Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-08-14, n. 201503932

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-08-14, n. 201503932
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201503932
Data del deposito : 14 agosto 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04873/2011 REG.RIC.

N. 03932/2015REG.PROV.COLL.

N. 04873/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4873 del 2011, proposto da:
Agricola Badia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. G R, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Roma, Via Bertoloni, 27 Int.5;

contro

Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
Comune di Ficulle;

e con l'intervento di

ad opponendum :
Comitato per la tutela e valorizzazione delle Valli del Chiani e Migliari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Michele Venturiello, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Roma, Via Sistina N. 42;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. UMBRIA - PERUGIA: SEZIONE I n. 00016/2011, resa tra le parti, concernente apposizione vincolo indiretto su area ai sensi art.45 d.lgs. n. 42/2004;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali;

Visto l’intervento ad opponendum del Comitato per la tutela e la valorizzazione delle Valli del Chiani e MIgliari;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 giugno 2015 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti l’avvocato Ranalli, l’avvocato dello Stato Basilica e l’avvocato Venturiello;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società Agricola Badia s.r.l. ha impugnato la sentenza n. 16 del 2011 con la quale il T.a.r. per l’Umbria ha respinto il ricorso avverso il decreto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell’Umbria, del 30 gennaio 2009, con cui è stato imposto un vincolo indiretto ai sensi dell’art. 45 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, a protezione della Chiesa di San Nicola al Monte, sui terreni di proprietà della società appellante siti nel Comune di Ficulle.

2. L’appellante, nel lamentare che la sentenza appellata ha erroneamente respinto il ricorso di primo grado, ripropone, in sintesi, le seguenti censure avverso il decreto di apposizione del vincolo indiretto:

- violazione dell’art. 47 d.lgs. n. 42 del 2004, in quanto il decreto impugnato non è stato oggetto di comunicazione individuale, avendo l’Amministrazione fatto ricorso ad altre forme di pubblicità (in particolare alla pubblicazione nell’albo pretorio del Comune di Ficulle, nel sito internet del Comune di Ficulle e nel B.U.R.).

- violazione del termine di conclusione del procedimento: nel caso di specie, il procedimento di apposizione del vincolo, avviato in data 5 maggio 2008, si è concluso in data 30 gennaio 2009, e dunque tardivamente rispetto al termine di 240 giorni (previsti dall’art. 6 del d.m. n. 495 del 1994), senza che siano emerse o siano state comunque comunicate esigenze istruttorie giustificanti l’interruzione del termine;

- difetto di istruttoria in conseguenza della mancata valutazione delle osservazioni presentate dal Comune di Ficulle, in violazione degli artt. 19 del d.P.R. n. 233 del 2007 e dell’art. 10 della legge . 241 del 1990 (l’appellante evidenzia che il parere obbligatorio del Comitato regionale di coordinamento, previsto dall’art. 19 d.P.R. n. 233 del 2007, è intervenuto il giorno antecedente alla trasmissione delle osservazioni comunali sulle quali il parere doveva basarsi;

- eccesso di potere per difetto di motivazione, in quanto il provvedimento impugnato si limita ad indicare un generico interesse alla tutela del paesaggio, senza procedere però all’indispensabile comparazione con il sacrificio che il vincolo comporta sia ai privati proprietari sia ad altri interessi pubblici (come quello alla riqualificazione e alla valorizzazione dell’area interessata dal provvedimento).

3. Si è costituito in giudizio per resistere all’appello il Ministero per i Beni e le Attività Culturali (di seguito anche solo MIBAC).

4. Ha proposto intervento ad opponendum , per difendere la sentenza appellata a sostegno delle ragioni del MIBAC, il Comitato per la tutela e la valorizzazione delle valli del Chiani e Migliari.

5. Alla pubblica udienza del 23 giugno 2015, la causa è stata trattenuta per la decisione.

6. L’appello merita accoglimento nei limiti di seguito specificati.

7. Va, innanzitutto, respinto il primo motivo di appello con cui la società ricorrente lamenta la mancata comunicazione individuale del provvedimento di imposizione del vincolo, in violazione di quanto previsto dall’art. 47, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004.

Come correttamente rileva la sentenza appellata, l’art. 47, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, pur prevedendo che il provvedimento contenente le prescrizioni di tutela indiretta sia notificato al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo degli immobili interessati, non vale, tuttavia, a sancire il carattere recettizio del provvedimento contenente prescrizioni di tutela indiretta, con la conseguenza che la sua comunicazione non può considerarsi condizione di efficacia del provvedimento né, a maggior ragione, incidere sulla validità dell’atto.

Peraltro, nel caso di specie, pur essendo mancata la comunicazione individuale, è comunque, certo che la società ricorrente abbia avuto piena conoscenza del provvedimento di imposizione del vincolo, e tale conoscenza comunque acquisita, vale anche a sanare, per il principio del raggiungimento dello scopo, l’omissione della comunicazione individuale.

8. Parimenti infondato il secondo motivo di appello con cui si lamenta la tardiva conclusione del procedimento: è sufficiente richiamare la consolidata giurisprudenza secondo cui, tranne che la norma disponga specificamente nel senso della perentorietà, il termine di conclusione del procedimento ha natura ordinatoria e, dunque, la sua violazione non determina di per sé l’illegittimità dell’atto.

9. Infondato è anche il terzo motivo di appello, con cui si lamenta che il Comitato regionale di coordinamento, tenuto ad esprimere pareri obbligatori in merito alle proposte prescrizioni di tutela indiretta, si sarebbe espresso prima di conoscere le osservazioni del Comune di Ficulle, inviategli solo il giorno successivo (il 16 ottobre 2008) a quello in cui è stato reso il parere (15 ottobre 2008).

Sul punto le conclusioni cui è giunto il T.a.r. resistono alle censure dell’appellante: la sentenza appellata chiarisce, invero, che il Comune di Ficulle ha trasmesso le sue osservazioni al Comitato con comunicazione (inviata tramite posta elettronica il 14 ottobre 2008) differente ed anteriore rispetto a quella del 16 ottobre 2008.

Del resto, come si evince anche dal provvedimento impugnato, alcune delle osservazioni formulate dal Comune di Ficulle sono state anche accolte dal Comitato regionale di coordinamento (il che dimostra ulteriormente che il parere è stato resto conoscendo le osservazioni del Comune).

Non risulta rilevante la circostanza fatta valere dalla società appellante secondo cui la comunicazione del 14 ottobre 2008 sarebbe stata inviata, tramite posta elettronica, da un soggetto privato (l’avv. U B) a cui il Comune di Ficulle non aveva conferito alcun mandato. Deve certamente privilegiarsi, in un’ottica sostanzialisitca, l’interpretazione che ridimensiona il vizio formale ogni volta che esso non sortisca alcun effetto reale sull’esito del procedimento: di conseguenza, ciò che in questa sede rileva è solo il fatto che il Comitato regionale di coordinamento abbia espresso il parere conoscendo e tenendo conto delle osservazioni del Comune di Ficulle. Ciò che conta, in altri termini, è che queste osservazioni siano effettivamente pervenute al Comitato prima dell’espressione del parere, e che siano pervenute in una versione “genuina”, sostanzialmente corrispondente al testo originale effettivamente imputabile al Comune, poi formalmente inviato in data 16 ottobre 2008.

10. Merita, invece, accoglimento, nel senso e nei limiti di seguito specificati, il motivo diretto a far valere il vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione.

Occorre rilevare che il provvedimento di tutela indiretta oggetto del presente giudizio si risolve in divieto assoluto di edificazione su una vasta area di territorio (che si estende per un raggio di 400 metri).

Un simile effetto, che si traduce in una consistente limitazione della proprietà privata, viene motivato attraverso un generico riferimento alla esigenza di salvaguardare la prospettiva, la visibilità, la luce, il decoro e la “cornice ambientale” e di assicurare la piena fruibilità del complesso monumentale oggetto di vincolo diretto dai diversi punti di vista.

La motivazione, tuttavia, si traduce in una clausola quasi di stile, utilizzabile per qualsiasi situazione: essa non dà sufficientemente conto delle peculiarità del contesto di riferimento e non consente di comprendere le ragioni per le quali l’esigenza di tutela sottesa al vincolo indiretto non possa essere soddisfatta attraverso misure meno invasive delle ragioni proprietarie.

Dal contenuto del provvedimento non emerge, in altri termini, che l’Amministrazione abbia compiuto quella verifica di adeguatezza e di proporzionalità che dovrebbe, invece, sempre precedere l’imposizione del vincolo, specie quando si traduca in misure così fortemente restrittive della proprietà privata.

Le stesse condivisibili preoccupazioni (che sono state la base di partenza del procedimento volto all’apposizione del vincolo di tutela indiretta) legate alla realizzazione, da parte della società odierna appellante, di una struttura turistico-recettiva di significativo impatto (caratterizzata da una residenza d’epoca, nonché dalla realizzazione di nove casali in pietra sempre da destinare ad attività turistica-recettive) avrebbero potuto essere affrontate verificando, in alternativa alla misura poi prescelta (tradottasi come si è detto in un divieto assoluto di edificazione), la praticabilità di misure di tutela meno invasive, meglio in grado di realizzare una più bilanciato contemperamento tra i diversi interessi coinvolti.

Se è vero, infatti, che, come anche recentemente evidenziato da questo Consiglio di Stato (cfr. Sez. VI, 23 luglio 2015, n. 3652), la funzione di tutela del bene culturale si traduce nell’esercizio di discrezionalità non amministrativa, ma tecnica (non essendo consentito che l’interesse culturale e paesaggistico – stante il primario valore costituzionale desumibile dal principio fondamentale sancito dall’art. 9 Cost. – possa essere sacrificato in nome di altri interessi) è, altrettanto, vero, tuttavia, che l’Amministrazione dei beni culturali ha, comunque, l’onere di verificare l’effettiva necessità e proporzionalità delle misure di tutela che prescrive.

Nel caso di specie, al contrario, la Soprintendenza non si è fatta carico di valutare soluzioni alternative in grado di assicurare al bene culturale lo stesso livello di tutela, ma con un minor sacrificio per le ragioni proprietarie. Non si è fatta carico di verificare, in altri termini, la possibilità di consentire la realizzazione del progetto edificatorio perseguito dall’odierna appellante, sottoponendolo a prescrizioni, restrizioni e vincoli in grado di assicurare comunque piena tutela al complesso monumentale, anziché vietare in radice qualsiasi forma di edificazione.

11. In questi termini e nei limiti indicati, il ricorso proposto dalla società Agricola Badia s.r.l. si rivela fondato.

12. Sussistono i presupposti, anche in considerazione dell’accoglimento solo parziale del ricorso, per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

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