Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-01-05, n. 201500012
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N. 00012/2015REG.PROV.COLL.
N. 02085/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2085 del 2014, proposto da:
Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
V E, rappresentato e difeso dall'avvocato F C, domiciliatario in Roma, via Giuseppe Cerbara, 64;
Comune di Pisciotta;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. CAMPANIA - SEZ. STACCATA DI SALERNO: SEZIONE I n. 1540/2013, resa tra le parti, concernente accertamento postumo di compatibilità paesaggistica per le opere abusivamente realizzate nel comune di Pisciotta.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Enrico Veneroso;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2014 il consigliere Roberta Vigotti e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Tidore e l’avvocato Castiello;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il Ministero per i beni e le attività culturali chiede la riforma della sentenza, in epigrafe indicata, con la quale il Tribunale amministrativo della Campania ha accolto il ricorso proposto dal signor Enrico Veneroso avverso il provvedimento in data 19 dicembre 2012, recante parere negativo sull’accertamento postumo di compatibilità paesaggistica per le opere realizzate nel Comune di Pisciotta in assenza di autorizzazione, e del conseguente diniego comunale del 31 dicembre 2012.
La sentenza impugnata ha rilevato che la valutazione della Soprintendenza si è basata su valutazioni urbanistico-edilizie, e ha trascurato il concreto apprezzamento circa la compatibilità paesaggistica dell’intervento, relativo alla realizzazione di volumi tecnici (per i quali vale una particolare interpretazione dell’art. 167 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) in zona gravata da vincolo paesaggistico.
Il Ministero appellante evidenzia che le opere abusivamente costruite risultano di significative dimensioni, costituiscono un corpo edilizio autonomo e comportano un incremento di superfici e di volumi: ai fini della compatibilità paesaggistica, quindi, nessun rilievo assume la definizione delle stesse in termini di volume tecnico, qualificazione rilevante sotto il profilo urbanistico ed edilizio, ma non sotto quello paesaggistico.
L’appello è fondato.
Va ricordato che, ai sensi dell’art. 146, comma 4, del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, “ fuori dai casi di cui all' articolo 167 , commi 4 e 5, l'autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi ”. A sua volta, l’art. 167 consente l’accertamento postumo “ a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell' articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 ” .
Questi, dunque, per quanto qui rileva, sono gli unici interventi dei quali è possibile l’accertamento postumo di conformità paesaggistica, a sua volta presupposto del rilascio della sanatoria edilizia: quelli che non hanno determinato creazione di superfici utili o di volumi, e quelli configurabili in termini di manutenzione ordinaria o straordinaria.
Da ciò, per tornare alla fattispecie in esame, deriva, innanzitutto, l’ininfluenza della definizione, invece enfatizzata dal primo giudice, degli interventi in discorso, realizzati senza titolo, in termini di volumi tecnici, dato che quel che rileva è la creazione di superfici e di volumi, e il carattere non sussumibile degli interventi stessi nella categoria della manutenzione edilizia.
E, poiché i manufatti in discorso hanno incontestabilmente realizzato superfici utili e volumi, e altrettanto incontestabilmente sfuggono alla definizione di manutenzione edilizia, è evidente che degli stessi non è possibile l’accertamento postumo di compatibilità paesaggistica, come esattamente sostiene l’Amministrazione appellante.
In conclusione, l’appello è fondato e merita accoglimento, con conseguente riforma della sentenza impugnata e reiezione del ricorso di primo grado.
Le spese di lite possono essere compensate anche per questo secondo grado, in considerazione dell’andamento complessivo del giudizio.