Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-09-27, n. 201805560

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-09-27, n. 201805560
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201805560
Data del deposito : 27 settembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/09/2018

N. 05560/2018REG.PROV.COLL.

N. 06955/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6955 del 2012, proposto dalla società:
Nuova Cala Pianorum Residence S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato R V, con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma, via Cesare Fracassini, 18;

contro

l’Ente Parco naturale regionale di Bracciano e Martignano, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del TAR Lazio, sede di Roma, sezione II bis , 17 marzo 2012 n.2598, resa fra le parti, la quale ha respinto il ricorso n.8569/2006 R.G. proposto per l’annullamento della nota 31 maggio 2006 prot. n.1935, notificata in data imprecisata, con la quale il Direttore del Parco naturale regionale di Bracciano- Martignano ha negato alla ricorrente il nulla osta per la sanatoria ai sensi della l.r Lazio 2004 n.12 quanto agli illeciti edilizi realizzati in corrispondenza dei 15 fabbricati realizzati presso la lottizzazione “Il Praticello” all’interno del Comune di Trevignano Romano, località La Vaccheria, su terreno distinto al catasto al foglio 13 particelle 12, 13 e 17, ricadente nella zona B del Parco;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 25 settembre 2018 il Cons. F G S e udito per la parte appellante l’avvocato R V;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente appellante ha realizzato in località “La Vaccheria” del Comune di Trevignano Romano, su terreno distinto al catasto di quel Comune al foglio 13, particelle 12, 13 e 17, classificato come zona B del Parco naturale regionale di Bracciano-Martignano, un complesso residenziale di 15 fabbricati, ed ha presentato domanda di sanatoria edilizia, cd condono, ai sensi del d.l. 30 settembre 2003 n.269 convertito nella l. 24 novembre 2003 n.326 per l’abusivo innalzamento e cambio di destinazione d’uso dei sottotetti.

Con il provvedimento meglio indicato in epigrafe, l’Ente Parco ha negato il necessario nulla osta, richiesto per gli interventi di tal tipo ai sensi dell’art. 13 della l. 6 dicembre 1991 n.394;
ha ritenuto infatti in motivazione che le opere realizzate in aree protette nazionali, regionali, come nella specie, ovvero provinciali non siano sanabili in alcun caso, ai sensi dell’art. 3 comma 1 lettera b) della l.r. Lazio 8 novembre 2004 n.12 (vedi il provvedimento, in atti del I grado).

Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il TAR ha respinto il ricorso, ritenendo legittimo il diniego.

Contro tale sentenza, la ricorrente ha proposto impugnazione, con appello che contiene quattro motivi:

- con il primo di essi, deduce violazione dell’art. 116 c.p.c. e sostiene che il Giudice avrebbe dovuto ricavare elementi di prova a suo favore dalla relazione prodotta dall’Ente in I grado, relazione a suo dire elusiva delle richieste istruttorie del Collegio;

- con il secondo motivo, deduce violazione del citato art. 3 comma 1 lettera b) della l.r. Lazio 12/2004, sostenendo che, contrariamente a quanto ritenuto dall’amministrazione, anche le opere realizzate nell’area protetta sarebbero sanabili, ove compatibili con lo strumento urbanistico attuativo di area;

- con il terzo motivo, deduce comunque extra petizione, perché a suo dire il Giudice di I grado si sarebbe indebitamente pronunciato sulla compatibilità dell’intervento;

- con il quarto motivo, deduce infine omessa pronuncia in ordine alla dedotta violazione dell’art. 10 bis della l. 7 agosto 1990 n.241, per omissione del preavviso di diniego.

L’Ente Parco non si è costituito.

Alla pubblica udienza del giorno 25 settembre 2018, infine, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito precisate.

2. Il primo motivo di appello, centrato su una presunta carenza dell’istruttoria compiuta in I grado, va respinto in fatto, perché la causa si presenta come documentalmente istruita semplicemente sulla base, da un lato, del testo del provvedimento impugnato, acquisito agli atti, e dall’altro lato delle difese delle parti ovvero in questa sede della ricorrente appellante. Quali che fossero i contenuti della relazione fatta pervenire dall’ente intimato appellato in I grado, non vi è dunque alcun motivo di applicare l’art. 116 c.p.c.

3. Il secondo motivo di ricorso è a sua volta infondato.

3.1 Va anzitutto ricordato, per chiarezza, che il provvedimento amministrativo per cui è causa è motivato esclusivamente con l’asserita impossibilità di accordare la sanatoria alle opere realizzate nel territorio di un parco regionale, sulla base dell’art. 3 comma 1 lettera b) della l.r. 12/2004.

3.2 Ciò posto, è necessario partire dal testo della norma, secondo la quale “ non sono comunque suscettibili di sanatoria… le opere di cui all’articolo 2 comma 1 ”, fra le quali quelle per cui è causa, realizzate in assenza ovvero in difformità dal titolo edilizio, le quali risultino “ non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale, non ricadenti all'interno dei piani urbanistici attuativi vigenti, nonché a tutela dei parchi e delle aree naturali protette nazionali, regionali e provinciali ”.

3.3 Ad una interpretazione letterale della disposizione citata, si nota allora che essa prevede due ipotesi, simmetricamente introdotte dalla locuzione “ a tutela di ”, di interventi non sanabili su “immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali”: la prima è quella dei vincoli imposti “ a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale ”;
la seconda è quella dei vincoli imposti “ a tutela dei parchi e delle aree protette ”. Ciò premesso, la limitazione di tutela, per cui sono invece sanabili gli abusi compiuti su immobili “ ricadenti all’interno dei piani urbanistici attuativi vigenti ” è riferita solo alla prima di queste due ipotesi, e non alla seconda, ovvero alle aree comprese nei parchi che qui interessano, e quindi l’abuso in esse compiuto non è sanabile.

3.4 In tal senso depongono anche due argomenti, per così dire, storici.

In primo luogo, il testo originale della disposizione prevedeva che non fossero sanabili tutte le opere “ realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali, dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale ”, e quindi metteva tutte le ipotesi considerate sullo stesso piano. Il testo della norma attualmente vigente, introdotto dall’art. 35 della l.r. Lazio 9 dicembre 2004 n.18 si è discostato dalla struttura lessicale previgente, scindendo la frase che riguarda i parchi da quella che riguarda le altre aree: ciò denota all’evidenza la volontà di introdurre un regime differenziato.

In secondo luogo, la norma interpretativa dell’art. 5 comma 34 della l. r. 13 agosto 2011 n.10 ha precisato che la prima parte della norma si applica solo alle “ sole zone di protezione speciale, non ricadenti in aree naturali protette ”, precisazione che non sarebbe stata necessaria se le aree protette non avessero un regime loro proprio.

3.5 Sotto il profilo logico sistematico, non si può poi nemmeno sostenere che la ritenuta diversità di trattamento sia di per sé illogica, dato che la destinazione a parco naturale di una certa area esprime per definizione un livello di tutela superiore a quello che deriva da un semplice vincolo di un qualche tipo.

3.6 In conclusione, quindi, deve ritenersi corretta l’interpretazione con la quale l’ente intimato appellato ha negato il nulla osta.

4. Il terzo motivo di appello, centrato su un presunto vizio della motivazione della sentenza nella parte in cui essa, in buona sostanza, si sofferma sulle caratteristiche delle opere, va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse: nel momento in cui si tratta di opere di per sé non sanabili, è infatti irrilevante soffermarsi sulla loro concreta natura.

5. Il quarto motivo di appello infine va respinto, perché per giurisprudenza costante di questo Giudice, che come tale non richiede puntuali citazioni, l’omissione del preavviso di diniego è comunque irrilevante in casi come il presente, in cui comunque l’amministrazione non avrebbe potuto decidere diversamente.

6. Nulla per spese, perché l’amministrazione intimata appellata non si è costituita.

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