Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-09-21, n. 201504414
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Testo completo
N. 04414/2015REG.PROV.COLL.
N. 04067/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4067 del 2015, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro p.t. rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12;
contro
P D, G D P, B D P, non costituiti in giudizio.
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II n. 02232/2015, resa tra le parti, concernente esecuzione del decreto della Corte d'appello di Roma del 23 marzo 2010 emesso nel procedimento r.g. 56892/2007 - pagamento somme equa riparazione (legge pinto)
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2015 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati nessuno è comparso per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Gli odierni appellati proponevano ricorso innanzi al TAR del Lazio per ottenere l’esecuzione del giudicato formatosi giudicato di cui al decreto n. 56337/2007 della Corte d'appello di Roma relativamente a crediti formatisi per irragionevole durata del processo (legge Pinto) per la somma di euro 3250, oltre interessi legali.
Gli interessati chiedevano altresì in tale sede la condanna dell’Amministrazione al pagamento di una ulteriore somma per il ritardo nell’ottemperanza ai sensi dell’art.114 comma 4 lettera e) del c.p.a.
L’adito TAR ha accolto il ricorso, con l’ordine all’Amministrazione di provvedere al pagamento condannandola altresì al pagamento della penalità di mora nella misura indicata in motivazione facendo decorrere la cd astreinte al momento della scadenza del termine di 120 giorni decorrente dalla notifica del titolo esecutivo.
Appella ora l’Amministrazione intimata e deduce: violazione dell’art.114 comma 4 lettera e) c.p.a.. Avrebbe errato il Tar nel far decorrere la penalità di mora da un momento anteriore a quello fissato nella stessa sentenza per il soddisfacimento delle ragioni creditorie, potendo invece la stessa essere imposta solo per il periodo successivo al termine fissato nella sentenza di ottemperanza e unicamente nel caso del suo eventuale mancato rispetto.
L’appellato non si è costituito.
Tanto premesso, il Collegio rileva in primo luogo l’opportunità di definire la causa con una sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art.60 c.p.a.
L’appello è da considerarsi fondato, in linea peraltro con quanto già statuito da questa Sezione in analoga vicenda ( 22/5/2014 n. 2653) .
L’art.114 cpa prevede che “ il giudice , in caso di accoglimento del ricorso… e) salvo che ciò sia manifestamente iniquo e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa , su richiesta di parte la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione e inosservanza successiva , ovvero, per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato ;tale statuizione costituisce titolo esecutivo ” .
Dal chiaro tenore di detta disposizione si rileva che il legislatore ha attribuito al giudice dell’ottemperanza uno strumento per indurre indirettamente l’Amministrazione ad eseguire tempestivamente l’ordine di pagamento dallo stesso formulato, di talchè tale strumento non è ovviamente utilizzabile per gli inadempimenti pregressi , produttivi, piuttosto , di obbligazioni di natura risarcitoria.
L’appello va pertanto accolto e, per l’effetto, la sentenza viene riformata nel senso che la penalità di mora decorre dal giorno della comunicazione o notificazione dell’ordine di pagamento formulato dal giudice dell’ottemperanza .
Sussistono giusti motivi avuto riguardo anche al comportamento tenuto dalla parte resistente per compensare le spese del giudizio.