Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-04-14, n. 201401815

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-04-14, n. 201401815
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201401815
Data del deposito : 14 aprile 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03171/2013 REG.RIC.

N. 01815/2014REG.PROV.COLL.

N. 03171/2013 REG.RIC.

N. 03173/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3171 del 2013, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

M P, non costituitosi in giudizio;



sul ricorso numero di registro generale 3173 del 2013, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

M P, non costituitosi in giudizio;

per la riforma

quanto al ricorso n. 3173 del 2013:

della sentenza del T.a.r. Puglia - Sez. Staccata di Lecce: Sezione I n. 01661/2012, resa tra le parti, concernente decadenza dall'incarico di giudice della commissione tributaria di brindisi

quanto al ricorso n. 3171 del 2013:

della sentenza del T.a.r. Puglia - Sez. Staccata di Lecce: Sezione I n. 01811/2012, resa tra le parti, concernente decadenza da incarico di giudice tributario


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2014 il Cons. Raffaele Potenza e udito per le parti appellanti l'Avvocato dello Stato Elefante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Con un primo ricorso al TAR della Puglia, sez. staccata di Lecce, il dott. M P, premesso di essere giudice della Commissione tributaria provinciale di Brindisi ed iscritto all’albo professionale dei dottori commercialisti, impugnava la deliberazione del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria in data 22.11.1999, recante la sua decadenza dal predetto incarico, nonché la deliberazione in data 21.03.2000 di conferma della decadenza dal Consiglio stesso, con invito al Presidente della Commissione Tributaria Provinciale di Brindisi a non utilizzare il ricorrente nella composizione dei collegi giudicanti.

2.- Con un secondo gravame, il dott. Pagliarulo chiedeva l’annullamento del successivo decreto (in data 17.08.2000, trasmesso con nota 25.09.2000, prot. n.2000-190787) con cui il Ministero dell’economia formalizzava la predetta decadenza.

3.- Con le due decisioni in epigrafe specificate, il Tribunale ha ritenuto infondata ed ha respinto la censura di illegittimità del provvedimento in quanto basato sul falso presupposto che l’interessato svolgesse attività di consulenza tributaria, come tale integrante ipotesi di incompatibilità con l’incarico di giudice tributario, ai sensi dell’art. 8 lett. i) d. lgs. n. 545/92. Il TAR ha invece ritenuto fondata ed ha accolto la doglianza sulla omissione di un preventivo atto di diffida intimante un congruo termine per rimuovere l’accertata causa di incompatibilità.

4.- Sotto quest’ultimo aspetto il Ministero ha quindi appellato entrambe le sentenze, altresì richiedendone la sospensione cautelare ex art. 98 c.p.a. (istanze accolte con le ordinanze n. 1992 e n.1993/2013);
quindi entrambi i ricorsi sono stati trattenuti in decisione alla pubblica udienza del 28 gennaio 2014.

DIRITTO

1.- I gravami in trattazione hanno per oggetto la medesima sentenza e debbono pertanto essere riuniti al fine di rendere sui medesimi un'unica pronunzia. Entrambi attengono a provvedimenti di decadenza (per incompatibilità) dall’incarico di giudice di commissione tributaria provinciale, emessi in applicazione dell’art. 8, lett. i), del d. lgs. n. 545/92.

1.2.- Sotto il profilo procedimentale e sostanziale, precede la trattazione dell’appello (NRG 3173/2013) che controverte delle deliberazioni del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria, determinanti la decadenza, poi pronunziata dal decreto ministeriale che ha posto fine al procedimento (ed oggetto dell’altro ricorso).

Il Ministero appellante contrasta l’orientamento del TAR ove ha ritenuto fondata la censura che lamentava l’omissione di un preventivo atto di diffida intimante un congruo termine per rimuovere l’accertata causa di incompatibilità;
tale tesi è riassumibile nei seguenti passaggi argomentativi:

- il fatto incontestato che l’art. 12 del citato decreto non disciplini il procedimento a seguito del quale è dichiarata la decadenza, limitandosi ad individuare le autorità che concorrono alla dichiarazione, comporta l’applicazione dell’istituto di carattere generale contemplato dall’art. 63 del d.P.R. n.3 del 1957, costituito dalla “diffida” (richiamato peraltro dall’art. 16, dell’ordinamento giudiziario) a cessare dalla situazione di incompatibilità entro quindici giorni dalla comunicazione della stessa;

- “né si può ritenere che la diffida sia surrogata dall’inizio del procedimento volto alla dichiarazione della decadenza, sia per l’ontologica differenza fra i due momenti del procedimento, sia perché l’ottemperanza alla diffida esclude la dichiarazione della decadenza, mentre la cessazione dalla situazione di incompatibilità dopo l’inizio del procedimento, proprio perché questo è finalizzato alla dichiarazione della decadenza determinata dalla situazione antecedente all’inizio del procedimento stesso, non ha il medesimo effetto”.

Queste argomentazioni non persuadono il Ministero, il quale, al contrario, argomenta che la diffida non era necessaria poiché, pur nella riferita e confermata carenza dell’art. 12, il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria ha messo a punto ed applicato un procedimento interno che assolve alla medesima funzione della diffida;
inoltre l’appellante richiama al riguardo l’esistenza di precedenti giurisprudenziali espressisi in senso contrario all’orientamento del primo giudice. L’appello è fondato.

Questa Sezione, con orientamento dal quale non sussistono ragioni per discostarsi, ha da tempo chiarito che nel procedimento di decadenza dall'ufficio di giudice tributario “non occorre la previa diffida a cessare l'attività professionale incompatibile quando il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria risulta aver attivato un apposito procedimento per la declaratoria della decadenza stessa, rispettoso delle garanzie del contraddittorio (v. ex multis IV Sez. n. 6953 del 2009).”;
(si vedano anche Cons. di Stato, sez.IV, n. 2567/2010 e n. 3951/2006).

In altri termini, la sussistenza delle disposizioni organizzative interne (cfr. risoluz.ni CPGT nn.1 ed 11/1997 e nn. 1,3,4 e 17/1998) e l’effettiva attivazione delle stesse costituiscono elementi sufficienti ad escludere la necessità , ravvisata invece dal primo giudice, di “precisare il comando normativo” facendo ricorso a principi generali presenti nell’ordinamento, in questo caso reperiti in due sistemi normativi (il t.u. del pubblico impiego e l’ordinamento giudiziario) che sul punto, a loro volta, si raccordano in forza del richiamo da parte dell’art. 16,c.2 del r.d. n.12/1941.

Risulta poi impraticabile l’argomentazione del TAR per cui la diffida non potrebbe legittimamente essere surrogata dall’inizio del procedimento teso alla decadenza essenzialmente “perché l’ottemperanza alla diffida esclude la dichiarazione della decadenza, mentre la cessazione dalla situazione di incompatibilità dopo l’inizio del procedimento, proprio perché questo è finalizzato alla dichiarazione della decadenza determinata dalla situazione antecedente all’inizio del procedimento stesso, non ha il medesimo effetto”. Il rilievo non può trovare accoglimento in quanto trascura che anche nel procedimento di cui si tratta sussiste la possibilità di evitare la decadenza;
l’iter in argomento è infatti articolato in guisa che l’interessato è posto in condizione di far cessare la causa di incompatibilità tra la delibera consiliare di avvio del procedimento e quella conclusiva del medesimo, momento in cui deve essere verificata la sussistenza del presupposto normativo per adottare la misura decadenziale.

Pertanto anche l’avviso del procedimento di decadenza, che in sostanza persegue la prospettiva tendenziale di far cessare la causa di incompatibilità prima di pronunziare la decadenza dall’incarico, assolve in sostanza alla medesima funzione di garanzia della diffida, permettendo all’interessato di valutare il proprio comportamento e le eventuali conseguenze del suo perpetuarsi.

Conclusivamente il gravame deve essere accolto.

1.2.- Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi in ordine al secondo ricorso (NRG 3171/2013) avente identico oggetto e profilo contenzioso ma con riferimento al decreto ministeriale che ha recepito la delibera decadenziale emessa dal Consiglio di presidenza.

2.- Le spese del presente giudizio seguono il principio della soccombenza (art. 91 c.p.c).

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