizzazione” della posizione dell’ufficiale, neppure quando si tratti di procedimenti che riguardano l’avanzamento allo stesso grado.

Le valutazioni di ogni commissione non hanno, infatti, carattere comparativo e quindi nulla impedisce che esse giungano, nell’esercizio dell’ampia discrezionalità di cui dispongono, a conclusioni difformi da quelle espresse in precedenti graduatorie, e questo anche quando non siano sopravvenuti nuovi elementi, idonei a differenziare le posizioni degli ufficiali (cfr., in termini, Cons. Stato, IV sez., n. 4122 del 2008).

E’ stato, in proposito, affermato che non è appropriato definire scavalcamento il ribaltamento di posizioni, dal momento che la valutazione successiva non implica in alcun modo e sotto alcun profilo la revisione di altri giudizi e, quindi, di altre graduatorie (cfr. dec. n. 4122 cit.).

Questa impostazione merita, ad avviso del Collegio, di essere confermata in riferimento al caso in esame, anche in ragione di un profilo del tutto peculiare che lo caratterizza: la disomogeneità delle due diverse procedure attraverso le quali si è pervenuti al conferimento del grado di generale di brigata, sia pure nel rispetto della equiparazione del servizio prestato in posizione di fuori ruolo, così come previsto dalla normativa regolatrice, il che esclude che anche nell’ambito del “principio di continuità logica delle valutazioni” (che la giurisprudenza deriva dall’introduzione del criterio della tendenza di carriera, tra le tante, vedi Consiglio di Stato, sez. IV, 28 dicembre 2005, n. 7426), emerga una linea di maggior preferenza e migliore valutazione dell’operato del generale Reggetti per essersi svolto, fino al giudizio qui gravato, senza soluzione di continuità.

Tanto chiarito in linea generale, nello specifico devono poi ritenersi infondate tutte le restanti censure mediante le quali l’appellante finisce per invocare un non ammissibile sindacato di merito sulle valutazioni operate nei suoi confronti dalla Commissione.

In tal senso è infondata la doglianza mediante la quale l’appellante lamenta che la Commissione abbia utilizzato nei suoi confronti- per quanto riguarda le qualità- un metro di valutazione ben più restrittivo di quello applicato al gen. Gualdi.

In particolare la Commissione non avrebbe tenuto in adeguato conto la rilevanza degli incarichi espletati dall’appellante e, conseguentemente, sarebbe errata la sentenza impugnata nella parte in cui ha valutato con maggior favore l’attività di servizio svolta dal gen. Gualdi rispetto all’appellante, per aver diversificato in misura assai maggiore la propria attività di servizio.

Al riguardo il Collegio, richiamati i criteri orientativi elaborati nel tempo dalla giurisprudenza in riferimento a censure quali quella ora all’esame, può limitarsi a ribadire sinteticamente che la valutazione degli incarichi disimpegnati dagli ufficiali scrutinandi costituisce il frutto di valutazioni di merito, istituzionalmente rimesse alla discrezionalità della Commissione.

Per la pacifica giurisprudenza, questa valutazione non è quindi intrinsecamente sindacabile nella sede di legittimità, se non per profili disfunzionali macroscopici e di immediata percepibilità che, nella specie, le doglianze dell’appellante non riescono a far intravedere (cfr. dec. n.4122/08 cit.).

Con riferimento al parametro di valutazione relativo alle doti intellettuali e di cultura, si deduce l’illogicità della valutazione operata nei confronti del gen. R, attesa la ritenuta superiorità del suo bagaglio culturale.

Anche questa censura appare priva di pregio, sviluppandosi sul piano della comparazione di merito fra titoli asseritamente preminenti dell’appellante, il che è impedito dalla natura di giudizio a scelta assoluta, disegnato dalla normativa di riferimento, che preclude alla Commissione la possibilità di procedere nel senso di un vero e proprio raffronto fra i titoli posseduti dagli scrutinandi.

Invero, nel giudizio a scelta la valutazione dei singoli titoli non ha alcuna autonomia nella completezza del giudizio globale, dovendo tutti gli elementi essere considerati nel loro insieme, potendo la mancanza di uno o più titoli essere compensata dalla presenza di titoli diversi.

Né il giudice amministrativo può verificare direttamente la congruità dei punteggi attribuiti, in quanto la discrezionalità rimessa alla Commissione risulta sindacabile solo in presenza di valutazioni macroscopicamente incoerenti o irragionevoli, in presenza delle quali il vizio della valutazione di merito trasmoda in eccesso di potere per la manifesta disfunzionalità che svela il cattivo esercizio del potere amministrativo (cfr., in termini, dec. n. 4122 cit.).

Le considerazioni che precedono valgono anche a rigettare le rimanenti censure rivolte dall’appellante avverso i punteggi attribuiti per le qualità fisiche e per l’attitudine all’assunzione di incarichi del grado superiore.

Infine, va rigetta la censura di inadeguatezza della valutazione inerente le qualità morali e caratteriali, incentrata sulla prevalenza dei riconoscimenti (sei encomi e una medaglia d’oro al merito dell’Ambiente) conseguiti dal gen. R, tenuto conto che la giurisprudenza ha affermato che le benemerenze non costituiscono, di per sé, rilevanza ai fini della valutazione di avanzamento, in quanto legate ad elementi accidentali. Solo il loro rilevante numero e la loro distribuzione lungo l’intero arco della carriera dell’ufficiale possono essere sintomo di eccezionalità e costanza di rendimento dell’ufficiale, il che non è riscontra bile nella fattispecie.

Peraltro, anche il gen. Gualdi può vantare benemerenze a suo favore, il che esclude una apprezzabile dissonanza fra i curricula dei due ufficiali.

Sulla base delle considerazioni che precedono l’appello va, perciò, respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

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