Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-11-15, n. 202210025

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-11-15, n. 202210025
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202210025
Data del deposito : 15 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/11/2022

N. 10025/2022REG.PROV.COLL.

N. 04830/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4830 del 2019, proposto da
Gestore dei Servizi Energetici - Gse S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso del Rinascimento 11;

contro

Società -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato G C, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A B C in Roma, via dei Due Macelli, n. 66,

nei confronti

Ministero dello Sviluppo economico, in persona del Ministro pro tempore e dell’Autorità di regolazione per l’energia reti e ambiente – ARERA, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza ter , -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente il regime transitorio incentivante da certificati verdi a tariffa onnicomprensiva.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Società -OMISSIS-;

Vista l’ordinanza presidenziale n. -OMISSIS- 2022;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 9 novembre 2022 il Cons. C A, udito per la parte appellata l’avv. Cassar Germana e vista l’istanza di passaggio in decisione senza discussione dell’appellante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La controversia concerne la transizione da parte della società -OMISSIS- (d’ora in avanti, solo la Società) - titolare di un impianto di produzione di energia da fonte eolica, denominato “-OMISSIS-”, alimentato da fonti rinnovabili e come tale in possesso di qualifica IAFR -OMISSIS-, già ammesso agli incentivi con il sistema dei c.d. certificati verdi - al nuovo regime incentivante mediante tariffa onnicomprensiva (TO), previsto per quelli entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2012 dal d.lgs. 3 marzo 2011, n. 28, di attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, e dal d.m. 6 luglio 2012, adottato in esecuzione dell’art. 24 dello stesso.

1.1. In particolare, la transizione si è resa necessaria per quegli impianti che, sulla base della disciplina pregressa, vantavano il diritto alla incentivazione anche per alcuni anni successivi al 2015, termine di operatività dei certificati verdi.

1.2. Punto essenziale della vicenda, che si inserisce nell’alveo di un copioso contenzioso di analogo contenuto promosso da altrettanti operatori del settore, è dunque la possibilità di utilizzare la convenzione-tipo prevista per i nuovi impianti e ancor più in dettaglio di adattarla, in senso asseritamente peggiorativo, nella regolamentazione del rapporto tra GSE e singolo aspirante alla commutazione dei certificati verdi nella tariffa onnicomprensiva.

2. La Società ha adito il T.a.r. per il Lazio (con il ricorso n.r.g. -OMISSIS-) per chiedere l’annullamento o la declaratoria di nullità della convenzione “tipo” pubblicata sul sito web del GSE in data 20 aprile 2016, nonché di quella concretamente sottoscritta per accedere al nuovo regime incentivante, negando in radice l’esistenza del potere in capo al Gestore dei Servizi Energetici di imporre un regime pattizio che il legislatore avrebbe previsto solo pro futuro, ed in particolare di alcune clausole della stessa ritenute contrastanti con norme imperative di legge in quanto peggiorative della situazione pregressa. Ha chiesto altresì l’accertamento e la declaratoria del proprio diritto ad ottenere l’incentivo, senza l’imposizione della sottoscrizione di alcuna convenzione.

3. Con la sentenza n. -OMISSIS-del 2018, il Tribunale adito, dopo avere rigettato l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse sollevata dal Gestore in riferimento ad una ipotizzata acquiescenza per avere la Società sottoscritto la convenzione (in verità apponendovi specifiche riserve), ha accolto il ricorso ritenendo che il GSE abbia agito in ‘carenza di potere’, imponendo adempimenti non previsti dalle norme primarie e secondarie tra le “modalità” di commutazione dal vecchio al nuovo regime. Ha pertanto annullato lo schema di convenzione del 2016 e la convenzione sottoscritta dalla Società. Ha invece rigettato la domanda di accertamento, ritenendo non ravvisabili nella specie posizioni di diritto soggettivo, con la conseguenza che la commutazione dei certificati verdi nella nuova tariffa incentivante «non potrà che conseguire all’esito di un apposito apprezzamento del Gestore», in applicazione delle modalità operative indicate dall’art. 19 del d.m. 6 luglio 2012.

3.1. Afferma il primo giudice che il GSE avrebbe predisposto la convenzione-tipo in ‘carenza di potere’, perché - rispetto ai produttori che cambiano il regime degli incentivi - nessuna disposizione della legge del 2011 o del decreto attuativo della stessa del 2012 le accordava tale possibilità di stipula, addirittura subordinando l’erogazione delle nuove tariffe incentivanti ad un simile adempimento. Per suffragare ridetta ricostruzione, trae spunto da singoli passaggi letterali nella formulazione delle norme, enfatizzandone la portata, in maniera del tutto avulsa dal contesto sistematico nel quale si collocano.

3.1.1. In maggior dettaglio:

a) il d.lgs. n. 28 del 2011 - nel ridefinire i regimi di sostegno per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, sulla base dei principi e dei criteri direttivi imposti dalla legge di delegazione europea (art. 17, comma 1, della l. 4 giugno 2010, n. 96), ed in attuazione della direttiva n. 2009/28/CE - ha dettato norme volte a perseguire il «riordino ed il potenziamento dei vigenti sistemi di incentivazione» (art. 23, comma 1), modificando gli strumenti ed i criteri generali dei meccanismi di incentivazione in favore degli impianti, alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2012 (art. 24);

b) la legge (art. 24, comma 5) ha rimesso ad appositi decreti ministeriali la definizione delle modalità per la transizione dal vecchio al nuovo meccanismo di incentivazione « nel rispetto dei criteri di cui ai precedenti commi 2, 3 e 4 », prevedendo espressamente che « In particolare » siano stabilite « le modalità con le quali il diritto a fruire dei certificati verdi per gli anni successivi al 2015, anche da impianti non alimentati da fonti rinnovabili, è commutato nel diritto ad accedere, per il residuo periodo di diritto ai certificati verdi, a un incentivo ricadente nella tipologia di cui al comma 3, in modo da garantire la redditività degli investimenti effettuati »;

c) l’ambito di operatività del decreto ministeriale, quindi, sarebbe solo quello di individuare le modalità, in concreto, della commutazione delle forme incentivanti per quei produttori già ammessi al precedente sistema dei certificati verdi, con l’unico obbligo di escludere l’applicabilità agli stessi dei c.d. meccanismi d’asta, di cui al comma 4;

d) coerentemente, quindi, il d.m. attuativo con l’art. 19 ha disciplinato la « Conversione del diritto ai certificati verdi in incentivo » per gli impianti entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2012 e già ammessi a fruire dei certificati verdi, stabilendo, al comma 1, una formula matematica atta a calcolare l’incentivo sulla produzione netta incentivata « riconosciuto, per il residuo periodo di diritto, successivo al 2015 », così individuando la modalità sulla base dell’applicazione della formula matematica stessa, mentre con l’art. 20, ha dettato le « Disposizioni inerenti il ritiro dei certificati verdi rilasciati per le produzioni degli anni fino al 2015 ».

3.2. L’impossibilità di imporre un sistema convenzionale troverebbe conforto nei seguenti ulteriori elementi testuali:

a) l’art. 24, comma 2, lett. d), laddove subordina l’assegnazione degli incentivi al contratto di diritto privato, introduce un criterio generale rilevante solo per la « produzione di energia elettrica dagli impianti di cui al comma 1 » (così l’incipit della disposizione), ossia per « gli impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2012 » (comma 1) e non per quelli già operativi a tale data e incentivati con il meccanismo dei certificati verdi;

b) la previsione del «rispetto dei criteri di cui ai precedenti commi 2, 3 e 4» posta dal comma 5 dello stesso articolo, rileva solo ai fini dell’attuazione a regime, ed in generale, dei nuovi sistemi di incentivazione, mentre il transito dal vecchio al nuovo sistema avviene con una disciplina transitoria, e necessariamente speciale;

c) la natura speciale della disciplina inerente il transito da un regime di incentivi ad un altro si evince dunque: - I) dalla lettera delle espressioni usate dal legislatore (la dicitura « in particolare » che precede, nella formulazione dell’art. 24, comma 5, lett. c), la delega del potere regolamentare al Ministero;
- II) da dati sistematici, trattandosi di una situazione del tutto diversa, concernente il mantenimento per i vecchi impianti, sotto nuova forma, dell’incentivo che era già stato loro riconosciuto, secondo regole diverse;

d) se il legislatore del 2011 avesse voluto estendere la medesima modalità al regime transitorio, avrebbe dovuto stabilirlo espressamente, invece che rimettere, con formulazione generica, alla normazione secondaria la fissazione delle modalità di “commutazione” della vecchia forma incentivante in quella nuova, senza specificare la necessità della stipula di una convenzione;

e) comunque, l’art. 24, comma 2, lett. d), prevede un contratto-tipo definito da AEEG (ora ARERA), a garanzia di terzietà nella predisposizione di clausole che vanno ad incidere sulla reciproca posizione delle parti, mentre nel caso di specie il GSE riconosce di aver utilizzato il contratto-tipo predisposto dall’Autorità nel 2013 a valere per il sistema a regime, senza avere attivato alcuna interlocuzione con ARERA, oggi competente, per addivenire ad uno schema-tipo mirato alle diverse fattispecie de quibus .

3.3. Il potere del GSE di stabilire un contratto-tipo non può trovare implicito fondamento neanche nel decreto ministeriale, perché:

a) lo stesso non lo prevede, avendo scelto di riconoscere l’incentivo mediante l’applicazione di una formula matematica (art. 19), così legittimamente differenziando i produttori che avevano maturato il diritto ai certificati verdi da quelli che ne godevano per la prima volta;

b) l’art. 24, comma 1, abilita il GSE ad adottare e pubblicare soltanto « apposite procedure applicative delle disposizioni del medesimo decreto, ivi incluso il regolamento operativo per le procedure di asta, per le procedure di iscrizione ai registri e per i rifacimenti parziali e totali, valorizzando, per quanto compatibili, le procedure seguite nell’ambito dei previgenti meccanismi di sostegno alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili »;

c) l’art. 21, comma 8, a sua volta, nello stabilire che «Per ogni singolo impianto, a valle del conseguimento del diritto di accesso ai meccanismi di incentivazione di cui al presente decreto, il soggetto responsabile è tenuto a stipulare un contratto di diritto privato con il GSE», prevede il coinvolgimento dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas nella predisposizione del contratto-tipo;

d) gli artt. 21 e 24 del d.m. sono collocati nel Titolo VI (rubricato «Ulteriori disposizioni»), e non nel Titolo V, che è quello concernente specificamente la transizione dal vecchio al nuovo sistema, proprio in quanto norme generali che si riferiscono unicamente agli impianti che entrano in esercizio dopo il 31 dicembre 2012, ossia al sistema a regime;

e) una diversa lettura del decreto ministeriale si porrebbe in insanabile contrasto con la fonte primaria (art. 24, comma 5, lett. c, del d.lgs. n. 28 del 2011), la quale ha affidato al Ministero, e non al GSE, il potere di dettare le “modalità” della commutazione.

4. Con l’appello, il GSE censura la ratio decidendi della sentenza gravata e ne confuta analiticamente le argomentazioni, anche testuali, separatamente avuto riguardo al d.lgs. n. 28 del 2011 e al d.m. del 2012. In primo luogo, ripropone la preliminare eccezione di acquiescenza, seppure postergandone l’enunciazione motivazionale alla esplicitazione dell’errore interpretativo della normativa nel quale sarebbe incorso in generale il primo giudice (rispettivamente v. sub § II e § I dell’atto di appello). Afferma dunque (§ I):

a) sul piano testuale e sistematico è evidente che con l’art. 24 del d.lgs. n. 28 del 2011 il legislatore ha dettato una disciplina unitaria per l’unico nuovo sistema incentivante della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e che le uniche differenze tra impianti già incentivati e impianti nuovi (comma 5, lett. c) sono la garanzia del transito al sistema della tariffa onnicomprensiva senza l’alea delle aste previste per i nuovi impianti di più grandi dimensioni (comma 4), e la quantificazione dell’incentivo con una formula matematica di commutazione;

b) conseguentemente, i rapporti con gli operatori connessi all’incentivazione devono comunque essere regolati da apposita convenzione sulla base di uno schema da approvarsi da parte dell’Autorità (e già approvato nel 2013);

c) specificamente la lett. e) del comma 2 dell’art. 24, nel rimarcare il carattere esclusivo della nuova forma di incentivazione, esplicitamente stabilisce che nell’ambito di questa debba ritenersi compresa quella per la conversione dei precedenti certificati verdi, ai sensi della successiva « lettera c) del comma 5 »;

d) con decreto ministeriale doveva essere emanata la disciplina di dettaglio del nuovo sistema, per la quale la fonte primaria individua alcuni contenuti necessari e tra questi « in particolare » individua « le modalità per la transizione dal vecchio al nuovo meccanismo di incentivazione » (comma 5, lett. c), sicché è evidente che ridetta espressione costituisce mera clausola di apertura ad un elenco di enunciazioni afferenti pacificamente (anche) ai nuovi impianti, e individua dal punto di vista lessicale, terminologico e logico non certo una deroga, bensì un “di cui” per gli impianti in transito, rispetto alla complessiva disciplina del nuovo sistema rimessa alla fonte regolamentare, non potendo certo essere interpretata in senso derogatorio al quadro complessivo cui quelle direttive pacificamente si riferiscono;

e) la commutazione altro non è che il sistema di quantificazione dell’unico incentivo ora previsto anche per quegli impianti già in precedenza ammessi ai certificati verdi e per il periodo loro residuo di incentivazione;

f) sul piano testuale, il comma 5 del più volte richiamato art. 24 del d.lgs. n. 28 del 2011, nel formulare l’elenco di direttive impartite alla fonte regolamentare, tra cui quella riferita alla transizione degli impianti già ammessi ai certificati verdi, espressamente stabilisce che il tutto debba avvenire « nel rispetto dei criteri di cui ai precedenti commi 2, 3 e 4 » e proprio nel comma 2 vi è anche la previsione della necessaria stipula della convenzione (alla lett. d);

g) non vi è quindi nessuna ragione per ritenere che la previsione che l’erogazione dell’unica forma di incentivo avvenga «tramite contratto di diritto privato tra il GSE e il soggetto responsabile dell’impianto» (art. 24 comma 2, lett. d), non si riferisca anche al caso di commutazione del precedente sistema di certificati verdi, tanto più che una diversa interpretazione condurrebbe ad una lettura abrogatrice dell’inequivoco richiamo testuale alla norma che dispone in tal senso;

h) coerentemente con la delega, il d.m. 6 luglio 2012, nel dettare la disciplina di dettaglio del nuovo unico sistema, all’art. 19 ha modellato la formula matematica di commutazione nel nuovo incentivo del pregresso basato sui certificati verdi, trasfondendola e applicandola nella convenzione, prevista per « ciascun impianto di cui al presente decreto » (art. 21, comma 8) e, quindi, anche per i titolari degli impianti oggetto di transito;

i) pertanto, la fonte regolamentare non solo non ha escluso, ma ha anzi previsto la stipula delle convenzioni anche con riguardo agli impianti transitanti nel nuovo sistema unico di incentivazione dal precedente basato sui certificati verdi;

l) il GSE non ha quindi in alcun modo invaso l’ambito di competenza delle fonti (primaria e secondaria) sulla materia, essendosi limitato a dare loro attuazione mediante sottoposizione anche ai responsabili degli impianti in transito delle convenzioni regolative del rapporto in ordine al nuovo unico sistema incentivante;

m) d’altro canto, secondo i principi generali in materia, laddove c’è un sistema di incentivazione pubblica vi è sempre un potere dell’Autorità che lo gestisce di regolare i rapporti col beneficiario mediante atti convenzionali accessivi alla sua attribuzione, nel caso di specie ancor più necessari giusta la peculiarità del passaggio dal sistema dei certificati verdi a quello di incentivo economico onnicomprensivo;

n) la previsione normativa che richiedeva un’approvazione dello schema di convenzione da parte dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas (oggi da parte di ARERA) non è stata violata stante che si è fatto applicazione della convenzione-tipo approvata dall’AEEG con deliberazione del 16 maggio 2013, n. 207/2013/R/EFR, e non c’era ragione di individuarne un’altra, proprio perché trattasi dello schema adottato nell’ambito della richiamata disciplina unitaria, con la sola particolarità in punto di quantificazione della applicazione della formula di commutazione dai precedenti certificati verdi, fermi restando gli adattamenti necessari.

5. La società si è costituita con memoria in controdeduzione concludendo per il rigetto dell’appello, se del caso in ragione della ribadita lesività immediata di singole clausole aggiuntive -rispetto alla mera formula matematica - che GSE ha preteso di inserire nella convenzione, adottata in carenza di potere, sì da modificare in peius un suo diritto ormai consolidato.

5.1. In data 17 ottobre 2019 ha avanzato istanza di trattazione congiunta con il ricorso n.r.g. -OMISSIS-, individuandolo come capofila di una serie di ulteriori appelli, pure nominativamente indicati, avverso altrettante decisioni del medesimo T.a.r. per il Lazio, tutte egualmente favorevoli agli operatori economici avuto riguardo alla affermata arbitrarietà dell’imposizione della sottoscrizione di un modello contrattuale per la corresponsione dei nuovi incentivi (la c.d. Convenzione GRIN), contenente divieti e imposizioni aggiuntive rispetto alla generale cornice normativa.

6. Con ordinanza presidenziale n. -OMISSIS- 2022 è stato chiesto alle parti di confermare ad oggi la persistenza dell’interesse alla definizione della controversia.

7. Il Gestore, con memoria del 7 ottobre 2022, nel ribadire la propria prospettazione, ha invocato la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato nel frattempo sopravvenuta in relazione al principio di diritto in controversia (Cons. Stato, sez. IV, 20 luglio 2020, n. 4640;
nonché id., 31 luglio 2020, n. 4881, riferita peraltro proprio all’appello n.r.g. -OMISSIS-, richiamato da controparte).

8. La Società a sua volta ha replicato incentrando i propri rilievi sulla ricostruzione in diritto riveniente dagli evocati precedenti di questo Consiglio di Stato, per censurarne la omessa valutazione - richiesta nuovamente in questa sede - della nullità o annullabilità delle singole clausole del testo convenzionale predisposto dal GSE, immediatamente lesive in quanto applicabili dal 1 gennaio 2016 e tali da inibire e impedire comportamenti che, al contrario, erano perfettamente consentiti nella vigenza del sistema di incentivazione di cui al d.m. 18 dicembre 2008, cui aveva avuto originariamente accesso. In subordine, preso atto che in tali pronunce si è al riguardo dichiarata la inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, demandando la riproposizione delle relative doglianze al momento del concreto esercizio del potere da parte della P.A., ne ha invocato l’affermazione anche nell’odierno contenzioso, con finalità invero non del tutto chiara, salvo a sottolineare la permanenza all’attualità dell’interesse a resistere all’appello.

9. All’udienza di smaltimento del 9 novembre 2022, la causa è stata discussa e trattenuta dal Collegio in decisione.

DIRITTO

10. Ritiene il Collegio che l’appello sia fondato, dovendo essere condivisi i passaggi interpretativi suggeriti dall’Amministrazione appellante di seguito esplicitati, in linea peraltro con i principi già affermati dalla Sezione IV di questo Consiglio di Stato, dai quali non è ragione di discostarsi (v. le sentenze n. 4640/2020 e 4681/2020, da richiamate dall’appellante).

11. Le due interpretazioni contrapposte, appena esposte nel dettaglio, si basano su due antitetiche prospettive interpretative della disciplina legislativa e regolamentare.

12. Il primo giudice parte dal presupposto che vi sia una obiettiva contrapposizione tra la applicabilità del sistema incentivante nuovo e generale mediante tariffa onnicomprensiva agli impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2012, e la disciplina transitoria e « necessariamente speciale » che lo estende a quelli attivi ed incentivati con i Certificati Verdi, che avrebbero ancora avuto diritto a fruirne per alcuni anni successivi alla loro disposta soppressione.

12.1. Ritiene il Collegio che a tale approccio ermeneutico - basato sulla ritenuta esistenza di un doppio sistema incentivante, quello generale nuovo a regime e quello speciale transitorio - non possa non conseguire una lettura necessariamente distorta sia del d.lgs. n. 28 del 2011 che del d.m. del 2012, che ne enfatizza singoli passaggi letterali, indebitamente stralciati dal contesto.

Prova ne è l’enfasi posta, all’interno dell’art. 24, che nella sua interezza si riferirebbe solo al nuovo sistema generale, sull’incipit del comma 2, nonché, con riferimento al comma 5, sulla dizione « in particolare» che figura nel primo alinea del comma 5 e sulla singola disposizione speciale di cui alla lett. c), che prevede la commutazione ed equipara gli impianti in transito a quelli nuovi di minori dimensioni, escludendo l’asta (tramite il rinvio al comma 3, piuttosto che al 4). Da tali elementi il giudice di prime cure trae la conseguenza che rispetto agli impianti in transito le uniche novità volute dal legislatore consisterebbero nella esclusione dalle aste e nella necessità di un meccanismo di commutazione dei certificati verdi in tariffa onnicomprensiva, mentre tutto il resto della disciplina generale non sarebbe applicabile e la fonte regolamentare intervenuta in merito difetterebbe di delega.

12.2. Nella stessa prospettiva dicotomica generale-speciale, utilizzata come assioma, andrebbe letto anche il decreto attuativo. Agli impianti regolati dalla disciplina speciale transitoria andrebbero pertanto riferite solo quelle disposizioni del decreto riconducibili al titolo V, specifico della transizione dal vecchio al nuovo sistema, nel quale non si collocano gli artt. 24, comma 1, e 21, comma 8, che comunque non rimettono al Gestore l’individuazione delle modalità di transizione. Gli artt. 19 e 20, invece, specificamente dedicati alle modalità del passaggio dal vecchio al nuovo sistema, pur potendo astrattamente prevedere un adempimento convenzionale anche per i vecchi impianti, « ciò non hanno tuttavia fatto, così implicitamente escludendo, una volta per tutte, che la commutazione dai CV alle tariffe incentivanti potesse ritenersi subordinata a un simile adempimento ».

12.3. La necessaria sottordinazione della fonte secondaria alla fonte primaria, così come interpretata, farebbe sì che gli impianti in transizione dal 2015 sarebbero assoggettati ad una disciplina minimale e speciale, riconducibile ai pochi tratti poc’anzi delineati.

13. L’appellante al contrario assume come fulcro dell’interpretazione la scelta fatta del legislatore di riordinare complessivamente il sistema di incentivazione mediante l’introduzione dell’unico nuovo sistema per valorizzare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, nel quale il precedente deve confluire. In tale contesto unitario, sia la norma primaria che quella attuativa vanno lette nel senso di evitare soluzione di continuità nel transito verso la nuova tariffa onnicomprensiva per gli impianti che godevano di certificati verdi sulla base del precedente assetto ordinamentale. A tal fine, sono state dettate disposizioni specifiche per sottrarli alle procedure d’asta, indipendentemente dalla potenza, in modo da salvaguardare la redditività degli investimenti già effettuati, individuando un’apposita formula matematica per l’effettuazione in concreto della commutazione. Ne consegue che non vi è ragione di non estendere anche agli impianti in transizione tutte le previsioni del nuovo assetto normativo legislativo e regolamentare, compatibili con le espresse specificità individuate, e, per quanto di interesse nella causa, gli artt.24 del d.lgs. n. 28 del 2011 e 21 e 24 del decreto ministeriale del 2012.

14. La dettagliata ricostruzione critica che l’appellante ha fatto dell’interpretazione sostenuta dal primo giudice (come sintetizzata nel § 4) è pienamente condivisibile, in quanto confuta compiutamente, assumendo più propriamente un’ottica di sistema, anche le argomentazioni gravate basate sul richiamo di singoli elementi testuali della legge.

14.1. In particolare assumono rilievo dirimente due dati normativi: la collocazione dell’art. 24, comma 2, lett. e) subito dopo che si è individuato nel contratto di diritto privato lo strumento tramite il quale gli incentivi sono assegnati (alla lett. d);
la individuazione dei destinatari ivi contenuta, fatta, oltre che con riferimento ai nuovi impianti, come definiti nel comma 1, già richiamato nell’incipit del comma 2, allargandola a «quelli realizzati a seguito di integrale ricostruzione, da impianti ripotenziati, limitatamente alla producibilità aggiuntiva, e da centrali ibride, limitatamente alla quota di energia prodotta da fonti rinnovabili» e facendone salvi altri, e precisamente quelli oggetto di interventi di rifacimento totale o parziale, nel rispetto di determinati criteri (il rinvio è alla lett. i) dello stesso comma), nonché quelli in transito al nuovo regime (il rinvio è alla lett. c) del comma 5, concernente il contenuto del decreto attuativo nella parte in cui deve andare a disciplinare « le modalità per la transizione dal vecchio al nuovo meccanismo di incentivazione» ). Questi ultimi, dunque, « sono stati individuati e disciplinati con norme specifiche solo al momento di demandare alla fonte secondaria le concrete modalità della commutazione, ma la loro ricomprensione nella disciplina generale della nuova forma di incentivazione è inequivocabile sulla base della salvezza effettuata al momento di individuarne i destinatari » (v. Cons. Stato, n. 4881/2020).

14.1.2. Il nesso sistematico tra la regolamentazione degli impianti in transizione e il nuovo sistema di incentivi emerge pure in modo evidente dal primo alinea del comma 5 dell’art. 24 che, nel declinare il contenuto dei decreti ministeriali ivi previsti, tra i quali, come già detto, figurano le modalità di transizione dal vecchio al nuovo regime, fa espressamente salvo il rispetto dei « criteri, di cui ai precedenti commi 2, 3 e 4 », laddove il primo di essi (comma 2) prevede come necessaria la stipula della convenzione ( lett. d, che recita: « gli incentivi sono assegnati tramite contratti di diritto privato fra il GSE e il soggetto responsabile dell’impianto […]».

15. Ritiene dunque il Collegio che, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, sia l’elemento sistematico che il dato letterale depongano a favore della ricostruzione interpretativa prospettata da parte appellante e già avallata da questo giudice (v. le sentenze della Sezione IV già ricordate).

15.1. In maggior dettaglio, l’espressione « in particolare » contenuta nel comma 5, primo alinea, del medesimo art. 24 - al contrario di quanto sostenuto dal T.a.r., che la riconduce al solo potere di individuare le modalità di calcolo della commutazione – introduce l’elencazione dei contenuti che necessariamente devono essere oggetto di normazione secondaria, siccome tipicamente avviene nella formulazione delle deleghe dopo averne tracciato la cornice in termini generali, evidentemente riferibile a tutti gli impianti incentivabili dei quali il decreto attuativo è chiamato ad occuparsi.

16. A ciò consegue che il decreto ministeriale ha perfettamente rispettato la fonte primaria legittimante, riferendo espressamente agli impianti “transitanti” solo le disposizioni speciali che li riguardano, in attuazione dell’indicazione di cui comma 5, lett. c), dell’art. 24, ferma restando la sua portata generale, estesa anche agli stessi, compatibilmente solo con la loro specialità. Ciò in particolare avuto riguardo all’art. 21, comma 8, che prevede espressamente la stipula di un contratto di diritto privato con GSE a valle del conseguimento del diritto di accesso -recte, nel caso di specie, di commutazione di quello già fruito - ai nuovi meccanismi di incentivazione.

17. La ricostruzione ha trovato conferma nella posizione espressa dalle Sezioni unite civili della Cassazione, seppure in sede di decisione su un regolamento di giurisdizione sollevato in un giudizio nel quale era stato impugnato proprio lo schema-tipo della convenzione e quella sottoscritta sulla base della stessa (ordinanza 10 aprile 2019, n. 10020, richiamata al motivo sub I del ricorso in appello, pag. 4 e seguenti), ove si riconosce espressamente che l’art. 24 del d.lgs. n. 28 del 2011 « non ha esaurito la disciplina del sistema di incentivazione anche nella fase di transizione dal vecchio al nuovo regime, rimettendone la regolamentazione alla decretazione ministeriale (D.M. 6 luglio 2012, art. 19) sulla base di criteri indicati dalla stessa anzidetta norma primaria, i quali, come visto, fanno riferimento anche all’intervento del GSE sulla base di negozi privatistici con funzione pubblicistica regolativa dell’obiettivo incentivante ».

18. In termini più generali, come chiarito dalla Corte costituzionale con la sentenza del 7 dicembre 2016, n. 16, le convenzioni stipulate con il Gestore si palesano come negozi di diritto privato accessori ai provvedimenti di concessione degli incentivi e « costituiscono strumenti di regolazione, volti a raggiungere l’obiettivo dell’incentivazione di certe fonti energetiche nell’equilibrio con le altre fonti di energia rinnovabili, e con il minimo sacrificio per gli utenti che pure ne sopportano l’onere economico ». Sarebbe pertanto irragionevole escludere il ricorso alle stesse proprio con riferimento a soggetti che erano già titolari di uno strumento incentivante in corso di validità, seppure superato dalla normativa sopravvenuta, quali i c.d. “transitanti”.

19. La sentenza impugnata ha inoltre ritenuto che comunque il contratto-tipo impugnato, predisposto dal GSE, contrasterebbe con la legge, posto che la lettera d) dell’art. 24 ne prevedeva la preventiva approvazione da parte dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas (ora ARERA), che nel caso di specie non vi sarebbe stata con riferimento al modello adottato per gli impianti in commutazione di regime.

20. Anche tale assunto non merita condivisione. Il Gestore ha infatti utilizzato lo schema-tipo n. 207/2013/R/EFR approvato dalla AEEG, salvo apportarvi le necessarie modifiche correlate alla peculiarità della transizione. Ciò in coerenza con la cornice sopra delineata, che vede l’estensione ai “transitanti” di tutte le disposizioni del nuovo sistema di incentivo (già tradotte nella Convenzione-tipo del 2013), salve le particolarità connesse alla transizione medesima. Pretendere, al contrario, un nuovo e ulteriore coinvolgimento dell’ARERA per il previo avallo dello specifico contratto-tipo avrebbe comportato un inutile, quanto ingiustificato, aggravio procedurale non in linea con i principi generali di economia del procedimento.

21. Osserva infine il Collegio che la Società appellata ha riproposto, in via subordinata, la domanda di annullamento o declaratoria di nullità di alcune specifiche clausole della convenzione-tipo (in particolare gli artt. 4, 5.5. e 5.6, 7, 8, 9, 12, 13 e 13.3), esplicitandone in dettaglio il contenuto diversificato rispetto al regime pregresso.

21.1. In generale, essa ha dedotto la illegittimità della previsione di poteri autoritativi e discrezionali in capo al GSE, come del tutto incompatibili con il rapporto paritetico di diritto privato scaturente dalla convenzione. Nessuna norma infatti gli attribuirebbe il diritto di introdurre modificazioni retroattive e/o comunque peggiorative alle condizioni di accesso al sistema di incentivazione, già a suo tempo valutate positivamente dal GRTN (oggi GSE) in base alle normative applicabili ratione temporis e ormai oggetto di consolidamento, per giunta a valle della commutazione dei CV in incentivo.

21.2. Nello specifico, censurano ad esempio l’imposizione di nuovi oneri non conoscibili al momento della presentazione della domanda (art. 4);
l’imposizione al produttore di consentire al GSE la rilevazione dei dati di misura e di installare nuovi apparecchi di telelettura (art. 5);
i vincoli previsti per la cessione dei crediti (artt. 7 e 8);
il potere unilaterale del GSE di modificare o di risolvere gli incentivi nell’ipotesi in cui l’impianto venga ceduto a terzi (art. 9, comma 2);
la possibilità di risoluzione della convezione, attribuita al GSE, nell’ipotesi di mera sussistenza di dati non veritieri (art. 12);
il diritto del GSE di risolvere e sospendere la convenzione (art. 13, commi 3 e 4).

22. Anche a tale riguardo, il Collegio ritiene di aderire alla ricostruzione già effettuata da questo Consiglio di Stato con le pronunce nn. 4640 e 4881 del 2020. Tali censure, infatti, si basano sulla mera affermazione che ne conseguirebbe un trattamento peggiorativo per il produttore, rispetto alla precedente regolamentazione dell’incentivo goduto. Manca tuttavia qualsivoglia specificazione inerente la concreta portata deteriore delle stesse, avendone la Società specificato (nuovamente) le differenze, ma senza documentare l’effettività del danno subito o subendo, ovvero il comportamento favorevole ora inibitole in concreto, laddove in passato le era possibile tenerlo. Né la lesività allo stato attuale può conseguire alla ribadita entrata in vigore delle censurate disposizioni pattizie al 1 gennaio 2016, siccome pure preteso dalla Società.

22.1. D’altro canto è la stessa Società che, come ribadito dalla difesa anche in sede di discussione orale, ipotizza in denegata ipotesi che anche nell’odierna decisione venga espressamente ribadita la mancanza di interesse (solo) all’attualità, ferma restando la possibilità di (ri)proporre ridette doglianze, oggi ipotetiche ed astratte, «in presenza di un potere concretamente esercitato». Il che, rileva il Collegio, rientra pienamente nel regime generale delle tutele.

Va pertanto affermata la inammissibilità delle relative censure per difetto di interesse, essendo esse state poste sotto un profilo astratto ed ipotetico, che non può ritenersi superato dalle considerazioni (genericamente) critiche avverso i precedenti della Sezione IV di questo Consiglio di Stato, da ultimo sviluppate nella memoria del 18 ottobre 2022. Resta salva, ovviamente, la possibilità di agire in giudizio in caso di futura concretizzazione della lesione in oggi solo ipoteticamente lamenta.

23. In conclusione, l’appello va accolto, con conseguente assorbimento della originaria eccezione di acquiescenza rigettata dal primo giudice e riproposta in appello dal GSE. Di conseguenza, in totale riforma della sentenza gravata, va rigettato il ricorso proposti dinanzi al T.a.r. per il Lazio n.r.g. -OMISSIS-.

24. In ragione della complessità della materia controversa, sono integralmente compensate le spese processuali del doppio grado del giudizio tra le parti costituite.

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